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venerdì 12 agosto 2022

La Reine Seule - Visages

#PER CHI AMA: Neoclassic
Nel 1988 comprai un album della cantautrice italiana Alice, che interpretava arie di Satie, Faurè e Ravel, in una forma molto classica di solo piano, suonato dal maestro Michele Fedrigotti. Era intitolato 'Melodie Passagère' e mi colpì molto per il suo effetto sospeso, malinconico ma arioso pieno di vitalità, ma grigio interiormente, proprio come i colori della sua splendida copertina. La stessa bella sensazione la riprovo oggi nell'ascoltare 'Visages', il nuovo lavoro di Judith Hoorens uscito per la Kapitän Platte, già pianista dei post rockers We Stood Like Kings. Un album adulto, sognante, riflessivo ed onirico simultaneamente, un disco neoclassico di solo piano diviso in otto parti, dove da un'identica cellula musicale di tre sole note, tra minori e maggiori, si sviluppano tutte le varie melodie che compongono l'opera, donando una corposità materiale alla musica, che avvolge e rapisce l'immaginazione costantemente, nota dopo nota. L'effetto sospensivo è ipnotico e mette in mostra le capacità eccelse della pianista belga nel comporre ed eseguire musiche in solitudine di fronte ad un pianoforte, che a volte si copre di malinconiche arie ma che sanno anche dare cristallini tocchi di vitalità, una gioia leggera come un soffio di vento soffice sul viso. In queste otto tracce, La Reine Seule dona vita ad un lavoro magico, gestito come una colonna sonora per un film in bianco e nero di una pellicola retrò, intenso e profondo accompagnato da un artwork di copertina assai affascinante ideato dall'artista Taila Onraedt. Non è facile spiegare come un disco di questa fattura possa entrare nelle grazie di un pubblico esteso, ma credo che basterà un solo ascolto di 'Visages', per farsene una ragione, d'altronde Judith Hoorens, era già deliziosa nei dischi degli We Stood Like Kings fin dall'ottimo 'Berlin 1927', passando per 'Classical Re:Works', dove il post rock incontrava la classica, rivisitandola a suo modo e come fosse cosa di tutti i giorni farlo in quel contesto. La Reine Seule conferma la sua ottima qualità, anche in perfetta solitudine, legata mani e piedi al neoclassicismo di un piano che è impossibile non amare alla follia. Ascolto consigliatissimo. (Bob Stoner)
 

martedì 2 agosto 2022

Bestialord - Bless Them With Pain

#PER CHI AMA: Thrash/Death/Doom
Dagli US ecco arrivare un mefistofelico mostro che risponde al nome di Bestialord, un moniker che pensavo mi potesse portare nei paraggi di un death black senza compromessi e invece mi consegna in questa terza release intitolata 'Bless Them With Pain', un disco devoto ad un thrash death doom ritmato e chiaramente super old school. Le influenze che si riscontrano infatti sin dall'iniziale title track sono riferibili a band quali Celtic Frost o primi Cathedral anche se poi a livello solistico, il terzetto originario di Wichita, si lancia in suoni più heavy metal che estremi, sebbene il growling possa semmai evocare Death o Obituary. Insomma un bel minestrone avrete capito, ma tutto concentrato comunque in sonorità estreme di fine anni '80 inizi '90. Tutto questo è sottolineato anche dalla celerità di un brano come "Face Your Sin", thrash death nella più marcata tradizione americana, con un riffing che richiama i primi Over Kill. Con "Upon the Altar" si rimane nei paraggi di un death doom (cosi come "Are We Not Gods") che puzza proprio di sulfurei suoni infernali; ci pensa fortunatamente una buonissima chitarra solistica (ottima anche in "So It Shall Be" e in "Starless Seas", cosi vicina ai Nocturnus) a dare una certa verve ad un pezzo che altrimenti non mi farebbe certo gridare al miracolo. E il problema permane anche nelle successive tracce, a mio avviso rimangono troppo legate ad un passato di cui dovremmo rassegnarci al fatto che non ci siano più degni eredi. Le otto song qui incluse alla fine faranno la gioia di vecchi nostalgici del thrash death di tre decadi fa, gli altri per favore si astengano o si vadano a recuperare gli originali. (Francesco Scarci)

Haissem - A Sleep Of Primeval Ignorance

#PER CHI AMA: Black/Death
Avevo già apprezzato gli Haissem nel 2020 in occasione del loro disco 'Kuhaghan Tyyn'. Li ritrovo ora con due nuovi album alle spalle, 'Philosofiend' uscito lo scorso anno e questo 'A Sleep Of Primeval Ignorance', fuori nel 2022 per la Satanath Records e per cui concentrerò le mie attenzioni quest'oggi. Il sesto album per la one-man-band di Donetsk contiene quattro nuove tracce che irrompono con un indelebile black/death melodico sin dalla distruttiva "Shade Upon the Forsaken Grave" che apre le danze del nuovo lavoro. Devo ammettere che pur mantenendo quella vena melodica apprezzata in passato, avverto la proposta di Andrey Tollock un po' meno accessibile rispetto ai vecchi lavori. La musica è decisamente più tesa, inglobando un rifferama tagliente, che sottolinea in certi rallentamenti, e più in generale in drastici cambi di tempo, le caratteristiche di questo nuovo disco. Buone le linee di chitarra (e alcuni assoli) ma francamente mi ero esaltato molto di più con 'Kuhaghan Tyyn'. Trovo che il nuovo cd sia un gradino (forse due) sotto rispetto a quel disco, probabilmente perchè maggior ancorato ad una tradizione "old school". I pezzi, sempre lunghissimi nei suoi minutaggi, si lasciano comunque ascoltare piacevolmente. "Bleak Heaven Aloft" mostra una ritmica sghemba anche laddove il mastermind ucraino prova ad attenuarne il temperamento con parti atmosferiche o più orchestrali. "Dieu Le Veut. Chaoseed" (a mio avviso il miglior pezzo dei quattro) richiama solo inizialmente un che dei primissimi Katatonia, mentre la componente corale/sinfonica potrebbe fare il versetto a Dimmu Borgir o Cradle of Filth, certo non con la medesima caratura. Il disco però sembra migliorare man mano che si prosegue nell'ascolto e si arriva infatti alla conclusiva "At the Trail to Devastated Infinity" con un sorriso più marcato, complice quel miglioramento globale della proposta tanto auspicato. L'ultima traccia si rivela come un altro modo per tributare Dani Filth e soci in un contesto sinistro di black doom che non esiterà a lanciarsi in epiche e furenti cavalcate black contrapposte a frangenti atmosferici e partiture decisamente più melodiche per un album alla fine da ascoltare e riascoltare per poter essere davvero apprezzato fino in fondo. (Francesco Scarci)

Cannibal Corpse - Butchered At Birth

#FOR FANS OF: Brutal Death
This is a top album by the band over their enormous career. The fact that it's a follow-up from the debut album, they show much superiority in songwriting here, my favorite ever. Barnes is better on here than 'Tomb of the Mutilated', he wasn't so burly sounding, just gruesome enough to show us that he's at his mightiest. The tempos of the songs are pretty fast and the riffs are top-notch. So are the leads. I'm surprised that at early on their style was ingenious. They knew how to construct death metal that has now lasted over 30 years. On 'Butchered At Birth', they took time to formulating riffs that instill precision.

There is no downfall found in this album, it's purely immaculate in its entirety. They really show the listener what a great release is where it's at: IT'S ON HERE! Barnes has no variability on here. It's purely deep throat the whole way through and the guitars are as I've said ingenious. The leads are quality too. I think it took quite a while to construct music like this because not only is it original sounding, but it's unique too. All of the songs took a shit-ton of guts to put forth throughout the entire entourage. These guys know how to kill it and not only that but KILL IT ALL THE WAY THROUGH THE ALBUM!

It's my favorite Cannibal Corpse release to this date. I'm not just jumping on the bandwagon here, I'm being honest about my preference in this respect. Barnes is solid the whole way through the way that wasn't evident on it's predecessor nor the follow-up from this on 'Tomb of the Mutilated'. I've found no flaws on this album and it'll continue to remain my favorite of all time. The music, vocals, production and sound quality is all tight. And Jack/Bob rip it up here on the guitars. Original member Alex Webster racks it on bass as well. Not to mention Glen Benton guest vocals on a track on here to show you that they were at a high level early on.

I bought this CD a while ago and you can probably hear it on YouTube if you're a newbie death metal fan or metal fan at that. I didn't find any flaws on here throughout the release. I would say support the band and buy the CD. And forget the digital, pull out your boom box and listen to it on there. That's where I started listening to it so take back time and go old school! These guys always showed that potential and on here they deliver. Definitely will remain my favorite release on here of all time but that doesn't mean the newer material is bad in any respect! Check this out! (Death8699)


Ad Noctem Funeriis - Abyss, Fire, Brimstones

#PER CHI AMA: Black Old School
Gli Ad Noctem Funeriis sono una band italica in giro dal 2003 dedita ad un classico black metal di stampo norvegese. Ora, mi domando come sia possibile che mi sia perso i loro tre album (oltre ad un paio di split), scrutando io il mondo dell'underground da oltre trent'anni. I circuiti bazzicati dal quintetto pugliese devono essere stati davvero un sottobosco per pochissimi eletti. Comunque, oggi 'Abyss, Fire, Brimstones' è arrivato sulla mia scrivania con tutto il suo carico d'odio e blasfemia, attraverso gli amici della Symbol Of Domination. Otto le tracce a disposizione per i nostri per convincermi della bontà musicale (non certo quella spirituale visti gli espliciti accenni satanistici). E l'attacco di "Abyss I" non prelude a nulla di buono, investendemi con tutta la sua furia ma anche con la sua scarsa verve in fatto di personalità. Si perchè, sarà tutto anche al posto giusto ma la proposta degli Ad Noctem Funeriis francamente rientra nella categoria del già sentito milioni di volte tra ritmiche tesissime e scream vocals. Molto meglio "Abyss II" che include nel suo interno anche una certa dose di malinconia, palesata anche attraverso un break atmosferico che interrompe la colata lavica che ci investe attraverso quelle linee di chitarra tesissime, che si riproporranno un po' in tutti i brani, evidenziando una certa ridondanza di fondo nella proposta dei nostri, che finisce per avere quell'effetto sul sottoscritto nel voler skippare quanto prima al brano successivo. D'altro canto, chi mai ha detto che fare black metal fosse realmente una passeggiata? E poi ci sono io che sono una persona estremamente esigente visto che ascolto questo genere dal 1985 e di album di questo tipo ne sono passati a centinaia tra le mie grinfie di cui la maggior parte brutalizzati. Andando avanti comunque, pregevole il tentativo di inserire voci pulite a fianco delle grim vocals in "Fire I", un brano che si conferma comunque allineato ai precedenti in fatto di violenza ma che comunque mi convince di più forse proprio grazie a questo dualismo vocale. La cosa ahimè non si ripete in "Fire II" e ripiombo nel desiderio di avanzare alle tracce successive, dove manca ancora soluzione di continuità. Per vedere il classico strappo alla regola dobbiamo attendere la strumentale ed acustica "Brimstones I", un po' poco per considerare 'Abyss, Fire, Brimstones' un album ricercato o dotato di una sua personalità, visto che la conclusiva "Brimstones II" ci spinge direttamente all'Inferno senza il classico biglietto di ritorno. (Francesco Scarci)

(Symbol Of Domination/Pluton’s Rising - 2022)
Voto: 63

Epidemik - S/t

#PER CHI AMA: Thrash/Death
Su oltre 2000 recensioni da me scritte, non mi ero mai imbattuto in una band proveniente dal Costa Rica. Eccomi accontentato dalla GrimmDistribution che mi ha messo in mano la proposta di questo combo proveniente da Cartago ed un debut album omonimo che arriva a ben nove anni dal primo EP della band. La proposta dei nostri? Un thrash death metal che evoca quanto fatto da band quali Sepultura e Kreator, almeno quando sul mio lettore scorre "Global Mass", traccia d'apertura di 'Epidemik'. La song non mette in mostra chissà quali innovazioni per il genere, anzi mi proietta indietro nel tempo di 30 anni, tra riffoni robusti, cambi di tempo che richiamano inequivocabilmente la band di Mille Petrozza e soci, ed un buon assolo conclusivo di scuola Slayer. La medesima trama si applica anche per la successiva "Murder by Command" e via via dicendo per le altre tracce qui incluse, tra ritmiche serrate, qualche rallentamento ("Rotten n Dead") e taglienti, quanto azzecatissimi assoli, che rappresentano il reale punto di forza di questo lavoro. Le influenze che si possono scorgere durante i quasi 48 minuti di musica inclusi in questo disco, registrato a dire il vero non proprio benissimo, sono poi molteplici, grazie a qualche riferimento ancora a Lamb of Gof o Evildead, senza voler citare l'arpeggio iniziale di "The Mortal is Lost" che mi ha evocato i Metallica di "Nothing Else Master", per un brano che in realtà poi vira verso il più classico thrash metal. Servirebbe ora una bella sgrezzata ed un bel po' di originalità in più per rendere un lavoro onesto anche intellettualmente interessante. (Francesco Scarci)

(Sanatorio Records/GrimmDistribution - 2022)
Voto: 62

https://grimmdistribution.bandcamp.com/album/077gd-epidemik-epidemik-2022

The Moon Mistress - Silent Voice Inside

#PER CHI AMA: Stoner/Doom
Mi fa un po' specie notare che l'Addicted Label mi ha inviato un album del 2012 (ristampato nel 2020) di una band che nel frattempo ha cambiato anche moniker. Sto parlando dei moscoviti The Moon Distress che dal 2014 si chiamano Dekonstruktor e di cui questo 'Silent Voice Inside', ne rappresenta l'unico Lp della carriera, accanto ad un paio di split e un EP. A parte questo, quanto ascoltato in questa nuova versione di 'Silent Voice Inside', che include peraltro un paio di bonus track rispetto all'originale, il trio ci propina uno stoner doom lento e ossessivo, magnetico nella sua componente vocale, che sin da "Cremation Meditation", la seconda traccia dopo l'intro, colpisce per quel suo incedere lisergico e al contempo pachidermico, ammiccando qua e là ai nostrani Ufomammut, con i testi votati ad una certa forma di occultismo che rendono il tutto alquanto accattivante. Al pari di quel basso che apre la lunga "The Wicker Man", una sfiancante ed ipnotica traccia che ci terrà incollati allo stereo per oltre 10 minuti, tra litaniche vocals e chitarre roboanti che evocano i Black Sabbath degli esordi. "Cease to Exist" ci offre invece un brano dall'incipit dai toni piuttosto vintage, ma quell'aura settantiana direi che circonda un po' tutti i pezzi di questo disco, anche quelli di più recente concepimento, come ""Heavy Sun" e "Mindlock". Diciamo che quello che penalizza il lavoro è forse una registrazione non propriamente all'altezza, cosi come pure brani forse un po' troppo monolitici e privi di verve, come potrebbe essere "Invocation to Hecate", che ci attanaglia con la sua melodica linea sludge doom rock per ben 11.40. Non male, ma se si fosse ridotta la durata qua e là di un disco che sfonda la barriera dei 70 minuti di durata, forse il terzetto ne avrebbe tratto maggior beneficio. A tal proposito, perchè non sottolineare anche i 16 minuti e mezzo della title track che ci danno il definitivo colpo del ko con un rifferama troppo ripetitivo che non fa altro che invogliarmi a skippare la song per mantenere la mia sanità mentale e arrivare al termine di un lungo viaggio nei meandri di un certo doom d'annata, che sicuramente verrà apprezzato dai fan di Ozzy e soci ma anche da chi amato gli esordi dei Cathedral o chi segue gli Electric Wizard. (Francesco Scarci)

(Pestis Insaniae/Addicted Labels - 2012/2020)
Voto: 66

https://themoonmistress.bandcamp.com/album/silent-voice-inside

Dirtpill - Oil Tank Blues

#PER CHI AMA: Punk/Hardcore
'Oil Tank Blues' resta a oggi ancora l'unico full length nella discografia dei russi Dirtpill, nonostante la fondazione dei siberiani risalga addirittura al 2008 e questo lavoro sia datato ormai 2011. Da allora, il terzetto di Krasnoyarsk si è rifatto sentire solo con lo split in compagnia dei Fire to Fields, l'anno seguente. Poi solo silenzio, nonostante Metal Archives li consideri ancora attivi. Parlando di questo cd, francamente non posso spendere proprio belle parole: si tratta di 13 anni tracce, tra cui anche "Johnny Reverb" cover dei Messer Chups, un gruppo sperimentale di San Pietroburgo, dedite ad un punk hardcore di bassa lega. Tredici schegge impazzite che irrompono nel nostro stereo con la graffiante "Mites Doctrine" fino a chiudere con la già citata cover track. In mezzo una poltiglia di suoni, con una produzione peraltro imbarazzante, che guardano anche allo sludge (e penso a "Uxmal" o "Tommy") o al grind ("Parambulator" che vanta anche un frangente doom), che sembrano non essere suonate con il giusto piglio o con il cuore di chi crede realmente in quello che fa. Se state pertanto cercando qualcosa di interessante, mi verrebbe da dirvi di stare a distanza da questo disco. Se invece avete voglia di qualche scarica di adrenalina (tipo la devastante "Newshit", quasi di scuola Nihilist, la creatura precedente agli Entombed), magari qui ci trovate qualcosa per soddisfare i vostri appettiti. Per me sappiate che è un no a braccia incrociate. (Francesco Scarci)