Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Symbol of Domination. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Symbol of Domination. Mostra tutti i post

martedì 2 agosto 2022

Ad Noctem Funeriis - Abyss, Fire, Brimstones

#PER CHI AMA: Black Old School
Gli Ad Noctem Funeriis sono una band italica in giro dal 2003 dedita ad un classico black metal di stampo norvegese. Ora, mi domando come sia possibile che mi sia perso i loro tre album (oltre ad un paio di split), scrutando io il mondo dell'underground da oltre trent'anni. I circuiti bazzicati dal quintetto pugliese devono essere stati davvero un sottobosco per pochissimi eletti. Comunque, oggi 'Abyss, Fire, Brimstones' è arrivato sulla mia scrivania con tutto il suo carico d'odio e blasfemia, attraverso gli amici della Symbol Of Domination. Otto le tracce a disposizione per i nostri per convincermi della bontà musicale (non certo quella spirituale visti gli espliciti accenni satanistici). E l'attacco di "Abyss I" non prelude a nulla di buono, investendemi con tutta la sua furia ma anche con la sua scarsa verve in fatto di personalità. Si perchè, sarà tutto anche al posto giusto ma la proposta degli Ad Noctem Funeriis francamente rientra nella categoria del già sentito milioni di volte tra ritmiche tesissime e scream vocals. Molto meglio "Abyss II" che include nel suo interno anche una certa dose di malinconia, palesata anche attraverso un break atmosferico che interrompe la colata lavica che ci investe attraverso quelle linee di chitarra tesissime, che si riproporranno un po' in tutti i brani, evidenziando una certa ridondanza di fondo nella proposta dei nostri, che finisce per avere quell'effetto sul sottoscritto nel voler skippare quanto prima al brano successivo. D'altro canto, chi mai ha detto che fare black metal fosse realmente una passeggiata? E poi ci sono io che sono una persona estremamente esigente visto che ascolto questo genere dal 1985 e di album di questo tipo ne sono passati a centinaia tra le mie grinfie di cui la maggior parte brutalizzati. Andando avanti comunque, pregevole il tentativo di inserire voci pulite a fianco delle grim vocals in "Fire I", un brano che si conferma comunque allineato ai precedenti in fatto di violenza ma che comunque mi convince di più forse proprio grazie a questo dualismo vocale. La cosa ahimè non si ripete in "Fire II" e ripiombo nel desiderio di avanzare alle tracce successive, dove manca ancora soluzione di continuità. Per vedere il classico strappo alla regola dobbiamo attendere la strumentale ed acustica "Brimstones I", un po' poco per considerare 'Abyss, Fire, Brimstones' un album ricercato o dotato di una sua personalità, visto che la conclusiva "Brimstones II" ci spinge direttamente all'Inferno senza il classico biglietto di ritorno. (Francesco Scarci)

(Symbol Of Domination/Pluton’s Rising - 2022)
Voto: 63

domenica 1 marzo 2020

Donarhall - Helvegr

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Donarhall è una one-man-band teutonica capitanata da tale Gnav, musicista che abbiamo già avuto modo di conoscere nei Sinister Downfall e che al contempo, porta avanti una nutrita serie di progetti paralleli (Crypt Witch, Death Carrier, Hexengrab, Necrochaos e Nihilisticon, giusto per citarne qualcuno). 'Helvegr' è il quinto album per l'artista originario della Bassa Sassonia, un concentrato di black strumentale assai tirato che si dipana dall'intro d'apertura, "Byrdh", fino alla conclusiva "Liflat", attraverso un percorso interamente affidato alla sola musica, per un esperimento parzialmente riuscito. Detto che non sono un fan delle release prive di un vocalist in ambito post-rock, immaginerete quanto possa esserlo ancor meno in territori prettamente estremi. Tuttavia, il mastermind tedesco prova a giochicchiare con un po' tutti gli strumenti a propria disposizione proprio per supplire all'assenza della voce. Ci riesce, con tutti i limiti del caso, sia chiaro. "Vinda" è una violentissima traccia nei cui solchi si ritrovano comunque rallentamenti acustici che fanno da contraltare alle ruvide scorribande in territori post-black. "Hyrr" è la terza song che apre con un'altra parte arpeggiata, accompagnata successivamente da una ritmica mid-tempo che costituirà la matrice della song. Non mancano le melodie affidate al tremolo picking, cosi come una certa ricorrenza nell'utilizzo della chitarra acustica che contribuisce ad acuire quel feeling decisamente malinconico che aleggia in tutto il lavoro. La sensazione è di ascoltare un che di Burzum, il tutto rivisto ovviamente in chiave più moderna, peccato solo che manchi una voce a guaire sulle note roboanti e pesanti di "Heimr" o "Vagr". Stranamente all'inizio di "Sunna" sembra esserci un etereo coro in sottofondo, offuscato successivamente dalla pesantenza del riffing portante, un peccatuccio veniale che mi sarei risparmiato proprio per dare una parvenza di voce alla song. Comunque, il lavoro si lascia piacevolmente ascoltare, pur non facendo gridare al miracolo, muovendosi tra riffoni tirati e altre parti decisamente più atmosferiche che rendono 'Helvegr' un gradevole passatempo di ascolto di musica strumentale. Se solo ci fosse stata una voce però, chissà che voto avrei dato al buon vecchio Gnav... (Francesco Scarci)

(Symbol of Domination Prod. - 2019)
Voto: 68

martedì 4 febbraio 2020

Lauxnos - Crushed By Waves

#PER CHI AMA: Post Black/Dark
Russia, terra di lande desolate, crocevia di popoli provenienti da oriente e da occidente. Syktyvkar, città d'origine della compagine di quest'oggi, sembra collocarsi in mezzo, ai piedi degli Urali, dà i natali a questi Lauxnos, quartetto formatosi nel 2013 con all'attivo quattro EP, un live e tre album, di cui l'ultimo nato è questo 'Crushed By Waves', uscito lo scorso giugno per l'onnipresente Symbol of Domination Productions. Chi si aspettava una release all'insegna del funeral doom dovrà però ricredersi poichè quanto proposto dai nostri è un sound che, lungo le sue nove tracce, combina estremismi post-black con sonorità darkeggianti pregne di una discreta dose di malinconia. Tutto è immediatamente e maledettamente chiaro sin dai primi pezzi: "The Voice of Dead Ocean" è un buon esempio della proposta dei quattro musicisti russi che si muovono su ritmiche che fondono appunto sonorità estreme con altre più oscure, senza tralasciare ovviamente una bella porzione di melodia. La title track, collocata in seconda posizione, è già più caotica e meno apprezzabile, in quanto la linea ritmica sembra sia un po' abbandonata alla sua stessa forma di anarchia sonora. In questo impasto sonico si colloca poi il growling aspro del frontman Katharos, un nome un programma mi verrebbe da dire. Con la terza "In Total Darkness", aperta peraltro da un'abusata parte arpeggiata, la velocità sembra diminuire in bpm a favore di una cadenza ritmica più pronunciata e ad un maggiore utilizzo di cambi dei tempo. Certo le sfuriate black non mancano neppure qui ed è in questi frangenti che la band sembra perdere il controllo dei propri strumenti. Molto meglio invece nelle partiture ove le parti malinconiche vengono fuori con più decisione, tipo nella parte iniziale di "Whose Dream You Don't Dare Disturb", schiacciata poi da una centrifugazione di chitarre che ne inasprisce l'esito finale. Un peccato perchè mi sembra che i nostri rendano maggiormente nei mid-tempo o comunque nelle parti più atmosferiche o acustiche, anche se devo ammettere che queste ultime sono fin troppo abusate in questo cd. C'è allora da lavorare duramente nella costruzione di un sound più definito e curato nei dettagli per poter ambire ad uscire dalla massa. Non basta infatti eseguire il compitino per raggiungere la sufficienza quando le potenzialità sono ben maggiori. E lo si evince da "Bordering the Dawn", in cui la band prova ad utilizzare un cantato differente, quasi cibernetico, e si lascia poi andare in una più raffinata ricerca sonora, che vede srotolare splendide linee solistiche nella sua seconda parte, con un tremolo picking da brividi. In questo apprezzo maggiormente i quattro russi, quando vanno alla ricerca di trovate decisamente più ricercate (date un ascolto alla liturgica "Through the Gates" per intenderci o in quello che reputo il miglior brano del disco, "Lord of the Wild Waters"), molto meno invece quando i Lauxnos cercano di fare i duri del villaggio sciorinando una serie di killer riff che non portano a quagliare nulla di interessante. Insomma per concludere, 'Crushed By Waves' è un lavoro che mostra pro e contro (piuttosto grossolani) di una band che sta cercando di forgiare al meglio il proprio sound. Lasciamoli lavorare, diamogli credito e vediamo che salterà fuori in futuro. (Francesco Scarci)

lunedì 15 aprile 2019

A Thousand Sufferings - Bleakness

#PER CHI AMA: Black Doom, Primordial
Dalle Fiandre ecco giungere nelle nostre case il suono oscuro e malvagio degli A Thousand Sufferings e del loro secondo capitolo discografico, 'Bleakness', uscito per la Symbol of Domination. La proposta del quartetto belga vede in un black doom il loro focus principale che si palesa, dopo l'intro affidata alla title track, con la seconda "Antagonist". Si tratta di un pezzo che mette in luce pregi e difetti del combo fiammingo: ne ho apprezzato sicuramente il riffing stratificato, cosi come la voce non convenzionale (nè in growl nè in scream, ma un urlo emozionale sulla scia dei Primordial), cosi come pure le malinconiche parti arpeggiate che danno un certo respiro all'ascolto del brano. Insomma, pare tutto perfetto eppure c'è un ma che non riesco ancora a definire, e che mi lascia un po' titubante di fronte alla proposta dei nostri per cui auspico di poter essere in grado di delineare almeno al termine di questa recensione. Forse, in primis non mi ha convinto troppo il suono delle chitarre, oppure la registrazione che appare troppo secca. Anche perchè ribadisco, le qualità ci sono e si sentono in un finale tonante di sofferenza ai limiti del post-metal, che sembra venir fuori più preponderante nella successiva "Clouds", in cui avverto un certo fastidio nella proposta vocale del pur bravo Pj, quasi come se mi mancasse un grugnito o un urlaccio ferino. Forse è un mio problema, un'abitudine che andrebbe debellata, però pur apprezzando l'offerta dei nostri, si percepisce che ci sia qualcosa da migliorare, un po' come quando vai in macchina, senti un rumore anomalo ma non riesci ad afferrarne l'origine. Eppure nelle note ritualistiche di questa song, avverto un che degli Urfaust quasi a darmi un input di influenze verso il quale volgere un paragone sin qui difficile da trovare per i nostri. Ancora un altro lungo pezzo con gli oltre otto minuti di "Temple", un pezzo doomish ma comunque dotato di una forte connotazione black, che mi fa accostare ancora una volta i nostri agli irlandesi Primordial, grazie e soprattutto a quei chitarroni ultra ribassati e ad un'atmosfera magica nella seconda metà del brano che me ne fa rivalutare enormemente il valore. Ve l'ho detto che sono io un po' dal carattere ondivago. Certo quando parte "Ghostriders" mi sembra di sentire i Bathory più epici e dire che si tratta di una cover di Johnny Cash! A chiudere ci pensa l'epic doom di "Faces", un altro gran prezzo che lascia le mie titubanze iniziali ad un mero ricordo e ci consegna una band davvero dal grande potenziale, che limate alcune cosine, potrebbe davvero regalare ottimi sviluppi futuri. Cerchiatevi assolutamente questo nome. (Francesco Scarci)

venerdì 12 aprile 2019

Edremerion - Ambre Gris

#PER CHI AMA: Black/Death
Sebbene la label li etichetti come avantgarde black metal, francamente non ci ho trovato troppa genialità avanguardistica in questo 'Ambre Gris', full length d'esordio degli Edremerion. Fuori per la Symbol of Domination Prod (ed in collaborazione con la Anesthetize Productions), i cinque musicisti di Lille sembrano più portatori di un black metal sghembo e controverso, tipico della scena transalpina. L'album include cinque brani che da "Deûle" alla conclusiva "...Mais Les Étoiles Ne Sont Pas Pour l'Homme" provano ad offrire un qualcosa di originale che tuttavia stenta a decollare. Dicevamo dell'opening track, una traccia dai suoni disarmonici (una costante del disco direi), ma assai freddi e che poco mi hanno coinvolto durante l'ascolto di 'Ambre Gris'. Anche la seconda "Lèpre" si pone con quel black melodico che sta a metà strada tra black e death e cha alla fine non suona nè carne nè pesce. Ci provano con un intermezzo acustico e con un uomo bolso (mah!) per farmi cambiare idea, cosi come pure con un parlato in francese (forse in questo dovrebbe risiedere l'avanguardismo), ma purtroppo credo che la genialità avantgarde risieda in band del calibro dei Pensees Nocturnes, mentre per gli Edremerion la strada sia ancora lunga e in salita. Nella lunga title track, i nostri si lanciano in una lunga cavalcata, subito spezzata da un arpeggio melodico e poi rilanciata alla velocità della luce in un black lunatico e malato, ma comunque dotato di sprazzi melodici grazie a quelle chitarre in tremolo picking che tempestano un brano che vede qualche rallentamento nel suo proseguio. Più piatta "Déchets Nés", un pezzo black thrash che nel finale propone invece ottimi spiragli di influenze heavy classiche in un notevole assolo sfociando addirittura in un rallentamento doom nei 90 secondi finali. L'ultima traccia ci regala ancora una buona dose di melodia e cupa malinconia, interrotta da acuminate scorribande post-black ma anche death, vocals demoniache e qualche altra trovata che dovrebbe far uscire gli Edremerion dal gigantesco calderone black in cui sono intrappolati. Mi sa che serve qualcosina in più per riuscire in questa complicata ascesa. (Francesco Scarci)

(Symbol of Domination Prod/Anesthetize Productions - 2018)
Voto: 62

https://symbolofdomination.bandcamp.com/album/sodp112-edremerion-ambre-gris-2018

sabato 29 settembre 2018

Aornos - The Great Scorn

#PER CHI AMA: Cosmic Black, Darkspace, Deathspell Omega
Nella cittadina di Miskolc, ho trascorso qualche giorno lo scorso anno, per motivi lavorativi. Mai mi sarei immaginato che potesse essere la casa di questo progetto oscuro a nome Aornos. Trattasi di una one-man-band, con 'The Great Scorn' a rappresentare il quarto album per il mastermind ungherese. Il suono proposto da Tátrai Csaba (in arte Algras, peraltro, ex membro di Carcharoth e Bornholm) include elementi black e progressive, dalle forti venature cosmiche che chiamano immediatamente in causa gli svizzeri Darkspace. La musica è originale, combinando in modo inusuale, flussi disarmonici con sprazzi di grande atmosfera, come dimostrato dalla seconda "From a Higher Reality" che segue a ruota l'intro iniziale. Accanto allo screaming efferato del vocalist, si affianca poi un cantato più epico, sorretto tra l'altro da delle chitarre che per certi versi mi hanno ricordato i Windir. Sto parlando della terza traccia, "The Kingdom of Nemesis", in cui i vocalismi al vetriolo di Algras, sono sorretti da delle chitarre old school nella vena della tradizione black norvegese (Emperor e Satyricon) e da synth a tratti davvero ispirati. Più thrash oriented invece "Trace to Beckoning Fade", anche se nella seconda parte emergono influenze più vicine ad un epic in stile Bathory. Ma sono soltanto lontane reminiscenze che s'intersecano con il chitarrismo più tradizionale del musicista ungherese, che comunque si conferma abile nel creare ritmiche cupissime inserite in un contesto a tratti claustrofobico. Algras però affonda le sue influenze non solo nella fiamma nera che bruciava negli anni '90 in Norvegia, sento infatti dell'altro nelle linee sghembe della sua chitarra: suggestioni oblique dei Deathspell Omega così come l'aura maligna dei Dødsengel o la carica mistica dei Nightbringer. C'è tanto nelle note contorte di 'The Great Scorn': il mid tempo della title track vive ad esempio di interessanti cambi di tempo, mentre "Funeral March for the Death of the Earth" sembra mostrare una vena più sinfonica vicina ai Limbonic Art e vocalmente, ai primissimi Arcturus. Insomma, l'avrete capito, Algras ha voluto omaggiare i grandi maestri del passato nordico, tributando altre grandi band black del presente, il tutto peraltro trattando temi noetici, ossia relativi alle correlazioni tra mondo fisico e la mente umana, e come essa possa influenzare determinati avvenimenti o processi fisici. La fiamma nera brucia anche nelle campagne dell'Ungheria grazie agli Aornos. (Francesco Scarci)

(Symbol of Domination/Ira Aeterna/The True Plague/Black Metal Records - 2018)
Voto: 70

https://symbolofdomination.bandcamp.com/album/sodp108-aornos-the-great-scorn-2018

domenica 23 settembre 2018

Taiga - Cosmos

#PER CHI AMA: Depressive Black/Doom, Austere
La Russia da sempre è sinonimo di affidabilità in fatto di sonorità black doom atmosferiche. Poi quando hai un moniker che si rifà alla foresta boreale, la taiga appunto, non si può sbagliare assolutamente. Questa l'introduzione di 'Cosmos', quarto album del duo di Tomsk, che all'attivo ha anche quattro EP. Il genere espresso dai nostri siberiani è un depressive black dalle tinte atmosferiche che include ovviamente chiari riferimenti doom (visibili nell'opener "Стыд"), verosimilmente un retaggio dell'altra band di Nikolaj Seredov, i funeral doomsters Funeral Tears. Curioso poi il fatto, che il secondo membro dei Taiga sia Alexey Korolev, il proprietario dell'etichetta Symbol of Domination, che produce questo disco. Fatte le dovute presentazioni, introdotto anche il primo brano, citerei immediatamente la seconda traccia "Жить" per quel suo sound intenso, melodico, straziante (soprattutto a livello vocale) e malinconico che mi ha fin da subito conquistato. Certo ci sono ancora tante imperfezioni da limare e correggere, ma il dirompente attacco che dà il via alla song, è da brividi: una sorta di post black dal forte sapore nostalgico, in cui l'unica cosa a non solleticarmi i sensi è lo screaming efferato di Nikolaj, da rivedere sicuramente. Per il resto, il cd scivola via piacevolmente tra decadenti melodie, ariose parti di synth e rallentamenti depressive, come accade nella prima metà della title track, prima che le tastiere s'impossessino della scena e regalino attimi di grande pathos, e le chitarre abbandonino il classico ronzio black per avvicinarsi maggiormente all'heavy classico. Mi piacciono questi Taiga, hanno grinta, buon gusto per le melodie, la capacità di alternare momenti vivaci e dinamici con altri più oscuri ("Ты"), in cui le sgraziate urla del frontman, lontane in sottofondo, s'incastrano su un drammatico impianto ritmico. E cosi, evocando i primi Burzum o i più criptici Austere, i due loschi figuri continuano a ricamare pezzi più che dignitosi, in cui black, eteree atmosfere, sfuriate al limite del death ("Слова потеряют значение") e deprimenti melodie, se ne vanno a braccetto per celebrare questo quarto capitolo targato Taiga. (Francesco Scarci)

(Final Gate Records/Symbol of Domination - 2017)
Voto: 70

https://symbolofdomination.bandcamp.com/album/sodp103-taiga-cosmos-2017

martedì 18 settembre 2018

Grimorium Verum - Revenant

#PER CHI AMA: Symph Black, Dimmu Borgir, Cradle of Filth
Era da un po' di tempo che davo il black sinfonico per morto, soprattutto dopo le ultime performance orchestrali dei Dimmu Borgir. Invece, dalla città di Syktyvkar, a nord est di Mosca, ecco arrivare i Grimorium Verum, portatori della fiamma nera nella sua veste symph. 'Revenant' è il quarto album della band russa, che esiste addirittura dal 1996, sebbene si sia presa una pausa di riflessione tra il 2001 e il 2006. Quel che conta alla fine è che siano tornati sulla scena a distanza di tre anni da 'Relict' e l'abbiano fatto con una certa convinzione. Forse l'opener, "The Born Son of the Devil", non risulterà tra le tracce più convincenti dell'album, ma lascia presagire la vena fortemente sinfonica del lavoro, complice una spiccata propensione alle orchestrazioni che si odono a metà brano. Quello che semmai colpisce è la parte solistica del duo russo, davvero graffiante e di scuola death/thrash. Ma dicevo che forse l'opener non è il momento migliore dell'album, visto che con "The Kingdom of the Pain" i nostri si lanciano con il loro black thrash ruggente, tra ritmiche tiratissime, harsh vocals ed improvvise parti atmosferiche affidate al tastierista di supporto alla band, che si avvale peraltro anche di altri quattro musicisti addizionali. La proposta dei Grimorium Verum è davvero intrigante, miscelando reminiscenze dei Dimmu Borgir (periodo 'Puritanical Euphoric Misanthropia'), con gli Old Man's Child, un pizzico di Cradle of Filth (soprattutto nell'utilizzo delle voci femminili e nel cantato più evocativo/recitato del frontman) e un thrash metal davvero raffinato. La qualità del disco va aumentando con la magniloquente "The March of the Northern Kings" e quei suoi chitarroni che s'intersecano col bombastico suono delle tastiere e il meraviglioso attacco solistico, cosi come accade nella seguente "Blind Faith in Nothing" che ha un piglio analogo ma vede la comparsata anche del pianoforte nel suo velenoso incedere. Il disco prosegue, forse troppo lungamente (e qui risiede uno dei pochi difetti di 'Revenant'), su queste note, sfoderando pezzi più o meno interessanti, di cui vorrei sottolineare l'intensa "The Light of Dark Father", solenne nella sua parte ambient centrale, davvero fenomenale, laddove il vocalist si lancia anche in un cantato corale super pulito. Ultima menzione per "The Great Serpentine Saint", assai vicina al chitarrismo di 'The Cruelty and the Beast", ma anche qui ecco comparire delle vocals pulite che spezzano la veemenza ritmica dei russi e prendono nettamente le distanze dal genre (si un po' come fatto dagli ultimi Dimmu Borgir per intenderci). Insomma, alla fine un lavoro questo 'Revenant', che mi sono gustato con sommo piacere dall'inizio alla fine, un album che mi spinge sicuramente a saperne di più sul passato dei Grimorium Verum. Ben fatto! (Francesco Scarci)

(Symbol of Domination/Cimmerian Shade Rec/The True Plague/Black Metal Rec - 2018)
Voto: 75

https://symbolofdomination.bandcamp.com/album/sodp109-grimorium-verum-revenant-2018