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giovedì 20 novembre 2025

Suffering Hour - Impelling Rebirth

#PER CHI AMA: Death/Black
In rete ho trovato ovunque recensioni notevoli su questo lavoro, ma dopo averlo ascoltato, mi domando se sono io la solita voce fuori dal coro o se gli altri abbiano preso un clamoroso abbaglio. Ora non voglio dire che questo 'Impelling Rebirth', degli statunitensi Suffering Hour, sia una ciofeca, ma nemmeno sto gran discone, che da più parti invece ho letto. Per me si tratta infatti di onesti mestieranti che mettono in piazza un cupo black death caustico e veloce. E su questo non ci piove, visto l'incipit violento dell'iniziale title track, dove accanto alla devastazione della ritmica, compare una voce che sembra uscire dall'oltretomba, pronta peraltro a un rituale satanico. Le chitarre, belle sghembe e ribassate, viaggiano a velocità vertiginose, il tutto con scarsi accenni melodici, fatto salvo una leggera melodia in sottofondo a ridosso di una parte più atmosferica. Poi spazio a una vena fragorosa, che ci investe come un treno uscito dai binari. La seconda "Anamnesis" palesa influenze punk thrash, in un contesto comunque sparato ai 1000 km orari. Ancora un break atmosferico a metà pezzo, giusto per stemperare una furia che, a tratti, sembra ingestibile. Attacco grind invece per "Revelation of Mortality", una song animalesca, sanguigna, dissonante e ferale che, in tre minuti, non fa prigionieri, ma lascia una striscia di sangue dietro di sé, in un finale permeato da un umore nero e abissale, in cui il suono sembra quasi implodere. Nonostante sia un pezzo di una durata appena inferiore ai tre minuti, sembra stranamente ne duri una decina. Sfiancante. Come la successiva e psicotica "Incessant Dissent", un pezzo incessante che sembra chiamare in causa i Morbid Angel più feroci. Ancora fortissime influenze thrash/death/black old school per la lunatica e conclusiva "Inexorable Downfall", che chiude un dischetto di poco meno di 15 lunghissimi ed estranianti minuti di follia. (Francesco Scarci)

(Profound Lore Records - 2025)
Voto: 66

mercoledì 19 novembre 2025

Psycho Symphony - Silent Fall

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Techno Thrash/Progressive
I rumeni Psycho Symphony non si sono mai sciolti eppure non esistono uscite ufficiali dal 2002, quando venne rilasciato l'EP 'Schizoid'. Quest'anno tuttavia, ritorna in auge 'Silent Fall', il lavoro che uscì originariamente in cassetta nel 1997 e poi CD-r nel 2000, e che soltanto oggi, vede la luce formalmente grazie alla Loud Rage Music e a un nuovo remastering. La band di Carei muove i propri passi lungo un sottile confine fra il progressive anni '70 e il techno thrash progressive degli anni '80/'90 (per intenderci, gente del calibro di Watchtower, Anacrusis o Psychotic Waltz). Ascoltando l'album vi accorgerete infatti i vari punti di contatto con le band suddette attraverso la sofisticazione degli arrangiamenti che con l'iniziale "The King", vi farà già capire come il quartetto fosse in grado di costruire una matrice ritmica davvero complicata alternata a momenti più tecnici, evocando in certi passaggi, anche i Cynic di 'Focus' (assai palese ad esempio nel break atmosferico centrale "Temptations"). Solida e talvolta debordante ("Bloodthirsty Desires") la prova del bassista, a fungere da collante tra melodie e ritmica, al pari della folgorante prova alle pelli del drummer Gindele Gábor "Gabica", fantasioso e preciso nel passare da momenti dal piglio jazzy a esplosioni thrash. Notevole anche la prova delle chitarre, abili nel ricamare riff ultra tecnici o assoli raffinati (spettacolari a tal proposito "The Temple of Delight" o la disturbante e assai complessa, "Over the Walls"). Ho tenuto per ultimo la prova del cantante, che a mio avviso, rappresenta il punto debole dei nostri. Non sono infatti riuscito a digerire la sua voce nasale per quanto, in un contesto del genere, potrebbe essere anche particolarmente originale ed espressiva nella propria drammaticità. In chiusura, la lunga suite "Reality Falls Asleep I & II" è perfetta a riassumere la vena onirico-lisergica dei nostri (nella prima parte) combinata con la componente più veemente della band (la seconda metà). Insomma, se anche voi come il sottoscritto, vi siete persi questa release quasi trent'anni fa, beh avrete modo di rifarvi e capire come il thrash progressivo si sia ahimè nascosto nel sottobosco in un'epoca e in un contesto geografico alquanto complicati. (Francesco Scarci)

(Self/Loud Rage Music - 1997/2025)
Voto: 76

giovedì 13 novembre 2025

Trivium - Struck Dead

#PER CHI AMA: Metalcore/Thrash Progressive
In un'epoca in cui il metalcore si divide tra revival nostalgici e ibridazioni pop-oriented, i Trivium rimangono probabilmente un faro di integrità, una band che dal 1999 a oggi, ha definito il genere con un mix di tecnicismo thrash e melodia catchy, influenzando acts come As I Lay Dying o Bullet for My Valentine. La band, peraltro ultimamente impegnata in un tour in Nord America, per dare ulteriori segnali ai propri fan, ha pensato di far loro un regalo per Halloween, rilasciando questo 'Struck Dead', giusto tre pezzi per sottolineare quanto siano in forma oggi i nostri e sempre avvezzi a spaccare culi a destra e a manca. Non servono troppi convenevoli infatti a "Bury Me With the Screams" per far capire che il terzetto di Orlando, rimasto orfano dopo questo EP del drummer Alex Bent, rimane sempre uno dei migliori interpreti del metalcore, quello pesante e incazzato, ma sempre dotato di venature melodiche. Non ingannino infatti gli ostici giri ritmici che l'opener e la titletrack ci regalano, dando sfoggio peraltro di grande tecnica e al contempo freschezza sonica che si palesa attraverso cavalcate violente e incessanti, manco fosse l'ultima grandinata che ha messo ko la mia automobile. La band picchia di brutto, ma è sempre pronta a smussare le spigolature del proprio sound cambiando il registro vocale, regalando splendide linee melodiche, graffianti assoli (quello della title track sembra preso in prestito dagli Slayer) o una tribalità inaspettata nelle percussioni (ascoltatevi bene la seconda parte della title track, un brano comunque notevole, tra i migliori della band). La terza "Six Walls" sembrare partire con più miti consigli, viste le chitarre acustiche, ma niente paura, i nostri tornano a pestare che è un piacere in un pezzo quadrato, che vede in stop'n go da paura, una serie di assoli affilati come una lama di un rasoio (il penultimo sembra esser stato preso in prestito dagli Helloween), e una prova a dir poco monumentale dietro alle pelli di Alex Bent. Peccato solo un finale in fade out, che io detesto a dir poco. Nonostante questa piccola imperfezione, i Trivium ci sono, rimangono ben centrati sull'obiettivo e sono pronti a spezzare le gambe a tutti, statene certi. (Francesco Scarci)

(Roadrunner Records - 2025)
Voto: 75

venerdì 10 ottobre 2025

Lycan Rex - Black Fire and Vitriol

#PER CHI AMA: Raw Black
Non sempre sono cosi fortunato a imbattermi in album stratosferici, buoni o banalmente normali. Capita anche la volta che mi ritrovi ad ascoltare dischi, dai quali meglio tenersi alla larga. È il caso dell'EP di debutto degli statunitensi Lycan Rex, intitolato 'Black Fire and Vitriol', orribile già dalla sua copertina. Per quanto riguarda l'aspetto musicale poi, diciamo che la one-man-band originaria dell'Illinois, non è affatto agevolata da una produzione, qui alquanto approssimativa e da una proposta che abbraccia un black, a tratti cacofonico, che non lascia ben sperare. Sei i pezzi a disposizione, per quindici minuti di musica selvaggia, nuda, cruda, che ci rimanda a un raw black/thrash/punk di stampo anni novanta, con chitarre ronzanti, laceranti screaming vocals, un timido tentativo di creare atmosfere nebulose con tiepidi tastiere in sottofondo, e poco altro. Fatico a trovare un pezzo più interessante degli altri proprio perchè il livello è tendente verso il basso, e anche più basso e allora quindi, meglio skippare in avanti e lasciare questo lavoro a chi nutre il proprio cervello con sonorità estreme e nefande. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 45

giovedì 25 settembre 2025

Skyforger - Teikas

#PER CHI AMA: Pagan/Folk
Nel panorama del folk metal europeo, dove le tradizioni antiche si fondono con la furia del metal estremo, gli Skyforger rappresentano un pilastro indiscusso, una band che dal 1995 a oggi, ha portato con fierezza la voce della propria eredità culturale. 'Teikas" è il settimo album dell'ensemble lettone, che da sempre mescola pagan metal con elementi folk autentici, e ancora oggi mantiene un ruolo centrale nella scena, quasi come se fossero i custodi di un prezioso segreto. Il nuovo lavoro segna un gradito ritorno, dopo un preoccupante decennio di silenzio discografico. Il disco è influenzato dalle radici black metal dei primi lavori (e "Dieva Suss" già conferma questo spirito indomito) ma arricchito da un folk più maturo e narrativo, confermando i nostri come un punto di riferimento per chi cerca un metal che sia al tempo stesso brutale e culturalmente profondo, complici anche liriche che affrontano miti e leggende della tradizione lettone. Gli arrangiamenti poi sono stratificati e organici, con un uso di strumenti folk, mai invasivi, come cornamuse e flauti, che s'intrecciano a riff black/speed metal affilati e una batteria martellante, creando un contrasto tra aggressività e melodia epica. La voce di Pēteris Kvetkovskis al microfono alterna growl feroci a un cantato pulito. Per quanto riguarda i brani chiave, citerei "Spēlmanis", che palesa una certa vena speed metal, arricchita da lievi derive folkloriche. Ottima quella linea di basso potente che apre invece la più roboante "Spīgana", mentre "Mājas Kungs" si distingue per la sua tellurica intro, l'intensità epica, e un rifferama compassato che marcia, rutilante, alla stregua di un corteo funebre, e si muove tra porzioni atmosferiche quasi fiabesche, merito di un flauto che si guadagna la scena per la melodia che rilascia. Una chitarra poi ne raddoppia il suono per prenderne successivamente il posto e lanciarsi in un bell'assolo, elemento che di certo non scarseggia in questa release. E se l'incipit di "Rex Semigalliae" sembra uno dei vecchi pezzi acustici degli In Flames, di sicuro quando inizia a premere sull'acceleratore, fa capire come i nostri negli ultimi dieci anni, non si siano certo cullati sugli allori, ma accanto a quel sound che evoca anche i vecchi Annihilator e Skyclad, si divertono ancora a impreziosire il proprio sound con tutto l'armamentario folk in loro possesso e, ciliegina sulla torta, a piazzarci un altro fantastico assolo in chiusura. Le cornamusa aprono "Svētbirzs" e sembra quasi che la band ci voglia narrare qualcosa della storia del proprio paese, in un brano decisamente più controllato rispetto ai precedenti. E se "Velnakmens" lascia intravedere alcune reminiscenze di "Iron Maideniana" memoria nella linea delle chitarre, ecco che zampogne e zampognari, calano quegli elementi etnici per rendere il brano più peculiare. Il disco contiene 13 tracce e sarebbe delirante soffermarsi su tutte, cosi ecco che la conclusiva "Vecie Latvieši" chiude con un finale fatto di ancestrali melodie folk che chiudono un disco che brucia ancora come un fuoco antico. (Francesco Scarci)

(Thunderforge Records - 2025)
Voto: 74

mercoledì 20 agosto 2025

Inhuman Condition - Mind Trap

#FOR FANS OF: Death/Thrash
This is the third full-length disc I’ve purchased from the band. I picked up 'Rat God' (2021) and 'Fearsick' (2022), their previous two releases, and they were absolute gems! This new release I feel gets a solid “75” as it is consistent throughout musically, but the recording quality is not the greatest. You kind of have to crank the stereo to get it audible; nevertheless, the riffs/vocals/drums are all solid. Some songs have their own unique catch to them. This band doesn’t play with super fast tempos, their music lies within the death/thrash metal mix. I’ve been aware that since their first was released in 2021. Musically, they sort combine the heaviness of bands say like Obituary (hence, Terry’s main band) and the thrash-like essence of say Megadeth, reminiscent of their 'Countdown to Extinction' (1992) release, be it the riffs and tempos ranging from slower to moderate and again not going super fast.

The vocals are an acquired taste and their sound overall tends to be a little “flat” on the recording, just the riffs are quite good in general. I’d say that the music reflects more of a death metal band and not so much a thrash metal one. In any case, I’m forever a fan! They’ve got this sort of “groove” to their music, not necessarily groove metal, but a beat or vibe that’s easy to get into. Their music is HEAVY, but it’s not necessarily “dark” by any means. The lyrics might be, but not so much any of the songs.

Nine songs here total, clocking in at about 31 minutes in length. They all collectively good, but if I would choose at least two to check out first, maybe: "The Betterment Plan" or "Chaos Engine." Check out either of those songs; especially if you have no idea what exactly to look for with this band. No surprise that they’re solely Florida based, so many death metal bands have come out there date back to the later 80s! And I was not aware of this, but their guitar player Taylor Nordberg is also in Deicide, among others. It seems that all the members are in other bands, however.

Enjoy this, especially if these examples of whom their styles reflect yours and are on your radar! (Death8699)

(Listenable Insanity Records - 2025)
Score: 74

https://inhumancondition.bandcamp.com/album/mind-trap

mercoledì 23 luglio 2025

Concrete Age - Awaken the Gods

#PER CHI AMA: Death/Folk
'Awaken the Gods', pubblicato a maggio di quest'anno, celebra il traguardo del decimo album in studio dei Concrete Age, formazione russa che si è affermata come pilastro dell'ethnic metal grazie al suo stile unico che mescola death, thrash e influenze folk provenienti da tradizioni orientali e slave. Attivi dal 2010, il quintetto ora di stanza a Londra, ha conquistato la scena underground con lavori acclamati come "Bardo Thodol" nel 2020 e "Motherland" nel 2022, rinforzando la loro reputazione per l'uso di strumenti etnici e racconti mitologici intrecciati con sonorità estreme. Con il nuovo album, la band continua a superare i limiti del genere, proponendo un'opera ambiziosa che combina potenza sonora e una profonda esplorazione culturale, consolidandosi come una delle realtà più innovative nell'ethnic metal contemporaneo. La produzione raggiunge livelli straordinari, garantendo un sound ricco e ben bilanciato. Gli strumenti etnici come balaban, duduk e kamancheh si amalgamano perfettamente con pesanti riff di death e thrash metal, arricchiti da melodie orientali sin dall'iniziale "Prey for Me". Questo brano evoca atmosfere esotiche ed è impreziosito dalla performance carismatica del frontman, la cui voce spazia tra toni epici quasi narrativi e sfumature più aggressive. Tale versatilità amplifica l'impatto emotivo dell'album, creando un legame potente tra passato ancestrale e presente musicale. Tra i brani che spiccano, "Forbidden Ministry" si distingue per il suo riff thrash metal accompagnato da una ritmica incalzante, capace di evocare vibrazioni che ricordano un immaginario incontro tra Nevermore e Orphaned Land. La title track, invece, si fa notare per la sua riuscitissima fusione di elementi etnici e metal, culminando in un ritornello estremamente coinvolgente. È il fulcro narrativo del progetto, un tributo alla forza primordiale che prepara il terreno alle ritmiche frenetiche di "Cursed Reincarnation", memorabile soprattutto nella seconda parte con un'energia quasi tribale. La strumentale "Mid-East Boogie" è un autentico vortice di energia. Il groove dei riff s'intreccia prepotentemente con scale medio-orientali, mentre il balaban e la kamancheh aggiungono un'atmosfera distintiva. I ritmi rapidi e le percussioni tribali donano, inoltre, un tocco sorprendentemente danzereccio. Non meno impressionante è il resto del disco con "Warrior’s Anthem", che si conferma ricco di assoli spettacolari e intriso di quell'inconfondibile mood folklorico che attraversa tutto l'album. In chiusura, le cover di "Boro Boro" di Arash e "Şımarık" di Tarkan, aggiungono ulteriore profondità all'esplorazione della tradizione musicale orientale, identificando 'Awaken the Gods' come un album che riesce a emozionare, far ballare e trasportare l'ascoltatore in un mondo fatto di energia e sogno. (Francesco Scarci)

venerdì 18 luglio 2025

Blood Thirsty Demons - Sabbath

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Thrash/Horror
Quello che al primo ascolto si era dimostrato qualcosa di infantile e scontato, si è invece dimostrato ai miei occhi quello che, in effetti, è: un CD 3-track più intro e outro basato su un concept solido, forse un po’ trendy per i primi anni 2000 (thrash vampiresco), ma tutto sommato buono, scaturito dalla mente di Cristian Mustaine, leader e compositore dei Blood Thirsty Demons. Canzoni facili ma non scontate per quanto riguarda gli arrangiamenti di chitarra; per gli altri strumenti si dovrebbe fare di più per riempire il suono, soprattutto per le tastiere e la batteria. La voce non è poi così male, anche se le parti recitate non vorrei suscitassero ilarità a chi non è abituato a questi toni. I testi non sono niente d’eccezionale, ma rispecchiano il credo orrorifico della band (o almeno ciò che dicono). Compaiono anche delle parti acustiche che potrebbero sembrare delle guasconate commerciali, ma che invece, alla lunga sortiscono un certo effetto: giudicate voi. Una nota: dietro le pelli siede Mike, batterista di Morning Rise e Sine Macula. Sicuramente, trattandosi degli esordi, il suono andava maggiormente curato cosi come una maggiore originalità era auspicabile, per poter essere una bella sorpresa per il futuro.

giovedì 17 luglio 2025

Manipulated Slaves - The Legendary Black Jade

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Melo Death/Power
Si sa che il Giappone è la patria del metal, dal classico al progressive, passando per l’ultra melodico. I nostri Manipulated Slaves, non potevano nascere in un posto migliore. Nati nel 1994, i M.S., combinano un buon power metal, ben articolato da dei buoni arrangiamenti di batteria, con una sorta di classic metal, melodico, dove le chitarre la fanno da padrone e dove spiccano voci femminili ed alcune parti di violino abbastanza azzeccate. Alla voce possiamo trovare come guest, Johan Liiva, ex-Arch Enemy, che svolge egregiamente il compito di vocalist affidatogli. Tutto questo è condito da azzeccate parti musicali che a volte abbandonano il classic, per spostarsi verso lidi più death/thrash melodico che danno un tocco d’originalità al tutto. Poche volte ho sentito band giapponesi e, in ogni modo, spero suonino tutte in questa maniera. L’unico punto un po’ debole è forse la produzione, non molto pompata per quel che riguarda batteria e chitarre. L’ultima nota, ma non la meno importante, è la loro apparizione in live-acts di Tankard, Marduk, Arch Enemy e Witchery. Promossi.

(Worldchaos Production/Slumber Records - 2001/2012)
Voto: 70

https://manipulatedslaves.com/

giovedì 3 luglio 2025

Helheim - HrbnaR / Ad Vesa

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Non sono sicuro se il nuovo album degli Helheim rappresenti realmente un passo avanti nella carriera della band norvegese. Da anni si distinguono nella scena musicale estrema grazie alla loro riconoscibile fusione di black metal preponderante e qualche accenno di viking folk, ma 'HrbnaR / Ad Vesa' non riesce a convincermi del tutto. Pur essendo attivi dal lontano 1992, e mantenendo un ruolo significativo nell'underground grazie alla loro capacità di innovare rimanendo fedeli alle radici del genere, questo nuovo lavoro sembra avere qualcosa che non quadra pienamente. Non so se la mia perplessità derivi dalla decisione di dividere l'album in due sezioni, la prima compiuta da H’grimnir e la seconda da V’gandr, o dalle voci pulite che, a mio avviso, non reggono il confronto con gli altri lavori. Oppure, potrebbe essere la musicalità, che in alcuni momenti appare appesantita da eccessive dissonanze sonore. Fatto sta che rimango incerto nell’esprimere un giudizio definitivo. Non fraintendetemi, non stiamo parlando di un disco mal riuscito, ma semplicemente io, dagli Helheim, tendo ad aspettarmi sempre livelli qualitativi elevati. Analizzando la prima metà del disco, emerge un black metal capace di conquistare, con momenti significativi come le malinconiche note di "Sorg er Dødens Spade" o l'impetuosa brutalità di "Livsblot", un brano che non lesina in ferocia e si muove abilmente attraverso chitarre affilate arricchite da linee melodiche ben calibrate. I testi, radicati nella mitologia norrena, aggiungono spessore a una sezione che regala ulteriori colpi ben assestati. Tra questi spicca "Mennesket er Dyret i Tale", che bilancia con intelligenza, furia e mid-tempo, culminando in un assolo di grande impatto emotivo. Tuttavia, quando si arriva alla seconda metà del disco, il distacco con la prima metà si fa più evidente. Si nota una maggiore enfasi sulle sezioni ritmate che, in alcuni casi, sforano nella ridondanza ciclica. La ruvidità di "Fylgja", o le suggestioni cupe e opprimenti di "Hamingja", mantengono in parte il tipico stile norvegese grazie alle distintive linee di chitarra, ma alla fine, resta quel non so che di incompiuto e poco convincente. A spezzare la monotonia interviene "Hugr", un pezzo ipnotico dal basso che richiama vagamente atmosfere pink floydiane. Tuttavia, anche qui l’eccessiva ripetitività di fondo unita a una più forte componente thrash, riscontrabile anche nella conclusiva "Hamr", finisce per risultare quasi fastidiosa. Per chi segue gli Helheim da tempo, questo disco offrirà comunque materiale interessante e momenti godibili. Se però siete nuovi nel loro universo musicale, consiglierei di iniziare con lavori per me più rappresentativi, come 'Heiðindómr Ok Mótgangr' o 'Yersinia Pestis'. (Francesco Scarci)

(Dark Essence Records - 2025)
Voto: 70

https://helheim.bandcamp.com/album/hrabnar-ad-vesa

lunedì 14 aprile 2025

Aura Noir - Increased Damnation

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Thrash
Questa è un'ottima occasione per conoscere i primi lavori dei norvegesi Aura Noir, qui proposti in versione live, insieme ad altre chicche (remastered, uncut versions, ecc.) che faranno la gioia dei patiti della band. 'Increased Damnation' è una compilation fatta di brani grezzi, veloci, seminali. Per collezionisti, ma non solo. Ascoltate "Mirage", "Dreams Like Deserts" o il brano live "Swarm of Vultures" e coglierete l'essenza stessa del thrash metal: incontaminata energia selvaggia! Segnalo la presenza di Fenriz alle vocals in un paio di brani. Se volete disintossicarvi dalle atrocità musicali che vanno per la maggiore alla radio, questo è l'album che fa per voi.
 
(Hammerheart Records - 2000)

giovedì 27 marzo 2025

Disinter - Welcome Oblivion

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zin
#PER CHI AMA: Thrash/Death
Questo gruppo di Chicago mescola tecnicamente, grazie anche ai sia pur pochi interventi del basso, e più spesso nel classico incedere death, parti lente, brutali e accelerazioni isteriche. La voce passa da cavernosa a urlata e psicotica, in pochissimo tempo. Diversificati gli arrangiamenti e gli stacchi di batteria che appesantiscono e aumentano l’impatto anche negli stralci lenti. Numerose melodie, che si esplicano attraverso assoli e ritmiche, compongono questo album in modo non monotono, assieme anche a molti intermezzi parlati e alcune intro più cupe. Diversamente, le canzoni colpiscono alternando oscure vesti ad approcci più secchi e sincopati, in una sorta di thrash/death assai ritmate. Una buona registrazione chiude un disco che non rimarrà certo negli annali della musica ma che comunque si lascia gradevolmente ascoltare.
 
(United Guttural Records - 2000)
Voto: 65
 

martedì 4 marzo 2025

Hell:On - Shaman

#PER CHI AMA: Thrash/Death
Quando il vento gelido delle steppe ucraine si mescola al clangore di un death brutale e primordiale, ecco nascere 'Shaman', settimo sigillo degli Hell:On. Avevo amato il precedente 'Scythian Stamm' e quindi, le mie aspettative per questo nuovo lavoro, devo ammettere fossero piuttosto elevate. Questa nuova fatica del quintetto di Zaporizhia si presenta come un rituale sonoro, un viaggio nelle tenebre che ci ricorda che la musica non è solo una forma d'arte, ma un modo per esplorare i recessi più profondi dell'anima. L'apertura dell'album, "What Steppes Dream About", è un pezzo che evoca immagini di antichi rituali tribali, sostenuta da un riff di chitarra che s'insinua come un serpente venefico. Il growl del frontman solca l'aria, trasmettendo un senso di invocazione, come se stesse chiamando a raccolta le forze oscure dei nostri antenati, mentre le chitarre di Hellion e Anton, costruiscono un muro di suono che crolla in un assalto death metal. "When the Wild Wind and the Soul of Fire Meet" è la classica quiete prima della tempesta: in principio, solo flebili suoni poi sostituiti da riff travolgenti e una batteria martellante che si fondono in un crescendo implacabile, atto a creare un muro sonoro che travolge l'ascoltatore, in un finale sincopato che mi ha evocato i primissimi Septic Flesh. Ma è forse con "Tearing Winds of Innerself", che la tempesta interiore prende forma in un assalto di blast beat e killer riff, un tornado sonoro che squarcia ogni difesa, anche laddove persistono le porzioni tribali, ma che prende il sopravvento quando i nostri ci lasciano cadere in un ubriacante maelstrom sonoro e ci avvolgono in un epico assolo conclusivo che lascia un’atmosfera incandescente. Si prosegue con il misticismo sciamanico di "Preparation for the Ritual", che va a fondersi con una brutalità sonora, creando un incantesimo che non lascia scampo, in una sorta di versione death metal dei Melechesh. Con "He with the Horse’s Head", il galoppo ritmico è un’eco di zoccoli su una pianura arida, mentre le chitarre intrecciano melodie mediorientali a un death metal possente, e in cui va sottolineata, ancora una volta, la performance solistica delle due asce e il dualismo vocale di Olexandr Bayev, abile a muoversi tra growl e vocals strozzate in gola. La caduta si approfondisce in "A New Down". Riff spezzati si uniscono a un ritmo forsennato, in una furente cavalcata che mi ha ricordato i Sepultura di 'Arise' uniti ai Death di 'Human', mentre un assolo vertiginoso squarcia la matrice sonora nella seconda metà del brano. Il drumming è un ruggito continuo, un tuono che non si ferma davanti a nulla, anche nella successiva "I Am the Path". Qui, la batteria di Leshiy colpisce con precisione brutale, alternando raffiche a pause cariche di un silenzio inquietante, mentre le chitarre s'intrecciano in armonie oscure e taglienti, e la voce ruggisce come un oracolo posseduto. A chiudere il disco, ecco la title track, un pezzo che apre con roboanti ritmiche scuola Morbid Angel, per poi cedere il passo a un’atmosfera doomeggiante, che è un misto tra misticismo e nichilismo. Alla fine, 'Shaman' non raggiungereà i livelli eccelsi del suo predecessore ma comunque si dimostra come un album solido, un rito, un cerchio di fiamme e teschi che chiama a sé gli spiriti di un tempo, di un’Ucraina ferita che respira guerra e sopravvivenza. (Francesco Scarci)

(Archivist Records Ukraine - 2025)
Voto: 80

https://hellonband.bandcamp.com/album/shaman

giovedì 27 febbraio 2025

Necrodeath - Arimortis

http://www.secret-face.com/

#FOR FANS OF: Black/Death/Thrash
Not an entirely long LP, roughly 39 minutes but, wow! How much these 3 sub-genre metalers (black/death/thrash) have amped up their game! I had 'Defragments of Insanity' (2019) & didn't hold onto it because it didn't really resonate with me. Then I heard this and, damn! I've been hooked! It seems a lot better sounding than many previous releases by the band, I suppose they said "let's go all out & see where it takes us!" That's a hypothetical, but really they are sounding awesome! The guitars are wicked & everything here (I'm guessing) made sense to them. Upon release, it made sense to me hearing new material that's not recycled over & over like it happens with so many bands in any type of music. But these dudes did one heck of a good job! The guitars don't repeat over & over, they stuck with solid riffs that sound in their own style, lead guitar outputs well executed too. They actually have a music video out for one of the songs here called "Storytellers of Lies".
 
Nine songs OK, but just all of them are simply wicked! I just heard this once & was blown away. And part director Milos Forman's 'Amadeus' (1984) where Mozart accused the Italians as being "musical idiots!" was well, far off! I think listeners on this will definitely disagree with that film based musical-judgment as it pertains to Italian artists.
 
Four people in this band right now: Flegias, who sounds black metal-like on voice, the guitars by Pier Gonella are death/thrash sounding & the remainder of the band (GL & Peso) keep up rather well! I was hoping to get a copy of this LP on Amazon, but it's temporarily out-of-stock! I've heard prior releases from the band, just I've not been as interested in them until hearing this! They've been around rather a while, 1984-1985 or thereabouts!
 
This exceeded my expectations by a ton, how can you possibly like metal & pass this one up!? Be ready for an onslaught of noise coming out of your speakers & your brain having a super hard time keeping up with it all! (Death8699)
 
(Time To Kill Records - 2025)
Score: 83
 

mercoledì 5 febbraio 2025

Body Count - Merciless

#PER CHI AMA: Crossover/Thrash
Mai avrei pensato di scrivere dei Body Count, la provocatoria band statunitense guidata da Ice-T, sempre attenta alle tematiche sociali e antirazziali. Eppure quando ho dato un ascolto distratto a 'Merciless', il mio iniziale scetticismo e la mia scarsa attenzione, si sono trasformati in grande entusiasmo. L'ottava release del collettivo americano è caratterizzata da un sound denso e aggressivo, con chitarre pesanti e ritmi incalzanti che riflettono la furia e l'intensità tipiche della band, pur mantenendo la propria identità ancorata a quel crossover, tra rap metal e hardcore. Brani come "Psychopath" e "Drug Lords" (la prima con la comparsata di Joe Bad dei Fit for an Autopsy e la seconda con Max Cavalera alla voce) offrono riff potenti e ritmiche serrate, creando un'atmosfera di urgenza. In particolare mi soffermerei sulla title track che ho particolarmente amato, con quel suo sound ipnotico e robusto al tempo stesso, che mi ha evocato 'South of Heaven' degli Slayer. Aggiungiamo poi una produzione che privilegia la rotondità del suono, permettendo a ogni strumento di risaltare, e alla voce di Ice-T di farsi sentire con una forza ineguagliabile (anche se a volte rimanda un po' troppo al buon vecchio Tom Araya). E a proposito di vocals e vocalist, nella selvaggia "The Purge", dobbiamo segnalare il featuring di Mr. Corpsegrinder (Cannibal Corpse), in un altro pezzo che francamente grida al miracolo, in una miscela tra gli Slayer più compassati e i Massacre. Parlando di guest star, poi non posso tacere l'assolo di David Gilmour (si, quel signore inglese che suonava nei Pink Floyd) nell'intramontabile cover di "Confortably Numb", un pezzo riletto in chiave rappeggiante. E ancora da menzionare, le apparizioni di Howard Jones (ex Killswitch Engage) nella velenosa e super ruffiana (ascoltatevi il ritornello) "Live Forever". Potrei andare avanti citandovi altri mille personaggi che hanno preso parte a questo disco, ma la mia raccomandazione è di dare un'opportunità a questo disco, ne potreste rimanere anche voi piacevolmente sorpresi. (Francesco Scarci)

(Century Media - 2024)
Voto: 78

https://bodycountband.com/

lunedì 20 gennaio 2025

No Return - Self Mutilation

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Thrash
Non servono molte parole per descrivere il sound dei francesi No Return, basta anzi un solo termine: thrash metal!!! Questo per dire che potete (e dovete) aspettarvi un album spaccaossa, violento nel suo riffing serrato e nella ritmica incalzante, ma non così brutale e marcio. Tutti i brani ricalcano bene o male lo stesso collaudato schema, delineando un album omogeneo (a volte forse fin troppo) e ben strutturato, privo di carenze esecutive e assolutamente ben prodotto. Un’uscita da non mancare per tutti gli headbangers in circolazione.

(Kodiak Records/Listenable Records - 2000/2008)
Voto: 65

https://noreturnarmy.bandcamp.com/album/self-mutilation

mercoledì 18 dicembre 2024

Enforced - A Leap into the Dark

#PER CHI AMA: Thrash/Hardcore
Gli statunitensi Enforced li abbiamo già recensiti un paio di volte e quindi è stato semplice prendere il loro nuovo 'A Leap into the Dark' e analizzarne i contenuti che poco si discostano dalle release passate, proponendo infatti quel thrash metal che tributa band del calibro di Slayer, primissimi Testament ed Exodus. Tre nuovi brani, una riedizione della vecchia "Casket ", oltre a un paio di cover, quella degli Obituary di "Deadly Intentions" e quella degli English Dogs con "The Chase is On" per saggiare lo stato di forma della band originaria della Virginia. Il disco si apre con il riffing classico di "Betting on the End", una semplice e quanto mai efficace ritmica thrash su cui si innesta la voce roca del frontman e un paio di assoli ben assestati che mi hanno evocato i Testament di 'The Legacy' e un finale di chiara matrice slayeriana. Ah, bei ricordi andati. La title track attacca subito con un altro bell'assolo, da cui ripartire con un sound più arcigno, di matrice quasi hardcore, un forsennato giro di rullante e una bella cavalcata speed metal che sembra voler ricercare le proprie radici in 'Kill'em All' dei Metallica; un bel cambio di tempo ed ecco il nuovo giro di assoli a sollevare una song fin troppo spigolosa e angosciante. Una ritmica scuola 'Seasons in the Abyss' per la successiva "Deafening Heartbeats", con tanto di brevi rasoiate solistiche a rinforzare la veemenza dei nostri, fino a quando la band rallenta pericolosamente nel finale. "Casket" è un singolo che era comparso in una compilation del Decibel Magazine nel 2021 che mantiene una più intatta componente thrash/hardcore che mi emoziona molto meno rispetto alle precedenti tre tracce, forse perchè qui non c'è ombra di quegli assoli che reputo indispensabili per il genere. In chiusura, le due cover già menzionate: quella degli Obituary, con il brano estratto da 'Slowly We Rot', sembra ricalcare fedelmente l'originale, anche se la voce di John Tardy è quasi inimitabile, mentre le saettate di chitarra sono davvero una figata. L'ultima song suona invece come un tributo al punk hardcore degli inglesi English Dogs, con un pezzo che non fitta esattamente i miei gusti, essendo troppo spinta verso il versante sporco, brutto e cattivo dell'hardcore. 'A Leap into the Dark' è comunque alla fine un gradito ritorno per tutti i fan della band di Richmond. (Francesco Scarci)

venerdì 6 dicembre 2024

Impious - The Killer

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Death/Thrash
Death/thrash, sulla scia di The Crown, Centinex, The Haunted. Dopo l’intro di rito, si parte - bene - con "Burn the Cross" (e complimenti per l’originalità del titolo), veloce come una palla di cannone e altrettanto distruttiva. L’album in seguito si discosta da queste premesse. Il chitarrista, Valle Adzic, è l’autore di tutte le musiche e dei testi. Che egli sia il “motore” della band (un quintetto, per la cronaca) lo si desume anche dal rilievo e dalla cura riservata agli assoli chitarristici, che rappresentano effettivamente l’aspetto più interessante delle canzoni. Alcune delle quali fortunatamente si fanno anche apprezzare: oltre all’opener, segnalerei "Caught in Flesh", "The Deathsquad" e "The Hitman". Altre decisamente meno, per la semplice ragione che non dicono nulla di nuovo e sono pure prolisse. Fermo restando che a decidere della qualità di un album sono i contenuti e non il lay-out, va detto che 'The Killer' è peraltro penalizzato da una copertina davvero brutta. Strano che la Hammerheart non se ne sia avveduta.
 
(Hammerheart Records - 2002)
Voto: 65
 

venerdì 22 novembre 2024

VII Arcano - Inner Deathscapes

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Thrash
Fortissimi ‘sti romani. Death metal d’impatto, diretto, influenzato da At The Gates e soci, ma con un proprio sound e trademark. Dieci i brani che compongono questo assalto ben registrato, il cui suono delle chitarre è corposo e incisivo, come deve essere in un genere come il loro. Le canzoni sono tutte di breve durata, e questo non fa che accrescere l’aggressività ed intensità dei pezzi, senza perdersi in virtuosismi inutili. 'Inner Deathscapes' è stato registrato agli Outer Studios di Roma ad opera di Giuseppe Orlando dei Novembre. Grande la prova vocale, molto profonda e roca. Un cd alla fine, ben riuscito che unisce death e thrash nel migliore dei modi.

(Pick Up Records - 2001)
Voto: 73

https://www.facebook.com/viiarcano

martedì 22 ottobre 2024

Strident - Budapest Never Sleeps

#PER CHI AMA: Thrash Metal
Della serie la musica non ha confini politici. Ecco che dopo aver recensito ieri una band russa, oggi mi appresto a darvi un assaggio dell'ultimo EP degli israeliani Strident e del loro thrash metal che da ormai 20 anni contraddistingue la band. Quattro soli i pezzi per questo tuffo nel passato a richiamare colleghi ben più famosi a stelle e strisce. L'attacco martellante "tunz tunz" e la classica voce potente dell'opener "The Seeds of Hate", non possono non ricordare i primi Exodus, la serratissima ritmica old fashion non può non evocare i primi Slayer, cosi come il super assolo a metà brano non può non evocare i primi Testament. Cosi, ci troviamo un compendio del miglior thrash anni '80, con alcuni rimandi ai Forbidden nelle vocals (e chorus) di "Poserist", la stessa che vede anche una veloce rincorsa di chitarre (e un fantastico assolo) di scuola Megadeth, "Rust in Peace". E che dire della title track che, nelle linee di basso, chiama in causa anche gli Over Kill e un pizzico degli Anthrax? La conclusiva "Repentless", non a caso, è poi una cover degli Slayer, per un tripudio conclusivo di devozione totale al thrash metal. (Francesco Scarci)