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martedì 28 giugno 2022

Epitaphe - II

#PER CHI AMA: Death/Doom
Li avevo recensiti nel 2019 in occasione del loro primo atto. Tornano oggi i francesi Epitaphe con il secondo capitolo della loro discografia, intitolato semplicemente 'II', ed altri cinque pezzi che coniugano quel death doom corrosivo degli esordi con divagazioni funeral e aperture decisamente più melodiche. Si parte dall'introspettiva e strumentale intro "Sycomore" e si capisce che già qualcosa è cambiato in seno al quartetto di Claix. E infatti quando irrompono le ritmiche dissonanti della seconda "Celestial" e quell'intrigante ricerca sonora, ecco che capisco di avere fra le mani un piccolo gioiellino. Si perchè i 19 minuti del brano si muovono tra partiture death, altre decisamente più brutali e ampi frangenti acustici, il tutto corredato peraltro da voci sia in formato growl che pulito (forse la novità più ecclatante di questa seconda release). Poi la song, in tutta la sua infinita durata, vive di sussulti death devastanti (citavo i Morbid Angel nella precedente recensione e non posso che confermare) di nuovo interrotti da rallentamenti più claustrofobici, escalation black e nuove bordate death, prima del più tranquillo finale arpeggiato. "Melancholia" e altri 19 minuti davanti, introdotti da una furibonda ritmica techno death che trovo davvero spiazzante. L'avevo appreso già da 'I' che i nostri non sono davvero quello che sembrano, lo confermo in questo nuovo lavoro, che si palesa nuovamente ostico da esser digerito ma si arricchisce per lo meno di arrangiamenti death progressive e break acustici che in più di un'occasione mi hanno evocato gli Opeth dei primi album. Colpiscono le eteree clean vocals, i momenti più ambient, le derive post rock e per questo non possono che esserci grandi applausi. Ora, poi dopo tutto questo ben di dio, essere preso a cinghiate da altre raffiche death, si potrebbe rivelare esperienza sempre più destabilizzante e per questo stimolante. "Insignificant" apre con un arpeggio di opethiana memoria, con tanto di crescendo incluso che per oltre tre minuti (dei quasi 19 complessivi), ci prepareranno all'incombente sassaiola death che mi aspetto da lì a poco. In realtà, i giri del motore rimangono per un po' a basso regime, ma le emozioni non mancano, non temete. La band ha infatti modo di esibire un bridge melodico, un intercalare doomish, per poi lentamente spingere sull'acceleratore con una natura percussiva alquanto originale che prenderà il sopravvento nella seconda parte del brano e che troverà ancora modo di proporre qualche rallentamente decisamente più bilanciato prima di un finale davvero significativo. Altro pezzo strumentale a chiusura del disco che mostra le progressioni musicali dei quattro francesi e tutte le potenzialità che la band potrà sviluppare nelle prossime uscite. Se potessi migliorare qualcosa, smusserei del tutto gli isterismi estremi del sound dei nostri per una ricerca più progressiva del suono perfetto. Per ora bene cosi, ma ho aspettative parecchio elevate per il futuro degli Epitaphe. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2022)
Voto: 76

https://epitaphe.bandcamp.com/album/ii

lunedì 27 giugno 2022

Primus - Conspiranoid

#PER CHI AMA: Funk Blues Rock
Ci hanno impiegato cinque anni i Primus per tornare a farsi sentire. Dopo il discreto 'The Desaturating Seven', ecco riaffacciarsi sulle scene il trio nella sua veste originale che comprende l'onnipresente Les Claypol e i suoi fidi scudieri, Larry LaLonde e Tim Alexander. Il nuovo EP è intitolato 'Conspiranoid' e spero sia un antipasto per un nuovo full length pronto a venire. Tre pezzi che iniziano con gli undici minuti e mezzo della squilibrata "Conspiranoia" che ci restituiscono l'insana follia della band californiana con una serie di giochi di chitarra (e basso psicotico annesso) che faranno la gioia dei fan dei nostri. L'inconfondibile e unica voce di Les completano poi un quadro di suoni che si muovono su una marcetta slow-tempo, resa intrigante dal chorus "Conspiranoia". Il rincorrersi psichedelico poi di chitarra e basso fanno il resto come da oltre trent'anni i tre marziani ci hanno abituato. Inutile pensare di prevedere le mosse dei nostri, anche qui sembra di assistere ad una jam session tra amici che hanno pensato di arricchire il proprio sound con funkeggianti fughe blues space rock e inserimenti di spoken words che propongono un lirismo legato alle più disparate teorie cospirazioniste del nostro tempo. Un banalissimo basso alla ZZ Top (chi ha detto '"La Grange"?) apre la seconda (sempre più funky) "Follow the Fool", un brano che sembra evocare addirittura lo spettro di Elvis "the Pelvis". La terza "Erin on the Side of Caution", con quella sua verve di zappiana memoria, si affida sempre alla sghemba tecnica dei tre musicisti statunitensi unita ad una ricerca musicale che conferma quanto i tre pazzoidi americani non siano ancora sul punto di abdicare. (Francesco Scarci)

Cernunnos - The Forgotten Age of Heathenism

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Questo demo-CD dimostra che anche dalla mente di una singola persona, soprattutto se si tratta di un bravo musicista, possa nascere qualcosa di veramente buono al pari di tanti gruppi composti da più membri, ognuno specializzato nel proprio strumento. Questo è il caso dei Cernunnos, band bresciana, creata da Oghme, batterista e factotum, aiutato al basso da Von. Un total black metal tirato e ben suonato, fedele ai canoni di una (in)sana violenza, dove la batteria, suonata egregiamente e ben arrangiata, e senza troppi inutili fronzoli, insieme alla chitarra, conducono le danze. Una sana velocità, come ci vorrebbe più spesso, alternata a tempi più rallentati. La voce può sembrare inusuale perché non è la classica perennemente in growl o più arcigna, ma essendo leggermente pulita (non troppo per carità), ottiene una buona timbrica. Testi in puro pagan style, curati ed abbastanza originali. Come prima (e unica) uscita, direi che poteva essere OK, spaccare il culo a molte bands, soprattutto per quanto riguarda la produzione: magari fossero stati sempre così ben registrati i demo. Una pecca, piccola e ormai non più rimediabile, era la pronuncia inglese, che andava resa un po’ più fluida e meno italianizzata.

The Pit Tips

Francesco Scarci

Himinbjorg - Haunted Shores
Soldat Hans - Anthaupt
White Ward - False Light

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Death8699

Abbath - Abbath
Metallica - Master of Puppets
Napalm Death - Harmony Corruption

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Alain González Artola

Illvilja - Endless Rivers
Weress - Au-Delà des Lieux Légendaries
Almach - Realm

sabato 25 giugno 2022

Klymt - Murder on the Beach

#PER CHI AMA: Coldwave/Post Punk
Ho provato quasi un brivido di freddo quando ho fatto partire questo lavoro dei francesi Klymt. Quello incluso in 'Murder on the Beach' è infatti un asettico concentrato di coldwave che vi raggelerà il sangue nelle vene già con le sintetiche sonorità d'apertura di "Analogue Bastard", dove confluiscono turbinii industrial che ammiccano ai Nine Inch Nails. Ecco, in linea di massima su quali coordinate si muovono i nostri, che con la successiva "Blind Fish" si affidano a sonorità ancor più artificiali, ove elettronica ed EBM si prendono per mano e saturano tutta la scena. Ben più diversa invece "Mood", tra post punk e darkwave, in un compendio musicale ben più semplice da fissarsi nella testa, grazie a sonorità qui più dirette e melodiche. "Blue Song" è decisamente più cupa e marziale nel suo incedere. La voce del cantante è ben calibrata nella sua sofferenza con il contesto musicale, sebbene ogni tanto sembri fare il verso a Matthew Bellamy dei Muse e qui mi piace un po' meno. Ma la musica è sempre piuttosto convincente anche nella più delirante ed incalzante "Stay at the Bottom", furiosa nel suo martellante beat. In chiusura, l'inquietante ed enigmatica title track, dove le vocals dei due cantanti finiscono per essere sorrette da una matrice sonora fredda come quel brivido provato all'inizio del mio viaggio. (Francesco Scarci)

(Atypeek Music/KdB Records/Anesthetize Prod./Araki Records/Postghost Recordings - 2022)
Voto: 74

https://klymt.bandcamp.com/

High Castle Teleorkestra - The Egg That Never Opened

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali, Mr. Bungle
Vi sentite pronti per vivere un'esperienza folle? Lo siete davvero ad aprire quell'uovo che non è mai stato aperto? Perchè quando farete partire questo folle disco, non potrete più fare marcia indietro. Il sestetto internazionale degli High Castle Teleorkestra (in realtà la band include uno smisurato numero di comparse) vi porterà con questo 'The Egg That Never Opened', attraverso differenti palcoscenici, dal mondo dello swing ai suoni balcanici, passando in rassegna le colonne sonore dei film anni '50, '60, il jazz, l'avantgarde e infine anche il metal. Proprio da qui parte infatti la title track e da riffoni piuttosto pesanti che evolveranno/degenereranno nel giro di pochi secondi, in un fiume musicale da farvi impallidire, che potrà evocare inequivocabilmente la follia dei Mr. Bungle (sarà merito del fatto che nella band è presente anche il sassofonista Bär McKinnon dei Mr. Bungle stessi?) e ogni altro progetto firmato Mike Patton, con un melting pot esagerato di generi. Quelle tipiche sonorità romantiche della capitale francese, con tanto di fisarmonica, aprono invece "Ich Bin's", ma attenzione perchè in sottofondo si nascondo minacciosi chitarroni che continueranno a masturbarci le menti con il loro pesantissimo incedere. Spettacolare "The Aramchek Accusation", una song intanto finalmente cantata, ma che nasconde al suo interno, un'altra scala cromatica davvero assurda che ci condurrà attraverso turbolenti scenari fino alla più tranquilla e malinconica "Valisystem A", dove il tributo a Ennio Morricone sembra ancor più evidente ma che va a miscelarsi con surf pop e jazz. Quello che questi pazzi furiosi hanno fatto (ricordo che oltre a membri di Mr. Bungle, ci sono anche musicisti provenienti da Estradasphere, Farmers Market, Doc Booger e Probosci) ha alla fine del prodigioso, del suggestivo, sicuramente del delirante, frutto comunque di una competenza musicale senza confini, che aspetta solamente la vostra voglia di evadere dagli schemi e sperimentare senza paura alcuna. Il mio pezzo preferito? Senza ombra di dubbio, "At Last He Will", ove convergono sonorità metal e cinematiche, mentre una menzione d'onore spetta alla conclusiva "Mutual Hazard" e quelle sue sonorità a cavallo tra metal ed echi balcanici. Le tracce più difficili da affrontare perchè eccessivamente sperimentali? La melliflua "The Days of Blue Jeans Were Gone" e la lunga e troppo cantata "Diagnosing Johnny". Ultima segnalazione: la versione deluxe include 43 bonus track, fate vobis! (Francesco Scarci)

venerdì 24 giugno 2022

Varathron / Ungod - Apocalyptic Mysticism - split 7" EP

#PER CHI AMA: Black Old School
Due band che a modo loro hanno fatto la storia del black, s'incontrano sullo stesso EP. Sto parlando dei greci Varathron e dei tedeschi Ungod. Un 7" questo 'Apocalyptic Mysticism', targato Iron Bonehead Records, un'etichetta da sempre attenta a questo genere di sonorità underground. E ancora underground è lo spirito intatto dei Varathron, una band che segnava i primi passi a fine anni '80 e ora si diletta con questa canzoncina, "The Mystic Papyrous"che mantiene intatto lo spirito ellenico heavy black thrash di quegli anni anche perchè la song sembrerebbe essere stata concepita nel 1993. Ancora più marcescenti gli Ungod e la loro "Sinister Forms of Fallen Stars", un brano che sembra provenire direttamente dagli inferi, richiamando gli esordi ferali dei Bathory, con tanto di chitarre low-fi, produzione scarnissima, ritmiche tiratissime, quanto le screaming vocals del frontman per un lavoro consigliato ai soli aficionados di black old school. (Francesco Scarci)

Glenn Hughes - Resonate

#PER CHI AMA: Hard Rock
Appartenenza e mistificazione. Appartenenza. Il perentorio riff heavy di "Heavy" in apertura di album indubitabilmente identificativo di un chitarrismo blackmoriano (con echi che si rifanno a "Sixteenth Century Greensleeves"), contrapposto al funkytarrismo iperliquido di "Landmines", più o meno collocabile dalle parti dei Living Colour più bidonari (vedi il fottutissimo Invisible Tour inverno 2016). Mistificazione. Il riff paleo-stoner di derivazione ovviamente sabbath/iana che dilania "Flow", magari contrapposto al deliquio iperhammondiano di "Steady" (il polidattiliaco in questione è un certo Lachy Doley), al cui confronto Jon Lord vi sembrerà un cicisbeo imbellettato alla corte di Luigi XV. Appartenenza: la (eccessivamente) autocompiaciuta ambivalenza funky vs. rock vi consentirà oltretutto di reinterpretare la (comunque pessima) copertina. Mistificazione: se appartenete alla schiera di coloro che condividono il pensiero di Sergio Leone su Clint Eastwood, allora divertitevi a suddividere le canzoni di questo album in con-hammond e senza-hammond. L'andamento pop saltellante di brani come "My Town" e "Stumble and Go" testimoniano la occulta presenza di Chad Smith (Red Hot Chili Peppers) a pestare sui tamburi, ancorché in tracce differenti. Ascoltate questo album domandandovi per quale ragione la traccia più interessante, "Nothing's the Same" è solo sulla deluxe. (Alberto Calorosi)

(Frontiers Records - 2016)
Voto:70

https://www.glennhughes.com/

Árstíðir - Tvíeind

#PER CHI AMA: Electro/Indie
Arrivano con la medesima ineluttabilità del tuono che segue il lampo, o del sorrisino che segue la scorreggia: prima i bagliori di visibilità internazionale e poi le roboanti collaborazioni, nello specifico con artisti della nuova electrowave islandese (Ruxpin e Kippi Kanínus) e russa (Iamthenorning, Veell). E, infine, l'inevitabile raccolta di reingegnerizzazioni musicali. Accade così che l'immaterialismo celtico di "Ljóð í Sand" trasmuti in un ipercinetico quasi-jungle mix con ampie aperture space-age, una sciamannanza da inizio '00, se ci pensate, o che "Lost in You" acquisisca certa iperdrammaturgia stile Anathema per pop-morbidirsi successivamente nella seconda parte, o ancora che "Days and Night" venga permeata da quell'elettronica glaciale da ?syntax-error che ricordavate nei primi dischi dei Sigur Rós, o infine che "Á Meðan Jörðin Sefur" (reinterpretata da una anodinica vocina femminile) e "Shades" acquisiscano, seppure in modi assolutamente differenti, certe sinestetiche sensazioni metereologiche poi ampiamente esplorate nel successivo 'Hvel'. Accade, sì. E non ci puoi fare niente. (Alberto Calorosi)

Obituary - S/t

#FOR FANS OF: Death Metal
This is a solid album, not monumental like 'Cause of Death', but still a great effort by these Floridian based death metal veterans. I can say that they're still making good music! The songs are a little bit more up tempo than a lot of their older releases. A lot of energy here, and deathly vocals by John Tardy. I don't know, I liked them with James Murphy on lead guitar but that was just for maybe one album (COD). Their new members are still kicking ass in the lead department though. And the riffs are heavy and thick. Good stuff! Songs are a little bit longer than the usual Obituary but still killing it!

I liked the production quality on here. It's well mixed as well. Tardy's vocals just spew out utter hatred. The riffs are a little groove-laden, but cool. I like the songs on here and the approach. Really good songwriting style on here. And they seem to never lose the intensity or vibe to the songs. It's totally them on here unlike I felt 'Inked In Blood' was a little shallow. Here the production has it more solid than that release I mentioned. Not every song on here is fast but still quality. I liked the whole album all the way through they kick serious butt. The riffs are catchy and heavy as all hell! Death is now!

As I talked about the production and the quality it has than with previous releases, it really did the band good. All the tracks on here are sickly. Behind the set Donald does a good job as well. Both of the Tardy brothers sure as hell rip it up on here. Cannot mistake the Tardy voice though it's one of a kind! I like the song structures how they make way towards total noise annihilation. There isn't a song on here that I disliked. They all were good. A lot of double bass by Donald right alongside that tremolo picking in the guitar department. These Florida veterans are still making good music!

Check this album out on YouTube or just buy the physical CD. The album is worth buying. You get a better sound (to me) on CD. But to each their own. If this review hasn't convinced you to contribute to metal and to the band, then I didn't do my job on here. I'm not sure if this is available to Spotify users but Bandcamp they should be on. Support this band! Their death metal is right on and 30 years in making albums this one is a step up from some mediocre ones. (Death8699)


(Relapse Records - 2017)
Score: 73

https://www.obituary.cc/

Il Wedding Kollektiv & Female Friends Play Soup

#PER CHI AMA: Elettronica/Alternative
Devo ammettere che i remix in genere non mi hanno mai appassionato. Ricordo brani di The Cure e Killing Joke stravolti al punto tale che mi era difficile trovarne un senso, anche se, e ne sono sicuro, una spiegazione artistica ci deve essere, sempre e comunque, in queste strane operazioni di restyling. Ecco spiegata in breve la mia allergia per i remix su vasta scala. Qui però parliamo del progetto di Alessandro Denni, che poco più di un anno fa, usciva a nome de Il Wedding Kollektiv, e rilasciava un'ottima opera prima dal titolo 'Brodo', che abbiamo recensito a pieni voti e abbiamo apprezzato parecchio. Oggi l'artista italico torna con un moniker più lungo, ll Wedding Kollektiv & Female Friends, insieme ad una schiera di ospiti (Eva Geist, Munsha, Francesco Galdieri, Sadi & Sam Barreto Cardoso Bertoldi, Foria) che marchiano a fuoco i brani dell'album con un tocco più elettronico, con tendenze alla musica da club, cambiando le coordinate delle canzoni in maniera anche molto aggressiva. A mio avviso, questo toglie quel sentore di IDM totalmente libera e originale che il disco portava intrinseco tra le sue note. Comunque, l'aumento ritmico è centrato, funzionale, gli innesti elettronici si fanno più pesanti e pulsano a dovere, la voce si frantuma e si ricompone ma l'intima aura di elettronica, avanguardia, no wave e pop cantato in italiano, era meglio percepita nel disco d'origine. Ascoltate la differenza emotiva tra le due versioni di "A Proposito del tuo Candore", e avrete chiaro il taglio stilistico differente, che nel nuovo disco prende una piega sommariamente più orecchiabile e commerciale, che non è male di per sé, ma che non eguaglia il suo predecessore. D'altra parte una voce splendida come quella di Tiziana Lo Conte, la si può ascoltare per ore in qualsiasi contesto senza smettere mai di amare il suo modo di cantare e la sua teatralità. Tornando al nuovo disco, bella la riedizione de "L'Astronomo (super bass remix)" con quelle frasi estrapolate ad effetto e usate in un contesto più claustrofobico, ed anche "Ciò che Resta del Fuoco", che non perde l'atmosfera creata dalle parole di un testo molto suggestivo. In generale, Soup, resta un gran bel album, da apprezzare a sè stante, staccato dalle tracce originali. Tutto è più duro, i suoni, gli accenni alla new wave più accattivante e pop degli 80's, le voci trattate e distorte sono un buon frullato di musiche moderne, pulsanti e ossessive. Il brano che mi ha veramente colpito? L'inedita "Piccola Suite per Lavare i Pavimenti", è splendida nel suo impasto di generi, tra dark wave/etnica e accenni jazz, una vera e propria perla oserei dire, ed anche se sposto ancora una volta il mio gusto personale verso il suo predecessore, devo ammettere che il Il Wedding Kollective, in questi due anni di vita, ha generato musica di altissima qualità e carica di originalità, dischi di musica intelligente che dovrebbero fare la differenza nel disastrato mondo sonoro in cui viviamo. (Bob Stoner)

lunedì 20 giugno 2022

Ninhursag - Rite Of Initiating Blessing Part II

#PER CHI AMA: Black/Death
Non è cosi prolifica la scena croata, ed imbattersi in una realtà proveniente dai Balcani che tratta di antico Egitto e tavole sumere, potrebbe anche rivelarsi un'esperienza musicale significativa. La creatura di oggi si chiama Ninhursag (dal nome di una divinità sumera) e si tratta di una one man band guidata da Enshag che con 'Rite of Initiating Blessing Part II', propone il secondo capitolo di un lavoro iniziato nel 2020. Due soli i brani a disposizione però parecchio lunghi, che si aprono con le sinistre melodie di "Words Spoken by Him Whose Names Are Hidden", una traccia che esploderà in vorticose ritmiche black tra blast beat furenti, partiture sghembe e acidissime screaming vocals. In questo marasma sonoro non mancano nemmeno le melodie, non proprio evidentissime, ma comunque un filo conduttore in sottofondo si sente ed è apprezzabile. Certo, se non avessi letto l'origine del mastermind di quest'oggi, avrei pensato ad un che di transalpino per queste similitudini con gente del calibro di Deathspell Omega. La song non concede troppa tregua con quel suo assalto incalzante e brutale, che si conferma anche nella successiva "The Hymn of the Fifty Names of Marduk", altri nove minuti e mezzo di ipnotiche sonorità black che trovano pace in sporadici rallentamenti dal piglio tribale. Mi piace l'approccio musicale del polistrumentista croato che, pur non inventando nulla di originale, ha per lo meno il coraggio di mettersi in gioco con sonorità frenetiche interrotte solo da un brevissimo ed inquietante break, prima di una nuova feroce ripartenza che vedrà comunque il suono ondeggiare tra ulteriori sfuriate black e rallentamenti occulti, come quelli che chiudono il brano. Insomma, un buon lavoro, ma ho aspettative ben più alte dal futuro dei Ninhursag. (Francesco Scarci)

Sólstafir - Köld

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Prog/Post Metal
Prefiguratevi una chitarra magmatica e assolutizzante che discioglie basso e pelli, un uso a dir poco sfrontato dei piatti. Strumenti e voce conglomerati in una sorta di unisono emozionale. OK? Andiamo. Gettarsi alle spalle le black-ragazzate degli inizi: è tempo di architettare sontuose suite progressive (i saliscendi ritmici ed emotivi di "Köld", la onnicomprensiva "Goddess of the Ages" in chiusura) oppure ipnotiche progessioni post-wave ("78 Days in the Desert" e in sostanza tutto il resto del disco uno). Più prossime ai lavori precedenti invece le cupe rarefazioni doom del disco due: la evocativa, post-gilmouriana "Necrologue", eseguita ad ogni concerto e dedicata a un amico prematuramente scomparso, il neurotico singolo "Love is the Devil (and I'm in Love)", una "World Void of Souls" forse solo eccessivamente lunga ma inaspettatamente Nine Inch Nails nel finale. Ascoltate questo disco mentre cercate di figurarvi i Sólstafir in persona rinchiusi nell'armadio del video di "Close to Me" mentre rotolano giù nella caldera dell'Eyjafjöll. (Alberto Calorosi)
 
(Spikefarm Records - 2009)
Voto: 78

Ekoa - Chrysalis

#PER CHI AMA: Prog Death
Interessante biglietto da visita quello dei polacchi Ekoa che con il loro debut EP intitolato 'Chrisalis', si cimentano in un 4-track che ci dice fondamentalmente quanto di buono aspettarci dal futuro di questa band originaria di Cracovia, che include anche l'ex batterista (spagnolo) degli Occasum Solis. La proposta? Un valido concentrato di prog death dalle forti venature groove/metalcore che si palesano sin dall'opener "Rooted into Grudge" che mette in mostra le potenzialità dell'ensemble sia a livello ritmico che vocale, con un dualismo, voce pulita e growl, davvero azzeccato. L'elevata presenza di melodia si contrappone a riffoni granitici anche nella successiva e più malinconica "The Stoic", mentre le partiture acustiche interrompono intelligentemente quel "wall of sound" (di prima scuola Opeth) che caratterizza il brano. Gradevole anche l'assolo conclusivo, anche se l'avrei preferito di maggiore durata. "Delegation of Thoughts" è un po' più classicona nel suo incedere portentoso ma i vari cambi di tempo, le voci più alternative e il breve assolo, la rendono comunque piacevole. In chiusura "Chimera", il pezzo più lungo del lotto, e quello che forse più si discosta dagli altri, con riferimenti che a mio avviso richiamano anche i nostrani Novembre e che aprono ulteriori scenari per questa nuova storia polacca. (Francesco Scarci)

Darkthrone - The Cult is Alive

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Thrash
Scrivere qualcosa sui Darkthrone, che già non sia stato detto, diventa ogni giorno che passa, sempre più arduo. Dopo aver recensito il discreto EP 'Too Old, Too Cold', eccomi a dare il mio giudizio anche su questo 'The Cult is Alice', un album che non si discosta poi molto, dai precedenti lavori e porta avanti, a testa bassa, il discorso intrapreso dal duo scandinavo fine anni '80, attraverso queste dieci tracks, non molto dissimili, se volete, dal Mcd sopra menzionato. La musica della band è, come sempre, una colata malvagia di note black, dal forte sapore punk, che contraddistingue il gruppo fin dai suoi esordi. Le dieci maligne songs scorrono via che è un piacere, all’insegna di un mosh frenetico e continuo, creato dal sound grezzo dei nostri, il solito ipotetico mix tra Motorhead e raw black metal. Da segnalare "Graveyard Slut" con un inusuale Fenriz in veste di cantante, brano peraltro già comparso in 'Too Old Too Cold', dove però alla voce compariva il buon Nocturno Culto. I brani sono spesso ripetitivi si sa; devo ammettere però che in alcuni frangenti la chitarra di Nocturno è ben ispirata, sfoggiando alcuni “sporchi” assoli niente male. Angosciante "De Underjordiske", vera e propria calata negli inferi, in cui i due norvegesi ci prendono per mano e ci accompagnano nell’esplorazione dei gironi infernali; la diabolica song mi ha molto ricordato gli esordi dei conterranei Manes per quelle sue atmosfere al limite del claustrofobico. Altro da scrivere su una delle band storiche del black metal, lo ripeto, risulta assai difficile. 'The Cult is Alive' è il tipico album “made by Darkthrone” e si sa, i Darkthrone o si amano o si odiano. Per concludere: album numero 11 per l’act scandinavo e pollice verso l’alto a confermare il valore di una band che, nonostante la non impeccabile perizia tecnica e la scarsa fantasia compositiva, ha saputo crearsi comunque un seguito, davvero ragguardevole, nel panorama metal. (Francesco Scarci)

(Peaceville Records - 2006)
Voto: 73

https://www.facebook.com/Darkthroneofficial/

Testament - The Formation of Damnation

#FOR FANS OF: Thrash Metal
This is a good one! The 80's Testament had low quality recordings so the production quality wasn't there. Now with the 21st century version of the band we don't have that. This one is pretty solid and tight. There are a few members here that came and go which would be bassist Greg Christian whom the band had a falling out with and Paul Bostaph (ex-Forbidden, ex-Slayer) on drums here. I thought that the songs were awesome and sound overall is definitely top notch. The music and vocals stand out the most. I like how they redid some of the old tracks ("Souls of Black", "Practice What You Preach", etc.). Sound quality is just so much better!

Peterson has been one long-time member that seems to be the driving force of rhythm guitar though now he's executing some leads as well. I wish he'd stay rhythm and let Skolnick write all the solos. That's not happening unfortunately. But Peterson writes awesome rhythms as shown on the re-recording of the first two albums on their 'First Strike Still Deadly' release in 2001. Testament has a multitude of LP's that are solid, new or old. They're still hacking it these Bay Area thrashers. I always liked this band, they don't seem to disappoint! With this LP, their approach was solid rhythms and forceful vocals. Everything seemed to go well on here!

I liked all of the songs on here and this is a solid recording. Not sure why it'd get a bad rap in ratings, very good quality music here. I liked the rhythm guitars the most and a few of Skolnick's leads. Chuck Billy always delivers to that's not an issue. I tell you, there aren't many things wrong with this recording. That is, in my humble opinion. I was missing this CD in my collection so I made sure to pick it up. I just figured that since it was Testament it'd do no real wrong. Though, like I said they had some album flops but not many. As long as they had most of the founding members then it's solid.

Well, this is a 2008 recording that's streaming, but I just bought the CD. If you want to hear what it sounds like before buying it it's on Spotify or YouTube. The main members (Alex, Eric, Chuck & Greg) were featured exclusively on here. So you bet it's going to be solid. The guitars galore here and Chuck with his unique vocals makes it out of sight! I guess I felt that it needed a strong rating since the music had me sucked in here. They really were underrated on here. I think a "80" is appropriate because the songwriting was super spot on everything seemed to come together on this one! Take a listen! (Death8699)

(Nuclear Blast - 2008)
Score: 80

https://www.testamentlegions.com/site/

giovedì 16 giugno 2022

Warpaint - S/t

#PER CHI AMA: Darkwave/Dreampop
La seconda esperienza discografica delle Warpaint si colloca nell'intersezione tra l'immenso background musicale dell'eminente (e preminente) produttore Flood e certe lomografiche diffrazioni iperurbane losangeline anni novanta, tipo festino a base di crack e cheerleader strafatte, per intenderci ("Disco // Very"). Per inquadrare le sonorità delle nostre potete altrimenti immaginarvi dei Sonic Youth ficcati nella Washing Machine (la lavatrice dai) con un chilo di ammorbidente ("Feeling Alright" o il singolo "Love is to Die"). Altre sfumature dream-pop: Tori Amos pianta una grana perché non vuole saperne di registrare la cover di "Foreign Affair" ("Biggy"); Mary Margareth O'Hara sostiene che l'autunno nel tinello dei Kings of Convenience è persino più triste dell'inverno nel solaio dei Sigur Ros ("Go In"). I Mazzy Star si qualificano per la finale dei campionati mondiali di pera e divano ("Teese"). Nonostante la nebbiolina psicotropa, l'album risulta nitidamente torpido e, a tratti, languidamente sonico. Staccate l'antenna, accendete la TV, procuratevi qualcosa di molto forte e passate l'intera nottata stesi sul letto a fissare il rumore bianco con questo album in autorepeat. (Alberto Calorosi)

(Rough Trade - 2014)
Voto: 75

https://www.facebook.com/warpaintwarpaint

Primus - Green Naugahyde

#PER CHI AMA: Funky Rock
Era il 2011 e 'Green Naugahyde' rappresentava il telefonato ritorno degli autocompiaciuti fautori del funky-prog-crossover-eccheccazz-metal tanto gradito alle world-orecchie dei metallazzi anni novanta, transita attraverso la riproposizione di un certo numero di vecchi clichè, partendo dalla copertina di plastilina per arrivare ai suoni costruiti sui consueti filamentosi tappeti elettrici emananti dal basso di Les Claypool con la nevrotica batteria di cartone di Jay Lane (già in formazione nell'88 ma finora invisibile su disco) e il chitarrismo avant-freak di Larry LaLonde a fungere da estemporanei generatori di stravaganza. Si spazia (si fa per dire) dallo spotlight-funky alla R-H-C-P di "Tragedy's a' Comin'" ai classici Primus-salterecci ("Lee Van Cleef"). Lunghi passaggi jammosi ("Extinction Burst") e psych-floydiani ("Last Salmon Man"), qualche furba inversione chitarra-basso (al 2° minuto di "Jilly's on Smack", per esempio) e, di tanto in tanto, qualche geniale riff (la scorreggia brodosa di basso che domina "Eyes of the Squirrel"). Mettete su questo disco se non vi disturba l'idea di ascoltare esattamente il disco che vi aspettavate di ascoltare da parte di quella stessa band che anni fa vi entusiasmava proprio perché ogni volta era qualcosa di assolutamente diverso da ciò che vi aspettavate. (Alberto Calorosi)

(Prawn Song - 2011)
Voto: 70

http://www.primusville.com/

lunedì 13 giugno 2022

Kreator - Hate Über Alles

#FOR FANS OF: Death/Thrash
What a solid follow-up from 'Gods of Violence'. That one just grew on me. But this one is solid in every way! Mille sounds great on vocals. And the riffs are sick. Fresh and well thought out! The overall quality is not only the music but the sound quality as well! Kreator's career stretches over 40 years and long-time members (Mille & Ventor) are still hacking it. As long as Mille stays on rhythm, cannot go wrong! Sami does a good job in the lead department but not as good as Frank Blackfire (the old lead shredder). This one has a mountain of aggression and technical thrash riffs. They just simply tore it apart here.

I don't necessarily like the lyrics though I never did like their concepts. But the music and overall sound kicked ass. Wish I could see them once again but I'm not sure if that's going to happen. A friend said they're Saxon sounding on this one, though I've never really explored that band. I've just been into Kreator since the late 80's. I'm one that's always hell stuck on 'Coma of Souls'. But they have a lot of good albums to explore such as 'Phantom Antichrist', 'Enemy of God' and 'Violent Revolution' (not in order by release date). Their previous had some good songs as well though overall this one is the key solid release!

I think the compositions themselves are what makes this one so admirable. They really do have it here! They're in their 50's and like fellow thrashers Destruction are still putting out good quality music. There was a brief time when Kreator took a dive with 'Renewal'. I thought that that was the last of them after I heard that one. I was wrong and since they've been thrash which is their roots! I think they've hit a wide array of fans once again showing that they will not compromise! The riffs on here were the highlights the melodies and rhythms simply kicked major ass from all aspects!

Well, I cheated and downloaded the album in skepticism after hearing a few music videos then I heard the whole album! So I made sure to get this on CD! I'm glad I got their physical copy and am no longer skeptical of this one. The music is really strong here. Maybe because they took around 5 years of getting it put together after 'Gods of Violence'. This one is way tighter and more melodic in my humble opinion. Kreator is as strong as ever and this album just shows us that. I know there will never be another 'Coma of Souls', but this one is pretty close! Long live Kreator! (Death8699)

Entrails - The Tomb Awaits

#FOR FANS OF: Death Old School, Dismember
This album has the classic Swedish style death metal of the early 90's. It's very much in the vein of old Entombed and Dismember. But they've weaved in their own sound. The riffs are fresh and killer. So is the energy surrounding this release. It's invigorating! I liked this whole album all the way through. The musicianship is insurmountable. It's great that this Swedish death metal sound has stayed alive in modern bands. The music is downright brutal though. The vocals and the guitar riffs are explosive. I would venture to say this is a top release in the year of 2011. Amazing it's that old now.

Everything about this album is worthy of praise. It's brutal, original, production quality solid, everything. I really enjoyed this release. I'm not interested in the lyrics but the vocals just crush. And the guitars have some great original riffs to them. They've brought back this sound and they're taking it seriously! There's multiple time signature changes and all of it takes the side of sheer and utter brutality. They are definitely serious about their music. And the fact that they're getting more well know is crucial. I could listen to this album all day and hear something different every time.

The production quality as I mentioned was outstanding and the slight hint of reverb to the sound is awe-inspiring. The band really hit home here and I think it deserves a perfect score. There's nothing that I would change. The mixing too did justice for all the instruments/vocals. They really are talented musicians hands down. If you haven't discovered Entrails, then you haven't dug deep enough in your collection to bring them into your world. They are a band that is just unrelenting in precision and noteworthiness. All different tempos but everything well put together. That's all I have to say about this.

Get this album, it's really worth it if you're a death metal fan or just like metal in general. And especially if you like that Swedish sound to it. Or you're just looking for something new to try then this is where to start! They venture deep in original sound quality with the help of a good production this album lays it all out for you. The band is just equipped with enough riffs to make your head spin. They are a band that I hope will or if they do stay around for a long while. They're music is insurmounably amazing. They are one of the better bands that's modern with this unique sound. Get it! (Death8699)


(F.D.A. Records - 2011)
Score: 80

https://www.facebook.com/Entrails666

The Decemberists - The King is Dead

#PER CHI AMA: Folk Rock
L'impervio percorso artistico del più ingombrante genio del prog-nu-folk non facente sesso con le groupies, scivola per sottrazione con la stessa velocità di una discesa lungo la coclea di Fibonacci. Ma se è facile sottrarre da 'Crane Wife' (il quarto album della band statunitense) le progressioni progressive e mainstrimate mainstream, se è altrettanto facile sottrarre da 'Hounds of Love' certi arzigogolanti arzigogoli da 'Quesito con la Susi' o da ultimi Porcupine Tree, meno facile è sottrarre alle vivaci composizioni dei primi album dei The Decemberists quella rurale spontaneità che odora di cuoio e merda di vacca. 'The King is Dead' è la (meravigliosamente eseguita e impeccabilmente prodotta) teca di cristallo che espone il songwriting di Colin Meloy al massimo del suo talento creativo. Ascoltate questo album ogni volta che pensate di aver fatto una cosa di cui avete paura di pentirvi. Vale a dire, spesso. (Alberto Calorosi)

(Capitol Records/Rough Trade Records - 2011)
Voto: 75

http://www.decemberists.com/

giovedì 9 giugno 2022

Shed The Skin - Thaumogenesis

#FOR FANS OF: Death Old School
Another brutal one! But this is way tighter and lots of great riffs! The vocals are about the same as the predecessor. But it's stronger hence then 80% score. Even the band was really proud of this release. The quality of the songs were to a greater caliber than any of their existing LP's. It'll be great when I actually get this on CD! These guys cover it all with the tempos it's heavy but slower then faster. They seem to maintain slower riffs/tempos throughout. Sounds like they tune the guitars low. They are totally underground on their compositions. The leads are well done on here too!

This album is under an hour in length but that is how much brutality they are able to put forth through your speakers. Everything about this album deserves to be mentioned because Kyle and crew just slayed! Actually am getting their CD though it's only available on their record label Hells Headbangers Records. I thought that the compositions were way in line with their concept for this release. They themselves felt that the band as a whole went above and beyond with this release. I heard the change from 'The Forbidden Arts' to this one. It's a whole lot stronger they succeeded in their goal of what they wanted to come out with this!

The sound quality to the album is excellent. I feel like everything was superb! They really did great on this LP. I think the biggest thing is making the guitar riffs much catchier than their last, the music was fresh and original. I listened to this album repeatedly and not once did I get sick of it. It's pretty brutal, but the music in some cases are melodic bit with a load of chunk riffs but overall superb musicianship. This band continues to get better on each succeeding release. It's all that can be expected of a band not fall backwards like say Deicide without the Hoffman brothers in the band. This is Kyle's band and he's consistent.

I ordered this CD as mentioned previously on Hells Headbangers. Hopefully, there's quite a bit of a future for this band. I think as long as their music is being explored, then they'll keep putting out LP's. I believe that this is their strongest album to date. There's songs that are consistent and memorable. I thought that just hearing it on the digital was good to get the essence of the release just getting a physical copy will be fantastic! If you are unaware of this band's albums, they're available on digital try this album and 'The Forbidden Arts' and listen for yourself if it's your cup of tea. This release is fantastic! (Death8699)


(Hells Headbangers Records - 2022)
Score: 80

https://shed-the-skin.bandcamp.com/album/thaumogenesis

Simulacre - Les Voix du Sang / Archvile King - Vile

#FOR FANS OF: Black/Death
Con quattro pezzi a testa a disposizione, andiamo a scoprire lo split album concepito dai Simulacre e dagli Archvile King, questi ultimi apparsi sulle pagine del Pozzo in occasione della loro recente release 'À la Ruine'. La musica proposta dalle due band transalpine volgono lo sguardo, come casa madre Les Acteur de l'Ombre Productions vuole, verso un black/death ferale a tratti sperimentale. Questo è già riscontrabile nell'opening track affidata ai Simulacre, quella "Les Voix du Sang" che dà anche il titolo alla porzione di disco affidata al quartetto di Bordeaux. La proposta della band mi piace, offrendo un black primordiale costituito da lunghi tratti in tremolo picking e partiture atmosferiche super ricercate, sia a livello tecnico che melodico, con un sound che mi ha evocato per certi versi, i nostrani Laetitia in Holocaust. Lo screaming graffiante di Thomas Chassaigne (alias NecroC) completa il quadro dei Simulacre, una band dotata di una certa dose di personalità e violenza. Basti ascoltare la veemenza palesata nella seconda "Tribus", un pezzo che acquisisce una certa fruibilità per l'ottimo assolo in chiusura. Ben altro impatto la più tranquilla (e obliqua) "Time Tombs", un altro esempio di quanto i Deathspell Omega abbiano fatto scuola con il loro sound ultra mega dissonante, arricchito qui sempre da ottime porzioni chitarristiche in chiave solistica. A chiudere la proposta dei Simulacre, prima di lasciare il campo alla one man band degli Archvile King, ecco la diretta "Myste", un bello schiaffone in piena faccia, fatto salvo per un break evocativo a metà brano. Con gli Archvile King e il loro 'Vile' (EP uscito originariamente nel 2020) si torna a galoppare con un death thrash dalle venature black che, nell'opener "The Bastards of the Sea", mi ha richiamato dapprima gli Old Man's Child per poi virare verso sonorità più old school. Un bel riffone thrash metal (scuola primi Testament) seguito a ruota da una ritmica tonante scuola questa volta Celtic Frost ma anche Sepultura era 'Schizophrenia', contraddistinguono "Pax Infernum (Dog of War)". I rintocchi di campana in stile "For Whom the Bell Tolls" aprono "The Feast of the Worm King", un pezzo super diretto e tirato, dotato di un bel assolo conclusivo (con arpeggio incluso). A chiudere il disco la stravagante (almeno per il titolo) "Gwyneth Paltrow Is a Lich" (Lich dovrebbe stare per cadavere/ndr), 156 secondi di chitarre e vocals al vetriolo per un finale tutto in discesa. Insomma, quello dei Simulacre/Archvile King è uno split interessante che vi permetterà per lo meno di capire se il sound di queste due band vi ispiri oppure no. (Francesco Scarci)

Overkill - The Grinding Wheel

#FOR FANS OF: Thrash Metal
This one has some "fire" here in its intensity! About 65 minutes of KING thrash. I'm not a huge Overkill fan, I guess Bobby "Blitz" kind of irritates me in excess. However, I do favor more modern Overkill especially this one! I like the "groove" on this definitely some cool riffs! Bobby isn't super annoying on here I thought that the music went well with the voice. Killer production, too! Some of the ratings on this, not many, but some are fully putrid! 40%?! No way, this album is a radical "75%" to me. The whole album kicks some serious ass best to evaluate the whole release not just a few songs, if that!

I'm just really into the guitar riffs the most and I thought that there's wicked innovation on that front! These guys know how to make some killer licks and the overall music just slays. I think some of their other releases are pretty strong too like 'White Devil Armory' and 'The Winds of War' also I though they were hits! This one is about the same amount of praise that I'm giving it. There's diversity to it but mostly the guitars were definitely great spectacles. The leads were strong as well. But overall, the rhythms fit just right! As the album progresses, Bobby is less irritating especially keeping an open mind.

The production as I've mentioned is good, but not the best that Overkill's had. It's not like the somewhat "raw" sound of their classic 'The Years of Decay'. These guys have remained consistent over the years. And the guitars are just way fantastic. I cannot stress that enough. Just catchy songs and upbeat tempos. They did well too with the backup vocals as well! King guitars and the beats fit well with the guitars. These songs to me are classics. I'm surprised I didn't write about them a while back. It was just sitting on my CD rack.

In case you're new to Overkill, the three albums here are definitely monuments. You can opt to the older material, but the more recent I find suitable to my pallet. This album is a good one to start with. It's long, catchy and palatable. The guitars are wicked catchy! And the production quality is solid. Killer leads too! This album is streaming so yeah, you don't have to buy it unless you like or collect CD's like me! Worth a listen to, this album deserves praise! I cannot see how they (critics) loathe this one. It's so catchy and admirable. One of my favorites from the band absolutely! Check it out! (Death8699)

(Nuclear Blast - 2017)
Score: 75

https://www.facebook.com/OverkillWreckingCrew

lunedì 6 giugno 2022

The Slumbering - Looking for Sorrow Within Ones Fear

#PER CHI AMA: Noise/Experimental
Quello degli statunitensi The Slumbering è un lavoro originariamente uscito in digitale a febbraio 2021 e riproposto in versione fisica nel 2022 dalla Aesthetic Death. L'etichetta inglese prosegue la sua opera di folle ricerca musicale, proponendo questo 'Looking for Sorrow Within Ones Fear', un disco per cui mi chiedo realmente se ne valesse la pena di essere stampato in cd. Credo che nell'underground musicale ci siano infatti un milione di band molto più sensate e interessanti dei nostri, forse la stessa band in cui cantavo penosamente nel 1996, sarebbe stata ben più gradevole. Fatto sta, che le sette tracce contenute in questo album sono semplice e puro rumore di sottofondo peraltro in bassa qualità (a dir poco fastidiosa l'opener "Daddy Doesn't Love You Right?"), accompagnato da vocalizzi distorti, indecifrabili e a dir poco insensati. Non parliamo poi di "Journey to the Cyclops Cantia" o della burrascosa "You Can't Make it Better...", forse nemmeno il nostro Bob Stoner riuscirebbe ad ascoltare questo impervio noise che ha il solo effetto di disgregare quei pochi neuroni che vi rimarranno nel cervello al termine dell'ascolto di questo disco, davvero complicato da avvicinare. Non so se l'obiettivo della band (e dell'etichetta stessa) fosse il medesimo di Oscar Wilde nel suo 'Dorian Gray', ossia "Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli", c'è da dire che il disco rimane un lavoro per pochissimissimi che non hanno paura di mettersi in gioco. Io francamente preferisco fare dell'altro piuttosto che ascoltare una proposta simile. (Francesco Scarci)

Soft Ffog – Soft Ffog

#PER CHI AMA: Prog Rock/Jazz Strumentale
Questo album è una scatola magica, piena di rimandi e allusioni sonore pescate in giro per il mondo del progressive, del rock, del jazz e della gfusion. Uno scrigno che renderà felici gli estimatori di questo genere musicale, sempre ricercato, mai banale e cosa ancor più importante, carico di un virtuosismo che in nessun caso risulta fine a se stesso o mai eccessivo. Registrato allo studio Paradiso con alla consolle il noto produttore Christian Engfelt, l'opera prima omonima di questa band norvegese s'inserisce a forza in quella lunga lista di splendide band che popolano questa magnifica terra del nord e, come troviamo scritto nelle note biografiche della loro pagina bandcamp, fin dal primo ascolto ci rendiamo conto che unire certe idee di King Crimson con Terje Rypdal, e Deep Purple con Pat Metheny, è sicuramente stata una trovata pazzesca. Valutando poi la bravura dei musicisti nel rendere il tutto musicalmente attuale, senza dover ricorrere per forza a teorie sonore vintage, anzi rendendo il tutto così moderno, fruibile e a volte persino altamente hard, nelle sue aperture al mondo più rock, ci si arrende al fatto di essere di fronte ad un vero gioiello sonoro. La band nata per suonare esclusivamente live, dal 2016 è diventato un side project di ottimi musicisti provenienti da altre formazioni, Tom Hasslan e Axel Skalstad dai Krokofant, Vegard Lien Bjerkan dai WIZRD e Trond Frones dai Red Kite e Grand General, che rispondono nel migliore dei modi, suonando alla perfezione le composizioni visionarie e variegate del geniale Tom Hasslan, che nel 2020 ha deciso di voler mettere per inciso queste lunghe suite strumentali cariche di magia progressiva. Non vi è infatti una traccia meno importante dell'altra, tutte sono attraenti ed interessanti, l'intero disco va ascoltato più volte, per assaporare quante sfaccettature esso contenga, che siano avantgarde o di ambient celestiale. E quante delizie tecniche esecutive e compositive si nascondono dietro ogni singola nota, compreso il suo spiazzante carattere impulsivo che a tratti fa esplodere letteralmente la musica in un'orgia sonora di gran gusto. Inoltre, l'ottima produzione lo rende piacevolissimo all'ascolto, mettendo in risalto anche una certa vena psichedelica che gli dà quel tocco in più, con un ottimo basso ed una ritmica veramente ben calibrati in profondità di frequenze, calore del suono e percussione, che sostengono a dovere una pioggia di suoni ed effetti tutti da scoprire. Se amate il prog jazz rock quindi, questo è il disco che fa per voi, un album che fa della qualità stilistica il suo cavallo di battaglia, in bilico tra suoni d'un tempo e modernità, per continuare a sognare nel nome di Nucleus, Soft Machine, Mushroom, Return to Forever. L'ascolto è quanto meno un obbligo non solo un mero consiglio! (Bob Stoner)

(Is it Jazz? Records - 2022)
Voto: 80

https://softffog.bandcamp.com/album/soft-ffog

Esoctrilihum - Consecration of the Spiritüs Flesh

#PER CHI AMA: Experimental Black
France’s Esoctrilihum doesn´t seem to have any intention of slowing down its pace of releases. Since the project’s inception in 2016, its mastermind Asthâghul has been releasing albums every year since 2017. That fact would be something to praise when the quality is good, even if the stuff would be an easy one to digest. But every listener who has ever checked out this project’s music knows the level of complexity, experimentation, and uniqueness that Esoctrilihum always delivers. The bar was even higher with its two last masterpieces, that successfully mixed its most experimental side with some memorable melodies and a strong atmospheric touch. But Asthâghul is by no means a conformist artist, as he has tried to push the project’s boundaries once more with the new release.

'Consecration of the Spiritüs Flesh' is the name of the new beast, and by far the shortest of all albums that Esoctrilihum has released so far. This may give you an idea of one of the most essential characteristics of the new album. Yes, this album is undoubtedly its most brutal album to date. It’s a furious monster that crushes every bone from the beginning to end and makes me remember the most brutal songs of the previous album 'Dy'th Requiem for the Serpent Telepath'. The final part of that album showed some quite extreme tunes that have been an anticipation of the new opus. What It happens is that 'Consecration of the Spiritüs Flesh' goes even further in terms of ferociousness. Initially, I thought that this could be a problem as I am an absolutely fan of Esoctrilihum’s most atmospheric and hypnotic side. Fortunately, this album is not a unidimensional depiction of brutality, as it still has some room for atmosphere and the band’s trademark unique melodies. In any case, the traditional occult atmosphere remains in the background as this is essentially a suffocating and chaotic collection of songs that captures the listener and throws him into a dark abyss. The album opener "Spiritüs Flesh" is a perfect portrait of how the album sounds, with its super intense and crushing pace, full of incredibly fast drums, ferocious riffs, and grim vocals. The song, as the rest of the album, pushes you to the limit, but never beyond as there is always a little room for the beloved captivating melodies, which remind us Esoctrilihum’s core sound. The subsequent track, the amazing "Therth", continues on a similar path with another fine example of chaotic brutality enriched by some interesting arrangements which are a welcome addition to the track. The addition of an always inspired moment of melody in the middle of a devastating sonic storm is what makes this album still special. The vocals are as brutal as the rest of the musical elements contained in this album. From the generally used high-pitched agonic vocals to the not so prominent death metal influenced growls, or the slightly more melodic, yet ghostly, vocals, Asthâghul’s vocal performance is on par with the level of brutality and inspiration that this album requires. All the mentioned range of voices are contained in several tracks, being one of the most recommendable ones the song "Shohih", which perfectly sums up how this album sounds. "Tharseîdhon" is the shortest track and one of the most crushing ones, which is difficult to highlight in such a heavy album. This is probably the composition that mixes more clearly the death and black metal influences in an unsurprisingly chaotic, yet inspired, way. It must be mentioned how devastating the drums are in this song, and being sincere, in the whole album. Still, as a trademark of this album, this short song has some hypnotic and atmospheric arrangements and melodies that make it special. The album ends with that was probably my favourite track, "Aath". This long piece of music is maybe the most atmospheric one and also the one that reminds me more the previous albums. Still, the brutality is again a key element, and logically it won’t be seen as a outsider in this album.

In conclusion, Esoctrilihum has once again made it. 'Consecration of the Spiritüs Flesh' is another great release and yet another reason to pay some attention to this project. Honestly, I clearly prefer the two previous albums as they have a much stronger atmospheric and hypnotic touch, which is the perfect sound to represent Esoctrilihum’s musical concept. In any case, this album, although it shows a more virulent face of this project, still maintains the essential experimental and mesmerizing spirit and ambience of Esoctrilihum, which is obviously great. This loyalty gives sense to the new album and stablishes a bridge between this new opus and the previous ones. (Alain González Artola)


mercoledì 1 giugno 2022

Wesenwille - I: Wesenwille & Live at Roadburn

#PER CHI AMA: Post Black
Ho recensito 'II: A Material God' poco più di un anno fa, ma non avevo avuto modo di ascoltare il debut album degli olandesi Wesenwille. La Les Acteurs De L’Ombre Productions ci dà l'opportunità di riscoprire l'esordio 'I: Wesenwille', uscito originariamente nel 2018 per la Redefining Darkness Records e abbinarlo con un set live registrato al Roadburn Redux a Tilburg (Olanda) nel Marzo 2021. E come si suol dire in questi casi, piatto ricco mi ci ficco. Quello che avevo descritto in occasione del secondo album, ossia un black sperimentale malato e sghembo di scuola Deathspell Omega, si conferma anche nei cinque brutali pezzi del primo atto del duo di Utrecht, con un concentrato malsano di suoni che si muovono dalle furenti ritmiche e dallo screaming infernale dell'iniziale "The Churning Masses" a tratteggi ben più cadenzati all'interno della stessa, con melodie che sgorgano fresche e vocalizzi successivamente strozzati in gola. Una partenza di tutt'altra pasta ci aspetta in "Prosopopoeia", un brano che s'introduce dapprima soffice per poi degradare in ritmiche post black evocanti i folli Dodecahedron, sebbene a livello batteristico i nostri finiscano ad ammiccare anche agli Altar of Plagues. Diciamo che i pezzi proseguono sulla stessa falsariga anche con la distruttiva e obliqua "Golden Rays of the Sun", altri dieci minuti di dissonanze black che trovano modo di mostrare tutta la propria imprevedibilità in rallentamenti doom, ripartenze ancor più feroci e ancora parti atmosferiche nel finale (che ritroveremo anche nell'incipit di "Rising Tides", un brano complesso e ostico da digerire ancor più degli altri). In chiusura della prima parte di disco, ecco "From One, We Are Many", un pezzo più breve degli altri (cinque minuti vs dieci) e dai tempi più compassati, anche se le accelerazioni impetuose della seconda metà sono assimilabili a quelle di una valanga che si stacca da una montagna. Il Live al Roadburn include cinque pezzi, tre dal primo lavoro e due dal secondo, che fondamentalmente ripropongono, in modo alquanto fedele alla versione in studio, la musica dei nostri, arricchendola di quella componente live che enfatizza non poco la potenza del combo tulipano. Sinceramente, non sono un fan degli album dal vivo, ma se siete curiosi di sentire come questi sinistri musicisti se la cavano in sede live, beh devo ammettere che questo potrebbe essere un valido modo per testarne la performance. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 75

https://ladlo.bandcamp.com/album/i-live-at-roadburn

Graveyard - Hisingen Blues

#PER CHI AMA: Hard Rock
Sostenere che i Graveyard imitano i Led Zeppelin significa ostentare il medesimo grado di superficialità di chi ritiene noiosa la serie di Fibonacci dopo aver letto i primi tre numeri, o di chi chiosa che 'Fuga da Los Angeles' sarebbe uguale a '1997: Fuga da New York'. Guardando meglio troverete sparsi in giro elementi proto-doom (l'intro di "No Good, Mr. Holden"), amplificazioni lento-southern ("Uncomfortably Numb"), stratificazioni hammond-psych ("Ungrateful are the Dead", dove sennò?), fischietti epic-western morriconiani ("Longing"). Ma il punto è un altro. Il punto è che quando parte "Ain't Fit to Live Here" vi dimenticherete di Fibonacci, di Carpenter e di tutte queste sottodefinizioni ipersceme e penserete a una cosa sola. Penserete "Oh, là". Punto. (Alberto Calorosi)

(Nuclear Blast - 2011)
Voto: 78

https://www.facebook.com/graveyardofficial

Jazz-iz-Christ - S/t

#PER CHI AMA: Experimental
Una delle emanazioni più interessanti della tumultuosa creatività di Tankian prende forma in un eterogeneo collettivo di musicisti selezionato mediante asciugazione idrolitica. Scopo: la crocifissione del jazz ortodosso, se ne esiste uno, attraverso un consistente assortimento di sconfinamenti. Etnici (il sitar di "Honeycharmed", l'etno-polleggio-club alla Deep Forest di "Balcony Chats" o il soft-porn-club alla Claude Challe di "Scoth in China", funk (il crescendo funkettoso di "Yerevan to Paris", insolito per il genere, la truzzeria di "Waitomo Caves"), prog (le suggestioni flautistiche static-progressive nella eccellente "Arpeggio Bust" o ancora il tastieronismo di aroma canterburese nel finale di "Honeyharmed"), dub (quello sonnolento anni-novanta, ottimamente stigmatizzato da come la vocalist pronuncia il "comm'ouwn" iniziale), la destrutturazione post-metal (la S-O-A-D-esca "Jinn", oppure la onnicomprensiva "Fish Don't Scream", sorta di "Peaches en Regalia" anni zerodieci). Quanto al Tankian vocalist potete concentrarvi su "Garuna", traditional armeno composto nel 1915 da Komitas Vardapet, musicista e musicologo, testimone e martire del genocidio armeno (E’ primavera e ha nevicato / Vaay le le, vaay le le, vaay le le le le / La mia innamorata è diventata fredda / Akh, vorrei che la lingua del mio nemico si prosciugasse). Ora ascoltate questo disco riflettendo sul fatto che forse questa stupida nebbia non è poi così male. (Alberto Calorosi)

(Serjical Strike Records - 2013)
Voto: 78

https://serjtankian.com/pages/jazz-iz-christ