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venerdì 31 maggio 2024

L'Ombra - Soli

#PER CHI AMA: Alternative/Post Rock
Una band di Chambéry, un quartetto formato da basso, chitarra, batteria, e una cantante di origine italiana, canzoni cantate in entrambe le lingue madri delle due nazioni cugine. Una musica dal forte accento teatrale ma non predominante, un post rock d'ampio respiro nel suo apparire, ma usato come paravento per nascondere altre mete e contaminazioni, tra cui un fondo jazz, la canzone d'autore francese e il mondo alternativo già esplorato dagli italiani C.F.F. e il Nomade Venerabile, con accenni di Amaury Cambuzàt e i suoi Ulan Bator, riabilitato in maniera più romantica e decisamente con meno tensione. Il disco è interessante ma difficilmente farà presa su un pubblico abituato al rock più generico, sicuramente, al contrario, sarà parecchio apprezzato da chi è avvezzo a derive Neo prog. La canzone "Soli", divisa in due parti, dona il titolo all'opera, giocando sul doppio significato fonetico della parola in italiano. In "Tissu", appare persino uno sfogo alternative dalle tinte prog metal, un po' come lo intendevano i Porcupine Tree e molte atmosfere potrebbero addirittura accostarsi alla band britannica se non fosse per l'interpretazione vocale di Giulia Romanelli, che condiziona e direziona fortemente l'operato del gruppo in maniera poetica, e dove una morbida malinconia quotidiana, fatta di piccoli momenti di vita, è divisa tra il personaggio sognante del film Amelie, e l'astratto che vive nel brano "Milady" dei Matia Bazar. Un'idea di ricerca di libertà, che ben si associa a una visione francese, positiva e sognante, vitale dal punto di vista artistico, propositiva, lontana dal decadente bohèmien e così distante dagli attriti politici e sociali di oggi. Colpisce molto il lavoro ritmico del basso, anche se devo dire che tutti i brani sono ben gestiti da abili musicisti. In particolare "L'Hirondelle" mostra un aspetto molto più ampio e veritiero delle possibilità della band, risultando il più complesso e dall'impatto meno jazzato, guidato da una chitarra cristallina in una sorta di evoluzione tipica di band come gli Airbag, che lascia il fiato in bocca, con una melodia triste e un finale drammatico dallo stile cinematografico. "Amigdala" riporta un concetto più cabarettistico e qui Giulia mescola le due lingue con stile e scioltezza. "Plume" ha uno forma che ricorda certi brani della psichedelia pop anni '60, ovviamente rivista con gli occhi e lo stile di questa band, e devo ammettere che il cantato in francese ha un suo fascino particolare e quel tocco di magia in più, anche quando la Romanelli usa l'italiano, un timbro personalissimo che ricorda Rossana Casale, e il suo modo di esprimere il canto jazz. Ho apprezzato poi tanto "Nonni", il cui testo mi par di intendere che sia di qualche dialetto regionale del nord Italia, e mi si perdoni l'ignoranza se non riesco a decifrarne la zona geografica certa (immagino il piemontese), e questo rimarrà per sempre un mio vuoto, anche se noto una somiglianza di accento con alcune cose di Mara Redeghieri. In realtà, mi piace molto il loro stile teatrale, legato a una poetica che li eleva dal panorama del solito rock e anche se li accostassimo al mondo del progressive, suonano troppo diversi ed eterei, per rinchiuderli fra il perimetro di questo genere; forse il post rock potrebbe essere il posto in cui collocarli, se proprio volessimo classificarli, anche se questo posizionamento rimarrebbe comunque riduttivo. Un lavoro tuttavia complicato, che deve essere ascoltato più e più volte per essere apprezzato veramente, un disco che fa un balzo in avanti dal precedente omonimo album, per qualità e varietà compositiva, per la bellezza della sua copertina, come per la migliore produzione, un disco fatto per ascoltatori aperti alle mille sfaccettature del rock d'autore contaminato e in continuo movimento. (Bob Stoner)

Bones - Sons of Sleaze

#FOR FANS OF: Death/Crust
These guitars (which I notice the most of) have good bar chords/tremolo picking in the reminiscent to vein of Usurper. They're groove oriented and not overly technical but some quick parts as well as some grind pieces. The drums go along well with the guitars. As a highlight, the experimental guitars and vocals are different yet unique. I'd like to say that the music is aggressive, full of blast beats (sludge), a raw production sound and solid lead guitar.

These guys sure as hell CONQUER. I like the guitars and vocals the most. The guitars are ambient and unique. The vocals are pretty brutal, but they sound good alongside the rest of the music. That's what makes this release so dominating. Not only are they different as a band, they also have a great deal to contribute to the scene. I wasn't really sure what genre sludge meant in the metal arena, but now it makes sense. The only element that fell a little bit short is the production quality. Aside from that, everything is pretty solid. The music was very original and didn't sound like anything that I've heard from before. They're in their own zone, therefore that's what makes them the most dominating. All the songs are unique, they pack a punch and therefore leave the listener in awe.

They put on quite a stage presence and on this studio performance out in 2013 was well constructed. As I say, they sound just like they do, which is in their own capacities. I like all the songs and think that they show what a band they are, unique and resilient. The music dominates the most, with the guitars in their own. And the vocals yelling but thoroughly tolerable.

This is the first sludge oriented band that I've ever heard. The tremolo picking and bar chords show what a devastating band they've woven their way into. A full annihilation as it became constructed into this whole recording. They deserve positive feedback from me because they are such a valuable band! Check this out! (Death8699)


mercoledì 29 maggio 2024

Seth - Divine–X

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
E mentre è in dirittura d'arrivo il nuovo disco dei francesi Seth, andiamo a riscoprire il terzo fenomenale album per questa appassionante black metal band. 'Divine-X' non smentisce le loro capacità e non gli fa smarrire l’impronta black apprezzata sui primi due lavori. Qui i nostri si presentano più intricati di atmosfere, ritmiche e cambi di tempo, e l'album ha un tono a tratti, tetro e spesso drammatico, quasi ipnotico. La varietà delle canzoni mostra perizia tecnica e una intensa ricerca musicale brillantemente evidenziata da una registrazione nitidissima, per cui tutti gli strumenti e la voce (quasi gracchiata, in altri momenti sussurrata, urlata e soffocata, parlata) si distinguono durante i loro complessi percorsi che si sfiorano e si distaccano, non perdendo forza e pesantezza, accogliendo dolcemente le tristi melodie dei brani, ampliandole col passo della batteria e accelerazioni gridate come gli strilli in principio strozzati. Alcuni arrangiamenti elettronici ricamano le canzoni lievemente, mentre la batteria palesa qualche deriva death metal in qualche sporadico stacco. Il fascino per l’oscurità e il mistero, in sue moltissime sfaccettature e compenetrazioni, viene sviluppato lungo otto ottimi brani, il cui unico difetto, sembra essere la scarsa durata.

(Osmose Productions 2002/2022)
Voto: 74

https://www.facebook.com/innomineseth

Trail of Tears - Winds of Disdain

#PER CHI AMA: Symph Death
Toh, chi si rivede? Dopo oltre dieci anni di silenzio in cui la band si era addirittura sciolta, ritornano sulle scene i norvegesi Trial of Tears, band che si era accodata a un genere, il gothic symph death, tanto in voga a fine anni '90, con band del calibro di Tristania, Theatre of Tragedy o primi The Gathering. Parecchi album positivi, fino al canto del cigno, quell''Oscillation' con cui avevano dato addio alla scena. Oggi, i sei scandinavi tornano, dopo qualche cambio di line-up, e sembrano essere più determinati che mai, con un disco bello tosto a livello ritmico, e le chitarre dell'opener "Winds of Disdain", title track dell'album, sembrano dimostrarcelo con un riffing robusto a cavallo tra il thrash e il death metal, l'immancabile vocione di Ronny Thorsen (ex Blood Red Throne), questa volta accompagnato dall'eteree vocals della gentil donzella di turno, la catalana Ailyn, ex Sirenia, e sempre ottime melodie, che trovano conferma anche nella successiva "Take These Tears", il brano più breve dei quattro, ma forse anche quello che meglio si ficca nella testa, complice anche un brillante assolo conclusivo. Si passa poi a "No Colours Left", apparentemente più ruffiana, ma il growling minaccioso del buon Ronny ristabilisce quei toni aspri che abbiamo avuto modo di apprezzare nelle prime due song. Poi ovviamente, come il genere vuole, ecco a far da contraltare la splendida voce da soprano di Ailyn, ma il riffing è bello bastardo (a tratti, al limite del black), con la song che si muove tra continui cambi di tempo che ne rendono l'ascolto piuttosto vario e interessante, con il comparto solistico a farla da padrone ancora una volta, quasi a riportarmi ai fasti di un tempo. Chiaro poi, che non stiamo ascoltando nulla di realmente innovativo, ma la proposta dei rinnovati Trail of Tears si mostra più solida rispetto al più recente passato che si era andato ammorbidendosi pericolosamente. L'ultima traccia di 'Winds of Disdain' è rappresentata da "Blood Red Halo" che prosegue sulla falsariga delle precedenti, con il tipico alternarsi tra growling vocals e gli ammiccanti vocalizzi della cantante catalana, forse qui più presenti che negli altri brani. Insomma, un gradito ritorno, nell'ottica di un disco più lungo e strutturato. Ora sono curioso di sentirli sul full length. (Francesco Scarci)

(The Circle Music - 2024)
Voto: 70

https://www.facebook.com/trailoftearsofficial/

lunedì 27 maggio 2024

The Pit Tips

Francesco Scarci

Finterforst - Jenseits
Rotting Christ - Pro Xristou
Milanku - A l'Aube

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Alain González Artola

Moonscar - Withered Sacred Soils
Ophanim - Tämpelskläng
Stilleklang - Tränen der Vergangenheit - Part III

domenica 26 maggio 2024

Jours Pâles - Dissolution

#PER CHI AMA: Dark/Black/Gothic
Terzo album per i francesi Jours Pâle e terza recensione da parte del sottoscritto per i nostri. Il duo, che originariamente era un trio che inglobava membri provenienti da Stati Uniti e Svezia, ha profondamente cambiato la propria line-up con l'uscita di scena dei due "stranieri" e con l'ingresso di Stéphane alla chitarra, lasciando al buon Spellbound la gestione di tutto il resto (anche se c'è da segnalare la presenza di due turnisti). La band, transalpina fino al midollo, si può dedicare ora con questo 'Dissolution' a quella che in realtà sembra essere la normale prosecuzione dei due precedenti lavori, continuando cosi a proporre un black melodico multisfaccettato, pregno di significati lirici e musicali, che mantiene tuttavia quella complessità tecnico compositivita che avevamo potuto apprezzare in precedenza. Nove le tracce per cercare di convincerci, per la terza volta, della bontà della proposta dei due musicisti di Auvergne, con l'incipit affidato a "Taciturne", un pezzo che in realtà di black metal ha ben poco, se non qualche accelerata post. Voci pulite (un filo teatrali e costantemente proposte in lingua madre), chitarre pulite, un sound che si muove tra gothic, dark, post punk e una buona dose di malinconica intrisa in realtà in tutto il lavoro, caratterizzano infatti il brano. E cosi il pezzo si lascia ascoltare piacevolmente, in un'altalenante danza tra partiture heavy metal e roboanti accelerate post-black, che poco si discosta dalle mie parole precedentemente scritte per 'Tensions'. Più cupa la successiva "La Reine de Mes Peines (Des Wagons de Détresses)", dove si palesano anche vocals più estreme e disperate, mentre il suono delle chitarre si schiude attraverso uno stridore insano, accompagnato però da eleganti tocchi di pianoforte, e dove la tensione delle ritmiche viene stemperata da un delicato break atmosferico e da uno splendido assolo che chiosa un bombastico finale rutilante. Mi piace e devo ammettere che al primo ascolto, avevo fatto parecchia fatica a digerirli, complice probabilmente la mancanza di quell'invisibile filo musicale che possa in un qualche modo legare tutti i brani. Brani che in realtà sono si legati da molteplici aspetti, ma che ai primi ascolti non sono cosi facili da individuare. E cosi, ascolto dopo ascolto (si, ne servono davvero parecchi), ecco che il disco prende quota e cresce nella sua logica perversa, cosi anche in emotività, robustezza (ascoltare la selvaggia "Noire Impériale" per credere, con l'ospitata alla voce di Torve degli Ascète), credibilità (non che non ne avessero nei precedenti lavori, sia chiaro), creatività (stravagante la proposta inclusa in "Les Lueurs d'Autoroutes", con la presenza anche di una voce femminile, che ritornerà anche nella title track). 'Dissolution' vola via tra cavalcate post-black, inserite in un contesto gotico, ma con dei magnifici assoli (ad opera del buon Stéphane), che elevano la qualità del disco. Tra gli altri brani che ho apprezzato sottolineerei poi la sferzante componente estrema di "Réseaux Venins", spezzata da una straziante componente vocale che mi ha evocato, per certi versi, "Ifene" dei nostrani Deadly Carnage. Altra segnalazione la merita "Limérence" e la sua poetica musicale estremamente nostalgica, mentre se dovessi utilizzare la classica matita rossa, lo farei con la conclusiva "Terminal Nocturne", un brano che non ho amato particolarmente per il suono iniziale delle sei corde e per un finale forse interrotto prematuramente, ma che comunque non penalizza il mio giudizio finale nei confronti dei Jours Pâles. Alla fine infatti, "Dissolution" si dimostra come un lavoro maturo, che merita ancora una volta, tutta la vostra attenzione nei confronti di questa ottima band francese. Bravi! (Francesco Scarci)

(Ladlo Productions - 2024)
Voto: 78

https://ladlo.bandcamp.com/album/dissolution

Imago Mortis - Mors Triumphalis

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Raw Black Metal
Ho seguito gli Imago Mortis sin dal primo demo. Anche nell'immaturità del loro stile, si rivelavano una buona band, priva di fronzoli o di noiosi e pesanti arrangiamenti di alcun tipo. 'Mors Triumphalis' è un sincero inno black metal. Forse non saranno dei mostri di tecnica, ma chi se ne frega! Quando qualcuno mi dà modo di ascoltare la musica che più mi piace non mi fermo a pensare alle capacità tecniche. Il loro black metal non è avvezzo alla velocità ma è più cadenzato e mid-tempo, prediligendo l'aspetto più plumbeo e criptico del genere. Sicuramente la band bergamasca ha studiato alla scuola norvegese. Forse avrebbero dovuto curare un po' di più alcune parti come alla fine di "The Eternal Struggle of the Time", dove sembra che si affrettino un po' troppo a concluderla. Forse la produzione poteva essere meglio curata, ma alla fine è soprattutto la batteria che non mi ha convinto sotto il profilo della registrazione. Tutto sommato l'ascoltatore saprà sorvolare su questa e piccole altre sbavature, perchè il risultato è ciò che conta. Imago Mortis, black metal, un connubio perfetto. Forse basta sapere questo per capire che questa band non ci deluderà, per continuarla ad apprezzare ancora oggi.

(Self/Drakkar Records - 2001/2007)
Voto: 70

https://imagomortis.bandcamp.com/album/mors-triumphalis

Ordo Draconis - The Wing & The Burden

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Symph Black
Ci risiamo, un'altra band di black metal sinfonico... Era il 2001 e i nostri si presentavano con solenne e misteriosa oscurità fin dall'intro, "Paris 1574", per poi subito passare ad attaccare con un classico black metal sinfonico appunto, pure fin troppo classico. Questi olandesi non mi convinsero molto, mi sembrava infatti che la band fosse parecchio fiacca in alcuni punti, seppur salvando comunque tracce come "Wreckage" e "Necropolis". Interessante la voce del cantante, più che altro per la sua stranezza. Sicuramente i nostri avevano una tecnica di alto livello, il chitarrista era davvero bravo così come il tastierista, e a proposito di tecnica, questa a volte tende a prendere il sopravvento, portandoli in direzioni un po' inusuali. "The Crimson Dawn" è la traccia più bella del cd, la versione originale appariva già sul loro primo demo 'When the Cycle Ends', con le parti di flauto e chitarra acustica a donare un'atmosfera sognante, che però andava via via perdendosi con questo nuovo arrangiamento. La produzione si attesta su livelli medi e forse chi ne risente maggiormente è la batteria. Concludo dicendovi che questo cd vi piacerà sicuramente se amate i Dimmu Borgir, giusto per farvi un esempio, perchè gli Ordo Draconis tutto sommato mostravano spunti interessanti (qui e forse ancor di più nei successivi due album/ndr) rimanendo nel limite del symph black. Gli altri vadano avanti. De gustibus non disputandum est.

Cantique Lépreux - Le Bannissement

#FOR FANS OF: Black Metal
The always prolific scene from Québec brings us again some quality stuff, and as usual, it is something strongly connected to its superb black metal scene. This time it is the turn of Cantique Lépreux, a band formed ten years ago in Quebec City. Its four current members are also quite active in the scene, particularly the three founders, who are involved in several projects. This makes clear the close relationship between the different projects and how involved the musicians are. Although the band’s first years were quite active with the release of two very solid albums, it has taken much more time for the new opus to see the light of the day. The result initially seems to be quite good, the reason why the well-established label Eisenwald has decided to release it.
 
'Le Bannissemnt' is the name of the new beast, and it has most of the characteristics of this local scene. To be fair, the projects that I have listened to have their own distinctive point, but in general you can feel that the full scene shares some aspects that make it easy to identify a band from Quebec. Cantique Lépreux is not an exception, as its black metal has a distinguishable aspect that makes you know immediately its origin. Tremolo picking guitars reign here with an excellent work, accompanied by the characteristic agonic shrieks and a mainly quite fast pace through the whole album. Remarkably powerful tracks like the album opener "Le Revissement" and last track "Consécration" are the perfect examples. They go straight to the bone, with ferocious and fast-paced drums and some intimidating powerful screams. The tremolo riffing, so characteristic of the genre, is totally dominating here with an impeccable performance, full of excellent riffs. These are the type of tracks that must make the audience go mad on the stage, for sure. A longer track like "Riviéres Rompues" also shows that the guitar players can add more variation to the riffs. The addition of some nice solos, which are perfectly well performed, is also enriching. There are not a lot of calm moments on this album, and honestly, one of the fewest that the listener will encounter are found in "Le Rêve Primordial". This composition contains some mid-tempo and even slower sections, which mark a good contrast to the domination fast ones. Some acoustic guitars are also included, a fact that, coupled with the more diverse pace, makes this song the most varied one of this album.

In conclusion, 'Le Bannissement' is a quite good album from Cantique Lépreux. It doesn’t revolutionize the local scene, but it offers exactly what the listener wants. Its seven very solid compositions, with an excellent guitar work and an undoubtedly energetic pace all along it, will surely satisfy you. (Alain González Artola)

(Eisenwald - 2024)
Score: 75

Aborted - Vault of Horrors

#FOR FANS OF: Deathcore
I thought that this is an outstanding release. It slays from the putrid review that this got previously from another user. I thought it's definitely better than their previous release. I like how they switch off from burly vocals to screaming vocals. They are anything but boring! And plain or obligatory. These guys put together one quite an album. I like how they come easily into the segue of the onslaught! I don't see how they can explore such a great death/grind that they all they seem to do. There's no nonsense with this band, they are straight up abominating. The double bass drums fire off like cannons, and the lead guitar simply rips.

40% from an annihilation like this is quite a pretty poor rating that definitely is off-base with no critical efficacy. This release is definitely tops in my book, especially one of the tops of the March they greeted us with! What a monument of an album that's quite an abomination to the ears!

I think that it's gotten enough spins here to hear how intricate this release is! The music steels the listener and the vocals back and forth keeps you from guessing what's to come up next! The drums seem triggered and super highlight to the release as well!

Some people seem to want to show how disenchanting this release is, and I think the opposite! They're tops with me and I think that this album is better than their previous release of whom I thought a treasure as well! "Maniacult" I didn't think that it was as good as this one. It's the production quality, the vocals, the music and the mixing that make this into a gem into a release. It's my one of the top releases from this year so far. I think this will hold true for the remainder of the year! I like the guitars, I think that they were tops with me. The guitar alongside the drums is what sealed this into itself a "Maniacult", only this one is 'Vault of Horrors.'

These guys know how to belt out quite a release and with no compromise! The death/grind is simply there the whole way through! The music is the ultimate highlight of the album. I think this is how they were able to make this into an utmost vile and dismay reeking from Belgium! You can hear it in the vocals that they shred simply with precision! The death/grind is altogether there, and they don't seem to let up any less than their past recordings!

Check it out yourself and make and opinion not based on the negative reviews, consider what you think! (Death8699)


lunedì 20 maggio 2024

Necrophobic - In The Twilight Grey

http://www.secret-face.com/

#FOR FANS OF: Black/Death
This is a softer release from the band, even though they mix black metal with death metal. I'd have to conclude that they are a "milder" Necrophobic than I'm used to. These guys mix what it sounds like more of a Viking metal sound with a death metal prerogative. The vocals go well with the music. This is my favorite Necrophobic album by far. Just everything is supreme and perfect, filling the listener with this slaying metal, metal listen to that clocks in about an hour in length. I don't mind them borrowing their name from a Slayer song, but at least they could've come out with stronger earlier albums. Those don't really sit well with me.
 
They're just more mature on here and the music is more melodic, but the brutality is less than their predecessors. I like how they fluctuate with various tempos, and they're just more experienced here. They don't seem to let up on the music. It's strikingly intricate! 
 
I think from the first few listens to, they're much sharper in musicality and maturity. In some songs they'll be faster than other with an orchaschedrial than other songs. The leads are top-notch. They really whiz through the fretboard with everything in unison.

The vocals are top screams, slaying the music wholeheartedly. This release doesn't really have with it any flaws. Hence, the reason I gave it a perfect score. They range between brutality, a milder form of metal, then a more clean song base which captures everything notwithstanding. What a kick ass black/death metal platter that seems to hit everything metal related. Even the clean guitars segue into a more brutal sound, bringing with it such a metal, such a metal event through in and throughout. I like everything on here. And it only took me a couple of listens to that picked up everything wholeheartedly. More than any Necrophobic release than any other!
 
Can you grasp this total onslaught? I was able to and let's hope that they don't get softer, hopefully this will be their mildest LP! (Death8699)
 
(Century Media Records - 2024)
Score: 80

martedì 14 maggio 2024

Pinhdar – A Sparkle in the Dark Water

#PER CHI AMA: Dark Wave/Alternative
Ascoltare questo disco mi ha posto di fronte a un bel quesito. Può esistere di fatto, una linea di contatto sonora tra Portishead, Kirlian Camera e Chelsea Wolfe? Cosi ho provato a estraniarmi, come da modus operandi del Pozzo dei Dannati, da tutto quello che ho trovato in rete, come il fatto che la band milanese abbia collaborato in precedenza con Howie B (uno che ha lavorato con U2 e Bjork, giusto per citarne un paio/ndr), che abbia registrato in UK e che l'autore della copertina sia il fondatore dei Gallon Drunk, e ho cominciato a sezionare quest'opera senza farmi troppo influenzare da altre varianti. Il disco si muove costantemente attraverso atmosfere sospese, fluttuanti, ma toccate da una malinconia astratta, elevata, quasi ossessiva, ritmi lenti ed essenziali, uniti a una cura peculiare dei suoni. In generale, l'effetto ci porta sulla strada dei Portishead ("Murderers Of A Dying God") anche se i Pinhdar hanno un suono più freddo e tagliente, usano l'elettronica in maniera più vicina alla dark wave, e questo li avvicina molto, agli ultimi lavori della band di Elena Alice Fossi ("In the Woods"), anche se è la voce che crea i rimandi più suggestivi e porta sempre l'ascoltatore verso una piacevole catarsi uditiva, parecchio coinvolgente. La voce della cantante Cecilia Miradoli è prioritaria e non delude mai, intensa ed emotivamente viva, mostra le sue potenzialità brano dopo brano, instaurando un perenne duello con il passo lento e ipnotico di una chitarra eterea e notturna, sulla scia di "Nightvision" di Hugo Race, che riesce a mantenere comunque, pur trattandosi di musica elettronica, un ottimo contatto con il mondo del rock. Il fatto di rinchiuderli in un unico calderone chiamato trip hop, lo vedo molto riduttivo, in quanto li trovo anche divisi tra new wave e dark wave ("Cold River"), electro rock psichedelico e freddo alternative rock. Certo, non si fanno mancare attitudini e affinità raccolte dai classici, Massive Attack, Tricky, gli stessi Portishead, e Mandalay ("Humans" o la conclusiva "At the Gates of Down"), ma ripeto sono suggestioni, belle suggestioni, poiché alle composizioni del duo meneghino, manca la componente che rese unico il trip hop, ovvero il lato caldo della black music. È molto attivo invece quel lato sonoro psichedelico e oscuro, che li avvicina di fatto alle atmosfere di Chelsea Wolfe, magari di "The Graim and the Glow", oppure "Pain is Beauty", con una veste più docile, meno folk apocalittico e più elettronica, meno aggressiva e più raffinata ed evanescente. I Pinhdar si spingono molto in alto in quanto a composizione, con l'ambient elettronico di "Solanin" e "Abysses", che portano nell'animo una vena ritmica tribale molto marcata, che peraltro riesce a mostrare concretamente, che la linea di contatto tra Portishead, Kirlian Camera e Chelsea Wolfe, può essere di fatto tracciata, ascoltando questo brano. In sostanza, 'A Sparkle in the Dark Water' è un disco che richiede un'immersione a fondo, per non incorrere a facili resoconti di somiglianza, che potrebbero ingannare al primo ascolto. Musica notturna e riflessiva, atmosfere profonde, attimi di sospensione eterni, infiniti che rendono questa release una delle migliori uscite per una band in continua ricerca e crescita stilistica. Ascolto consigliato. (Bob Stoner)

La Mer - Tetrahedra

#PER CHI AMA: Experimental Black/Alternative
Se doveste iniziare ad ascoltare quest'album, cosi come ho fatto io, le impressioni di primo acchito, potrebbero condurvi a pensare di trovarsi al cospetto di un album rock con venature elettroniche. Una sensazione che dura giusto un paio di giri di orologio nell'iniziale "To the End", prima di essere investiti da un sound più estremo, almeno vocalmente parlando, che comunque mantiene un elevato gusto melodico. Questo perché gli scozzesi La Mer, in questo quinto capitolo della loro discografia intitolato 'Tetrahedra', propongono uno strano connubio di generi. In tutta franchezza devo ammettere che non conoscevo, almeno prima di questo disco, la one-man band di Glasgow, guidata dal buon Jeremi, in arte La Mer, a cui devo riconoscere il fatto di aver rilasciato una coraggiosa release che mi ha piacevolmente colpito. Un lavoro questo, che per certi versi mi ha evocato, per una serie di analogie musicali, i transalpini H.O.P.E. e i nostrani Drastique. Il progetto di Jeremi si muove infatti trasversalmente su coordinate gothic industrial electro rock, che sembrano trarre spunto anche da vari mostri sacri, quali Nine Inch Nails, Type O Negative e The Cure, tanto per citarne qualcuno in ordine sparso. La cosa stravagante è che poi il factotum scozzese ci butta dentro vocalizzi black, qualche bel guizzo estremo che alla fine ben si amalgama con la sperimentale architettura musicale ideata dal mastermind. E cosi ne vengono fuori pezzi azzeccatissimi, e penso all'atmosferica "Patina", all'industrialoide "Last One Out", alla katatonica (si, ci sono echi anche dei godz svedesi) e a tratti più ruvida, "Sunsets". Un concentrato di brani davvero orecchiali che passano anche attraverso le sonorità post punk/cold wave di "Stratch", corredata qui da screaming vocals e un paio di belle accelerate estreme. Audace il buon Jeremi, almeno fino a quando il disco sembra perdere l'effetto sorpresa all'altezza di "Death Dogs" e, quelle trovate che avevano reso il mio ascolto sin qui curioso, vanno lentamente ad appiattirsi nel resto del disco. Ancora degne di nota rimangono comunque la distruttiva "Gallows Hill", in grado di combinare black a suoni alternativi; gli echi dei Katatonia in "Hell Can Wait" (vero masterpiece del disco), mentre la chiusura è affidata a una poco conosciuta (e che non ho particolarmente apprezzato) cover dei polacchi Myslovitz, "Nienawiść", per un tributo finale a una band che probabilmente ha avuto fortuna solo all'interno dei propri confini. In definitiva, 'Tetrahedra' è un album per certi versi, sorprendente, soprattutto considerando l'uscita sotto l'egida della Godz ov War Productions. Un'uscita ardita a cui vi invito di dare più di una possibilità. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions/Analög Ragnarök - 2024)

sabato 11 maggio 2024

Marduk - Memento Mori

#FOR FANS OF: Black Metal
One of the best releases of 2023, at least out of 10. Though, I do miss Legion on vocals, who gave up metal to pursue being a tattoo artist. Still though, Daniel had some big shoes to fill! I think he pulled it off quite well. And I like the fact that this release isn't like 'Panzer Division Marduk' with the utmost blast beating. There were many different tempos and the production sound was quite good! These guys have a lot of life left in them! I like the music mostly and the vocals, it's much promise to Marduk's longevity. Morgan on guitars and Simon on drums show almost a quite new of a band, and these musicians have some big shoes to fill (as I say).

They're still one of the best black metal musicians around. I like how Daniel's voice soars and holds out the screams. It's screaming throughout, alongside the blast beating. They uphold the blend of 'Nightwing' and 'Panzer Division Marduk.'

This is 40 minutes of a hellish Marduk still going strong even though the lineup has changed quite a bit, but it's good to hear that they're still going on strong! These guys have some unique riffs. A lot of tremolo picking and bar chord mania!

I've been able to get into this album quite easily because there's so much diversity to each song. On each track, you've got to figure the screaming and blast beating, but then there are points in here that are calmer. Not that many, but they do change it up. I like every song on here, they stayed true to their roots and with this newer lineup was able to not compromise in musical style and black metal onslaught. I thought that with the ending is quite abrupt. I admit that 'Panzer Division Marduk' is still my all-time favorite from them. They just never seem to let up on that one. But this one probably a more diverse one than that one, and it needed to be so. It's because they needed another side to them that wasn't brutal all the way through.

Definitely one of the best in 2023 in terms of black metal or just metal in general. Take a listen and you'll hear what I'm saying! (Death8699)


martedì 7 maggio 2024

Horns - Oświecenie

#PER CHI AMA: Black Old School
Continua la nostra perlustrazione del sottosuolo polacco e oggi ci imbattiamo in un quartetto originario di Zielona Góra, che risponde al nome di Horns. Forti di un'esperienza garantita da membri ed ex di Graveland, Mystherium, Atonement e Depravity, la band ci spara in faccia un concentrato malefico di black metal. Sette i pezzi a disposizione dell'ensemble per schiarirci le idee sulla loro proposta, visti i precedenti due full length e l'EP che diede il via alla storia della band. 'Oświecenie', che significa illuminismo, non riflette propriamente la corrente di pensiero del XVIII secolo, ossia una forma di pensiero che voleva "illuminare" la mente degli uomini, ottenebrata dall'ignoranza e dalla superstizione; direi piuttosto che il sound sembra muoversi sul versante opposto. Il disco infatti ci mette al cospetto di un suono ruvido, malvagio, tipicamente old school, che trova modo di coniugare la glacialità del black norvegese con la violenza del death metal. Brani come "Twoja Kara Wieczność Trwa" incarnano filosofie musicali che il nord Europa ha abbracciato a inizi anni '90, ove sbizzarrirsi con la furia di un riffing di matrice death, scarnificato a una forma acuminata che rispondeva ai canoni del neonato black metal. E il quartetto polacco, in nome di quei principi, sciorina una dopo l'altra delle sanguigne tracce nere come la pece, che propongono tuttavia alcuni picchi di interesse: penso alle ululanti chitarre esibite nella title track, che hanno anche modo di evolvere, attraverso una serie ripetuta di cambi di tempo, in fraseggi dissonanti sorretti da grim vocals spettrali, di scuola nordica. La cavalcata tra i ghiacci prosegue con "Nienasycony Głód", song dal piglio più compassato ma che, attraverso i pungenti armonici di chitarra, continuerà a infiammare le anime oscure. Di interesse ancora una volta l'utilizzo della parte solistica e di una linea di basso che dal primo all'ultimo minuto non cederà mai il passo. Un filo più scontate "Krzyk Rozdartych Dusz" e la successiva "Śmierć Jest Nagrodą", come se i nostri avessero sparato tutte le cartucce nel trittico iniziale e si adagiassero sugli allori con le rimanenti tracce, ma con una brutalità intrinseca che non cede certamente il passo. Il raw black degli Horns vede negli ultimi due brani un altro esempio di ferale violenza a cui abbandonarvi senza opporre resistenza alcuna, con un ultimo plauso alla tagliente linea melodica della conclusiva "Niech Wiatr Was Ukoi" che, dal minuto 2.43 al 3.21, sembrerà stritolarvi tra le metalliche corde della chitarra. Per quanto ancorati alla vecchia scuola, gli Horns suonano comunque interessanti. (Francesco Scarci)

Mòr - Hear the Hour Nearing!

#PER CHI AMA: Black Metal
Direttamente dalla Normandia, ecco approdare nel Pozzo dei Dannati, i Mòr, nuova creatura su cui la Les Acteurs de l'Ombre Productions sembra puntare molto. Da scoprire ora se l'etichetta parigina ci ha visto lungo un'altra volta, oppure ha preso il più classico degli abbagli. Quanto contenuto in 'Hear the Hour Nearing!', è un sordido e brutale black metal che vuole evocare i sacri crismi dell'old school norvegese, tra chitarre ronzanti, vocals iper caustiche, e un sound che sembra avvolgere l'ascoltatore in una nube di caos primordiale, da cui uscirne sembra essere missione impossibile. Questo è quanto si evince dall'ascolto dell'opener "The Vanishing of Matter", visto che con la successiva "Eden", le cose sembrano addirittura peggiorare in fatto di violenza, con il rifferama del duo di Rouen che sembra farsi più pesante oltreché più minaccioso. Le velocità si confermano assai sostenute, con un lavoro alla doppia cassa davvero poderoso, le vocals arcigne, e gli armonici che paiono ululare come lupi nella foresta al chiaro di luna. Più compassata "Third Path", che esibisce una buona linea di basso in sottofondo, un accenno melodico un filo più marcato rispetto all'opener (ma questo si era già reso evidente nella seconda traccia) e un feeling maligno che fa emergere una voglia di rievocare suoni spettrali di metà anni '90. Sicuramente piacevole, interessante per le nuove leve che si avvicinano per la prima volta al genere, un po' meno per chi come me, è cresciuto a pane, Burzum, Gorgoroth e Immortal. Trovo diversi elementi infatti che accomunano il nostro duo odierno con alcune delle band capisaldi della scena norvegese, in primis quella che fu la band di Abbath e Demonaz, ma anche episodi, come nella già menzionata terza song (peraltro strumentale), che mi hanno richiamato i Dimmu Borgir di 'For All Tid' o il buon Count Grishnackh, soprattutto nelle porzioni più desolanti e ipnotiche dei brani (la glaciale "Cave of Shadows"). Il classico tuffo nel passato per i nostalgici di un tempo che fu e che oggi è incarnato nelle corde di pochi sopravvissuti di quell'epoca. Il disco scorre via fondamentalmente su questi binari, alternando parti furiose (come nella lunga "The Letter of Loss") ad altre più atmosferiche, senza inventare nulla di nuovo o particolarmente coinvolgente. Per me, un discreto lavoro che segna l'ingresso dei Mòr, a dieci anni esatti dalla loro fondazione, nel mondo complicato del music business. (Francesco Scarci)