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venerdì 26 luglio 2024

Venomous Echoes - Split Formations and Infinite Mania

#PER CHI AMA: Black/Death Sperimentale
Ascoltando quest'album, posso dire con certezza assoluta che le strade del metal estremo sono infinite e assai variegate. Ho scoperto di recente questa creatura estrema, e fin dal primo approccio, ne sono rimasto affascinato. La one-man-band del polistrumentista americano, Ben Vanweelden, torna in pista dopo l'ottimo debutto 'Writhing Tomb Amongst the Stars', con un nuovo album, uscito per I, Voidhanger Records, che continua sulle orme del suo predecessore e ne consolida la prolifica vena compositiva. Diciamo subito una cosa, 'Split Formations and Infinite Mania' non è per niente un album metal convenzionale. Al suo interno ci troviamo influenze di varia natura, dal black al suicide metal, dal death al metal d'avanguardia, e il noise, che è una componente molto importante per definire il concetto contorto, rumoroso e inquieto, di questa proposta musicale. Il disco nasconde sicuramente una forte vena oscura di avantgarde black metal ma l'interpretazione vocale e i testi rivolti alla dismorfia corporale e alle sue implicazioni psicologiche, virate tra il cosmico e all'horror, donano un landscape concettuale completamente diverso dalle classiche atmosfere maligne tipiche del black e death metal e, seppur usufruendo dei vari stilemi e crismi artistici, Venomous Echoes, crea un universo personale parallelo, dove certi canoni del genere vengono in parte sovvertiti. Di fronte a un impatto sonoro vicino alla devastazione propinata dai Portal, dove vi si può assaporare anche la vecchia scuola dei Morbid Angel, l'uso esagerato della voce in mille sfumature diverse, con conseguente utilizzo della migliore effettistica di scuola grindcore, fanno la differenza qualitativa di questo album. Penso anche che la quantità enorme di cantato, sempre con connotati drammatico / teatrali esasperati, che occupano un buon 70% delle composizioni, lasci nell'ascoltatore qualcosa di appetibile e facile da apprezzare, un contraltare che sopprime almeno in parte, alla poca presenza di veri e propri assoli di chitarra in stile classico, e alla natura del disco stesso propenso al rumore, cosi come inteso dall'artista americano, come mezzo d'espressione musicale, che qui, trova la sua massima espressione nel devastante brano "Abhoth Multiplied to Thy Millennium". Troviamo anche sparse qua e là, chitarre malate, malatissime, ed è il caso del pezzo che chiude il disco e che gli dona il titolo, "Split Formations and Infinite Mania", una vera e propria (s)tortura sonora con aspetti melodici multipli, degni di un vero film horror. Non mancano poi momenti oscuri e molto dark-oriented, come in "Miscreated Pustules", dove dopo appena un minuto circa di infuocato death/black, ci si imbatte in un jingle psicologicamente pericoloso, guidato da un basso spettrale, per poi tornare sulla via maestra. "For Thy Avant-void ha una cadenza rarefatta e i suoi suoni futuristi, stravolgono e spiazzano l'ascoltatore, trasportandolo nel finale verso le desolate terre del doom più decadente. Il metal estremo visto con gli occhi di un visionario cosmico, con una propensione all'horror psicologico, che non lascia nulla per scontato, dalla tipologia dei suoni usati, alla cura maniacale della voce, una splendida voce distorta. Un disco di sostanza che non punta mai sulla tecnica fine a se stessa, ma semmai gioca sulle atmosfere e sul piacere che porta una buona composizione nel suo insieme. La ricerca dell'impatto emotivo come fondamenta sonoro su cui orchestrare il resto, scalza il concetto del solo impatto ritmico/sonoro tipico del metal. Come se parlassimo di un'opera teatrale o cinematografica con effetti paralizzanti, focalizzati ad ammaliare la persona con una vena psicotica e oscura. Un disco che prosegue il cammino di un artista-sperimentatore, un disco che lo evolve ulteriormente, senza mai cadere nel calderone della banalità. Un album insano, terribilmente bello, straripante nella sua capacità espressiva. (Bob Stoner)

The Pit Tips

Francesco Scarci

Dekadent - Dionyst
The Eternal - Skinwalker
Ulvik - Last Rites|Dire Omens

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Alain González Artola

Ancestral Blood - Forgotten Myths And Legends
Drown In Sulphur - Dark Secrets Of The Soul
Judas Priest - Invincible Shield

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Death8699

Deicide - Once Upon The Cross
Destruction - Diabolical
Metallica - ...And Justice For All

mercoledì 24 luglio 2024

LLNN/Sugar Horse - The Horror/Sleep Paralysis Demon EP

#PER CHI AMA: Sludge/Experimental
Una volta si facevano gli split album, oggi il minimalismo sonoro è arrivato addirittura a uno split 7": una canzone per uno quindi, cosi che i danesi LLNN e gli inglesi Sugar Horse, sono accontentati, e con loro, tutti i fan delle due band targate Pelagic Records. Si parte con gli LLNN e la loro "The Horror", un trip sonico all'insegna di un sound ambient-ritualistico, che riesce a sfociare in sonorità che parafrasano il titolo del brano, cosi orrorifiche e angoscianti, con l'arcigna voce affidata a Martin Skou guerriero live dei folksters Heilung. La proposta è davvero intrigante, con un sonicscape electro-industrialoide inquietante al massimo, affidato a suoni freddi e sintetici. Quando arriva la band di Bristol, è quasi un toccasana per le mie orecchi, vista una proposta qui virante a un post punk dissonante. Ecco infatti come si presenta "Sleep Paralysis Demon" sin dalle sue strambe e oblique note introduttive, con una voce pulita che lascerà presto il posto a lancinanti grida hardcore e al ringhiare delle chitarre, che arrivano a sprofondare successivamente nei meandri di uno sludge melmoso e altrettanto sghembo e disturbante, che proverà a insediare quei pochi neuroni residui del mio cervello. Anche qui la proposta è piuttosto particolare e alla fine devo ammettere, che avrei voluto ascoltare di più di entrambe le band. Speriamo pertanto che questo 7" sia il giusto antipasto per una portata di ben altra consistenza. (Francesco Scarci)

Nocternity - En Oria

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Black Metal
Eccoci alla recensione di un piccolo capolavoro targato Nocternity, (all'epoca) giovane duo greco attivo e bellicoso. 'En Oria' è stato il loro primo album completo e anche prima uscita ufficiale, dato che si rifiutarono di pubblicare il loro unico demo per via di alcuni casini successi con degli ex membri della precedente line-up. Questo album rappresenta per me una sorta di nuova rinascita del black metal greco indirizzato verso altri lidi e soluzioni. Infatti, i Nocternity non sono l’ennesima band clone dei maestri Rotting Christ, ma fanno storia a sè molto particolare, inglobando sì le classiche influenze di bands greche come i Rotting Christ stessi o Necromantia, ma anche influenze scandinave di band come Burzum o i seminali In The Woods. Il risultato finale è sorprendente, per il semplice fatto che la musica scorre senza intoppi e senza forzature sotto ogni punto di vista. Questi ragazzi a mio avviso sono i primi a esser stati in grado di fondere i due classici stili (molto diversi tra loro), riuscendo perfettamente ad amalgamarli al punto giusto... 'En Oria' è un album oscuro, freddo e abissale; i testi sono un concept sul mare e sulla sua potenza distruttiva, scritti peraltro molto bene, profondi e poetici. La produzione è curata, anche se mantenuta ruvida volutamente. Splendidi riffs, un'agghiacciante voce urlata, un'ottima sessione ritmica (eseguita da Lethe, batterista dei Septic Flesh, session per questo album) e ottimo anche l’intricato tappeto di tastiere, donano al tutto un che di maestoso ed epico. Per chi ancora non lo avesse capito, per me questo disco è un capolavoro assoluto che vale la pena di essere ascoltato. I Nocternity si avviavano cosi ad essere una delle migliori rivelazioni delle terre elleniche degli ultimi anni.

(ISO666 Releases/Amor Fati Productions - 2001/2021)
Voto: 80

https://www.facebook.com/nocternityofficial

Zeal & Ardor - Hide in Shade

#PER CHI AMA: Avantgarde
In attesa di ascoltare il nuovo disco 'Grief', atteso per fine d'agosto, gli svizzero-statunitensi Zeal & Ardor ci danno in pasto un breve aperitivo, l'EP 'Hide in Shade'. Quattro pezzi, che saranno inclusi nell'imminente full length, utili per capire se la direzione stilistica della particolare band di stanza ora a New York, sia sempre quel connubio, da sempre vincente, di sonorità estreme unite a influenze afro-americane. E la title track (di cui è uscito anche un visualizer) posta in apertura, non fa altro che confermare l'attitudine avanguardista dell'ensemble, miscelando ritmiche estreme affiancate dal growling del frontman e partiture più morbide, con voci pulite e cori di chiara derivazione folk/gospel, con tanto di battito di mani a tenere il tempo. A me la proposta di Manuel Gagneux piace, per quanto mostri una vena un po' paracula e forse, stia un po' perdendo del cosiddetto effetto sorpresa. Tuttavia, i brani scorrono via veloci, pregni di ottime melodie, tanta ruffianeria (e "Fend You Off" potrebbe essere un esempio emblematico, comunque estremamente gradevole nella sua progressione, tra influenze alternative e di Devin Townsend memoria), una spettacolare performance canora, da sempre punto di forza del progetto, stralunate e angosciantissime derive sperimentali ("Clawing Out"), e una componente intimista ben accentuata, soprattutto nella conclusiva "To My Ilk". Insomma, un più che discreto antipastino, che però ora mi ha messo addosso una gran fame. (Francesco Scarci)

(Self - 2024)
Voto: 70

https://www.facebook.com/zealandardor/

domenica 21 luglio 2024

Griffar - Of Witches And Celts

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Black Metal
Un lavoro difficile da digerire questo dei Griffar, che non è altro che la ristampa su CD del loro demo di debutto. Difficile da digerire perché si tratta di un disco di una quarantina di minuti composto da sole quattro lunghe tracce, un mattone non proprio leggero per lo stomaco. Il concept del disco è suddiviso in due sezioni: la prima, 'Chronicle of a Blazing Witchcraft' comprende i primi due pezzi "A Host in the Toad Candle" e "Ensnared by the Scareth Oath", mentre la seconda parte, 'The Celtic Spectre', racchiude le altre due tracce, "The Santuary of Cursed Warriors" e "Under The Sword Of The Seventh King". La band suona un black metal a tratti melodico, a tratti brutale e graffiante, farcito da keyboards e parti epiche. Purtroppo però, a mio parere, il CD risente troppo di una registrazione non proprio lusinghiera che fa perdere un bel po’ di impatto a (s)favore di parti che potevano rendere molto meglio, ma anche il songwriting e le idee dei nostri sono un po’ nella media. Troppi luoghi comuni. Da migliorare inoltre la sessione ritmica, non troppo precisa in alcuni punti. L’artwork a colori è molto curato e comprende inoltre tutti i testi (molto lunghi) con tutta la spiegazione del concept che si cela dietro. C'era da migliorare anche la durata delle songs, diluendone la lunghezza. Peccato solo che si siano sciolti.
 
(Self/Non Serviam Records - 2000/2019)
Voto. 60
 

mercoledì 17 luglio 2024

Paradise In Flames - Blindness

#FOR FANS OF: Symph Black Metal
This time we cross the Atlantic Ocean to visit the always interesting Brazilian scene. Paradise In Flames is a band founded 21 years ago. The project has suffered several line-up changes, which may explain the big gap between the different releases. André Lui is the only remaining founding member, but thankfully he keeps the torch of the project alive. The new opus, entitled 'Blindness' even comes with the recent departure of the keyboard player and female singer O.Mortis. Fortunately, her work is present here, so we can still enjoy the full potential of Paradise In Flames.

As mentioned, 'Blindness' is the new effort, and it is definitely a fun album to listen to. Paradise In Flames plays black metal with a great presence of symphonic-style keyboards that make the band sound truly majestic. The production is well-balanced, clean, and gives room for the instruments to shine when needed. This is particularly well-achieved when keyboards appear, as you can still appreciate the guitars and powerful drums. This is the main point to achieve when you mix metal and symphonic elements, and I consider that Paradise In Flames gets the point perfectly well. The compositions themselves are short but very well-done, with abrupt tempo changes that sound natural and not forced. The album consists of eleven tracks, not lasting over forty minutes in total. This opus breathes power and symphonic greatness in each composition, with only a few calmer moments. In general, 'Blindness' is an album where compositions are speedy and very intense. There is no room for boredom, only for a relentless ride. From the actual album opener "Desolate" to the album closer "Angels Devils," this album is a pure beast. The first one, with its epic choir and female vocals combined with the furious riffing and smashing drums, and the latest one, where the band masterfully mixes black metal rage and metal vocals with delicate symphonic elements, show the potential of this new effort.

Tracks like "The Priest" and "Endless Night Battle" have a great room for mid-tempo sections, which is welcome, although they don't lack at all the intensity and energy generously found in this album. Boundless fury comes back with "War Sonata", another powerful composition that breathes energy in every note. The combination of tasteful pianos, different kinds of symphonic arrangements, and the black metal genre is once again exquisite. In particular, the fast section's riffing and drums accompanied by an equally speedy piano are top-notch. The amount and quality of the arrangements are overwhelming and clearly show the great amount of work done by the band.

'Blindness' is definitely a delight for symphonic black metal fans. Its intensity, majesty, and well-composed and produced compositions should garner attention within the scene. The album is a great listen and a pleasant surprise that increases in value with each new listen. (Alain González Artola)


Stormcrow - Hell on Earth

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Black Metal
Talvolta l’apparenza e la sostanza coincidono. La confezione di 'Hell on Earth' era (e oggi ancor di più è) impeccabile, realmente professionale. La copertina originale riproduceva un particolare del magnifico dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, denominata 'Il Trionfo della Morte'. Quanto al contenuto musicale, esso consta di cinque brani di sanguigno black metal Marduk-oriented, registrati in modo eccellente. La title-track è semplicemente strepitosa, velocissima e coinvolgente: la prova lampante del fatto che gli Stormcrow davano (e danno) il meglio di sé quando volano a Mach 2.0. Benché l’influenza del combo svedese risulti qua e là palpabile, 'Hell on Earth' rappresentava già nel 2000, un prodotto di ottima qualità. E non c'entra nulla che sulle fanzine nostrane si sprecassero gli elogi nei confronti dei gruppi italiani, ma in questo caso, credetemi, andava reso onore al merito: gli Stormcrow hanno fatto centro al primo.
 
(Self/Vomit Arcanus Productions - 2000/2020)
Voto: 75