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venerdì 26 luglio 2024

Venomous Echoes - Split Formations and Infinite Mania

#PER CHI AMA: Black/Death Sperimentale
Ascoltando quest'album, posso dire con certezza assoluta che le strade del metal estremo sono infinite e assai variegate. Ho scoperto di recente questa creatura estrema, e fin dal primo approccio, ne sono rimasto affascinato. La one-man-band del polistrumentista americano, Ben Vanweelden, torna in pista dopo l'ottimo debutto 'Writhing Tomb Amongst the Stars', con un nuovo album, uscito per I, Voidhanger Records, che continua sulle orme del suo predecessore e ne consolida la prolifica vena compositiva. Diciamo subito una cosa, 'Split Formations and Infinite Mania' non è per niente un album metal convenzionale. Al suo interno ci troviamo influenze di varia natura, dal black al suicide metal, dal death al metal d'avanguardia, e il noise, che è una componente molto importante per definire il concetto contorto, rumoroso e inquieto, di questa proposta musicale. Il disco nasconde sicuramente una forte vena oscura di avantgarde black metal ma l'interpretazione vocale e i testi rivolti alla dismorfia corporale e alle sue implicazioni psicologiche, virate tra il cosmico e all'horror, donano un landscape concettuale completamente diverso dalle classiche atmosfere maligne tipiche del black e death metal e, seppur usufruendo dei vari stilemi e crismi artistici, Venomous Echoes, crea un universo personale parallelo, dove certi canoni del genere vengono in parte sovvertiti. Di fronte a un impatto sonoro vicino alla devastazione propinata dai Portal, dove vi si può assaporare anche la vecchia scuola dei Morbid Angel, l'uso esagerato della voce in mille sfumature diverse, con conseguente utilizzo della migliore effettistica di scuola grindcore, fanno la differenza qualitativa di questo album. Penso anche che la quantità enorme di cantato, sempre con connotati drammatico / teatrali esasperati, che occupano un buon 70% delle composizioni, lasci nell'ascoltatore qualcosa di appetibile e facile da apprezzare, un contraltare che sopprime almeno in parte, alla poca presenza di veri e propri assoli di chitarra in stile classico, e alla natura del disco stesso propenso al rumore, cosi come inteso dall'artista americano, come mezzo d'espressione musicale, che qui, trova la sua massima espressione nel devastante brano "Abhoth Multiplied to Thy Millennium". Troviamo anche sparse qua e là, chitarre malate, malatissime, ed è il caso del pezzo che chiude il disco e che gli dona il titolo, "Split Formations and Infinite Mania", una vera e propria (s)tortura sonora con aspetti melodici multipli, degni di un vero film horror. Non mancano poi momenti oscuri e molto dark-oriented, come in "Miscreated Pustules", dove dopo appena un minuto circa di infuocato death/black, ci si imbatte in un jingle psicologicamente pericoloso, guidato da un basso spettrale, per poi tornare sulla via maestra. "For Thy Avant-void ha una cadenza rarefatta e i suoi suoni futuristi, stravolgono e spiazzano l'ascoltatore, trasportandolo nel finale verso le desolate terre del doom più decadente. Il metal estremo visto con gli occhi di un visionario cosmico, con una propensione all'horror psicologico, che non lascia nulla per scontato, dalla tipologia dei suoni usati, alla cura maniacale della voce, una splendida voce distorta. Un disco di sostanza che non punta mai sulla tecnica fine a se stessa, ma semmai gioca sulle atmosfere e sul piacere che porta una buona composizione nel suo insieme. La ricerca dell'impatto emotivo come fondamenta sonoro su cui orchestrare il resto, scalza il concetto del solo impatto ritmico/sonoro tipico del metal. Come se parlassimo di un'opera teatrale o cinematografica con effetti paralizzanti, focalizzati ad ammaliare la persona con una vena psicotica e oscura. Un disco che prosegue il cammino di un artista-sperimentatore, un disco che lo evolve ulteriormente, senza mai cadere nel calderone della banalità. Un album insano, terribilmente bello, straripante nella sua capacità espressiva. (Bob Stoner)

The Pit Tips

Francesco Scarci

Dekadent - Dionyst
The Eternal - Skinwalker
Ulvik - Last Rites|Dire Omens

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Alain González Artola

Ancestral Blood - Forgotten Myths And Legends
Drown In Sulphur - Dark Secrets Of The Soul
Judas Priest - Invincible Shield

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Death8699

Deicide - Once Upon The Cross
Destruction - Diabolical
Metallica - ...And Justice For All

mercoledì 24 luglio 2024

LLNN/Sugar Horse - The Horror/Sleep Paralysis Demon EP

#PER CHI AMA: Sludge/Experimental
Una volta si facevano gli split album, oggi il minimalismo sonoro è arrivato addirittura a uno split 7": una canzone per uno quindi, cosi che i danesi LLNN e gli inglesi Sugar Horse, sono accontentati, e con loro, tutti i fan delle due band targate Pelagic Records. Si parte con gli LLNN e la loro "The Horror", un trip sonico all'insegna di un sound ambient-ritualistico, che riesce a sfociare in sonorità che parafrasano il titolo del brano, cosi orrorifiche e angoscianti, con l'arcigna voce affidata a Martin Skou guerriero live dei folksters Heilung. La proposta è davvero intrigante, con un sonicscape electro-industrialoide inquietante al massimo, affidato a suoni freddi e sintetici. Quando arriva la band di Bristol, è quasi un toccasana per le mie orecchi, vista una proposta qui virante a un post punk dissonante. Ecco infatti come si presenta "Sleep Paralysis Demon" sin dalle sue strambe e oblique note introduttive, con una voce pulita che lascerà presto il posto a lancinanti grida hardcore e al ringhiare delle chitarre, che arrivano a sprofondare successivamente nei meandri di uno sludge melmoso e altrettanto sghembo e disturbante, che proverà a insediare quei pochi neuroni residui del mio cervello. Anche qui la proposta è piuttosto particolare e alla fine devo ammettere, che avrei voluto ascoltare di più di entrambe le band. Speriamo pertanto che questo 7" sia il giusto antipasto per una portata di ben altra consistenza. (Francesco Scarci)

Nocternity - En Oria

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Black Metal
Eccoci alla recensione di un piccolo capolavoro targato Nocternity, (all'epoca) giovane duo greco attivo e bellicoso. 'En Oria' è stato il loro primo album completo e anche prima uscita ufficiale, dato che si rifiutarono di pubblicare il loro unico demo per via di alcuni casini successi con degli ex membri della precedente line-up. Questo album rappresenta per me una sorta di nuova rinascita del black metal greco indirizzato verso altri lidi e soluzioni. Infatti, i Nocternity non sono l’ennesima band clone dei maestri Rotting Christ, ma fanno storia a sè molto particolare, inglobando sì le classiche influenze di bands greche come i Rotting Christ stessi o Necromantia, ma anche influenze scandinave di band come Burzum o i seminali In The Woods. Il risultato finale è sorprendente, per il semplice fatto che la musica scorre senza intoppi e senza forzature sotto ogni punto di vista. Questi ragazzi a mio avviso sono i primi a esser stati in grado di fondere i due classici stili (molto diversi tra loro), riuscendo perfettamente ad amalgamarli al punto giusto... 'En Oria' è un album oscuro, freddo e abissale; i testi sono un concept sul mare e sulla sua potenza distruttiva, scritti peraltro molto bene, profondi e poetici. La produzione è curata, anche se mantenuta ruvida volutamente. Splendidi riffs, un'agghiacciante voce urlata, un'ottima sessione ritmica (eseguita da Lethe, batterista dei Septic Flesh, session per questo album) e ottimo anche l’intricato tappeto di tastiere, donano al tutto un che di maestoso ed epico. Per chi ancora non lo avesse capito, per me questo disco è un capolavoro assoluto che vale la pena di essere ascoltato. I Nocternity si avviavano cosi ad essere una delle migliori rivelazioni delle terre elleniche degli ultimi anni.

(ISO666 Releases/Amor Fati Productions - 2001/2021)
Voto: 80

https://www.facebook.com/nocternityofficial

Zeal & Ardor - Hide in Shade

#PER CHI AMA: Avantgarde
In attesa di ascoltare il nuovo disco 'Grief', atteso per fine d'agosto, gli svizzero-statunitensi Zeal & Ardor ci danno in pasto un breve aperitivo, l'EP 'Hide in Shade'. Quattro pezzi, che saranno inclusi nell'imminente full length, utili per capire se la direzione stilistica della particolare band di stanza ora a New York, sia sempre quel connubio, da sempre vincente, di sonorità estreme unite a influenze afro-americane. E la title track (di cui è uscito anche un visualizer) posta in apertura, non fa altro che confermare l'attitudine avanguardista dell'ensemble, miscelando ritmiche estreme affiancate dal growling del frontman e partiture più morbide, con voci pulite e cori di chiara derivazione folk/gospel, con tanto di battito di mani a tenere il tempo. A me la proposta di Manuel Gagneux piace, per quanto mostri una vena un po' paracula e forse, stia un po' perdendo del cosiddetto effetto sorpresa. Tuttavia, i brani scorrono via veloci, pregni di ottime melodie, tanta ruffianeria (e "Fend You Off" potrebbe essere un esempio emblematico, comunque estremamente gradevole nella sua progressione, tra influenze alternative e di Devin Townsend memoria), una spettacolare performance canora, da sempre punto di forza del progetto, stralunate e angosciantissime derive sperimentali ("Clawing Out"), e una componente intimista ben accentuata, soprattutto nella conclusiva "To My Ilk". Insomma, un più che discreto antipastino, che però ora mi ha messo addosso una gran fame. (Francesco Scarci)

(Self - 2024)
Voto: 70

https://www.facebook.com/zealandardor/

domenica 21 luglio 2024

Griffar - Of Witches And Celts

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Black Metal
Un lavoro difficile da digerire questo dei Griffar, che non è altro che la ristampa su CD del loro demo di debutto. Difficile da digerire perché si tratta di un disco di una quarantina di minuti composto da sole quattro lunghe tracce, un mattone non proprio leggero per lo stomaco. Il concept del disco è suddiviso in due sezioni: la prima, 'Chronicle of a Blazing Witchcraft' comprende i primi due pezzi "A Host in the Toad Candle" e "Ensnared by the Scareth Oath", mentre la seconda parte, 'The Celtic Spectre', racchiude le altre due tracce, "The Santuary of Cursed Warriors" e "Under The Sword Of The Seventh King". La band suona un black metal a tratti melodico, a tratti brutale e graffiante, farcito da keyboards e parti epiche. Purtroppo però, a mio parere, il CD risente troppo di una registrazione non proprio lusinghiera che fa perdere un bel po’ di impatto a (s)favore di parti che potevano rendere molto meglio, ma anche il songwriting e le idee dei nostri sono un po’ nella media. Troppi luoghi comuni. Da migliorare inoltre la sessione ritmica, non troppo precisa in alcuni punti. L’artwork a colori è molto curato e comprende inoltre tutti i testi (molto lunghi) con tutta la spiegazione del concept che si cela dietro. C'era da migliorare anche la durata delle songs, diluendone la lunghezza. Peccato solo che si siano sciolti.
 
(Self/Non Serviam Records - 2000/2019)
Voto. 60
 

mercoledì 17 luglio 2024

Paradise In Flames - Blindness

#FOR FANS OF: Symph Black Metal
This time we cross the Atlantic Ocean to visit the always interesting Brazilian scene. Paradise In Flames is a band founded 21 years ago. The project has suffered several line-up changes, which may explain the big gap between the different releases. André Lui is the only remaining founding member, but thankfully he keeps the torch of the project alive. The new opus, entitled 'Blindness' even comes with the recent departure of the keyboard player and female singer O.Mortis. Fortunately, her work is present here, so we can still enjoy the full potential of Paradise In Flames.

As mentioned, 'Blindness' is the new effort, and it is definitely a fun album to listen to. Paradise In Flames plays black metal with a great presence of symphonic-style keyboards that make the band sound truly majestic. The production is well-balanced, clean, and gives room for the instruments to shine when needed. This is particularly well-achieved when keyboards appear, as you can still appreciate the guitars and powerful drums. This is the main point to achieve when you mix metal and symphonic elements, and I consider that Paradise In Flames gets the point perfectly well. The compositions themselves are short but very well-done, with abrupt tempo changes that sound natural and not forced. The album consists of eleven tracks, not lasting over forty minutes in total. This opus breathes power and symphonic greatness in each composition, with only a few calmer moments. In general, 'Blindness' is an album where compositions are speedy and very intense. There is no room for boredom, only for a relentless ride. From the actual album opener "Desolate" to the album closer "Angels Devils," this album is a pure beast. The first one, with its epic choir and female vocals combined with the furious riffing and smashing drums, and the latest one, where the band masterfully mixes black metal rage and metal vocals with delicate symphonic elements, show the potential of this new effort.

Tracks like "The Priest" and "Endless Night Battle" have a great room for mid-tempo sections, which is welcome, although they don't lack at all the intensity and energy generously found in this album. Boundless fury comes back with "War Sonata", another powerful composition that breathes energy in every note. The combination of tasteful pianos, different kinds of symphonic arrangements, and the black metal genre is once again exquisite. In particular, the fast section's riffing and drums accompanied by an equally speedy piano are top-notch. The amount and quality of the arrangements are overwhelming and clearly show the great amount of work done by the band.

'Blindness' is definitely a delight for symphonic black metal fans. Its intensity, majesty, and well-composed and produced compositions should garner attention within the scene. The album is a great listen and a pleasant surprise that increases in value with each new listen. (Alain González Artola)


Stormcrow - Hell on Earth

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Black Metal
Talvolta l’apparenza e la sostanza coincidono. La confezione di 'Hell on Earth' era (e oggi ancor di più è) impeccabile, realmente professionale. La copertina originale riproduceva un particolare del magnifico dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, denominata 'Il Trionfo della Morte'. Quanto al contenuto musicale, esso consta di cinque brani di sanguigno black metal Marduk-oriented, registrati in modo eccellente. La title-track è semplicemente strepitosa, velocissima e coinvolgente: la prova lampante del fatto che gli Stormcrow davano (e danno) il meglio di sé quando volano a Mach 2.0. Benché l’influenza del combo svedese risulti qua e là palpabile, 'Hell on Earth' rappresentava già nel 2000, un prodotto di ottima qualità. E non c'entra nulla che sulle fanzine nostrane si sprecassero gli elogi nei confronti dei gruppi italiani, ma in questo caso, credetemi, andava reso onore al merito: gli Stormcrow hanno fatto centro al primo.
 
(Self/Vomit Arcanus Productions - 2000/2020)
Voto: 75
 

domenica 14 luglio 2024

Ancient Guard - Nightfall Enthroned

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
Ancient Guard is a new project coming from Australia, led by the musician known as Nightwolf. From his various projects, Runespell is, by far, the most well-known. The aforementioned project has a very solid discography with five very interesting albums firmly rooted in the black metal genre. Based on this, it was interesting to see what he can offer with his new creation, which has caught the attention of the respected Iron Bonehead Productions, which is always something remarkable.

With Ancient Guard, Nightwolf doesn’t stray too far from the realms explored with Runespell, but this project is definitely a different monster. Ancient Guard clearly sounds more atmospheric in this EP debut entitled 'Nightfall Enthroned'. This initial effort consists of four pieces, three songs clocking in around 7 and 11 minutes, and a short piece that serves as an outro. You always want more, but these three compositions have more than enough to please the fans of the subgenre. Nightwolf leaves no room for doubt with the eleven-minute first track entitled "Dominion of Primordial Darkness". The title is cool and very fitting for the genre he explores here. This is a very interesting composition with strong pace changes and a great contrast between the furious and more blackish sections and the strongly atmospheric sections that dominate. The created ambiance sounds captivating and also a bit melancholic thanks to hypnotic guitar work. The mid-tempo sections of this track are particularly inspired and enjoyable. Ancient Guard’s mastermind seems to be comfortable with the most atmospheric and mid-paced compositions, as he masterfully shows in the song "Sepulchral Damnation", with a simple yet totally addictive melody that mesmerizes the listener. "A Moonscape Abyss" sounds more powerful in contrast, with a more energetic pace, although nothing that contrasts abruptly from the previous compositions. The atmospheric keys are the base, where the tasteful guitar work and Nightwolf’s raspy vocals reign. The riffing is again excellent and creates melodies that will satisfy fans of the genre for sure.

Debuting with an EP, especially if it is good, leaves you wanting more, but 'Nightfall Enthroned' is undoubtedly a very solid first step in the career of Ancient Guard. The elements found here, make this project interesting in the atmospheric black metal genre, and I hope that, sooner or later, a full-length album will come to confirm the potential of Nightfall's new endeavor. (Alain González Artola)

sabato 13 luglio 2024

Copse - Old Belief | New Despair

#PER CHI AMA: Post Black
La nuova compilation degli inglesi Copse conterrà i due EP ufficiali della band. Quello su cui mi vorrei focalizzare io oggi è quello dello scorso anno, 'Old Belief | New Despair' e ai suoi tre brani inclusi. Per chi non conoscesse la band di Bristol, sappia che è un quintetto formatosi nel 2020, che arriva da una città famosa per lo più, per aver dato i natali a gente del calibro di Massive Attack e Portishead, ma anche ai thrasher Onslaught. La proposta dei Copse però non guarda né agli uni né agli altri, guardando invece al post black come punto di riferimento sonoro. L'ambientale intro "•" apre il disco, per poi lasciar posto alle ritmiche post black di "Old Belief" che mette immediatamente a fuoco la belligerante proposta dell'ensemble britannico. Gli elementi del genere ci sono tutti, messi anche al giusto posto, tra ritmiche infuocate, scream vocals, discrete melodie e parti più atmosferiche. E allora che manca? Probabilmente l'originalità, che questo genere ha perduto ahimè assai velocemente. Eppure, l'EP è piacevole con quelle sue chitarre in tremolo picking e le arrembanti ritmiche, cosi come le porzioni atmosferiche nella parte iniziale della lunga "New Despair" e quasi quindici minuti in cui i nostri spaziano da sonnacchiose partiture post rock con tanto di voce pulita, melodie soffuse in chiave Klimt 1918. Questo almeno fino al minuto 6.40, poi le voci tornano nella sua porzione scream, con la musica che si mantiene malinconica almeno per un altro minutino, prima del conclusivo assalto post black che tra accelerazioni e rallentamenti vari, ci terrà incollati nel suo ascolto, fino alla fine. Per chiudere, un commento provocatorio: ma anzichè una raccolta, non potevano rilasciare un vero full length? Forza ragazzi, stupiteci. (Francesco Scarci)

Inscribed - In Silent Oblivion

#PER CHI AMA: Techno Death
La Florida e le sue spiagge si confermano luogo dove le band death metal spuntano da sempre come funghi. Pensate a mostri sacri quali Atheist, Cynic, Death, Morbid Angel o Nocturnus, tanto per citarne alcuni. E ora anche gli Inscribed, originari di Miami e alfieri di un sound che coniuga, nelle sue tre song di questo EP di debutto intitolato 'In Silent Oblivion', i dettami di Atheist e Death, senza tralasciare qualche deriva dei Cynic. Si parte con la cavalcata death thrash di "Oracle of Chaos", che mette in mostra una bella linea di basso, qualche linea di chitarra sghemba e una discreta prova vocale del frontman Lucas Moore (che oltre a cantare, suona anche la batteria, come il buon vecchio Mike Browning nei Nocturnus). Quello che più mi ha colpito durante l'ascolto del dischetto, oltre alla notevole perizia tecnica, è la freschezza degli assoli, di stampo puramente classico in grado di deliziarci con ottime melodie. La seconda "Silent Oblivion" è arrembante, quasi caotica all'inizio, per poi diventare via via più cervellotica nei suoi giri di chitarra, evocando indissolubilmente Atheist e Cynic, e rendendo fin troppo palese che questo giovanissimo trio statunitense (non si arriva ai vent'anni), sia cresciuto a dosi di 'Unquestionable Presence', 'Focus' e 'Human'. Il tutto, soprattutto quest'ultima influenza, è confermato dalla conclusiva "Empress of Cold", che evoca non poco, i giochi di un giovane Steve Di Giorgio che debuttava nella band di Chuck Schuldiner e soci. Ancora notevoli gli assoli che si muovono a pari passo con un indiavolato basso e un riffing altrettanto nervoso e bellicoso. Insomma, un più che discreto debutto, ideale per chi ha ancora fame di sonorità death "made in Florida". (Francesco Scarci)

Skymning - Artificial Supernova

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Power/Death
Psicotici e furiosi preparatevi alle danze, a qualcosa di claustrofobico. Gli svedesi Skymning non risparmiano i classici riff death e thrash, anzi, li miscelano con parti elettroniche, a volte fastidiose, ma comunque sempre dosate di una certa melodia che le tiene unite al resto del discorso musicale eseguito dagli strumenti classici. Buona la voce, piuttosto arcigna tipica del death e di un certo black. Certi riff dissonanti hanno una buona funzione catalizzatrice d’angosce. A ben vedere, si possono notare anche degli influssi abbastanza moderni di grind, con spunti di chitarre alla Carcass. Una cosa che non posso approfondire con mio grande dispiacere, per mancanze di testi e di sufficienti spunti bibliografici, è il concept di fondo, che posso solo intuire, leggendo i titoli. Dal primo cd prodotto, i nostri, hanno mantenuto la componente power-black-death, infarcendola qui di parti più meccaniche e industriali (al limite dell'EBM). Veramente validi, spaziando in una vasta categoria di generi pronti ad abbracciare molti più ascoltatori, e ciò, non può che essere positivo per far girare il proprio verbo.

Bríi - Último Ancestral Comum

#PER CHI AMA: Atmospheric Black/Trance
Devo arrendermi e ammettere che la proposta sonora della one-man-band brasiliana Bríi, è palesemente sconcertante quanto affascinante. La commistione di generi esibita nella loro ricetta musicale è spiazzante e per molte orecchie, poco avvezze alla sperimentazione, risulterà persino incomprensibile. 'Último Ancestral Comum' è la loro più recente uscita e fin dal primo brano ci si imbatte in un meltin' pot tra musica trance, ambient e atmospheric black metal, dalle tinte psichedeliche e space oriented. La produzione a bassa fedeltà, differenzia questo disco dalle precedenti release, e potrebbe non aiutare la comprensione totale di questo artista, al secolo Caio Lemos (aka Serafim), che già opera in altre band del settore tra cui Bakt, Rasha, Vauruvã, Kaatayra, coniugando una forte spiritualità e una profonda vena allucinogena che si esprime tramite il verbo del black metal più teso e atmosferico. Si parte con "Viajante Universal", un brano emozionale e di ottimo impatto, di oltre 12 minuti, che mette subito in chiaro gli intenti sonori del musicista brasiliano, il quale lavora molto di fino per mixare i generi citati, che sono così distanti fra loro. Quando si aprono le violente chitarre, per l'ascoltatore si apre un buco nero nello spazio, da cui si viene inghiottiti per entrare in un cosmo cervellotico e super emotivo. Nella seguente "Alienígena Interior", il viaggio continua in maniera più aspra e assume un sound al confine con il suicide black metal, tra urla lancinanti e ritmiche dal tiro infuocato per placarsi nel mezzo e riesplodere in un tripudio di melodia e violenza, quasi fosse una lunga intro degli Ozric Tentacles all'ennesima potenza oscura. Dieci minuti di grande crossover sonoro di ottima fattura. Quindi non farà clamore, cadere in un brano come "Ecos da Imaginação", che è un puro esempio di come la musica trance possa essere ancora suonata in un contesto intelligente e inserita in una lisergica cascata di suoni metallici, scream e derive black, per traghettare il disco alla canzone conclusiva, "Cada Canto do Universo", che sfugge dal mostrare la componente metal, a favore di risvolti etnici, in un suono che potrei facilmente mettere in relazione, per assurdo, agli stilemi degli Enigma, togliendo il canto gregoriano e ampliando il calore del folk latino, ma senza mai rinunciare a quella vena malinconica, cosmica e ipnotica intrinseca, che è presente per tutta la durata dell'album. Molto bello l'artwork di copertina, come lo è sempre stato per le uscite di Brii. In conclusione, possiamo guardare questo disco come un riassunto delle varie sperimentazioni fatte da Brii, nei precedenti album, con uno standard elevato dei brani, una ricerca dell'intreccio sonoro atta a spiazzare l'ascoltatore, l'utilizzo dell'elettronica e la ricerca di nuove strade ritmiche da usare come base di partenza. Un artista particolare per una musica ricercata e intelligente, per un genere che ha possibilità creative infinite. (Bob Stoner)

(Self/Flowing Downward - 2023/2024)
Voto: 74

https://flowingdownward.bandcamp.com/album/ltimo-ancestral-comum

Mercenary - Ever Black

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Groove Death
I Mercenary esordirono con 'First Breath', come una promettente band danese che proponeva un death metal ibrido, farcito da influenze di Machine Head, primi Fear Factory e anche un po' di Nevermore, per quanto riguarda le chitarre. Nonostante tutte le varie influenze, sono riusciti a mantenere un classico stile nordico (svedese in primis) anche nel secondo 'Ever Black', fatto di riff melodici, tristi e accattivanti, supportati da passaggi atmosferici e cori che sì imprimono facilmente nella memoria di chi li ascolta. Si tratta di cori epici (ascoltate la seconda track) efficacemente sdoppiati da due voci, una growl e l’altra più stilisticamente power, che rendono i brani caratteristici e originali, dotati di un’impronta maestosa. L’uso delle due voci, in questo caso è sapiente, non forzato né tanto meno artificiale, in grado di conferire un buon equilibrio. Buona anche la dose di riff e gli assoli alla fine sono ben fatti e quasi mai banali, in sintonia con ciò che dice la melodia del brano. Anche le tastiere sono qui usate in un modo equilibrato, senza appesantire il tutto con i tipici inutili strazi melodici: la loro posizione all’interno dei brani è pressoché perfetta. Non che questa band sia stata in grado di stravolgere gli equilibri della scena death nordica, ma sicuramente ha portato una ventata di freschezza e originalità.

(Hammerheart Records - 2002/2012)
Voto: 75

https://hammerheart.bandcamp.com/album/everblack

lunedì 8 luglio 2024

Manes - Slow Motion Death Sequence Remixed

#PER CHI AMA: Avantgarde
Abbiamo appena recensito il nuovo EP 'Pathei Mathos' e la Aftermath Music ci ha sorpreso con un altro regalo: il remix del precedente album 'Slow Motion Death Sequence', realizzato da una brillante serie di ospiti di alto livello. Così, uno degli album più geniali della discografia dei norvegesi Manes, insieme a 'Vilosophe', è stato riproposto in una versione che sembra un disco completamente nuovo. Le danze si aprono con "Endetidstegn", uno dei brani più significativi dell'album. Il remix eseguito dai nostrani Aborym non mostra grandi differenze rispetto all'originale; tuttavia si nota una maggiore pulizia dei suoni, riducendo l'eccessiva ridondanza dei campionamenti elettronici presenti nella versione originale. La seconda traccia, "Building the Ship of Theseus", è stata notevolmente modificata dagli And Then You Die, che enfatizzano la voce dell'eterea cantante presente nella versione precedente e introducono un cantante dallo stile più stralunato, seppur in un contesto che sembra aver perso la magia dell'originale. La complessa "Night Vision" è stata reinterpretata dai francesi Område in modo sicuramente libero e avanguardistico, ma presenta alcune ombre a livello vocale, con una performance ovattata e penalizzante. La seconda metà della traccia è stata completamente stravolta, con un susseguirsi di suoni cacofonici al limite dello sconclusionato, ma considerando gli interpreti coinvolti, era forse ciò che ci si poteva aspettare. "Endetidstegn" è stata nuovamente proposta da Jørgen Mayer in una forma più pop, ma con un'effettistica più secca e diretta, che nella seconda metà virano addirittura verso sonorità electro-dance. Prossima è "Scion", originariamente collocata in seconda posizione nell'album originale e reinterpretata dai finlandesi Throes of Dawn, che modificano immediatamente la parte vocale introducendo una voce femminile in una versione languida e quasi ambient, ma che colpisce per le linee di chitarra reminiscenti i Pink Floyd, presenti nella seconda metà. Tuttavia, la voce di Cernunnos nell'originale è un piacere per l'udito, dotata di una timbrica unica e riconoscibile, mentre nella nuova versione, la voce tende a perdersi. "Chemical Heritage", nelle mani di Fluffybunnyfeet, viene presentata in una nuova e più accelerata veste dance degli anni '80, che sinceramente non mi ha entusiasmato particolarmente, sebbene si possa apprezzarne il tentativo ambizioso. La malinconica "Last Resort" è stata reinterpretata dal musicista norvegese Kristoffer Oustad in una dilatata e minimalista veste dronica, privata della duplice componente vocale presente nella versione originale. Infine, l'ultima traccia "Poison Enough for Everyone" è stata riproposta dagli stessi Manes in una versione completamente diversa, arricchita da una forte componente elettronica (compresa una voce robotica) che accentua il lato psichedelico del brano, ma privandola della parte angosciante che costituiva l'essenza della traccia originale. In conclusione, consiglierei questo remix a chi è alla ricerca di sonorità originali provenienti da una delle band che hanno maggiormente influenzato il panorama musicale estremo. (Francesco Scarci, Silvia Parri)

(Aftermath Music - 2024)
Voto: 70

https://www.facebook.com/manes.no

Dimmu Borgir - Death Cult Armageddon

#FOR FANS OF: Symph Black Metal
I think that this a highly underrated album. Of course, the synthesizers we can do without, but the rhythm guitars are killer! The music just slays and the aura to the album is pretty eerie and evil. Silenoz varies in his vocals to his own style, then clean. He's got one of the most unique voices in black metal. I'd say this is an above par symphonic black metal release. Too many people dismissing this as garbage. I'd say the newer material isn't very good, but this one is unique in its own way. I enjoyed every moment of it. The sound variety was the greatest experience with it. Absolutely!

I don't really have anything against this release, just an overabundance of the synthesizers (as previously mentioned). The guitars are pretty killer. I like the riffs. They are heavy and melodic, too! Not to mention wholly original! Silenoz really makes his voice fit in with the music quite well! There isn't a song on here that I disliked! I liked them all! Some of the tempos fast, some just mild. I'd say the variety spices up this release. It's not just continuous blast beating riffs/drums. It varies a lot. They just diversify. And the evil female voice just hits home on here. I would have to say this whole album is underrated.

The production quality is quite good. You can hear all the riffs and synthesizers not to mention vocals, too! I think the vocals and guitars saved this release. The music is entirely their own, it's so different from what I'm used to hearing from this band. Wholly killer release! I liked the melodic guitars too! The riffs are all original and spellbinding! I am into this album all the way. Critics can say what they want, this is a solid release! They really dig deep in the sound here, the rhythms I like the most and the fact that there aren't much lead guitar activity is good. I liked this from beginning to end.

If you don't have this album, I'd venture to say, check it out! It's really diverse and original! I liked the whole hour plus of music, totally killer! I'm giving this an "78" because it deserves it. It's one of their better releases, I don't care what anyone says. It's not their best, no, but it still is original and packs a punch! It's also not chronic blast beating guitar/drums. It's balanced. They toyed around with sound, here. I would say that this is one of my favorite releases from the band, in that it's so diverse. I would urge you to buy the album because that's what I did. It really captures the listener! Own it! (Death8699)


(Nuclear Blast - 2003)
Score: 78

https://www.facebook.com/dimmuborgir

Nostalghia - Echoes from the Moonriver

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Quante volte parlando di musica ci si sente dire che non si sente più niente di buono, che tutto è stereotipato e costruito a tavolino? Sicuramente, condivido il fatto che siano tempi duri per il rock, ma quando ci si imbatte in una band come i Nostalghia, mi viene spontanea la risposta da dare a chi non crede più alla creatività nel mondo del rock, e in questo caso più specifico, del metal estremo. Cercate nell'underground più profondo e libero, e vedrete che di musica bella e fantasiosa, sarete in grado di scovarla. 'Echoes from the Moonriver' è il penultimo album di questa one-man-band messicana, un piccolo gioiello di atmospheric black metal, dalle tinte fosche, con intromissioni di arie eteree di matrice folk, dai tratti medievali e cinematografici. Un capolavoro di peculiarità con solo quattro brani lunghissimi, che a volte evocano l'epica di 'Bergtatt' degli Ulver di un tempo, a volte l'epica degli Agalloch e la sospensione degli Alcest, alternando lo screaming a voci melodiche e una costruzione musicale di ampia visione, sempre in equilibrio tra un sound ritmico, aspro e violento, legato allo stile del suicide black metal degli esordi, e risvolti pieni di rimandi gotici, ambient folk, suonati e pensati con maestria dal talentuoso Alex Becerra, che unisce alle sue composizioni le rivisitazioni di testi poetici, che tra i vari citati, include Alejandro H. Monarres e Arthur Rimbaud. L'album scorre veloce con la sua indole da concept album, assemblato come una lunga colonna sonora e una attraente foga ritmica, un po' sul modus operandi di 'Aesthetica' dei Liturgy. Inoltre è attraversato, a tratti, da riflessi raccolti dal miglior post rock. Una nota speciale è da spendere poi per il gusto con cui questo musicista messicano si contraddistingue per l'artwork di copertina a gradazione altamente artistica, senza dimenticare i titoli che con "Our Mariage with Eternity" mi ha letteralmente mandato in estasi. Metteteci dentro l'apporto magistrale di clarinetto e sassofono di Valeria Dávil, per un tocco classico che sorprende sui brani "Misery of Mine" e "Sur le Long Fleuve Noir", track che supera i 17 minuti per un concetto di potenza, tecnica e qualità compositiva che si esalta minuto dopo minuto. Un artista tout court, che non deve passare inosservato. Ascoltate mille volte la svolta jazz, che appare nel suddetto brano, e il dialogo del sax con la base di sottofondo, che arriva a confondere l'ascoltatore che non riesce più a distinguere le influenze medievali e progressive da quelle jazz. Quanta avanguardia si nasconde tra queste incontrollabili note? Siamo di fronte a un'ottima concezione di musica estrema, se vogliamo in parte paragonabile all'estro compositivo di Ishahn, ma estraneo al mainstream e ai compromessi. Un album splendido, capace di colpire al cuore e alle orecchie dell'ascoltatore, per la sua freschezza compositiva oltre che per la sua capacità di ridare all'atmospheric black metal un significato profondo e di riguardo. Distribuito dalla etichetta italiana Flowing Downward, 'Echoes from the Moonriver' è da ascoltare, riascoltare e gustare ripetutamente, prima di passare al nuovo capitolo uscito da poco, dal titolo 'Phaneron'. (Bob Stoner)

martedì 2 luglio 2024

Manes - Pathei Mathos

#PER CHI AMA: Avantgarde
C'erano una volta i Manes, quelli del mitico 'Under Ein Blodraud Maane', fautori di un black metal estremo sperimentale, che forse mai si era sentito prima del 1999. Poi vennero altri album ancor più stravaganti, di cui lo splendido 'Vilosophe', rimane probabilmente la pietra miliare della band norvegese, guidata fin dagli esordi da Tor-Helge Skei (aka Cernunnus). Poi è successo un gran casino, fatto di molteplici scioglimenti, compilation, direzioni avantgarde-jazzistiche intraprese, creazioni di band parallele (i Manii) e io, francamente, non ci ho capito più nulla. Oggi i Manes ritornano con un EP nuovo di zecca, 'Pathei Mathos', che presenta quattro brani e rivela una band ulteriormente trasformata nella sua pelle. Questa volta, l'act di Trondheim si avventura nella creazione di pezzi dal tono morbido, atmosferico e quasi psichedelico, con la voce di Marita Hellem che s'inserisce in una cornice ambientale che evoca i primi The Third and the Mortal, arricchita però qui da una sofisticata componente elettronica che impreziosisce gli arrangiamenti e il pathos dei brani. Dalle note seducenti di "Submerged" (il primo singolo estratto) si passa a "Fallen", ancora più coinvolgente, creando una sensazione di fluttuare in uno spazio-tempo senza confini definiti, in un'atmosfera estremamente onirica e dilatata che lascia un senso di torpore lisergico. Gli intrecci di synth all'inizio di "A Vessel for Change" non fanno altro che disorientare, rendendo l'ascolto di "Pathei Mathos" un'esperienza magica e inaspettata, sostenuta da una performance vocale eterea sempre impeccabile, che si fonde ancor meglio con la struttura sonora impartita nella seconda metà del brano. Ultima perla affidata a "End of the River" e a un suono che si fa qui angosciante, vibrante, emozionante, potente, vario, oscuro, malinconico, e forse potrei continuare a lungo per descrivere le contrastanti sensazioni che un lavoro come questo, potrebbero indurre anche nelle vostre anime dannate. (Francesco Scarci)

(Aftermath Music - 2024)
Voto: 76

https://manes.no/

lunedì 1 luglio 2024

Weregoat - Cunting Darkness

#PER CHI AMA: Black/Death
Della serie "più cattivi non si può", ecco arrivare gli statunitensi Weregoat con un nuovo brevissimo EP, dedito a un sanguinario black death thrash super old school, di quelli che ti prendono e catapultano indietro nel tempo di oltre 30 anni. La band di Portland, propone in questo 'Cunting Darkness', quattro nuove tracce che vanno ad arricchire una cospicua discografia fatta di EP, split, live e un solo full length. Rispetto al passato, mi sembra ci siano pochissime variazioni al tema: "Throttled by Demonic Force" parte tranquilla e malvagia, come se un demone si stesse impossessando dell'anima del suo ospite, in una sorta di cerimoniale satanico che esploderà in una convulsa porzione ritmica, tra acuminate linee di chitarra, vocals che vivono in bilico tra il growl e lo screaming, poi spazio a ottimi assoli che per certi versi mi hanno evocato anche un che dell'improvvisazione dei Nocturnus. Certo, scordatevi lo sci-fi della band floridiana, perchè a livello ritmico ci troviamo piuttosto di fronte a grandinate black death che andavano di moda a fine anni '80, primi '90 e quel coro "total war, total war" nella title track, non fanno altro che confermare l'obsolescenza della proposta dei nostri, tra caotiche parti ritmiche, assoli sghembi, voci infernali e ambientazioni da ultimo girone dantesco (basti ascoltare "Venerate Orgy for the Lord of Impurity" per avere una chiara idea della situazione). E la conclusiva "Cries of Possession", un delirante pezzo death che chiama in causa anche i Morbid Angel, i primissimi Sepultura e soci vari di quella prima ondata di band death metal, chiude in modo animalesco una release che farà certamente la gioia dei fans di vecchia data di questo genere di sonorità. (Francesco Scarci)

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venerdì 28 giugno 2024

Ildjarn - Forest Poetry

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: True Black
 Definire primitivi, grezzi e marci gli Ildjarn, potrebbe non rendere l'idea di quale creatura ci troviamo ad ascoltare. Una one-man-band, quella norvegese, che ha visto apparire tra le sue fila in vari momenti, personaggi alquanto discutibili della scena norvegese: penso a Ihsahn che prestò la sua voce per il demo del 1993 e Samoth, che di tanto in tanto dava una mano in vari modi. Gli Ildjarn sono forse, tra i più puri figli della scena norvegese dei primi anni novanta: strumenti suonati con tecnica approssimativa, una produzione praticamente inesistente. Più feroce delle band più feroci di oggi cosi come del passato, più grezzi dei Darkthrone e con un sound che lungo queste 22 tracce, si racchiude in queste poche parole: batteria martellante, chitarre ultra-distorte e vocals corrosive. Ideali termini di paragone a questa band possono essere i Darkthrone di 'Under a Funeral Moon' e i Graveland più macabri del demo 'In The Glare of Burning Churches'. In 52 minuti le 22 tracce che si susseguono suonano tutte molto simili, mal suonate, prive di qualsiasi approccio musicale, registrate uno schifo, e a dir poco ripetitive, ma chi se ne importa, questa è l'essenza del pure true black norvegese!

(Norse League Productions/Season of Mist Underground Activists - 1996/2021)
Voto: 66

https://ildjarn.bandcamp.com/album/forest-poetry

Trom - Evil

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine  
#PER CHI AMA: Occult Dark/Deathrock
Monumentalmente macabri e plumbei questi svizzeri Trom. Sicuramente non definibili black metal, almeno non musicalmente. Una band che, per quello che so, ha prodotto solo questo cd dal vivo nel lontano '96, un demo l'anno seguente, per poi ritornare nell'altra dimensione da cui era piovuta (e riapparire solo nel 2023 con 'Liber Mud'). Alcuni membri sono poco più tardi riapparsi in un progetto gothic/dark chiamato Undead Product, con cui hanno realizzato un 7", per poi sparire nuovamente nel nulla. Ma torniamo all'ascolto di questo lavoro che è accompagnato da un'aria pesante, mortalmente pesante, come le malsane esalazioni di un pozzo. Spesso durante l'ascolto, avrete la sensazione di vedere qualcosa apparire davanti a voi, perché questa non è musica ma magia, magia nera (in stile Urfaust per intenderci). Il cantato è di una bellezza che ipnotizza, una voce profonda e imponente, ma anche minacciosa e lugubre. Le liriche sono in francese, con peraltro parti in latino e tedesco; una soltanto è in inglese. Un lavoro che, seppur registrato dal vivo quasi trent'anni fa, gode di un buon suono, anzi forse proprio questo contribuisce a creare un'atmosfera più pesante, sembra quasi di vederli suonare avvolti in una densa nebbia. Come già detto, non siamo al cospetto di un cd black, ma direi piuttosto di occult dark death rock. Ascoltate e meditate.

(Shivadarshana Records - 1996)
Voto: 74

http://numa.chez.com/trom/

martedì 25 giugno 2024

Regnvm Animale - Farsot​/​Vanmakt

#PER CHI AMA: Crust/Black
Seguiamo gli svedesi Regnvm Animale dal 2015, e da allora, abbiamo recensito quasi tutta la loro discografia. Lo scorso autunno è uscito questo nuovo lavoro, un EP di soli due pezzi che prende il nome proprio dai titoli in esso contenuti. La band di Stoccolma prosegue con la propria mistura di crust black punk, che da sempre fa le fortune del quartetto scandinavo. "Farsot" apre con delle spoken word e un sound inizialmente mid-tempo. Ci impiegano però 56 secondi a far divampare l'incendio con le classiche ritmiche abrasive, accompagnate da un cantato caustico, marchio di fabbrica del vocalist Jens. La song si muove su queste coordinate, alternando porzioni più meditabonde con sfuriate punk black, con tanto di basso a guidare la linea melodica dei nostri, senza rinunciare peraltro al tremolo picking, essenziale per la buona riuscita della release. I Regnvm Animale dimostrano di avere una potenza espressiva sicura e quando ne hanno l'occasione spingono con tutta la loro forza fino al secondo pezzo, "Vanmakt". Anche qui il canovaccio è similare: inizio tranquillo, con giro arpeggiato di chitarra e batteria che spinge sotto, e addirittura una duplice porzione vocale, pulita e screaming, che espande gli orizzonti musicali dei quattro vichinghi. Il brano ha un taglio più malinconico e sembra attingere, nella sua evoluzione, anche a qualche suggestione dei Solstafir, soprattutto nell'aspetto solistico. Chissà cosa ci riserverà il futuro, ma so per certo che ora sono più che mai curioso di ascoltare un nuovo album più lungo e strutturato. (Francesco Scarci)

(Deutsche Bulvan Bolag - 2023)
Voto: 70

https://regnvmanimale.bandcamp.com/album/farsot-vanmakt

Shy, Low - Babylonica

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
Devo ammettere che l'anno scorso me li sono persi per strada e oggi devo rimediare alla mia mancanza, raccontandovi un paio di cosette dell'EP 'Babylonica' degli Shy, Low, che sembra essere in realtà un prolungamento del loro ultimo full length, 'Snake Behind the Sun'. Intanto, per chi non conoscesse la band statunitense, si prepari ad abbracciare un post rock strumentale che abbina una doppia anima, una sognante e una seconda più esplosiva, insomma un qualcosa si adatta perfettamente al mio spirito. E "The Salix", apertura del dischetto, mette subito in chiaro questa duplice personalità della band di Richmond, tra parti riflessive, sofisticate e sinuose, che evolvono in vampate di pura energia, in un'altalena emozionale coinvolgente per gli amanti di queste sonorità. Vi consiglio di far partire questo lavoro sul vostro stereo e di incamminarvi senza una destinazione precisa, purché sia immersi nella natura, lasciando da parte pensieri e paure. Quest'ultime forse emergeranno nelle oscure note della seconda e ambientale "33°24_06.0_N 84°14_48.7_W", più che altro quando vi renderete conto che seguendo quelle coordinate, vi ritroverete in un campo da football americano da qualche parte in Georgia (a quanto pare, alcuni pensano che queste coordinate portino a Parigi, curioso!). In chiusura, "Instinctual Estrangement" mostra il lato più muscoloso della band della Virginia, con dei chitarroni profondi all'insegna del post metal, un basso predominante che disegna paesaggi apocalittici e le ritmiche, che sembrano sassate lanciate contro le finestre. Insomma, un buon modo per fare conoscenza degli Shy, Low, qualora non li conosceste ancora, una band dalla personalità intrigante. (Francesco Scarci)
 
(Pelagic Records - 2023)
Voto: 70

https://shylowmusic.bandcamp.com/album/babylonica-ep 

The Pit Tips

Francesco Scarci

Alcest - Les Chants de l'Aurore
Aetheria Conscientia - The Blossoming
Arka'n Asrafokor - The Truth

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Alain González Artola

Fellwarden - Legend
Isenordal - Requiem for Eir​ê​nê
Drown in Sulphur - Dark Secrets Of The Soul

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Death8699

Deicide - Legion
Malevolent Creation - Retribution
Sepultura - Beneath The Remains 

Korozy - From Cradle To the Grave

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine  
#PER CHI AMA: Symph Black/Folk
Con la loro terza e ultima release ufficiale prima dello scioglimento, i bulgari Korozy sfornarono un album degno di appartenere a tutti i black metallers. Otto tracce di black metal infarcito di parti folk che richiamavano la tradizione bulgara, mai banali o sdolcinate, sempre in linea con le sfuriate dei nostri quattro eroi. Orchestrazioni sempre presenti e massicce che apportano un tocco di malinconia al tutto. Degne di nota sono la opening track che dà pure il titolo al disco, ”From Cradle to the Grave”, che vede la partecipazione di una voce femminile personificata da una vera operista bulgara (una voce come poche nel genere), e “Keeper of the Cemetary”. Ascoltatela bene e provate a sentire la tristezza emanata dalla voce pulita, supportata qui da un giro di basso semplice ma efficace. Questa song figura anche nella remix version nata dalle mani di ZZ MINEFF & R.O.B.T.F e devo dire che fa proprio una bella figura (e se lo dico io, dovete credermi). I testi sono ragionati e per niente scontati come del resto la produzione agli Acoustic Version Studios, cosi compatta, e che mette in risalto e dà forza a tutti gli strumenti. Una bella realtà per la Bulgaria e per la scena black in genere. Ascoltate per credere.

(О.Ч.З. Records - 2000)
Voto: 75

https://www.facebook.com/Korozy

domenica 23 giugno 2024

Tlön - Through Nebulous Scars

#PER CHI AMA: Avantgarde Black
C'è un tocco perverso nelle note di questo 'Through Nebulous Scars', atto primo degli scozzesi Tlön. Continua il nostro rastrellamento nell'underground boschivo, che quest'oggi ci porta a esplorare il nuovo delirante progetto di due membri degli Ashenspire, e già da qui dovremmo intuire il deragliamento musicale che ci attenderà in questo EP di debutto. Tre pezzi per oltre 20 minuti di musica estrema, un post black avanguardista che strizza l'occhiolino alla band madre di B.B. e G.C., senza poi contare che tra le fila della band, ci sono anche due membri degli Sluagh, e il macello è presto fatto. Che aspettarsi quindi? Ritmiche sbalestrate sin dall'iniziale "Shattered Mirrors", prese in prestito da un post black sinistro, che tuttavia mette in scena un drumming veemente, serrato, a tratti schizoide, che ben si amalgama in un generale contesto spigoloso, corredato da grim vocals e intricati giri di chitarra che ahimè non sfociano mai in pungenti assoli. Il delirio prosegue nella successiva "Where Sanity Crumbles", meno isterica della precedente, ma non per questo meno stralunata, complici inusitate linee melodiche e una densità musicale che sembra mai scemare, anche laddove le ritmiche rallentano pericolosamente, anzi. Qui, i giri di chitarra assumono i connotati di assoli, che sfociano in territori jazzistici, parecchio ostici da assimilare, ma che dimostrano la voglia dei Tlön di non suonare banali e non confondersi nell'esagerata accozzaglia di band che popola oggi la scena estrema. Quindi, provate anche voi a lasciarvi andare, a vincere i timori dettati inizialmente da una proposta sicuramente fuori dai canoni sonori e farvi guidare verso quel pianeta immaginario, Tlön appunto, narrato dallo scrittore argentino J. L. Borges nel 1940. Forse scoprirete un nuovo mondo, ma nel frattempo, lasciatevi sedurre dalle insane, cupe e minacciose atmosfere della title track, che chiude con un concentrato di cacofoniche chitarre black psichedeliche da mandarvi diritti al manicomio. Insomma, 'Through Nebulous Scars' è un interessante dischetto, da maneggiare assolutamente con estrema cautela. (Francesco Scarci)

venerdì 21 giugno 2024

Guderrha - Demo 2024

#PER CHI AMA: Death Old School
Attenzione, attenzione perché i Guderrha non sono certo gli ultimi arrivati. Non fatevi ingannare dal fatto che questo sia il loro primo demo, visto che tra le fila della band italica, si celano membri di Glacial Fear (Gianluca Molè), Bretus (Simone Matarese) e Necrospell (Luciano Summaria). Il genere proposto poi è un bel death metal marcescente, quasi come se la Calabria fosse una ormai diventata una fucina di band estreme (penso agli Zora, agli stessi Glacial Fear, gli Antipathic o gli Unscriptural). Solo due i brani per questa demo tape, si avete letto bene, una bella cassetta come andava di moda negli anni '80. E diamo un ascolto ora ai due pezzi, "Entangled in Hate" e "Seven Winters": il primo apre con un bel riffing di matrice nord europea, e con questa definizione, ingloberei il rifferama chirurgico dei primi Carcass che abbraccia gli stilemi classici di un must svedese, 'Left Hand Path' degli Entombed. E cosi le due anime di queste mitiche band, si muovono a braccetto, infilzandoci con il loro putrescente death old school dotato di chitarre super ribassate, coadiuvate da un apporto vocale terrifico e da una prestazione strumentale di buon livello. Peccato solo manchi un assolo degno di questo nome perché avrebbe inferto il più classico dei colpi mortali. Più devastante invece la seconda traccia che mi pare suoni più marcatamente scandinava nel suo piglio dirompente e anche nell'apporto vocale, con il suo growling di Luciano che ogni tanto sfocia in urlacci evocanti il buon Lars Goran Petrov. I cambi di tempo non mancano, la porzione grooveggiante pure (comunque presente anche nel primo brano), e anche una certa creatività a livello del drumming riesce ad emergere dalle note di questo pezzo. Quello che avrei voluto ascoltare sarebbe stata la tipica rasoiata solistica che avevo amato in un altro album mostruoso come 'Clandestine' e che qui avrebbe dato quel tocco di classe in più per farmi urlare al miracolo. Ecco, se i Guderrha volessero seguire quelle orme nordiche, beh, troverebbero tutto il mio appoggio incondizionato. (Francesco Scarci)

Akvan - Savushun

#PER CHI AMA: Black/Folk
Li avevamo già incontrati qualche anno fa in occasione del loro EP 'City of Blood'. Nel frattempo, la one-man band iraniana ha continuato a produrre musica con uno split, un singolo e questo nuovo EP che conferma quanto di buono avevamo avuto modo di sentire tre anni fa, ossia un raw black contaminato da sonorità etniche mediorientali. Niente di nuovo all'orizzonte penserete voi, visti gli innumerevoli interpreti che popolano la scena con una proposta similare da parecchio tempo (e penso in primis ai Melechesh) e in effetti potreste avere tutte le ragioni del mondo. Tuttavia, nella sua ancestrale sinfonia musicale, il buon Dominus Vizaresa, lo trovo sempre più affascinante di tante altre band, forse perché ogni volta si fa portavoce di una storia nuova che deriva questa volta, cosi come il titolo, 'Savushun', da una novella di una scrittrice iraniana, Simin Daneshvar. Il racconto si incentra sulla storia di una famiglia iraniana che ha vissuto a Shiraz, sotto l'occupazione anglo-russa durante la Seconda Guerra Mondiale. A parte la componente lirica sempre peculiare, Vizaresa insiste poi con questi quattro nuovi pezzi (di cui uno strumentale) a tracciare un primitivo black folklorico che, attraverso le iniziali e ispirate "Aryan Fire" e "Execute by Guillotine", regalano un pizzico di speranza a chi come me crede ancora che ci sia da dire qualcosa di nuovo in ambito estremo. Chiaro che ci siano ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto a livello sonoro, però un pezzo come l'evocativa chiusura affidata a "سووشون", cosi carica di mistero, fascino ed esotismo, rende ancor più curioso l'ascolto di una simile release, sebbene mantenga tutti i sacri crismi del black metal, tra chitarre glaciali, vocals gracchianti, ma anche notevoli melodie che evocano immagini di quello che poteva essere l'impero persiamo. Epico. (Francesco Scarci)