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martedì 2 agosto 2022

Bestialord - Bless Them With Pain

#PER CHI AMA: Thrash/Death/Doom
Dagli US ecco arrivare un mefistofelico mostro che risponde al nome di Bestialord, un moniker che pensavo mi potesse portare nei paraggi di un death black senza compromessi e invece mi consegna in questa terza release intitolata 'Bless Them With Pain', un disco devoto ad un thrash death doom ritmato e chiaramente super old school. Le influenze che si riscontrano infatti sin dall'iniziale title track sono riferibili a band quali Celtic Frost o primi Cathedral anche se poi a livello solistico, il terzetto originario di Wichita, si lancia in suoni più heavy metal che estremi, sebbene il growling possa semmai evocare Death o Obituary. Insomma un bel minestrone avrete capito, ma tutto concentrato comunque in sonorità estreme di fine anni '80 inizi '90. Tutto questo è sottolineato anche dalla celerità di un brano come "Face Your Sin", thrash death nella più marcata tradizione americana, con un riffing che richiama i primi Over Kill. Con "Upon the Altar" si rimane nei paraggi di un death doom (cosi come "Are We Not Gods") che puzza proprio di sulfurei suoni infernali; ci pensa fortunatamente una buonissima chitarra solistica (ottima anche in "So It Shall Be" e in "Starless Seas", cosi vicina ai Nocturnus) a dare una certa verve ad un pezzo che altrimenti non mi farebbe certo gridare al miracolo. E il problema permane anche nelle successive tracce, a mio avviso rimangono troppo legate ad un passato di cui dovremmo rassegnarci al fatto che non ci siano più degni eredi. Le otto song qui incluse alla fine faranno la gioia di vecchi nostalgici del thrash death di tre decadi fa, gli altri per favore si astengano o si vadano a recuperare gli originali. (Francesco Scarci)

Epidemik - S/t

#PER CHI AMA: Thrash/Death
Su oltre 2000 recensioni da me scritte, non mi ero mai imbattuto in una band proveniente dal Costa Rica. Eccomi accontentato dalla GrimmDistribution che mi ha messo in mano la proposta di questo combo proveniente da Cartago ed un debut album omonimo che arriva a ben nove anni dal primo EP della band. La proposta dei nostri? Un thrash death metal che evoca quanto fatto da band quali Sepultura e Kreator, almeno quando sul mio lettore scorre "Global Mass", traccia d'apertura di 'Epidemik'. La song non mette in mostra chissà quali innovazioni per il genere, anzi mi proietta indietro nel tempo di 30 anni, tra riffoni robusti, cambi di tempo che richiamano inequivocabilmente la band di Mille Petrozza e soci, ed un buon assolo conclusivo di scuola Slayer. La medesima trama si applica anche per la successiva "Murder by Command" e via via dicendo per le altre tracce qui incluse, tra ritmiche serrate, qualche rallentamento ("Rotten n Dead") e taglienti, quanto azzecatissimi assoli, che rappresentano il reale punto di forza di questo lavoro. Le influenze che si possono scorgere durante i quasi 48 minuti di musica inclusi in questo disco, registrato a dire il vero non proprio benissimo, sono poi molteplici, grazie a qualche riferimento ancora a Lamb of Gof o Evildead, senza voler citare l'arpeggio iniziale di "The Mortal is Lost" che mi ha evocato i Metallica di "Nothing Else Master", per un brano che in realtà poi vira verso il più classico thrash metal. Servirebbe ora una bella sgrezzata ed un bel po' di originalità in più per rendere un lavoro onesto anche intellettualmente interessante. (Francesco Scarci)

(Sanatorio Records/GrimmDistribution - 2022)
Voto: 62

https://grimmdistribution.bandcamp.com/album/077gd-epidemik-epidemik-2022

lunedì 28 dicembre 2020

In Tenebriz - Bitter Wine of Summer

#PER CHI AMA: Black/Doom
Le one-man-band piovono come le stelle dalle parti di Mosca. Gli ultimi in ordine di tempo arrivati sul mio tavolo sono gli In Tenebriz, progetto guidato da tal Wolfir in giro dal 2005, con ben 12 album (più altrettanti EP e split) rilasciati con questo moniker, più un'altra serie come Chertopolokh, Tomatoes Fuck Potatoes o Wolfir stesso. La proposta del musicisita moscovita è un black doom che dà ampio risalto a melodie malinconiche con intermezzi acustici e catartici passaggi nell'oscurità più buia (l'opener strumentale "With a Taste of Wormwood" ne è un esempio). Con la seconda canzone, la title track, compaiono le harsh vocals del frontman su di un tappeto ritmico affidato quasi interamente ad un tessuto di solismi e tremolo picking che rendono il tutto estremamente gradevole e assai prog oriented, anche se l'intelaiatura rimane ancora un po' grezzotta con suoni impastati e decisamente poco cristallini. In "Into Crimson Oblivion", ecco apparire invece le contaminazioni doomish lungo un brano dai toni compassati e dalla forte componente acustico-atmosferica. "Stellar Dust" prosegue su questa scia di tranquillità sonica, con linee di chitarra piuttosto semplici e lineari, in cui la melodia delle note ci guida nell'ascolto. Interessante a tal proposito un inedito break acustico con un beat trip hop che si riproporrà anche a fine brano. Ancora melodie laceranti nella strumentale "Grass Still Remembers Your Trace" che ci accompagna gentilmente verso "Heart in the Pattern of Roots", un pezzo che evidenzia ancora le potenzialità melodiche dell'artista russo inserite in un tessuto ancora sporco, che trasuda comunque di black depressive. C'è ancora spazio per un altro paio di song: la prima è "The Birth of August" con i suoi tocchi delicati che si contrappongono ai laceranti vocalizzi del mastermind russo e ad un riffing black old school che mantiene comunque intatta la vena melodica del brano, il meno riuscito del lotto a dire il vero. La conclusione di 'Bitter Wine of Summer' è affidata ai suoni post-rock di "Let the Night Do the Talking", un pezzo strumentale che chiude degnamente questo nuovo capitolo targato In Tenebriz. (Francesco Scarci)

martedì 22 dicembre 2020

Zed Destructive - Corroded by Darkness

#PER CHI AMA: Death/Black
La scena israeliana si arricchisce di un nuovo player, i Zed Destructive. 'Corroded by Darkness' è il primo squillo del quartetto capitanato da quel Zed Destructive, voce dei Winterhorde. Undici i brani a disposizione dei nostri per dimostrare tutto il loro potenziale dinamitardo. Si parte con "Repulsive Society", una song devota ad un black death con buone linee melodiche e la voce growl di Zed che si conferma ancora di ottima qualità. Un assalto frontale fatto di cambi di tempo, riff serrati, accelerazioni e bordate ritmiche. Niente di nuovo all'orizzonte come spesso dico, ma quanto prodotto non è affatto male. Il canovaccio è il medesimo in un po' tutti i brani con qualche variazione al tema. La seconda "Deformed Minds (Hatred)" ci offre infatti velenose scorribande black, con qualche urlaccio sparato sopra, in una traccia che conferma le doti tecniche di una band quadrata, capace e volenterosa, in grado anche di infilare un bell'assolo nel corso della song. Apertura acustica mediorientaleggiante per "The Dark Wanderer" e bei fraseggi prog death che mettono in mostra le doti della band nonchè una certa capacità di saper variare non poco la propria proposta musicale, sfoggiando sciabolate di chitarra a destra e a manca. Suoni più cupi per "Church", dotata di una ritmica che mi ricorda qualcosa dei Cradle of Filth, periodo 'Cruelty and the Beast' (forse anche a livello vocale, ricordando il Dani Filth più oscuro). Bene cosi quindi, tra rasoiate di chitarra, accelerazioni feroci, giri di tempo in stile Death ("Traitors"), ma anche assoli da paura ("Raped Existence"), roboanti e mortifere ritmiche (la title track e "Evil Wind", cosi Swedish death in alcune sue parti) o ancora porzioni epico-atmosferiche che arricchiscono di non poco il sound dei nostri (penso al finale strepitoso di "Eternal Damnation"). In chiusura, da segnalare anche la cover dei Deicide "The Truth Above", che secondo me poco avrebbe da che spartire con il sound dei Zed Destructive. Magari c'è ancora da lavorare alla ricerca di una maggiore dose di personalità, ma direi che i nostri sono sulla strada giusta per poter raccogliere ottimi consensi in futuro. (Francesco Scarci)

(Wings Of Destruction/GrimmDistribution - 2020)
Voto: 70

https://www.facebook.com/ZedDestructiveBand/

domenica 6 dicembre 2020

Astarium - Hyperborea

#PER CHI AMA: Symph Black
Dalle desolate lande della Siberia, facciamo la conoscenza degli Astarium, una one-man-band che in realtà esiste già dal 2005 e la sua discografia vede ben otto album all'attivo e 12 tra split ed EP. Io ignorantone non li conoscevo, quindi potrò fare pochi confronti con il passato ma dirvi piuttosto cosa ci ho sentito in questo 'Hyperborea'. Intanto partirei col dirvi che ci sono la bellezza di 16 tracce qui incluse ma non di grandi durate visto che il disco alla fine dura poco più di tre quarti d'ora. La musica del mastermind russo si muove nei paraggi di un black pesantemente infarcito di tastiere. "The Wild Hunt", "Doomed" e "Halls of Winter Gods" sono pezzi sicuramente interessanti, la seconda peraltro mi ha evocato un che dei Limbonic Art miscelati con il delirante approccio degli ungheresi Nagaarum, il tutto con l'apporto pesante delle keys che richiamano un che dei Bal Sagoth più pomposi e orchestrali. La cosa che salva Mr. Astarium è che i pezzi sono tutti di breve durata e quindi non si fa in tempo ad annoiarsi. "When the Proud Die" ha un incedere decisamente più cupo, quasi funereo, con la strana ma originale voce del frontman in primo piano, ma la song non arriva ai due minuti e quindi scivola via liscia che un piacere. Molto meglio la successiva "Snow Storm", molto più dinamica, che si mantiene sempre nei territori di un black estremamente melodico, dove le tastiere dominano la scena, creando ottime orchestrazioni su di un tappeto ritmico costantemente anomalo. Molto più veloce e caustica a tratti, "Sign of Cosmic Might", con la voce che ricorda la versione più pulita di Dani Filth. Il disco continua con tutta una serie di pezzi sulla stessa falsariga: la strumentale "Battle Glory" che gode di un'influenza dei Summoning. In "Daughter of Imir" compare la risata dolce e sensuale di una donna in apertura poi il pezzo riparte alla stregua dei precedenti. "Kill to Survive" ha un lungo incipit atmosferico per poi sfociare in una song più tirata, il che si riconferma anche in "Curse from the Past" o nella violenta lucida follia di "Lucky Bastard", 24 secondi di un sound infernale. Arrivato alla fine però, la sensazione è quella di avere ascoltato un album monumentale, tipo due ore di musica. Forse un disco cosi spezzettatto per qunato intrigante per contenuti, si rivela ostico non poco per quanto un genere alquanto accessibile. Ora potrò andare pure ad ascoltare i vecchi lavori e cercare di capirne di più di questi Astarium. (Francesco Scarci)

(GrimmDistribution/Gravações Tunguska - 2020)
Voto: 65

https://grimmdistribution.bandcamp.com/album/059gd-astarium-hyperborea-2020

domenica 8 novembre 2020

Sibireal - Blood Color Sky

#PER CHI AMA: Thrash Black
Ogni giorno mi rendo sempre più conto di quanto sia infinito l'underground musicale. Dalle zone dell'Altai, la porzione siberiana al confine col Kazakistan, ecco arrivare il quartetto dei Sibireal e il loro immaginario thrash black. La proposta dei quattro russi è sicuramente molto particolare, schizoide mi verrebbe da dire. Se l'intro "Aktilirauw" potrebbe somigliare più ad un rituale sciamanico, la successiva title track sembra mostrare i deliri schizofrenici di cui la compagine di Biysk sembra essere affetta. La proposta è infatti una carneficina di urla iraconde che poggiano su ritmiche tipicamente thrash metal per un effetto dapprima disturbante ma che comunque mostrano il loro perchè. Niente di rivoluzionario sia chiaro, però mi sento di dire che non va necessariamente bollato come negativo cosi di primo acchito. Al suo interno è pure frequente fare incontri con il punk/hardcore ma non solo, visto che, cosa più sconvolgente, ci ritroviamo aver a che fare anche con quegli evocativi cori che si trovano poi in "Through the Pain", che mescolano le carte in tavola. Diciamo che il problema dei Sibireal risiede forse nel non aver ancora messo a fuoco la direzione che i nostri vogliono intraprendere in quanto c'è un po' di marasma sonoro e ancora una certa immaturità che probabilmente ne penalizzano il risultato finale. "The Way of Ego" è un pezzo black che probabilmente risulterà più interessante per ciò che concerne le liriche che trattano temi di psicanalisi legati alla conoscenza di se stessi. Anche "Giennah" è ancora un po' troppo scolastica per quanto l'assolo non sia affatto male. Gli altri pezzi qui contenuti, lasciano presagire una certa vena di follia, ma per ora francamente il tutto è ancora in fase di maturazione, considerato che la stesura dei brani (fatto ovviamente salvo per la cover dei misconosciuti thrashettoni ucraini Fatal Energy) risale addirittura al periodo 2008-2010. E allora sarei un po' più curioso di sapere come suonano i Sibireal oggi e vedere in 12 anni quali progressi siano stati fatti. Per ora niente più che un'ordinaria sufficienza. Ma mi aspetto decisamente di più, pena una fragorosa bocciatura. (Francesco Scarci)

(GrimmDistribution/Wings Of Destruction - 2020)
Voto: 60

https://grimmdistribution.bandcamp.com/album/063gd-sibireal-blood-color-sky-2020

domenica 4 ottobre 2020

Monumentum Damnati - In The Tomb Of A Forgotten King

#PER CHI AMA: Melo Death/Doom, Insomnium
Da zone non meglio identificate del mondo (ho appreso da metal-archives che uno dei membri è originario della Bielorussia, mentre bandcamp riporta le origini al Missouri - USA), ecco arrivare un progetto interessante e inquietante (date un occhio alle loro immagini grottesche sul web) che risponde al nome di Monumentum Damnati, fautori di un death doom melodico a tratti sinfonici. Questo almeno quanto si evince dalla seconda traccia, la prima è un'intro, del loro debut album 'In The Tomb Of A Forgotten King', edito dall'etichetta ucraina GrimmDistribution. Quaranta minuti di musica a disposizione dell'enigmatico sestetto per convincerci della bontà della loro proposta che dicevo, con la seconda "My Bloody JJ", fa capire come i nostri siano interessati a propinarci un sound robusto sorretto da un growling roccioso e da delle keys in sottofondo che accompagnano una ritmica costantemente votata a linee melodiche che per certi versi mi hanno ricordato un mix tra Saturnus e Insomnium. La voce nella terza e drammatica "There's No Place for Life", mi ha evocato un che dei Rotting Christ, mentre il sound prosegue lento nel suo malinconico incedere doomeggiante. L'approccio alla musica della compagine internazione si rivela piuttosto facile da adottare anche laddove la proposta sembra sprofondare nei meandri di un sound più catacombale, come nell'abissale "Anabiosis", altro pezzo doomish che vede la ritmica farsi più grossa e dinamica nella sua seconda parte, con i vocalizzi di Thanatos davvero convincenti e una vena orchestrale che si ritrova a più riprese lungo il pezzo, ma in generale lungo tutta la release: Nella title track sono invece gli echi dei primi Paradise Lost a palesarsi a livello ritmico, in una song che mantiene comunque intatto il marchio di fabbrica della band. È però "Infernal Sun" il pezzo in cui la compagine sembra dare il meglio di sè, combinando death, doom, spettrali melodie e ottime parti atmosferiche. Ancora una manciata di pezzi, con "Falling Snow" a proporre melodici fraseggi death doom che si confermano anche nella successiva "Sleepless Anger", finanche nella conclusiva e strumentale "Exorcist" che va a chiudere un disco onesto, piacevole, che nonostante il genere estremo, a mio avviso potrà essere avvicinato anche da chi non mastica quotidianamente simili sonorità. Insomma, io una chance la darei eccome a Monumentum Damnati, poi fate voi. (Francesco Scarci)