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martedì 2 agosto 2022

The Moon Mistress - Silent Voice Inside

#PER CHI AMA: Stoner/Doom
Mi fa un po' specie notare che l'Addicted Label mi ha inviato un album del 2012 (ristampato nel 2020) di una band che nel frattempo ha cambiato anche moniker. Sto parlando dei moscoviti The Moon Distress che dal 2014 si chiamano Dekonstruktor e di cui questo 'Silent Voice Inside', ne rappresenta l'unico Lp della carriera, accanto ad un paio di split e un EP. A parte questo, quanto ascoltato in questa nuova versione di 'Silent Voice Inside', che include peraltro un paio di bonus track rispetto all'originale, il trio ci propina uno stoner doom lento e ossessivo, magnetico nella sua componente vocale, che sin da "Cremation Meditation", la seconda traccia dopo l'intro, colpisce per quel suo incedere lisergico e al contempo pachidermico, ammiccando qua e là ai nostrani Ufomammut, con i testi votati ad una certa forma di occultismo che rendono il tutto alquanto accattivante. Al pari di quel basso che apre la lunga "The Wicker Man", una sfiancante ed ipnotica traccia che ci terrà incollati allo stereo per oltre 10 minuti, tra litaniche vocals e chitarre roboanti che evocano i Black Sabbath degli esordi. "Cease to Exist" ci offre invece un brano dall'incipit dai toni piuttosto vintage, ma quell'aura settantiana direi che circonda un po' tutti i pezzi di questo disco, anche quelli di più recente concepimento, come ""Heavy Sun" e "Mindlock". Diciamo che quello che penalizza il lavoro è forse una registrazione non propriamente all'altezza, cosi come pure brani forse un po' troppo monolitici e privi di verve, come potrebbe essere "Invocation to Hecate", che ci attanaglia con la sua melodica linea sludge doom rock per ben 11.40. Non male, ma se si fosse ridotta la durata qua e là di un disco che sfonda la barriera dei 70 minuti di durata, forse il terzetto ne avrebbe tratto maggior beneficio. A tal proposito, perchè non sottolineare anche i 16 minuti e mezzo della title track che ci danno il definitivo colpo del ko con un rifferama troppo ripetitivo che non fa altro che invogliarmi a skippare la song per mantenere la mia sanità mentale e arrivare al termine di un lungo viaggio nei meandri di un certo doom d'annata, che sicuramente verrà apprezzato dai fan di Ozzy e soci ma anche da chi amato gli esordi dei Cathedral o chi segue gli Electric Wizard. (Francesco Scarci)

(Pestis Insaniae/Addicted Labels - 2012/2020)
Voto: 66

https://themoonmistress.bandcamp.com/album/silent-voice-inside

sabato 2 aprile 2022

Old Sea and Mother Serpent - Chthonic

#PER CHI AMA: Sludge/Doom
Quattro brani per oltre settanta minuti di musica, mica male, anche se la montagna da scalare non è certo di quelle cosi semplici e banali. 'Chthonic' rappresenta l'opera prima dei moscoviti Old Sea and Mother Serpent che nel 2012 rilasciavano questo mastodontico lavoro autoprodotto (la versione nelle mie mani è il digipack del 2013), per poi lasciarsi un tempo di gestazione per il successivo 'Plutonian' di ben nove anni. La proposta del duo è all'insegna di uno stoner doom che dire solido e compatto, potrebbe suonare quasi eufemistico. Il lavoro apre con la sporca e sludgy "She of the Black Scale" che per 18 minuti risuonerà con il suo tribale tambureggiare, accompagnato da una voce graffiante e da chitarre belle possenti. Quello che potrebbe far impressione è il relegare ad un paio di righe la descrizione di siffatta mole musicale visto che fondamentalmente il pezzo, a parte un assolo di notevole impatto melodico nella parte centrale, ha ben poco altro da raccontare. E se volete questo rischia di essere anche il limite delle restanti canzoni, ossia presentare durate infinite ma poi, a fini pratici, non contribuire a regalare nulla di cosi interessante e originale. Ci riprovano i nostri con la successiva "The Haunt", ed un inizio ritmato al limite della ridondanza sonica. Qui ritroviamo voci registrate in sottofondo, una serie di cambi di tempo che sembrano più una lezione di avvicinamento ad un genere comunque ostico e poi finalmente ricompaiono le vocals, forse l'elemento più positivo dei nostri, visto che la batteria troppo affidata ai piatti, finisce per stizzirmi dopo otto giri di orologio. Qui infatti un duplice psichedelico assolo rabbonisce i miei sensi e mi consente il proseguimento dell'ascolto. Dei quattro brani, il picco più alto da scalare è quello però rappresentato dagli oltre 28 minuti di "Demons of the Sun", fatto di pendici sabbiose ove sprofondare pericolosamente nella matrice doomish dei nostri. La traccia più lunga ma anche quella più veloce da descrivere, vista la natura malmostosa e ampollosa del pezzo, soprattutto nel suo lunghissimo finale dronico, inutile lasciatemi aggiungere. In chiusura ecco la strumentale "Moraydance" che sembra essere anche il pezzo più vivace del disco, non fosse altro che dura poco più di cinque minuti che ci consentono di tornare a respirare aria pura dopo le impervie salite dei primi tre brani. (Francesco Scarci)

(Pestis Insaniae - 2013)
Voto: 62

https://osams.bandcamp.com/album/chthonic