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mercoledì 13 dicembre 2023

Megadeth - Youthanasia

#FOR FANS OF: Heavy/Thrash
This one doesn't pack the same punch as their previous 3-4 albums. It's more heavy metal based rather than thrash metal and the riffs aren't as catchy as 'Countdown To Extinction' but they're still good! It's just not so fantastic as the previous they seemed to get more seller out than anything else. But let's enjoy the Marty Friedman era of Megadeth. The riffs could've been better but still they're decent. The leads are alright, too! Dave seems to be a little bit whinier as well. I don't think anything could surpass Dave on their previous. Or even on 'Rust In Peace' and 'Peace Sells...But Who's Buying?'.

It's definitely milder than previous Megadeth releases. But that doesn't take away from the great guitar riffs and succinct leads by Dave and Marty. They both kick ass and it's to be this era of Megadeth to be the better. I'm not as familiar as the more modern playing of this band, I just know that I like the first two almost decades of the bands. Dave is always seeming to be in Metallica's shadow, or at least jealous of their success over Megadeth's. He definitely wanted a band that was heavier than Metallica but of course we know that Metallica took precedence over Megadeth, unfortunately. Maybe James's rhythms are catchier than Dave's could be it why they're favored?

The sound quality was definitely good, just like 'Countdown To Extinction' about the same. Just the music isn't as catchy as that album. But I still think it's worth a 75 rating, definitely. Some songs were really catchy and noteworthy. It's a step-down from 'Countdown...' but Dave shows that they still have it going strong. I always liked his songwriting. Even in Metallica, some of his riffs like in "Jump In The Fire" and "Phantom Lord" were some wicked riffs on those tracks. And on 'Peace Sells...', he came up with some amazingly catchy licks that are some of the best in the history of Megadeth (in my opinion).

For Megadeth fans, this isn't a disappointment. This is showing a somewhat milder more heavy metal type of gig than thrash metal. But they're still catchy with the songwriting and worth checking out if you haven't already. This is a way old album, but as you can see, I'm just getting around to writing about it. It's how far gone I am in Megadeth's discography. But this is because I only recently decided to give the band a fair shake which I've done. And I've found them to be among the greats. Look upon this as a victory for the band, not so much of a failure that Dave may think. Get it on CD or stream it or both! (Death8699)


(Capitol Records/UMe - 1994/2014)
Score: 75

https://www.megadeth.com/

sabato 9 settembre 2023

Ibridoma - Norimberga 2.0

#PER CHI AMA: Heavy/Thrash
Ci arriva con oltre un anno di ritardo l'ultimo lavoro dei marchigiani Ibridoma, intitolato 'Norimberga 2.0'. Un lavoro, il sesto per la band, che mantiene inalterate le caratteristiche di base del combo italico, ossia un heavy metal bello tosto, cantato prettamente in inglese ma con qualche eccezione in italiano (ad esempio nella palesemente influenzata dai Megadeth - era 'Countdown to Extinction' - "Ti ho visto andare via"). Il full length si muove lungo dieci pezzi che dall'iniziale e già citata "Ti ho visto andare via", giunge alla conclusiva "Eyes of the Stranger", in quasi 40 minuti di sonorità che confermano quanto i nostri siano a tratti solidi e rocciosi nella loro proposta, genuini e forse per questo ancora un po' troppo poco maliziosi, nonostante 20 e passa anni di carriera. Con questo voglio dire che sebbene ci siano sonorità interessanti, belle linee di chitarra o taglienti assoli, buone melodie (e penso a pezzi come "Woman From the Stars", la massiccia title track, con tanto di voci growl, o ancora alla carica di groove "House of Cards"), trovo ci siano cose che suonano troppo obsolete in un contesto musicale che è in costante e rapidissima evoluzione. Le vocals del buon Christian Bartolacci ad esempio, fatico a digerirle, troppo ancorate ad un passato italico che vedeva la figura dei vocalist sempre deficitaria e qui, in tutta franchezza, la voce acuta del frontman sembra essere ancora l'elemento penalizzante per i nostri. Non me ne voglia la band, forse non sarò avezzo al loro sound, ma senza il cantato di Christian e con un qualcosa più personale e di impatto a livello musicale, li avrei ascoltati molto più volentieri. Poi c'è il problema di quei brani più mollicci, leggasi "Coming Home", "Where Are You Tonight" o la conclusiva "Eyes of the Stranger", che proprio mi portano a sbadigliare dall'inizio alla fine, fatto salvo per eventuali bridge e assoli di chitarra. Poi il quartetto si riprende lo smalto migliore con una più arrembante "Into this Sea" che mi evoca spettri di Annihilator, Pantera e ancora Megadeth, soprattutto in alcuni episodici utilizzi della voce. Risultato godibile per carità, ma avrei gradito qualcosa di più ricercato, sfrontato direi e accattivante altrimenti, esaurito un paio di ascolti, il cd rischia di finire nel dimenticatoio dove conservo altre tonnelate di dischi. Ci pensa tuttavia l'ottima ritmica di "Pandemia" a restituire quel filo di positività che mancava al lavoro, anche se le corde vocali del cantante, meriterebbero qui una revisione. Il disco alla fine non è malvagio, soprattutto a livello tecnico-compositivo. Certo, necessiterebbe di una serie di aggiustamenti a molteplici livelli, ma sono certo che i fan degli Ibridoma, che nel frattempo l'album, in questo anno abbondante, devono averlo ascoltato e consumato, non se ne lamenteranno. Quelli che invece si avvicinano alla band per la prima volta ecco, se non hanno un background profondo come quello del sottoscritto, beh un ascolto potrebbero anche darlo. Chi vive invece di pane e metal sin dagli anni '80 (e parlo ancora del qui presente), di lavori del genere ne ha ascoltati a bizzeffe e preferisce ancora oggi i più datati originali. (Francesco Scarci)

(Punishment 18 Records - 2022)
Voto: 64

https://ibridoma.bandcamp.com/album/norimberga-20

mercoledì 30 agosto 2023

In the Ponds - Fever Canyon

#PER CHI AMA: Heavy Blues
Rilassiamoci un attimo con il sound dei californiani In the Ponds che, in questo ‘Fever Canyon’, sembrano voler divertirsi con una jam session all’insegna dell’heavy blues, sporcato da partiture ambient e venature western. Questo almeno quanto ci racconta la chitarra che apre “The Lost City” e sembra catapultarci in un mezzogiorno di fuoco di un qualunque film western anni ’70. La chitarra ulula che è un piacere, un po’ come se fosse il lupo di una qualche tribù indiana che guardando la Luna, volge il muso verso il cielo rilasciando il suo inconfondibile verso. Non troverete altri strumenti qui, se non l’intrigante ricamo di David Perez alla sei corde, supportato dai tocchi di basso di Jennifer Gigantino. “Windmill Blades” e “Making Time” si muovono sulla medesima falsariga, offrendo quindi lo stage alla chitarra e ai suoi giochi in chiaroscuro, una sorta di strimpellare al bagliore di un fuoco acceso in mezzo alla foresta, ammirando il pallore della Luna e assaporando l’aria fresca dei boschi del mid-west. (Francesco Scarci)

sabato 15 luglio 2023

Hex A.D. - Delightful Sharp Edges

#PER CHI AMA: Heavy Prog Rock
Se la Norvegia negli anni '90 rappresentava il luogo là dove il black metal è nato, oggi lo stesso splendido paese scandinavo è diventato sinonimo di sonorità progressive. L'ho già detto più di una volta, lo ribadisco oggi in occasione dell'uscita del sesto album degli Hex A.D., 'Delightful Sharp Edges', un disco peraltro focalizzato su un tema davvero straziante, il genocidio, dall'Olocausto degli ebrei nella Seconda Guerra Mondiale, al massacro dei Tutsi in Rwanda, per finire con la persecuzione e genocidio dei Rohingya in Birmania. Un tema molto pesante che viene affrontato attraverso questo concept album suddiviso in tre parti narrative, che conducono l'ascoltatore in un viaggio della memoria davvero complicato da digerire liricamente parlando. Il disco si apre con la lunghissima (quasi 13 minuti) "The Memory Division" ed una proposta che si muove tra il prog e l'heavy rock, chiamando in causa mostri sacri della storia, da Uriah Heep, Thin Lizzy e Black Sabbath, combinando un innumerevole numero di influenze, generi e stili, da un utilizzo massivo di synth e tastiere, dotate di una spinta psichedelica ad un approccio hard rock oriented. Il brano è sicuramente complesso e forse necessita di molteplici ascolti per essere assimilato e capito appieno. Molto più semplice invece l'ascolto di un brano classico come potrebbe essere "Murder in Slow Motion", che non inventando nulla di che, ci investe con il suo hard rock graffiante in pieno stile settantiano. "...By a Thread", nel suo lungo e patinato acustico d'apertura con tanto di voci effettate, rievoca poi gli ultimi Opeth. Con l'ingresso di batteria e percussioni, queste danno una bella sterzata al sound, che evolve poi nei suoni spiazzanti di quel treno che deportava gli ebrei nei campi di concentramento. Cosi inizia "Når Herren Tar Deg I Nakken", un brano dalle atmosfere sinistre, inquietanti, sorrette da una voce che sembra dare delle istruzioni ai nuovi ospiti di quel campo di concentramento, mentre la musica si muove tra riff pesanti e suoni di hammond. "Radio Terror" attacca con un flebile sound, una chitarra che sembra più un grido di dolore, mentre la voce del frontman si presenta qui più delicata rispetto ad altre parti. E poi ecco entrare in scena delle percussioni tribali a stravolgere un po' tutto con un incedere che potrebbe stare a metà strada tra Pink Floyd e Blue Öyster Cult, in quello che reputo essere il miglior pezzo del disco. Non siamo nemmeno a metà disco (la brevissima "St Francis" è giusto a metà) ma rischierei di dilungarmi esageratamente nel raccontarvi questo 'Delightful Sharp Edges'. Mi limiterò pertanto a suggerirvi un altro paio di pezzi, anche se devo ammettere che la seconda metà del disco non sembra essere altrettanto convincente quanto la prima, in quanto suona più deboluccia, complice la presenza di un paio di brevi tracce, per cosi dire, accessorie. A salvarne l'esito c'è però la splendida "The Burmese Python", in grado di emanare un feeling di grande impatto, evocando una sorta di improbabile mix tra Pink Floyd e Green Carnation. Un buon lavoro, non c'è che dire, ma che necessita di una certa attenzione e sensibilità per essere realmente apprezzato al 100%. (Francesco Scarci)

mercoledì 28 giugno 2023

Ifryt - P​ł​uca

#PER CHI AMA: Heavy/Black'n'Roll
In tutta sincerità con una copertina del genere, mi sarei aspettato sonorità dal piglio progressive, invece i polacchi Ifryt (one-man band guidata da tal Kuna) irrompono con questo loro EP di debutto, intitolato 'Płuca', con un heavy black'n'roll, e tre cavalcate che già dall'iniziale "Klucz Salomona", evidenziano un approccio chitarristico speed metal vicino a certe cose di Running Wild/Judas Priest, mentre le vocals si avvicendano tra uno screaming propriamente black e un cantato pulito, mai troppo convincente, a dire il vero. Positivo a livello solistico, ma già da questo primo pezzo si notano zone d'ombra. Si prosegue allora con un ascolto ancora più attento della successiva "Kona Allah", un'altra scheggia speed black dal suono piuttosto anacronistico, anni '80 per intenderci e stile Celtic Frost, in cui salverei solo il lavoro delle chitarre nella parte solistica, per il resto niente, ma proprio niente di nuovo dal fronte orientale. E andiamo ad ascoltare il terzo e ultimo brano, i dieci minuti secchi di "Straszne Rzeczy", che parte con delle spoken words su di una porzione ritmata, prima di esplodere in una poltiglia di suoni arraffati alla bell'e meglio. Tra accelerazioni black, parti atmosferiche, vocalizzi blackish, porzioni folkloriche, partiture dissonanti, cori puliti in polacco e solismi affatto male, l'unico difetto sembra essere legato ad una certa mancanza di armonia tra tutti questi elementi. Tuttavia, devo ammettere che questo potrebbe essere un buon punto da cui partire con un sound più avanguardistico, se meglio concepito e strutturato. Si attendono sviluppi da questo cantiere aperto. (Francesco Scarci)

(Godz Ov War Productions - 2023)
Voto: 62

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/p-uca

Iron Maiden - Powerslave

#FOR FANS OF: Heavy Metal
Probably the most catchy Iron Maiden release that I've ever heard. And I've been into metal for over 30 years! The chorus's are epic and the rhythms are unique as all hell. The leads amazing and Bruce on vocals never disappoints! The riffs and vocals are how this album shines. Not a song here that is "bad" or "bogus." They all are amazing! I'm surprised that I became a Maiden fan so much later on in their career. But that's alright, I'm able to enjoy it now! The guitars and vocals especially. They put on a great live performance as well! The songs sound as good as they are on the album.

This whole album rocks, there isn't a song on here that's devoid of glory. Every song is a highlight and for a 40 year old album the production is good. I got the remastered version but still! All the instruments were well mixed. Hands down, my favorite Maiden release! The songs are just epic! The lead guitars smoked as well. They sound just as good live as they do on the album. Maybe even better! These guys are the pioneers in heavy metal. If you just take a listen to this one if you're a critic and you'll hear what I mean. They're a 5-piece on this one live there were 6 members. Man do they crush live!

Bruce sounds great on here and he had to battle throat cancer. Of course, this was way back in the early 80's when he was in his prime. He still sounds good though at 64 years old. I'm glad I got to see them perform before they retire. It doesn't seem like they're going to though, I think there's still the fire in all of them. I still need to build up my Maiden collection I only own two of their releases. Good thing that there's a local record store that stocks a lot of METAL!! I made sure to get this one first since I've heard it before. It's no surprise that there's 30 reviews for this album! A lot of say about it!

Do yourself a favor if you're a newbie in heavy metal start with this Maiden album! Buy the CD, don't just stream it. But well, if you're going to stream it first get a physical copy next if you aren't convinced. The guitars, vocals and vibe is all there. "Aces High" and "2 Minutes To Midnight" are my favorite songs from this one. But they're all good. The originality in the guitars and Bruce's voice is top notch. The range is there and Bruce just smokes. This guy can really sing. The guitars go well with the vocals. Do yourself a favor and pick this up it's worth its weight in gold! (Death8699)


martedì 27 giugno 2023

Alas - Absolute Purity

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Progressive Metal
Ottimo esordio (rimasto poi tale) per questi Alas, band floridiana capeggiati dal grande Erik Rutan (Hate Eternal, ex-Mordid Angel), forse non del tutto originalissimo come concept, ma sicuramente ben suonato e presentato ottimamente per quanto riguarda la veste grafica (Niklas Sundin) e la promozione. Per quanto riguarda la musica poi, ci troviamo davanti ad un ottimo progressive metal con delle buone trame di chitarra (e come potrebbe essere diversamente!) ed una sconvolgente voce della ex cantante dei Therion Martina Astner, che svolge egregiamente il compito affidatole. A chiudere il quadro ci sono due ottimi musicisti: Howard Davis (ex batterista dei Genitorturers e Die Krupps in tour) e Scott Hornick (poliedrico bassista dei Dim Mak con influenze jazz-fusion metal). Come accennato all’inizio, niente di originale od innovativo, ma lo considero come un ottimo ripasso per tutti gli amanti dei Therion più sinfonici et similia.

(Hammerheart Records - 2001)
Voto: 72

https://www.metal-archives.com/bands/Alas/

mercoledì 7 giugno 2023

Amaran - A World Depraved

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Power/Melo Death
Da Stoccolma…niente di nuovo. Gli Amaran sono una delle tante band di power death svedese. Buoni musicisti si, ma niente da apportare alla scena ormai satura. Alla voce (non corista, bensì lead vocal!) una tale Johanna De Pierre assoldata dalla mente degli Amaran e Kari che tutto sommato non stona troppo con il resto. Potrebbe essere anche un buon esperimento. Il fatto è che tutto è spompato; la voce non fa altro che accodarsi alla musica. Queste songs, in alcuni punti, mi ricordano gli Alas, pur ammettendo una differenza dal punto di vista tecnico e vocale. Appunto, in 'A World Depraved' la base musicale è composta da un death metal dove prevalgono trame di chitarra abbastanza melodiche e ben arrangiate. Forse sono un po’ secche per quanto riguarda il suono, anche nelle parti pulite. Il basso in compenso è molto più pompato sia nelle parti pulite che distorte (vedi traccia sei, "Imperfect"). Buona anche la batteria, ben suonata e varia; sempre presente anche nelle parti più mosce, è quella che alla fine tiene in piedi la baracca. In conclusione, per quanto tecnicamente capaci e fantasiosi, ai nostri Amaran, manca quel tocco di cattiveria, di rabbia che potrebbe esprimere meglio i loro concepts.

domenica 4 giugno 2023

Metallica - 72 Seasons

#FOR FANS OF: Heavy Metal
I really loathed this release the first few times that I listened to it. And I thought that this is the end for them! But I did have a violent change of heart when I heard the riffs talking to me. Being a guitarist, I am now appreciating the dynamics of these songs wholeheartedly. James sounds like he did on 'Hardwired...To Self Destruct'. But I felt that one only had 4 good songs. This one flourishes throughout. 77 minutes of pure heavy metal and not really much thrash elements left. Those are gone after them 80's. Sometimes it gets hard to listen to them and then hearing the first 4 releases. That was when they were at their pinnacle.

A track that they did a video for "Lux Aeterna" actually turned out really well and the title-track is pretty cool also. But the bulk of the songs are just a bit above average. The vocals aren't anything like the 80's Metallica. James is actually singing and he's laid off of being brutal and aggressive. It's ever since the black album that they really changed. And I don't mean in a good way. You don't get that thrash metal intensity. The music is just semi-heavy and the leads are darting fast but in a way sloppy, but Hammett is 60 now, so age is wearing on all of them for that matter. It's their 40-sum anniversary in being in existence, that's quite a feat.

People, I think put way high expectations on this release but they seem to do as well as they could. I'm not justifying critics including myself but at least they're making an effort. It's been 7+ years since 'Hardwired...' but this one is 77 minutes in length (as I mentioned) so all that electricity is bursting out of your speakers. It's what is, the music is above sub-par. They're not overly aggressive or rock like they were in past releases. For whatever reason, Metallica has always scored higher on the Billboards than Megadeth ever has. Maybe Dave's still whining because of their success over his even though Megadeth has been more consistent.

There's a lot of good songs on here aside from the ones I mentioned. I'd say buy the CD or Vinyl, I think it sounds better than the digital. Mind you, Lars said stream it he's OK with that despite the suing of Napster when people were downloading their music I think back in 2003. I guess he figures that they have enough money by now. And another thing I might add is that Hetfield called the band "average musicians." I don't know about that but if they were average then they wouldn't ever be as successful as they have been over the years. I think that that was an unthinking statement. Metallica has been successful for a reason! (Death8699)


(Blackened Recordings - 2023)
Score: 75

https://www.metallica.com/

lunedì 22 maggio 2023

Bewitched - Somewhere Beyond the Mist

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Heavy/Doom
I Bewitched sono una band cilena omonima di quella svedese, e questa volta è quest'ultima che sembra aver avuto poca fantasia nello scegliersi un nome, visto che questi cileni hanno una discografia che parte dal 1991. Saltando queste divagazioni, mi ritrovo a parlare di un lavoro che non mi è piaciuto. Una band che avrà anche avuto una progressione a livello tecnico/compositivo dal black metal degli esordi, dovuto soprattutto al radicale cambio di line-up, ma che in fondo propone una musica davvero noiosa. Prendete come punto di partenza i peggiori Candlemass (una grandissima band), che tra l'altro viene anche coverizzata su questo cd, aggiungete a caso chitarre con pesanti influenze heavy metal, parti doom, tastiere, voci femminili, arrangiamenti neo classici, un po' di tutto insomma e il risultato è la completa anonimia di questo album. Potrà piacere a chi ama atmosfere sognanti e pompose di un certo metal, ma sinceramente credo che anche in tal caso ci siano gruppi migliori.

(Conquistador Records - 2001)
Voto: 55

https://www.facebook.com/Bewitched.chile?fref=ts

venerdì 17 marzo 2023

Jeffk - TAR

#PER CHI AMA: Post Rock Strumentale
Tornano le uscite della Golden Antenna Records e l'etichetta tedesca ci propone oggi la seconda release dei conterranei Jeffk che, a distanza di cinque anni dal precedente 'Inadequate Shelter', si riaffacciano con questo 'TAR'. La band, originaria di Lipsia, propone un post rock strumentale che sembra strizzare l'occhiolino ai God is an Astronaut con al seguito tutta la serie di clichè tipici del genere. Si parte da "Fingers" e dalle sue melodie dilatate, quasi intimistiche, spezzate però qua e là da frangenti metal decisamente più ruvidi che sembrano allontanare il terzetto dal post rock. Non so voi, ma verso il sesto minuto del brano ci ho sentito poi un che della melodia della Marcia Imperiale che accompagnava la comparsa de La Morte Nera in 'Star Wars'. Chiamatela suggestione o quello che volete, ma l'atmosfera da li in poi si farà più cupa, almeno fino a quando nel mio stereo partirà "Arcades", song che si muove con un ipnotico giro di chitarre in tremolo picking, accompagnato da una fantasiosa batteria, che evolverà ancora una volta nel finale verso tonalità più fosche e apocalittiche, quasi fosse il marchio di fabbrica dei Jeffk. Con "Ratio" si parte invece decisamente più delicati grazie ad una linea di basso che guida l'incedere di un brano che non mostra in realtà significativi sussulti, se non in una parte centrale più robusta e in una chiusura ancora spettrale. Con "Idle Eyes" ci approcciamo al singolo per cui i nostri hanno girato anche un delirante video. L'inizio è lento e straniante, per poi pigiare successivamente sull'acceleratore grazie ad un sound decisamente più energico, anche se brevi break atmosferici provano a minimizzarne l'irruenza. Una voce urlata qui avrebbe fatto di certo la sua porca figura, soprattutto per donare un po' più di variazioni al tema, laddove il trio teutonico persegue una certa ridondanza ritmica ed effettistica. Tuttavia, devo ammettere che anche questo brano, cosi come tutto l'album, si rivelerà convincente. Anche le residue due tracce, "Lake Bled" e "Swarm", regalano interessanti sprazzi di musica raffinata, peraltro con una ricerca tecnica di un certo livello, leggasi i numeri da circo con cui si destreggia il batterista dietro alle pelli, per quella che sembra essere una continua ricerca di cambi di tempo che possano intrattenere nel migliore dei modi l'ascoltatore. Anche qui non ci troviamo certo di fronte ad una proposta di semplice assimilazione, bisogna infatti entrare in profondità nel mood di questi musicisti, per capirne le intenzioni e assaporarne ogni singola sfumatura. La chiusura affidata a "Swarm" sublima infatti la ruvida emozionalità che 'TAR' è in grado di sprigionare lungo i sui quasi tre quarti d'ora di musica. Non certo la più semplice delle passeggiate, ma spesso anche un buon trekking in montagna con l'aria tagliente può regalare piacevoli emozioni. (Francesco Scarci)

(Golden Antenna Records - 2023)
Voto: 74

https://jeffk.bandcamp.com/album/tar

mercoledì 1 febbraio 2023

Toehider - I Have Little To No Memory of These Memories

#PER CHI AMA: Prog/Opera Rock
È decisamente singolare la scelta dei Toehider di rilasciare un album con un'unica song della durata di 47 minuti e 47 secondi che nel minuto e mezzo iniziale sembra essere una sintesi dei Queen di "Bohemian Rhapsody", tra cori e suoni che evocano la famosissima hit della band britannica. Terminata la messinscena, parte il lavoro che non ti aspetti, ma a dire il vero, noi la one-man band australiana la conosciamo fin dal 2012, quando recensimmo 'To Hide Her' e già sottolineavamo le eccelse qualità del geniale progetto di Michael Mills. Qui non possiamo far altro che confermare tutti gli aspetti positivi di quella che è a tutti gli effeti un moderna opera rock, che percorre 50 anni di musica prog rock e metal, narrando la storia di un uomo, una donna, un enorme pennuto, uno stupido alieno e due barche modificate per un confronto spaziale. Tutto chiaro no? Ecco, se queste sono le basi liriche di questo album, potrete immaginare anche quanto possa essere imprevedibile il contenuto musicale, tant'è che l'artista australiano ha previsto addirittura due finali alternativi dell'opera, uno su cd e l'altro nel vinile. Un fottuto genio. Un genio che sarà in grado di coinvolgerci in un viaggio sonico che farà sicuramente la gioia di tutti quelli che amano sonorità alla Devin Townsend o che adorano gli Ayreon, senza dimenticare poi le assonanze vocali con certe cose dei Queen e ancora, echi retrò alla Yes, colonne sonore, rimandi a Ronnie James Dio (minuto 18, ditemi che ne pensate), ruffianate di ogni tipo, passaggi folk, garage rock, tuffi in un passato davvero lontano, omaggi vari agli anni '80, riffoni djent sorretti da orchestrazioni sinfoniche, techno death (con tanto di voce growl) e ancora, una serie infinita di mash-up che inglobano appunto 50 anni di musica di ogni tipo e che mi spingono semplicemente ad invitarvi a mettervi comodi, indossare le cuffie e lanciarvi in questo viaggio nel tempo e individuare poi il finale che più vi aggrada. (Francesco Scarci)

lunedì 30 gennaio 2023

Shadeworks - Sooty Limbs

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Prog Doom
One man band strabiliante questi Shadeworks provenienti dal Belgio, paese più conosciuto dai più per essere la casa base dei blasfemi Enthroned. Beh, qui la proposta che il grande personaggio Arnaud Nicolas ci propone è tutt’altro che black metal. Gli Shadeworks infatti propongono una sorta di "Experimental-Romantic-Metal" che trae ispirazione da bands come Katatonia, primi Crematory e qualcosa degli Opeth. La musica però non è estrema ed ha al suo interno riferimenti al metal classico di bands come gli Iron Maiden (ascoltate la terza traccia e capirete) ed altre progressive. Questo four tracks non ha realmente difetti: ottima produzione, ottime idee e grandiosi arrangiamenti, non ci si annoia mai. Interessante inoltre la voce femminile che infarcisce i brani assieme a chitarre sognanti e pianoforti/tastiere magistrali. Altrettanto notevole poi la voce del prode Arnaud. Per chi non lo avesse ancora capito, questo MCD è nel suo insieme un capolavoro che vale la pena di essere reperito. Peccato solo che dopo questa release la band si sia sciolta.

martedì 27 settembre 2022

Dream Theater - The Astonishing

#PER CHI AMA: Progressive Metal
Nel 2285 l'oppressivo Impero del Peto Preponderante, comandato dal fetido tiranno Na-fart avrebbe vietato tassativamente i rutti, se non fosse che il dotato Gabri-burp salverà il mondo portando clandestinamente in tournée un musical intitolato This is ruttosound! (leggetevi la sinossi nella wiki-pagina inglese di 'The Astonishing' prima di insultarmi, dopodiché pensate come se la riderebbe un Frank Zappa che immaginereste ancora seduto ancora là, a sbronzarsi nel garage di Joe con un paio di quarts-a-beer). Tecno-tarabaccolamenti disseminati ovunque ("Descent of the Nomacs", "The Hovering Sojourn" o "Digital Discord"), una pompo-spettrale "Dystopian Overture" in realtà più simile a un pre-cog medley dei temi poi sviluppati (ma quello che accade un po' prima del secondo minuto ha del ridicolo). E poi, davanti a voi, una colossale distesa di prog-ballad tipo ritagli di, boh, "Forsaken" ("The Answer", "When Your Time Has Come" e tre quarti del resto) ammonticchiate le une sulle altre a mo' di discarica sonora, interpretate con la consueta professionale convinzione dal buon FiatelLaBrie ("Act of Faythe"). E poi applausi, chiacchiericci, rumori assortiti, estemporanee sortite (le trombette tardomedievali di "A Saviour in the Square", le cornamuse di "The X Aspect", il finale di "A Better Life" che trasmuta in una sorta di tango interstellare) e un desolante sahara creativo a comporre la più ponderosa, tronfia, pretestuosa e sfrangiata collezione di scarti della storia del rock. Stupefacente, sì. Esattamente. (Alberto Calorosi)

(Roadrunner Records - 2016)
Voto: 50

https://www.facebook.com/dreamtheater/

lunedì 19 settembre 2022

Anders Buaas – The Edinburgh Suite

#PER CHI AMA: Prog Rock
I dischi strumentali dei chitarristi di estrazione hard-prog non sono esattamente la mia tazza di tè, per cui mi sono approcciato a questo lavoro con una dose di diffidenza giustificata solo dai miei pregiudizi, anche se titolo e foto di copertina mi facevano comunque sperare in qualcosa di interessante (ho una mia teoria sulle copertine dei dischi, secondo la quale dischi belli possono avere copertine orribili ma non ho ancora trovato dischi orribili con belle copertine). Comunque sia, il norvegese Anders Buaas non è esattamente un ragazzino, e sa il fatto suo, tanto come chitarrista quanto come compositore e arrangiatore. Dopo una vita da turnista in band norvegesi e dopo aver accompaganto in tour gente del calibro di Paul Di Anno, da qualche anno ha intrapreso una carriera solista di cui questo rappresenta il sesto capitolo. Dopo un lavoro in tre parti sulla caccia alle streghe del sedicesimo e diciassettesimo secolo, uno di improvvisazioni chitarristiche e uno dedicato alle carte dei tarocchi, 'The Edinburgh Suite' è una lunga suite, appunto, divisa in due parti di circa venti minuti ciascuna. Accompagnato da una band di assoluto valore (basso, batteria, tastiere, percussioni e vibrafono), Mr. Buaas, che si rivela chitarrista di rango e dal bellissimo suono, ci regala un album davvero godibile ed estremamente curato in ogni passaggio e ogni particolare, riuscendo a passare con grande naturalezza da atmosfere acustiche e sognanti al folk britannico, al jazz, al prog metal, senza farsi mancare passaggi più tipicamente prog dominati dai synth. E riesce a farlo senza indulgere in eccessivi “sbrodolamenti” (il primo vero assolo di chitarra elettrica arriva dopo circa 10 minuti) e, cosa ancora più importante, riuscendo a tenere le varie parti della suite insieme con invidiabile coerenza e senso della misura. Davvero notevole poi la sua attitudine per le melodie “catchy”, epiche ma non fastidiose, quasi da colonna sonora. In definitiva, questa 'The Edinburgh Suite' è il primo disco del genere al quale riesco ad arrivare in fondo senza un malcelato senso di fastidio, da molto tempo a questa parte. Ottima sorpresa. (Mauro Catena)

giovedì 8 settembre 2022

Megadeth - The Sick, The Dying...And The Dead!

#FOR FANS OF: Thrash/Speed
Definitely happy I got the CD version of this album. However, the streaming displays two bonus tracks not found in the physical copy of the album. It was definitely worth the wait despite the critics opinions of this release. I'm so into this one. It's probably one of their best in years. There's just a variety of thrash/heavy metal on here. What's not shown is that Steve DiGiorgio is on bass for the recording, not James Lamenzo. He's a permanent part of the band however and toured with them this past year (2021). I got a chance to catch them with Hatebreed, Lamb of God and Trivium! What a show!

The music on here is supreme balancing metal guitar with some clean parts (small amounts) mostly distortion. Kiko takes care of pretty much all of the leads so that Dave could focus on the rhythms and vocals. That's how it's going to be from now here on. The leads were technical reminiscent of Marty Friedman. It's a shame he left the band in 2000 but Kiko is darn good replacement! He had a read of Dave's book when he joined the band. These guys have been a band since 1983 ever since Dave got kicked out of Metallica. Megadeth never had as much success as Metallica but still they have loyal followers!

Pretty much every song on here I like and the production quality is top notch. The guitars and vocals did the album justice, still furious as veterans! They still have it after all these years and the lineup changing over time firings and deaths unfortunately. But as frontman, Dave is always in command showing his good songwriting even at 60 years of age. He still has the fire! This one does any but disappoint. It certainly doesn't one bit the music steals the album. These guys are still as creative as can be and the riffs are catchy as all hell. I think that they're a while from retiring!

Again, I'm glad I bought this CD and showed support for the music industry that's failing due to streaming services. I'll probably collect CD's till I die. This is an outstanding album. I say that it's a "77" average but it's because there are some things that could use improvement but not many things. I'm glad that they took this "old school" approach to thrash metal than their other releases which were more heavy metal. I'm not in favor of the lyrical concepts but that is immaterial. What these guys did on here was monumental. I hate other critics that damn this one where I see as one of the highlights of 2022 in metal. Own it! (Death8699)


(Universal Music Group - 2022)
Score: 78

https://megadeth.com/the-sick-the-dying-and-the-dead/

martedì 2 agosto 2022

Bestialord - Bless Them With Pain

#PER CHI AMA: Thrash/Death/Doom
Dagli US ecco arrivare un mefistofelico mostro che risponde al nome di Bestialord, un moniker che pensavo mi potesse portare nei paraggi di un death black senza compromessi e invece mi consegna in questa terza release intitolata 'Bless Them With Pain', un disco devoto ad un thrash death doom ritmato e chiaramente super old school. Le influenze che si riscontrano infatti sin dall'iniziale title track sono riferibili a band quali Celtic Frost o primi Cathedral anche se poi a livello solistico, il terzetto originario di Wichita, si lancia in suoni più heavy metal che estremi, sebbene il growling possa semmai evocare Death o Obituary. Insomma un bel minestrone avrete capito, ma tutto concentrato comunque in sonorità estreme di fine anni '80 inizi '90. Tutto questo è sottolineato anche dalla celerità di un brano come "Face Your Sin", thrash death nella più marcata tradizione americana, con un riffing che richiama i primi Over Kill. Con "Upon the Altar" si rimane nei paraggi di un death doom (cosi come "Are We Not Gods") che puzza proprio di sulfurei suoni infernali; ci pensa fortunatamente una buonissima chitarra solistica (ottima anche in "So It Shall Be" e in "Starless Seas", cosi vicina ai Nocturnus) a dare una certa verve ad un pezzo che altrimenti non mi farebbe certo gridare al miracolo. E il problema permane anche nelle successive tracce, a mio avviso rimangono troppo legate ad un passato di cui dovremmo rassegnarci al fatto che non ci siano più degni eredi. Le otto song qui incluse alla fine faranno la gioia di vecchi nostalgici del thrash death di tre decadi fa, gli altri per favore si astengano o si vadano a recuperare gli originali. (Francesco Scarci)

lunedì 30 maggio 2022

Pain of Salvation - Road Salt Two

#PER CHI AMA: Progressive Rock
…da quel medesimo genere che per decenni ha rappresentato un consolatorio iperuranio musicale per chiunque sentisse necessario darsela a gambe dalle classificazioni musicali correnti, i Pain of Salvation producono un duplice e pirotecnico contenitore di amenità, invero sorprendentemente coeso per ciò che concerne il primo episodio. In questo senso non è così strano che sia proprio il sequel, l'episodio più sparpagliato, a risultare più progressibile proprio per la presenza di roba come la circense "Break Darling Break" (con chiusura di flautino asmatico), la morriconiana "To the Shoreline", o ancora il deliquio acustico in "Healing Now" o la onni/porcupine/fluida "The Physics of Gridlock", episodi senz'altro più consoni per gli sclerotizzati percorsi neurali di un vecchio progghettone. E non certo il patton/funk di "Eleven" o, centottanta gradi più in là, i due heavy blues road-salt-primeggianti collocati in apertura, la beneducata "Conditioned" e la già citata e comunque maleducata "Healing Now". Una (doppia) concettualità altrimenti blanda, cucita insieme dalla furbesca ripresa del tema di "Road Salt Theme", dalla duplice "Of Dust" (la brontolosa) / "Of Salt" (la biliosa) e, fateci caso, dal layout delle copertine, ritraenti la band racchiusa in un cardioide stilizzato in 'R-S-1' e nella sagoma reale di un cuore umano in 'R-S-2'. (Alberto Calorosi)

(Inside Out Music - 2011)
Voto: 74

https://www.facebook.com/Painofsalvation

domenica 8 maggio 2022

Strange Horizon - Beyond the Strange Horizon

#PER CHI AMA: Stoner/Doom, Saint Vitus
Gli Strange Horizon devono il loro moniker ad un brano dei Reverend Bizarre incluso nell'EP del 2003, 'Harbinger of Metal'. Questo riferimento vi deve sin da subito portare a riflettere quale genere possa offrire il trio norvegese di quest'oggi, che con 'Beyond the Strange Horizon', arriva al tanto agognato debutto. "Tower of Stone" apre le danze con un riffone doomish che ingloba nel suo sound anche una buona dose di stoner, psichedelia e proto-hard rock, che vi catapulterà indietro nel tempo di oltre 40 anni. Penso infatti a gente del calibro di Pentagram, Count Raven e ovviamente gli immancabili Black Sabbath. Certo, a differenza di quest'ultimi, la band di oggi prova ad azzardare un filo di più, inserendo sul classico robusto rifferama, anche una voce femminile. Più paranoica e originale, almeno da un punto di vista vocale, la successiva "Fake Templar", con un incedere lento e lisergico che chiama in causa i Saint Vitus, mentre uno straordinario assolo si mette in mostra a metà del brano, punto da cui ripartirà poi un riffone super fuzzato. Decisamente più ordinaria "The Final Vision", un pezzo che non aggiunge granchè al sound proposto, fatto salvo un bell'assolo bluesy nel finale. Attacco doomish per "Divine Fear", e al suo ampio spazio introduttivo concesso alle chitarre su cui si inseriranno le vocals di Qvillio, qui non particolarmente convincenti nelle parti più acute. Rullata di tamburi ed è tempo di "They Never Knew", un brano di cui ho apprezzato maggiormente il lavoro al basso di Lindesteg, con le parti strumentali che si confermano sempre di buon livello, anche se in certi casi risultano non troppo ispirate. È il caso della successiva "Chains of Society", song un po' troppo impastata e ancora un po' carente a livello vocale. Per sentire qualcosa di convincente, dobbiamo arrivare alla conclusiva "Death in Ice Valley": doom di scuola britannica per quello che è il pezzo più lungo del lavoro (oltre nove minuti), eteree voci femminili, ampi spazzi concessi al basso e un po' tutte le cose migliori degli Strange Horizon (assoli inclusi) che confluiscono in quest'ultimo brano che evidenzia pregi e difetti della band originaria di Bergen. Un ascolto è quanto meno dovuto se il doom rientra tra le vostre passioni. (Francesco Scarci)

domenica 3 aprile 2022

Allfader - At Least We Will Die Together

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Death
Quando uscì quest'album mi domandai se gli Allfader potessero essere gli eredi degli immortali At the Gates? Difficile da dirsi, però sicuramente la band norvegese aveva le carte in regola per diventare una star in ambito death estremo. La band originaria di Mo I Rana rilasciò un Mcd nel 2002, 'From the Darkest Star', edito dalla Rage of Achilles che gli valse il contratto con la francese Osmose Prod, per il qui presente 'At Least We Will Die Together'. Forse sono un po’ troppo entusiasta dopo i vari ripetuti ascolti a questo lavoro, però devo ammettere che l’esordio del quintetto scandinavo mi ha lasciato senza parole. All’apparente violenza death sprigionata dal combo si affiancano una serie d’influenze che rendono la proposta dei nostri brutale, ma allo stesso tempo, oscura e melodica. La musica degli Allfader fonde gli insegnamenti degli At the Gates con quelli dei Dissection, liberando suoni pesantissimi, un mix di death e black, sui quali si inseriscono fraseggi dal chiaro sapore heavy metal. La band è una furia nei ritmi veloci, ma quando rallenta impreziosisce il proprio sound con aperture melodiche, quasi epiche, che pescano addirittura dal black sinfonico di 'The Archaic Course' dei Borknagar, ma anche dalle cavalcate che hanno reso famosi gli Iron Maiden. Stupende le tracce "This Blackened Heart" con i suoi cori epici e malinconici, e "Into Nothingness" con un coinvolgente assolo conclusivo e un’alternanza vocale tra voci demoniache e pulite, a dimostrazione del totale dinamismo di una band che prometteva davvero bene per il futuro. Cinquantadue minuti di musica aggressiva, melodica e travolgente, eseguita con classe, da cinque ragazzi dalle enormi potenzialità tecnico-compositive. L’album, registrato egregiamente agli Hansen Studios, vedeva peraltro il contributo di Jacob Hansen non solo dietro alla consolle, ma anche come backing vocals in un paio di brani. L’ascolto è pertanto dovuto. (Francesco Scarci)

(Osmose Productions - 2006)
Voto: 76

http://www.allfader.com/Allfader/Allfader.html