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lunedì 29 maggio 2023

The Pit Tips

Francesco Scarci

Stormhaven - Blindsight
Austere - Corrosion of Hearts
Fires in the Distance - Air Not Meant for Us

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Death8699

Cardiac Arrest - Cadaverous Prescence
Kreator - Extreme Aggression
Opeth - My Arms, Your Hearse

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Alain González Artola

I, of the Trees and Wind - Cry of the Forest
At the Altar of the Horned God - Heart of Silence
Forelunar - Beloved and a Thousand Seraphim

giovedì 25 maggio 2023

Mutant - The Aeonic Majesty

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
I Mutant erano un gruppo composto da alcuni membri dei Theory in Practice (fautori di un death tecnico). Nonostante queste premess, all’interno di 'The Aeonic Majesty' non si trova alcun riferimento musicale ai T.I.P. L’album in sé è molto violento con anche pezzi veloci ma mai confusi, questo è dovuto a una registrazione ottima oltre che a una tecnica individuale altrettanto eccellente. Il gruppo svedese ha messo in atto un black-death con tastiere a volte riconducibile agli Emperor (ultimo periodo) e con una profusione di note impressionante che nell’insieme creano un buon impasto sonoro. Tutto in 'The Aeonic Majesty' è ben coeso, a partire da una voce black stridula e mai predominante, per arrivare a tastiere di stampo sinfoniche mai spropositate. Un buon esordio, ahimè rimasto tale.

The Pink Mountaintops - Axis of Evol

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Alternative/Psichedelia
Strafattanza sydbarrettiana in apertura ("Comas"). "Plastic Man, You're the Devil": blues urbano di quelli tanto cari a Jack White, ma aromaticamente zeppeliniano (per la precisione, aromaticamente Zep-3, e per la maggior precisione, aromaticamente "Hats Off to Roy Harper", la traccia che conclude Zep-3). Il nervosismo velvet-sotterraneo di "Cold Criminals". Lo psych-space della cupa "Slaves", a metà tra certa neo-psichedelia anni '90 (cfr. "Spiritualized") e i Pink Floyd di "Obscured by Clouds", amplissimamente esplorato in seguito con i Black Mountain. Il fuzzy-gospel sincretico "Lord, Let Us Shine". "New Drug Queen": inappuntabile darkwave, forse prossima a certi riusciti, consapevolissimi coxonismi. Saltate pure l'interminabile post-noia di "How We Can Get Free". Sette tracce, meno di trentacinque minuti. Psichedelico negli intenti e non certo nelle sonorità, il side project di Stephen McBeam sembra conferire forma alle emanazioni più inconsce della sua tumultuosa creatività di "una specie" di Mr. Hyde dei Black Mountain, insomma. Non vi pare? (Alberto Calorosi)

mercoledì 24 maggio 2023

Humus - Non è Giusto

#PER CHI AMA: Alternative Rock
Ritornano in pista dopo qualche anno dalle due precedenti release, i rockers trentini Humus, con un album esplosivo e in forma più che mai. Il loro rock italiano è di facile impatto e sempre sparato a mille, capitanato da una bella voce maschile, sguaiata e piena di voglia di trasgressione. Musicalmente il sound prende il volo e si può dire che il grande salto sia stato fatto, e se i Maneskin, a detta del mainstream, sono la bibbia dei giovani d'oggi, i nostri Humus, hanno decisamente le carte più in regola per surclassare la più famosa band della penisola del gossip. Detto questo, l'album è ben prodotto, il suono è corposo ed anche se la musica del combo trentino non è il massimo in termini di originalità, bisogna ammettere che siano piuttosto bravi ed efficaci, in fatto di orecchiabilità e dinamica, la band perfetta per i moderni teenagers italiani, che se ascoltassero più musica di questa fattura, avrebbero probabilmente le idee più chiare nei confronti di questo mondo. I testi sono rigorosamente rivolti ad un pubblico giovanile e questo dona freschezza all'intero lavoro. La sua carica esplosiva, il modo urlato di gestire le voci, i riff mirati e la ritmica costantemente pulsante di fondo, riempiono composizioni che colpiscono fin dal primo impatto, e al netto del fatto che siano volutamente e ricercatamente orecchiabili, e non è una dote comune, posso dire che 'Non è Giusto', sembra essere l'album perfetto per chi cerca musica cantata in lingua madre, per ricaricarsi d'energia e mandare tutto e tutti a quel paese. La band suona bene, tutti i brani sono potenti e l'impatto è assicurato, e non voglio arenarmi su banali paragoni con altri gruppi conterranei, perchè gli Humus hanno una loro anima e meritano la vostra attenzione. Le vostre orecchie saranno assaltate da echi hard rock, nu metal, residui pop punk e alternative italiano, suonato e costruito in maniera tosta, niente di complicato o progressivo, tutto diretto e sparato in faccia. Nota di lode finale per la timbrica vocale del frontman, veramente imponente. Impossibile restare fermi di fronte a canzoni come "Disastro", "Se ne Riparla Domenica" o "Qui si Decide". Se avete voglia di graffiante, rumoroso e muscoloso rock tricolore questo album è il toccasana giusto per voi, non fatevelo mancare. (Bob Stoner)

(Overdub Recordings - 2023)
Voto: 75

https://www.facebook.com/HumusTn/

The Tangent - Not as Good as the Book

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Prog Rock
Se pensate che il progressive rock stia al totalitarismo neo-prog dei Tangent più o meno come l'internazionale socialista ai ventisei tagli da uomo autorizzati dal regime di Kim Jong-Un, allora potete pensare di avvalorare la vostra tesi esplorando il più prolisso e sfrontato tra tutti gli album prolissi e sfrontati del collettivo in questione. Nelle segrete di questo quarto (doppio) disco troverete di tutto: piano-jazz, Canterbury, i Porcupine Tree, il negazionismo neo-prog (Pink Floyd chi?), il flauto di Ian Anderson, la truzzaggine di E-L-P, il van-der-sax di Theo Travis, il capitano Kirk, i Toto e tutti gli accordi reperibili nei manuali di musica. Tutto questo, diluito in una sorta di stream-of-consciousness sonoro per definire il quale, l'aggettivo torrenziale sarebbe meno adatto dell'aggettivo oceanografico. Cose tipo una Carouselambra zeppeliniana eseguita dai Mike and the Mechanics nella plancia dell'Enterprise (l'incipit di "A Crisis in Midlife" per esempio), per intenderci. L'edizione deluxe di questo album, di cui vi prego di rileggervi il titolo (involontariamente?) iperrealista, contiene una pregevole graphic-novel di 100 pagine che narra la distruzione della Terra da parte di una razza di ferocissimi alieni al suono di "Relayer" degli Yes. Esattamente. (Alberto Calorosi)

(Inside Out Music - 2008)
Voto: 60

https://www.thetangent.org/

martedì 23 maggio 2023

Mesmur - Chthonic

#PER CHI AMA: Funeral Doom
Il funeral è già un genere piuttosto complicato da digerire. Se a suoni catacombali e voci cavernose aggiungiamo poi delle dissonanze abbastanza allucinate, potrete immaginare come l'approccio a simili sonorità possa risultare alquanto ostico. È il caso del nuovo album dei Mesmur, una realtà internazionale (U.S., Italia e Australia) che conosciamo assai bene qui sulle pagine del Pozzo, che torna con il quarto capitolo della loro discografia, 'Chthonic'. Il lavoro dura 48 minuti e consta di sole cinque tracce. Se considerate che il preludio e la coda fanno sette minuti, sarà facile intuire quanto possano durare le altre tre, circa 41 minuti di suoni estenuanti, di cui la sola "Passage", ne occupa 19. Quello che subito balza all'orecchio, è una proposta che si conferma abbastanza ancorata al passato, con un death doom che ammicca palesemente agli esordi dei My Dying Bride e dei primissimi Anathema, ma anche ai mostri sacri del funeral, quali Esoteric e Skepticism. Quello che mi spiace tuttavia constatare è una certa staticità a livello di suoni, che non preludono a nulla fuori dall'ordinario almeno nelle due tracce "Refraction" e "Petroglyph", forse eccessivamente ortodosse nel loro approcco al genere; e per questo intendo le classiche chitarre abissali, le atmosfere lente, lugubri, asfissianti e claustrofobiche, con i tipici vocalizzi growl di Chris G a condire il tutto. Quello che regala un tocco di fascino all'album rimangono però le partiture tastieristiche a cura di Jeremy L che, insieme a qualche breve galoppata black, ne movimentano l'ascolto, conferendo quel pizzico di dinamicità ad un disco che forse alla lunga rischierebbe di annoiare. E la già citata "Passage", con la sua durata davvero al limite dello sfibrante, giunge in supporto regalandoci fraseggi atmosferici che alterano il ritmo fin troppo cadenzato di 'Chthonic'. Per il resto, vorrei dirvi di andarvi a leggere le mie precedenti recensioni alla, il canovaccio musicale infatti di quest'album lo troverete piuttosto simile ai vecchi lavori, inclusa la presenza di viola e violoncello, qui a cura di Brianne Vieira, senza dimenticare poi gli organoni sublimi di Kostas Panagiotou (Pantheist, Landskap). Per il futuro mi aspetto però qualcosa di più, che sappia catalizzare maggiormente la mia attenzione. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2023)
Voto: 70

https://mesmur.bandcamp.com/album/chthonic

Tragedy Begins - Where Evil Is

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Ambient
Viene dalla Grecia questa band formatasi addirittura nel 1988 (con il moniker Terror/ndr), che è stata per me motivo di una non semplice recensione. Da una parte un lavoro che è grezzo e vecchio stile in tutto, dalla musica alla produzione, e questo mi piace. Dall'altra un album che potrebbe essere in bilico tra il ridicolo ed una raccolta di cliché del genere. In ogni caso la musica è veramente oscura, un incrocio tra Darkthrone e Burzum del periodo black. Suoni comunque grezzi, qualcosa di simile ai loro conterranei Goatpenis. Alcune cose, come ho detto, sono veramente niente male, ed anche alcune tracce totalmente "synth-based" si ascoltano con piacere, ricordando anche in questo caso il buon caro Burzum dei momenti più ambient. In definitiva 'Where Evil Is' è un lavoro un filo scarso, o come dico spesso, solo per i fanatici.

lunedì 22 maggio 2023

Molekh - Ritus

#PER CHI AMA: Black/Death
I Molekh sono una nuova realtà irlandese nata però per metà da immigranti polacchi. Dopo un demo omonimo del 2018, avevo dato per dispersa la band che invece arriva con questo 'Ritus' al quanto mai agognato disco di debutto, che sembra contenere un mefitico black/death dissonante e malato. Questo è quello che capto immediatamente quando l'insanità musicale emerge prepotente dalle note infernali di "Yetzer Hara", una song ove coesistono le due anime vorticose dei Molekh, ensemble che ingloba tra le proprie fila membri di Dreams of the Drowned, Putrefaction e Thy Worshiper, che avevo particolarmente apprezzato nel loro album 'Klechdy'. Questo per dire che i nostri non sono proprio gli ultimi arrivati, il che si evince anche dalla ricerca musicale dei quattro musicisti nel combinare le dissonanze di due mostri sacri quali Deathspell Omega e Ævangelist, in un concentrato dinamitardo di suoni da maelstrom abissale. La band si conferma dotata di una capacità non indifferente di prenderci a pedate nel culo anche nella successiva "Cruor Innocentia" e nella terza "Possessionem", tracce in cui il black metal si combina, a livello ritmico, anche al thrash, sebbene la sensazione che rimanga alla fine sia quella del male ppuro che permea i solchi di questo lavoro. Di ben altra pasta la title track, che mostra un piglio più sperimentale avanguardistico anche nelle sporadiche partiture vocali pulite, che in taluni frangenti, avevamo potuto origliare nelle precedenti song. Il sound è comunque urticante, insano, malvagio, soprattutto quando i nostri decidono di pestare sull'acceleratore dal terzo minuto in poi. L'architettura compassata dei secondi iniziali sparisce del tutto per lasciare spazio ad un caos primigenio, dove i compromessi stanno a zero e ritorneranno soltanto nell'ultimo giro e mezzo d'orologio. L'evocativo feeling per il maligno si mantiene più che mai saldo anche in "Vocare Pulvere" e nella più abrasiva "Abyssus", ma d'altro canto, con un titolo del genere cosa potevamo aspettarci? Il gorgo infernale dei Molekh inghiottisce tutto quello che gli capita a tiro e la violenza claustrofobica perpetrata in questa e nell'ultima malvagia e velenosa "Incubus", non fanno che confermare le sensazioni che avevo avuto sin dall'inizio della mia discesa nella valle della Geenna dove il dio Moloch (da cui deriva il nome della band) fa sacrifici umani di bambini, che, dopo essere stati sgozzati, erano bruciati in olocausto in un fuoco tenuto costantemente acceso in suo onore. Spaventosa, quest'ultima citazione di Wikipedia, cosi come orrorifici troverete i suoni contenuti in questo 'Ritus'. (Francesco Scarci)

(Bent Window Records - 2023)
Voto: 72

https://molekh.bandcamp.com/album/ritus

Bewitched - Somewhere Beyond the Mist

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Heavy/Doom
I Bewitched sono una band cilena omonima di quella svedese, e questa volta è quest'ultima che sembra aver avuto poca fantasia nello scegliersi un nome, visto che questi cileni hanno una discografia che parte dal 1991. Saltando queste divagazioni, mi ritrovo a parlare di un lavoro che non mi è piaciuto. Una band che avrà anche avuto una progressione a livello tecnico/compositivo dal black metal degli esordi, dovuto soprattutto al radicale cambio di line-up, ma che in fondo propone una musica davvero noiosa. Prendete come punto di partenza i peggiori Candlemass (una grandissima band), che tra l'altro viene anche coverizzata su questo cd, aggiungete a caso chitarre con pesanti influenze heavy metal, parti doom, tastiere, voci femminili, arrangiamenti neo classici, un po' di tutto insomma e il risultato è la completa anonimia di questo album. Potrà piacere a chi ama atmosfere sognanti e pompose di un certo metal, ma sinceramente credo che anche in tal caso ci siano gruppi migliori.

(Conquistador Records - 2001)
Voto: 55

https://www.facebook.com/Bewitched.chile?fref=ts

Ashinoa - L'Or​é​e

#PER CHI AMA: Psych/Kraut Rock strumentale
Non ho ben capito la reale data di uscita di questa release dei francesi Ashinoa. Il sito bandcamp riporta infatti marzo 2022 come release date, mentre il flyer informativo in mio possesso, recita Maggio 2023. Mah, fatto sta che il quartetto di Lione ha rilasciato questo vinile per la Fuzz Club Records, cercando di coniugare le molteplici anime della band nei 12 brani inclusi in questo 'L'Orée', un disco fatto di suoni cinematico-elettronici, che mi ha fatto immediatamente balzare nella testa gli inglesi Archive (ascoltatevi l'iniziale "Vermillion" con quella sua chitarra southern per dirmi se anche voi non avete avuto la medesima sensazione). A differenza dei più blasonati colleghi di oltremanica però, i quattro galletti ci sorprendono con un approccio strumentale, ma quella valanga di campionamenti che si possono ascoltare lungo questo minimalistico percorso post industriale, suppliscono alla grande la malefica assenza di un vocalist. E cosi, si rivela meraviglioso farsi inglobare dalle sperimentazioni psych/kraut rock/trip hop dei nostri, manco ci trovassimo di fronte ad una versione strumentale dei Portishead fatti di acidi che decidono di lanciarsi in ritualistiche porzioni di "massive attackiana" memoria ("Koalibi"). Ci sono anche sonorità più fredde o tribali ("Space Cow", "Fuel of Sweet" e l'etnica "Disguised in Orbit"), spoken words interlocutorie ("Falling Forever"). Ma nelle note di questo lavoro, troverete ben altro: dall'elettronica orchestral-jazzistica della roboante (splendide le distorsioni chitarristiche a tal proposito) e psicotica "Feu de Joie", alla più cibernetico-pachidermica (per quei suoi suoni vicini al barrito di un elefante) "Yzmenet", che vi permetterano di apprezzare ulteriormente le alterazioni visionarie di questi pazzi Ashinoa, di cui non posso far altro che incentivarne l'ascolto. Esploratori coraggiosi. (Francesco Scarci)

(Fuzz Club Records - 2022)
Voto: 75

https://ashinoa.bandcamp.com/album/lor-e

mercoledì 17 maggio 2023

Necromass - Bhoma

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Secondo EP per i fiorentini Necromass che con questo lavoro approdarono alla Miscarriage Records di Genova (inizialmente chiamata Holocaust Records). 'Bhoma' rappresenta la svolta black metal della band, dopo un promo ('Connected Body Pentagram') ed un primo 7” ('His Eyes') ancora con influenze tipicamente death metal. 'Bhoma' si distingue dagli standard dell’epoca per una buona parte grafica ed una registrazione tagliente e agressiva, perfetta per uno stile come il loro. Sul vinile troviamo due brani (“Mysteria Mystica Zothyriana 666” e “Sodomatic Tallow Doll”), più intro e outro, che finiranno poi anche nel debut album uscito ad un anno di distanza su Unisound Records. Beh, che dire, brani ben suonati e con un feeling malsano e malato, e l’immagine della band che già li mostrava con borchie, chiodi e catene, l’età nera stava per cominciare. Un sette pollici di culto da avere in maniera assoluta.

(Miscarriage Records/Self - 1994/2018)
Voto: 75

https://necromass.bandcamp.com/album/bhoma

O.D.O. - Blinded By Hate

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Thrash Metal
Buon thrash metal per questa band veronese chiamata O.D.O. (Odio, Distruzione, Orrore). Incazzati, sporchi di quel sound che fa rimpiangere gli anni ’80. Buoni gli arrangiamenti che però lasciano trapelare il “marcio” insito in questo genere senza affidarsi a frivolezze tecniche che per i nostri sarebbero probabilmente fuorvianti. Una ritmica precisa ed un basso ben pompato, il tutto sostenuto da una batteria semplice ma efficace. Ecco gli ingredienti chiave di questo 'Blinded By Hate' a cui aggiungere una voce anch’essa abbastanza cattiva e originale, anche se un po’ di “screaming” in più non le avrebbe fatto male. I quattro pezzi qui contenuti sono mid-tempos, sostenuti e ben arrangiati che mostrano la fantasia di cui gli O.D.O. sono dotati, e di cui segnalerei il pregevole assolo nella seconda traccia, la title track. Poteva essere un buon biglietto da visita per questi ragazzi, peccato solo che dopo questo demo si siano sciolti.

martedì 16 maggio 2023

Cannibal Corpse - Kill

#FOR FANS OF: Brutal Death
Ferocious and unrelenting this is a MONUMENT of death metal and a boon to Cannibal Corpse's discography. Even though this is 15+ years old, it's still popular among my death metal choices when feeling I need brutal. The guitars are chunky and thick, just what the meat holder's in their cast iron brains in belting out amazing/metamorphosis style metal. I was surprised it took a while before I noticed more/less of this. So here now is it's justice! It's hit-or-miss when it comes to Corpse but they've managed to put out some good LP's following this one. Pat O'Brien is no longer with the band, but I still think they're making monstrous material.

Here, Corpsegrinder shows us again the diversity in his vocals from guttural to screaming. It was amazing his story in metal history. He was the guy who didn't want to do work in classes just sing in a band. Well, he found it and they found him a good replacement for Chris Barnes. Barnes should be edging retirement after some poor Six Feet Under releases while Corpsegrinder continues to belt it out! He does so quite unbelievably. And Corpse still has a long life left enter Eric Rutan on rhythm/lead guitars. Though the new one doesn't pack as much of a punch than this one does. Hard to surpass this release!

The production quality is quite good and that being said the music is justified in the guitars enter everything else. I must be a guitar player but it's not what I notice everything in a recording. The music on here is just devastating! They put together a lot of quality riffs that at times are hard to grasp probably because they're in B-flat tuning. I surmount that both guitarists Rob and Pat worked equally on designing sick riffs to this release. The good thing about this is that everything fit together nicely to some brutal death metal! Everything seemed to be great here and they as a band work well together plus I'm sure it's a big loss to lose Pat.

I bought this a while ago, just thought I'd write about it now since it's still getting air-time in my stereo. They don't seem to disappoint here, my favorite things about this one are the guitars and vocals. Their latest 'Violence Unimagined' is tight too but not as thick as the chunky guitar is here. Nor are the leads as good. This is one of my favorite Corpse releases aside from the early stuff ('Butchered At Birth' & 'Tomb of the Mutilated'). I'd have to say that 'Torture' and 'A Skeletal Domain' are my favorites as well. 'Kill' is among the many fine releases from and unrelenting and brutal group CANNIBAL CORPSE is! Check this out! (Death8699)


(Metal Blade Records/Daymare Recordings - 2006/2021)
Score: 80

https://www.facebook.com/cannibalcorpse

domenica 14 maggio 2023

Unohdus - Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä

#PER CHI AMA: Depressive Black
Si tratta di un demo di soli due pezzi rilasciato peraltro in cassetta, questo 'Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä' dei finlandesi Unohdus (che subodoro essere una one-man-band), di cui comunque poco o nulla ho trovato in rete. Fatto sta che mi limiterò a commentare la potenza espressiva di "Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä" e della successiva "Pohjantuuli", per 10 minuti scarsi di musica che comunque sapranno, a modo loro conquistarvi, con non indifferenti doti persuasive. E penso a tal proposito, a quel violino saturnino che a metà della title track indugiare, con fare evocativamente deprimente, in uno squarcio di sublime malinconia post rock, per poi rituffarsi in un black metal intessuto di una fortissima matrice depressive. La linea black melodica permea anche la seconda song, dove le spettrali grim vocals del frontman si stagliano sulla ritmica mai troppo tirata dei nostri. Peccato lo strumento ad arco non ci delizi ancora con i suoi umori, avrebbe reso quest'opera prima degli Unohdus, semplicemente una piccola gemma incastonata in un mondo in totale stallo. (Francesco Scarci)

KHA! - Ghoulish Sex Tape

#PER CHI AMA: Noise/Post Punk
La cosa che più mi ossessiona, in senso negativo di questo primo full length della band meneghina, è il trattamento riservato, leggermente irrispettoso a mio avviso, verso la splendida voce del frontman. Fui infatti ammaliato dalla forza espressiva della voce di Davide Bosetti nell'EP di debutto di tre anni fa, che si accaparrava le grazie spettrali di band come Indisciplined Lucy e Pavlov's Dog, raggiungendone le tonalità e le particolarità acustiche, inserendole in un contesto lontano anni luce dalle suddette band prog rock, per non parlare poi del lavoro di produzione al Mob Sound Studio di Milano, veramente da applausi. Il nuovo lavoro, intitolato 'Ghoulish Sex Tape', pur essendo un gran bel disco, vede la produzione dei Cabot Cove Studio di Bologna spostare il tiro più verso il suono, abbassando (e penalizzando) l'importante performance vocale. Il trio milanese è ancora orientato verso un noise rock, carismatico ed esplosivo, nipote di quello che fu un capolavoro della scena sotterranea italiana, ovvero, '10000 Doses of Love', di un gruppo ancora poco osannato per i loro meriti, quali erano gli One Dimensional Man. Il risultato qui è buono, di qualità, ma diverso dal debutto. Il suono è meno indie noise e in molte sue parti si sposta verso ambienti post punk anni ottanta, che associati ai particolari riverberi della voce, a volte ricordano vecchie cose dei Public Image Ltd.: "My Only Love" ricorda a tal proposito il sound di "Religion II" dei P.I.L o "Sex Gang Children", in chiave meno dark e più alternative. Musicalmente, i nostri hanno evoluto il loro stile che di per sé era già originale, rendendolo più coerente e fantasioso, come l'inserto jazz di "Travelers", ma rimanendo sempre sul filo del rasoio, in fatto di orecchiabilità e rumorosità, cosa che li rende sempre assai apprezzabili. Una ritmica pulsante sostiene a dovere un chitarrismo schizofrenico, tagliente ma molto bello da sentire, urticante, sonico, spesso dissonante ma mai esagerato o fuori contesto. Stravagante pensare che il trio lombardo è una band di noise rock piacevolissima all'ascolto dove difficilmente la noia si sposa con la loro nuova opera. Ritorno a dire solo ahimè che la produzione ha optato per il primo piano della chitarra di Bosetti e degli altri strumenti, tralasciando il posto di prima ballerina della sua voce, ma questo è solo il mio gusto personale, e magari, chi ascolterà questo loro nuovo lavoro, rimarrà sicuramente affascinato dalle loro teorie rumorose e stralunate, e questa nuova verve post punk (rimodernata e attualizzata), un po' alla Teenage Jesus and the Jerks delle radici, rispolverata nella quasi totalità dei brani. Siamo al cospetto di una voce intrigante e originale, di fronte ad un trio che riesce a comporre e suonare ottima musica (quanto è bella "Breadcrumbs"!!!), inquieta e rumorosa, uno spiraglio di luce nelle tenebre profonde del panorama nazionale, per cui l'ascolto è assolutamente consigliato. (Bob Stoner)

Limbonic Art - The Ultimate Death Worship

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Decisamente sorprendente questo lavoro del feroce duo scandinavo dei Limbonic Art. Sorprendente sia per chi, come me, non conosce a fondo questa ormai storica realtà black metal, sia per chiunque risulti essere un suo appassionato seguace da tempo. 'The Ultimate Death Worship' si rivela infatti come un concentrato di aggressività non indifferente: chi, non conoscendoli, si aspettava un prodotto assai raffinato e ricco di orchestrazioni enfatiche, troverà la stessa enfasi del passato tradotta in un sound decisamente più spostato verso le sonorità meno "delicate" della musica estrema. Questo lo si evince in particolar modo dal lavoro di chitarra, per nulla banale e a tratti assai articolato se proporzionato al genere proposto, sorretto da una produzione che conferisce alle sei corde stesse un suono marcatamente più corposo rispetto al passato, decisamente più vicino ad un suono tipicamente death metal che black. Le vocals risultano essere, come prevedibile, incredibilmente incisive ed oscure, ponendo però un importante elemento di novità in campo black: se si presta un po' di attenzione è possibile comprendere i testi (soprattutto nella prima traccia)! Questo a dimostrazione del fatto che i nostri sono stati particolarmente attenti nell'equilibrare l'uso dei diversi strumenti, al fine di ottenere un prodotto sì aggressivo, ma al contempo vario e in grado di far apprezzare all'ascoltatore tutte le sue raffinate e nascoste dinamiche. Compatto, violento, melodico: 'The Ultimate Death Worship' si presta ad essere un ascolto gradito a chi ama l'estremismo sonoro concepito nella sua più vasta accezione e nella sua più intimistica raffinatezza.

(Nocturnal Art Productions/Hammerheart Records – 2002/2019)
Voto: 74

https://limbonicart.bandcamp.com/album/the-ultimate-death-worship

Lustre - Reverence

#FOR FANS OF: Ambient Black
The Swedish one-man project Lustre has become, since its inception, a primordial reference when we speak about atmospheric black metal. Henrik Sunding, better known as Nachtzeit, is undoubtedly a fanatic of black metal, particularly of the most atmospheric oriented one. He has been involved in several projects, each one having its own character, although the devotion to this genre is out of any discussion. I strongly recommend you to check out Ered Wethrin and Nachtzeit, which are my favourite ones. 
 
Going back to Lustre, the particular vision of Henrik for this project was quite clear since the debut album 'Night Spirit' that was released in 2009. Lustre’s music is trance inducing ambient black metal, strongly influenced by classic projects like Burzum, which obviously is a pivotal influence in the genre when we speak about introducing ambience into the black metal scene. What Lustre does is to create quite simple and repetitive structures. Don’t loose your time trying to find complex riffs or tempo changes, this is all about hypnotic sonic creations which transport you out of this reality. And this is what makes Lustre so special. Repetitiveness and simplicity can always be problem, and many would consider that this music lacks of interest after listening to a couple of songs. But somehow, Nachtzeit achieves the unquestionable merit of keeping releasing songs that captivate you, and this is something admirable.

So, after these years and a good amount of albums and EPs, Lustre continues to be quite active and its last offering is the EP entitled 'Reverence', which consists of one song with the same name. Those who don´t like this project won’t find any reason to like it now, but many others, and I include myself in this latest group, can enjoy this new release a lot. Although Lustre’s music hasn’t changed a lot since its creation, it is also unquestionable that Nachtzeit has perfected the formula during the project’s existence. 'Reverence', being a long song, gives a greater room to introduce little tweaks and more arrangements which make the track a great musical experience. Vocally, this song shows a more varied approach. The voices are classic black metal shrieks, but their tone and strength vary through the song, with moments where they sound louder and more intense, as it happens in the mid-second half of the song, in contrast to the initial part. About the arrangements, the simple yet beautiful keys play their usual major role leading the song, but we can also find some tiny touches here and there, especially in the background which enrich the composition. The electronic interlude in the middle of the composition is a nice one, and I find it quite interesting. As you can imagine, they are tiny adds or changes as the music needs to be trance inducing and nothing can distract you from this purpose. But this effort is very welcome for me, as a composition always needs to sound a bit fresh, regardless off its innovative nature of lack of it.

All in all, the new 'Reverence' is a quite inspired one. Lustre has managed to compose a long track which has everything we know and like from this project. The hypnotic atmosphere and marvellous melodies are there, recognizable but still being capable of absorbing our attention and getting our love, and because of this, Lustre is a so unique project. (Alain González Artola)

(Nordvis Produktion - 2023)
Score: 82

mercoledì 10 maggio 2023

Benediction - Killing Music

#FOR FANS OF: Death Metal
It'd be good (since they're not defunct) that they do a follow-up from this album. It's quality death metal though Birmingham based band that's been in existence for quite some time now. Former vocalist Barney who's with Napalm Death exclusively still measures up in supreme quality. That's for sure, though this one deserves a "75" because the production was a little bit pithy. Aside from that, the music is great, not to mention original, too. They change it up a bit on here it's not too fast tempo-wise, but brutal. This whole album is doggone brutal. They're still good even without Barney on vocals.

All the tracks are catchy guitar-wise. Catchy and unique. And that double bass drum kicking ass alongside the tremolo picked axe-work. These guys have been awesome throughout the years. Let's hope they will work on new material, if they're still thinking about it! They sure are unique as stressed they're also a healthy contribution to the death metal community. They know how to write some killer licks with a minimal amount of lead guitar work. They stick mostly with rhythm work but it's so darn amazing. I enjoyed every minute of this release. They really know how to make substantial death metal that's not humdrum.

The guitars and vocals are the highlight, but I thought the drum-work was pretty awesome as well. I only have a beef with the production, that's all. But maybe they wanted it to have sort of a raw sound. Especially for the time of the recording (2008). I'm sure that's what her intention was. Since they know especially what they're looking for to release to the public. I would've liked it if they totally took out all of the lead guitar (as little as there was) since it'd carry the brutality and anger in the music. Benediction thrives on rhythms, chunky and heavy tremolo picked. But they still did a great job here.

This album is definitely worth buying (now also with a new vynil limited edition). I bought it because I liked what I heard on Spotify. I'm not as familiar with their older work with Barney as I am with their modern lineup. But let's hope that they decide to play more of their Birmingham based death metal to the millennials. They definitely need to hear this one if they haven't already. From start to finish this one slays in the riff department. It's really heavy and catchy. I wouldn't expect them to play any other way. And the vocals/drums compliment the music. Get this album because it'll do the world of death metal well for more support. (
Death8699)

(Nuclear Blast/Back on Black - 2008/2023)
Score: 75

https://www.facebook.com/Benedictionband/ 

Major Parkinson - Valesa – Chapter I: Velvet Prison

#PER CHI AMA: Pop Rock
Non è stato per nulla semplice recensire questo monolitico lavoro dei norvegesi Major Parkinson, non tanto per la lunghezza dell'opera a dire il vero, ma per i suoi contenuti. La band era portavoce di un certo progressive rock, almeno nelle vecchie release; in questo 'Valesa – Chapter I: Velvet Prison ' mi sembra che le sonorità si siano ulteriormente ammorbidite, mettendo in scena una proposta che puzza piuttosto di pop (in taluni frangenti rock) assai commerciale. Ecco, un qualcosa che avrei voluto recensire, a dirvi in tutta franchezza, viste anche le 17 song che i nostri hanno buttato in questo lavoro, dico 17!! Che palle. E se le prime tracce sono un buon modo per avvicinarsi alla band e scoprirne le peculiarità, ad esempio un uso importante dei synth e di ambientazioni stile colonna sonora da commedia romantica ("Behind the Next Door", che peraltro mi sembra in una versione live, come tanti altri brani in questo disco, vedi la "springsteeniana" "Sadlands"), piuttosto che di un uso spropositato del pianoforte (la strumentale "Ride in the Whirlwind") che arriva a farmi sbadigliare, potrei citarvi un altro bel po' di pezzi per cui non posso dirmi un grande sostenitore della band scandinava. "Live Forever" sembra trascinarmi agli anni '80 con quel suo sound che chiama in causa ancora il Boss, che rimane tuttavia altra cosa. Come cigliegina sulla torta, i nostri ci piazzano poi una bella vocina di una dolce fanciulla e il gioco è fatto. O forse no, almeno non per il sottoscritto, che preferisce passare avanti e magari lasciarsi persuadere dal criptico gospel di "Jonah", forse la song che ha toccato maggiormente le mie corde. Altri pezzi da segnalare? La noiosissima (almeno nella prima metà) "Irina Margareta", che fortunatamente si ripiglierà nella seconda parte. La sintetica e stralunata, almeno per i canoni di questo disco, "The House". Forse la punkeggiante "MOMA", ma anche questa alla fine non mi convince granchè. Non so poi se "The Room" volutamente faccia il verso a "Time After Time" di Cindy Lauper, cosi come pure a Madonna, ai Queen (nel synth iniziale di "Fantasia Me Now!") o altri mille artisti degli anni '80, ma per me è ormai già troppo da digerire. I Major Parkinson rimangono sicuramente ottimi musicisti con una vera e propria orchestra di violini, violoncelli, arpe, tenori, soprani, trombe al seguito, che tuttavia poco, anzi per niente, si sposano con i miei gusti musicali. Mi spiace, ma per me è un no grande quanto una casa, almeno sulle pagine del Pozzo dei Dannati. (Francesco Scarci)

Negurā Bunget - ’N Crugu Bradului

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Melodico
Black metal dalla Romania. “Esplorando le tradizioni folkloristiche si possono scoprire tesori nascosti”, si legge all’interno della traccia multimediale (realizzata, con la consueta perizia, da Twan Sibon) inclusa nel cd. Una dichiarazione di principio senz’altro condivisibile. Peccato che i Negurā Bunget non l’abbiano messa in pratica nella stesura delle canzoni. I quattro lunghi brani che compongono l’album presentano un’alternanza di parti aggressive e passaggi più calmi, il tutto però all’insegna del black metal, con quel che ne consegue. Sono le aperture melodiche a dare un tocco di godibilità al lavoro dei Negurā Bunget. Sappiamo tuttavia come la band è riuscita a coltivarle, arricchendo la propria proposta di ingredienti folk, e rendendo tanto più apprezzabile il proprio percorso evolutivo, interrotto prematuramente nel 2017 con la morte di Negru. Se volete potete riscoprire questo disco, riproposto peraltro in vinile nel 2021 in due colori sempre dalla nostrana Code666.

Hyrgal - Sessions Funeraires anno MMXXIII

#PER CHI AMA: Black/Death
Dopo aver recensito più o meno positivamente tutti i full lenght degli Hyrgal, ecco che fra le mani mi capita anche il loro nuovo EP, 'Sessions Funeraires anno MMXXIII'. Registrato (credo) volutamente con un approccio casalingo, l'album consta di cinque nuove tracce più la cover dei Marduk, "Dark Endless". Come ovvio che sia, il quartetto transalpino continua a muoversi nel sotterraneo mondo estremo già dall'iniziale "Deuil Éclair". Come da protocollo, i nostri ci trascinano nel loro personale inferno fatto di sonorità black metal nude e crude, come più volte sottolineato dal sottoscritto nelle precedenti recensioni. Difficile quindi trovare grandi spunti innovativi nelle song qui contenute, se non un tentativo di coniugare in taluni frangenti il black al death (soprattutto a livello di un robustissimo rifferama), o di affidare ad interessanti porzioni melodiche lo svolgimento di un brano comunque complesso e controverso come può essere "Phalanges Assassines". Sghemba al punto giusto "Épique Spleen", spaventosa peraltro nel suo roboante incedere, che la rende, nella sua magniloquente potenza, anche sontuosamente claustrofobica. "Gorge Blanche/Surin Noir" entra assai lenta e inquietante, quello che stupisce è poi la porzione ritmata su cui poggia un brillante assolo (si, avete letto bene, un assolo, che peraltro tornerà anche nel finale) e i vocalizzi dannati dell'ex Svart Crown, Clément Flandrois (aka C.F), sia in forma urlata che più pulita. Ecco, se all'inizio parlavo di pochi spunti innovati nel sound degli Hyrgal, mi devo rimangiare le parole, visto quest'ultimo brano e l'esperimento ambient/noise della successiva "炎が秒を貪り食う場所 (Honō Ga Byō o Musabori Kuu Basho)", sottolineano una ritrovata vena di creatività dei nostri. Certo, se poi riproponi una cover dei Marduk, ecco forse una volontà di cambiamento non la leggo affatto e sulla scelta di includere questo brano, ci sarebbe forse un po' da discutere. Comunque, un discreto ritorno sulle scene, sebbene l'ultimo album fosse datato 2022 e quindi ritengo non fosse strettamente necessario dare un segno di vita. Eppure, qualcosa di interessante e potenzialmente rivoluzionario, lo si può anche ritrovare in questo 'Sessions Funeraires anno MMXXIII'. A voi l'arduo compito di recepirne il messaggio subliminale. (Francesco Scarci)

domenica 7 maggio 2023

Mortali Irae - Promo cd 2000

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Prog Death, Opeth
Il genere proposto in questo promo cd è di chiara matrice death-prog svedese. L’aria che si respira all’interno è decadente e melanconica. Per i Mortali Irae (oggi M.Ire per definire un cambio stilistico volto all'heavy rock/ndr), il paragone con i maestri Opeth (quelli degli esordi) è d’obbligo, ritrovando perciò caratteristiche stilistiche e di timbrica vocale molto vicine ai succitati. Il livello tecnico è molto buono e lo si nota anche dalla facilità con cui i nostri riescono a gestire pezzi della durata media di 6-7 minuti senza stancare l’ascoltatore, dandogli modo di essere attento ad ogni cambiamento d’atmosfera effettuato all’interno delle canzoni. Dopo aver ascoltato questo promo cd, si è tuttavia pervasi da un senso di amarezza, dovuta ad una eccessiva somiglianza alle sonorità che hanno reso grandi gli Opeth, sebbene si tratti comunqui di un ottimo prodotto.

Karne - Condamnés

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Terzo lavoro per i francesi Karne intitolato 'Condamnés' e se non li conoscete, beh iniziate a documentarvi bene su questo ensemble, potrebbe sorprendervi. Se di primo acchito potreste infatti pensare al tipico black old school, un ripetuto ascolto potrebbe aprirvi la mente anche ad una miscela esplosiva tra black e thrash dalle forti venature di matrice svedese. Non c'è da sorprendersi se "Mandragores" ci tira subito due schiaffi ben assestati in volto, con quelle sue ritmiche infuocate (spaventoso a tal proposito il lavoro alla batteria di Armory) e lo screaming efferato di Julien Remy (aka Apathy), il tutto comunque ammantato di una certa vena melodica. Il lavoro tritacarne del quintetto di Nancy prosegue anche nella successiva e più dilaniante "Kamarde", che vive di ottimi cambi di tempo, di un'atmosfera decadente, a tratti malinconica, e di quelle chitarre che evocano per certi versi lo spettro dei Dissection. Ecco perchè trovo la band transalpina più interessante di tante altre che suonano magari con la stessa furia e tecnica, ma a cui manca quello spirito epico che ritroviamo qui, e non solo nei cori battaglieri, ma anche nell'afflato musicale e in quella ricerca chitarristica che fa di 'Condamnés' un lavoro da tenere in enorme considerazione. Ottime le cavalcate ritmiche della seconda traccia, interessanti le grim vocals del frontman, ma più di tutto, il mio interesse vola sulla melodia di quelle chitarre maestose e incandescenti che mi richiamato alla memoria anche gli esordi dei Sarcasm. "Limbus Puerorum" ha un incipit dotato di un suono pieno e avvolgente, ma da li a poco esploderà in un velenoso attacco black che avrà modo di evolvere in chiaroscuri musicali (con un riffing qui di scuola norvegese), tale da rendere la proposta dei nostri più appetibile (ma non troppo originale). "Caffa" parte decisamente in sordina rispetto agli standard del disco ma è solo questione di mezzo giro di orologio, visto l'andazzo minaccioso che vi brancherà dal trentesimo secondo in poi. Certo l'alternanza ritmica agevola l'ascolto anche laddove il batterista sembra tenere in mano una mitragliatrice piuttosto che le bacchette. Lavoro mostruoso, lo ribadisco. E anche il suono delle chitarre qui, nuovamente intriso di malinconia, dà il giusto valore al disco. Qualora ce ne fosse bisogno, anche "Le Silence Est d'Ordre" contribuisce a dare del valore aggiunto a 'Condamnés', grazie ad un riffing che sembra quasi ululare nella possenza dell'impianto ritmico. Chiusura affidata a "La Fin Aux Misérables", l'ultima apnea musicale a cui ci costringono i Karne per l'ultimo attacco all'arma bianca di questo 'Condamnés' che sottolinea la buona prova della band, che necessita tuttavia ancora di quel piccolo passettino in avanti per definire una sua propria e consolidata personalità. C'è ancora da lavorare, ma sicuramente siamo sulla strada giusta. (Francesco Scarci)

(Epictural Production - 2023)
Voto: 72

https://karnebm.bandcamp.com/album/condamn-s

Edredon Sensible - Montagne Explosion

#PER CHI AMA: Jazz/Avantgarde/Kraut Rock
Due anni fa presentavamo la band di Tolosa come un tossico mix di Seefeel, Ottone Pesante e Naked City. Oggi siamo qui a riproporveli con la stessa esilarante verve ma con caratteristiche più evolute: detto che squadra che vince non si cambia, l'accoppiata di due percussionisti e due fiati si dimostra tutt'altro che logora di idee e punta dritta al salto di qualità. In effetti il nuovo disco, intitolato 'Montagne Explosion', parte subito a mille all'ora con un brano, "Poulet Gondolé (Chasuble)", accelerato ritmicamente e molto vicino allo Zorn più scanzonato e divertente passando per "Une Bonne Soupe Au Lard" che, tra strampalate grida euforiche, ci espone un tema ipnotico e paranoico. Krautrock per forma e sostanza, un sound compulsivo, sull'orlo di una crisi di nervi, suonato da sax impazziti e una ritmica cara ai Tambours du Bronx (in un numero ristretto di percussionisti) quanto ai giochi percussivi di Byrne in 'Rei Momo'. Il tutto vale anche per "GQ" e "Where Is un Alcool Japonais Qui Aime Se Baigner En Restant à La Même Temperature" . Canoni sonori che si ripercuotono in tutto il disco e lo caratterizzano fortemente. Lungi però dal pensare che gli Edredon Sensible siano ripetitivi anzi, dimostrano infatti in questo secondo full length, di aver raggiunto un consolidamento stitlistico di tutto rispetto ed una fantasia compositiva sopra la media. Di certo usare i concetti compositivi che sono più identificabili con la musica elettronica pulsante ed ossessiva, tanto per fare un nome alla Miss Kittin and the Hacker, in forma sempre progressiva, psichedelica e jazz fuori dagli schemi, non è proprio da tutti, e anche il suo ascolto non è proprio per un vasto pubblico. Il quartetto francese è senza freni e viaggia sulle onde del free jazz più libero permettendosi di mandare più di una volta in orbita l'ascoltatore, come un vero e proprio progetto di musica trance, mantenendo sempre un fortissimo legame con le fondamenta del jazz più d'avanguardia ma anche quel tocco frizzante di certo acid e free rock, come se gli Us3 riprendessero una song per riproporla in chiave psichedelica, dallo sterminato catalogo del maestro Zorn. Titoli di canzoni strani per una musica complessa e carismatica, fatta per essere compresa da una piccola nicchia di veri ascoltatori e adoratori di sperimentazione intelligente, suonata da musicisti con la M maiuscola. Quando "Lo Pastour Bai Amouda" stravolge e silenzia il tutto, passando ad un canto appena sussurrato e folk, rurale e ancestrale, con sperimentazioni vocali nel ricordo delle divine scuole di Meredith Monk, Joan la Barbara e l'ancestrale mistico di Sharron Krauss, rivela un brano assai suggestivo composto in compagnia delle belle voci di Lola Calvet, Lisa Langlois, Noëllie Nioulou, Marthe Tourret, in una traccia molto diversa e inaspettata per lo stile della band, ma davvero intrigante. Come già accennato, l'efficacia percussiva della band, si apprezza alla grande in "Where Is un Alcool Japonais...", che potrebbe rientrare nel catalogo dei Banco de Gaia (stupendi peraltro i momenti in cui la musica sembra incepparsi), mentre nei brani a seguire ci si gioca la carta dell'atmosfera e dell'esotico, ampliando ulteriormente la rosa di sonorità toccate dal quartetto. "Danke Schoen Paul" è il brano più d'impatto e disturbato del lotto, con degli stop musicali interrotti da cori stile festa di capodanno e urla forsennate tra sax impazziti e ritmi trascinanti, mentre "Gros Pinçon" è una spettacolare, straziante e lunghissima marcetta progressiva, in stile no wave, coinvolgente e stralunata, che mi ricorda lo stile dissonante di 'Eine Geschichte' dei Palais Schaumburg, unito a certe atmosfere impossibili di Terry Riley, per una melodia insana, intensa e malata. Questo è un vero disco per appassionati ascoltatori, indifferenti alle etichette di ogni sorta, questa è vera avanguardia sonora. Fatevi avanti gente, qui ce né per tutti i gusti! (Bob Stoner)

(Les Productions du Vendredi - 2023)
Voto: 84

https://edredonsensible.bandcamp.com/album/montagne-explosion

venerdì 5 maggio 2023

Mushroom Giant - In a Forest

#PER CHI AMA: Post Rock
Li avevo recensiti due anni fa in occasione del decennale dell'etichetta Bird's Robe Records, con l'album 'Painted Mantra', uscito originariamente nel 2014. Li ritrovo oggi con un album nuovo di zecca, 'In a Forest', ed un sound che non si discosta poi di molto da quella che è l'architettura post rock di fondo degli australiani Mushroom Giant. Il "Fungo Gigante" ci offre sette nuove tracce, che si rivelano introspettive nel loro incedere sin dall'iniziale "Owls", che richiama inequivocabilmente in causa i due gufi ritratti in copertina. I suoni dicevo, sono alquanto introversi, ma ci stanno se l'intento è quello di narrare di una foresta e dei suoi misteriosi abitanti. La band di Melbourne è sapiente nel miscelare post rock con una buona dose di dark, progressive e suoni cinematici vari, per quello che è il marchio di fabbrica del quartetto australiano. Poi, chi li conosce, sa perfettamente cosa aspettarsi dall'ascolto di questo nuovo capitolo: le atmosfere spettrali che si respirano nella seconda metà della prima traccia sono un esempio delle caratteristiche dei nostri ma non solo. Io li ricordo anche come abili costruttori di break di pink floydiana memoria e a tal proposito mi viene in soccorso la settantiana e nebulosa "And the Earthly Remains". "Vestige" è caratterizzata da una stratificazione di chitarre che esibisce la tecnica-compositiva dell'ensemble, che necessiterebbe tuttavia di un bravo vocalist per dare una narrazione a quello che la band allestisce in sede musicale, e per tirarci fuori dalle sabbie mobili di un genere, a volte, troppo spesso ingessato nei suoi rigidi paradigmi. "Earthrise", song da cui è stato peraltro estratto un video, parte lenta e malinconica, ma sarà in grado di aumentare i giri del motore grazie a una splendida chitarra solista che si sovrappone a una ritmica più ordinaria. "Aire River Rapids" sembra prendere le distanze dal post rock dei primi pezzi, risultando decisamente la più pesante delle tracce, complice un robustissimo riff e un drumming bello potente. Ah, una voce un po' urlata, come avrebbe fatto comodo nelle insenature di questo pezzo, e forse ancor di più nella successiva e sinistra "Mountain Ash" che sfodera un grande lavoro sia alla chitarra solista, e ancor di più a quella ritmica, che improvvisamente s'interrompe per cedere il passo a "And the Earthly Remains". "The Green Expanse" propone il secondo video di questo lavoro: un'apertura dai tratti ambient e poi i classici suoni dilatati del post rock, per una chiusura che ha il solo difetto di risultare un po' troppo scontata nei suoi contenuti, nonostante l'eccelso lavoro svolto a livello di suoni. Il fatto è che, attenendosi troppo agli standard del genere (e penso anche al tremolo picking proposto qui), il rischio è quello di sapere già cosa ci sarà ad aspettarci nell'evoluzione di un brano, e per questo opterei, anche a piccolissime dosi, all'inserimento di una voce o anche di un parlato, che dia maggiore imprevedibilità ad un disco che ha il solo rischio, di risuonarvi nelle orecchie come già sentito. E sarebbe un peccato. (Francesco Scarci)

Yattering - Human’s Pain

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Grind/Brutal Death
Fortunatamente la ripubblicazione del primo loro album, che fu apprezzata solo in Polonia, sarebbe stata solo la solita fortissima mazzata sui denti, invece con una cover dei Brutal Truth, una degli Slayer più brutali, e l’inserzione di un’altra bonus track, si rinforza questa dose di violenza. L’album è brutal grind, che aizza anche numerose digressioni di cieca ferocia, ed è in generale schizzato, secco, arido e sgraziato, con una voce straziata ed una cavernosa e profonda, forzata; strilla anche un urlo cupo. Il loro secondo album è più intricato. Questo è una soluzione, senza morbidezze, compatto, di isterie che maneggiano molteplici lame dalla batteria alle chitarre. Gli assoli spezzano la brutalità da riminiscenze thrash, ma più spesso esprimendo senso di disgusto mordace.

(Moonlight Productions/Season of Mist - 1998/2001)
Voto: 70

https://seasonofmistcatalogue.bandcamp.com/album/humans-pain

Nott - XX

#PER CHI AMA: Black Metal
Da non confondere con l'omonima creatura statunitense, i Nott di quest'oggi sono una one-man band italica, dedita a quello che il mastermind H. Archvile definisce "primitive black metal". E non posso che essere d'accordo con tale definizione, laddove "Two Decades of Oblivion" irrompe nel mio stereo con quella sua forma primigenia di black nero come la pece. Sembra un tuffo indietro nel tempo di quasi 30 anni, quando il black metteva a ferro e fuoco la penisola scandinava e avanzava strisciando minaccioso nel resto d'Europa. Ecco dove affonda le sue radici il factotum bresciano che da ben vent'anni ha in mano le redini di questo progetto (ormai al quinto album) ma che compare anche in altre realtà come i Nebrus, i Necrutero e I Sentieri di Staglieno. La proposta del polistrumentista si muove in modo piuttosto omogeneo in tutti e gli otto capitoli di questo lavoro, attraverso un riffing vorticoso e tagliente, screaming vocals che vengono inframmezzate qua e là da un cantato epico e folklorico che sembra stemperare per alcuni secondi, quella furia atavica di darkthroniana memoria messa in musica da Archvile. Se "We Are the Virus" segue pedissequamente le trame chitarristiche dell'opener, con "Naked Apes", il musicista lombardo prova quanto meno ad iniziare con un suono più compassato che da lì a pochi secondi, divamperà comunque in un incendiario attacco black. Fortunatamente la song gode di molteplici cambi di tempo che le permettono di staccarsi dal routinario sound ascoltato sin qui. C'è anche una certa parvenza di thrash metal a permeare il brano, che permette di apprezzare meglio il lavoro. Chitarre (melodiche) e voci al vetriolo contraddistinguono invece la successiva "So Close in the Fog". Il sound è veloce, ha un taglio infernale, le vocals sono oscure e le ambientazioni inquietanti, tanto da evocarmi gli Aborym più feroci degli esordi. Ancora un sound più controllato quello che si respira in "Conclave of Fire", lugubre e atmosferica e per certi versi più vicina alle produzioni passate dei Nott. Il nuovo verbo imposto da Archvile al proprio sound deve essere però quello di un black al fulmicotone, scarno e lineare quanto basta; ecco perchè al quinto minuto, si ritorna su ritmi decisamente più tirati, sebbene un'alternanza tra rasoiate e altre più atmosferiche. E se si parla di atmosfera, anche "Earth’s Black Box" deve essere inclusa tra quelle song che la esibiscono almeno per pochi secondi, per poi dar fuoco all'aria con ritmiche sanguinose (e qui anche più sghembe), per poi ripristinare la famosa quiete prima della tempesta con un cantato epico e maestoso. Il disco continua con il medesimo canovaccio con altri due brani, "Culicidae Cult" e "Twelve". Il primo mette in mostra un ipnotico giro di chitarra come matrice ritmica, pertanto una maggiore ricerca atmosferica, che forse alla fine dei conti, lo renderà il mio brano preferito. La seconda, di burzumiana memoria nella parte più evocativa, riprende con un riffing serrato a base di chitarre zanzarose e blast beat. Forse qui risiedono i limiti di questa release, che poco ha da dare in termini di originalità, ma che magari farà la gioia di tutti gli amanti della prima ondata black metal norvegese. Intriganti si, ma credo che in pochi ascolti si esaurirà l'interesse verso questa release, un po' troppo piattina per i miei gusti, nonostante abbia assistito a fine anni '80, alla nascita del black. (Francesco Scarci)

(Schierling Klangkunst - 2022)
Voto: 66

https://schierlingklangkunst.bandcamp.com/album/nott-xx

lunedì 1 maggio 2023

Stormhaven - Blindsight

#PER CHI AMA: Prog Death
Per i fedelissimi del Pozzo dei Dannati, il nome Stormhaven dovrebbe richiamare qualcosa nella vostra memoria. Recensii infatti nel 2019 il precedente lavoro della band francese, 'Liquid Imagery'. Il quartetto di Tolosa torna ora con questo nuovo 'Blindsight', una mazzata in pieno stomaco e una carezza in pieno volto, attraverso sei sole tracce (per oltre un'ora di musica). Il disco si apre con la dirompente "Fracture", e le sue fragorose ritmiche che chiamano in causa ancora una volta i vecchi Opeth in quelle cascate di riff e bordate alla batteria. Lo stesso dicasi del buon Zachary Nadal alla voce, bravo a districarsi tra un growling purulento e clean vocals che evocano anche qui il frontman degli svedesi, Mikael Åkerfeldt. Se ad una prima lettura, quello degli Stormhaven sembra più un "copia-incolla" degli Opeth, beh vorrei dirvi che la struttura dei brani, i cambi di tempo, la tecnica sopraffina, gli assoli, le parti acustiche, le trovate geniali, i cori e molto altro, sparigliano invece le carte, mettendoci in mano un lavoro solidissimo e assai figo. Questo per dire, che alla fine non me ne frega un cazzo se i nostri possono ammiccare più e più volte a quelli che per me un tempo (prima della famigerata sterzata stilistica) erano i maestri del prog death, quanto contenuto in 'Blindsight' infatti sembra raccogliere definitivamente il testimone dai master scandinavi, aggiungerci un tocco dei Ne Obliviscaris, a cui poi aggiungere una buona dose di personalità. Certo, al pari dei colleghi più famosi, anche in questo album troveremo lunghe partiture dissonanti di chitarra (quasi un tributo a 'My Arms, Your Hearse') come potreste ascoltare per lunghi tratti nella più sghemba "Vision", ma poi i nostri sembrano raccappezzarsi in lunghi e splendidi assoli melodici (scuola classic metal) e ottimi cori che rendono il tutto più fruibile anche in quegli spaventosi attacchi al fulmicotone; si ascolti il finale della stessa "Vision" per credere. Più lineare e ritmata "Shadow Walker", che per almeno i primi 120 secondi sembra rispettare i paradigmi del genere, per poi prendere la tangente e dar sfogo alla propria visione di death progressivo che noi non possiamo far altro che apprezzare, ascoltandolo in rigoroso silenzio, fino al nuovo inebriante assolo da urlo che chiude il brano (ma che lavoro stratosferico è stato fatto qui alle sei corde?). In successione arrivano poi "Hellion" e "Salvation", per altri 17 minuti di sonorità in cui gli Stormhaven si muovono in bilico tra prog, death, suoni sperimentali, classic rock, parti acustiche, e che vedono la band dare il meglio di sè, per un'esibizione davvero coinvolgente e avvolgente. Rimane ancora il classico mostro finale da affrontare, ossia gli oltre 24 interminabili minuti di "Dominion", ma chi glielo ha fatto fare a mettere in piedi un tessuto cosi complesso, mi domando? Comunque mi dò in pasto all'ultimo brano (ora capite anche perchè il disco dura 64 minuti), che sin dall'apertura si dimostra ubriacante a livello ritmico con cambi ritmici vertiginosi, sorretti da uno splendida, quanto inatteso, arpeggio di chitarra, mentre un saliscendi chitarristico ci porta diretti sulle montagne russe, con il vocalist che peraltro assume qui contorni più blackish, e i synth sembrano dare un taglio più sinfonico al tutto. Ma il brano è in continua evoluzione, dal black al prog death, a raffinate sonorità più dark rock oriented. Insomma, la tipica ciliegina sulla torta, che porta con sè nuovi suoni, nuove idee, granitici muri sonori, break atmosferici, un'alternanza vocale da paura e molto molto altro, segno dell'enorme maturità tecnico-compositiva raggiunta da questi straordinari musicisti francesi, di cui l'invito a dargli una chance, è ben qualcosa di più che un semplice consiglio. (Francesco Scarci)

True Endless - The Trendkiller E.P.

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
I passaggi più cupi, folli e lancinanti di questo demo mi hanno richiamato alla mente le atmosfere di una vecchia, gloriosa band milanese: i Neurodeliri. I lettori anziani probabilmente si ricorderanno di loro, e della tragica fine del leader del gruppo. Alle giovani leve il nome Neurodeliri dirà qualcosa in virtù del fatto che i Bulldozer di Alberto Contini (A.C. Wild) li omaggiarono con una bella canzone. Ma veniamo ai black metallers novaresi True Endless. La registrazione del demo è piuttosto grezza, la confezione assai artigianale, il che non rappresenta certo un crimine; quando il budget è limitato, non si possono certo fare miracoli. Il primo brano (“Malt Brau”) è un’autentica mazzata, la trasposizione sonora di uno stato di allucinosi alcolica acuta, un vero e proprio incubo ad occhi aperti (peccato che la sequela di rutti posti in conclusione del pezzo ne sminuiscano il valore). Non meno violenta l’ultima canzone, “Napalm”, arricchita da furiose accelerazioni e da un cantato rabbioso che piacerà ai fans di Mika Luttinen e soci. Nel booklet mancano i testi, ma i titoli di alcune canzoni (“Asparagus”, “Fun with Milk and Cheese”) non lasciano adito a dubbi e suscitano, francamente, qualche perplessità. Va bene sfidare i trend imperanti, ma è pur vero che le sonorità tenebrose e violente del black metal mal si conciliano con lo spirito goliardico. Tuttavia, in un panorama inflazionato da bands che si prendono maledettamente sul serio, un po’ di autoironia non guasta. Ed è in questa chiave che, molto probabilmente, va accolta la proposta dei True Endless. Dopotutto, è la musica che conta, e non si può negare che questo demo possieda un certo fascino malsano.

Atsuko Chiba - Water, It Feels Like It's Growing

#PER CHI AMA: Psych/Post Rock
Con un moniker fantastico, mi avvicino con una certa curiosità agli Atsuko Chiba, band originaria del Canada il cui nome sembra derivare dal protagonista di un anime giapponese. ‘Water, It Feels Like It's Growing’ è il loro terzo lavoro che ci delizia con un post rock ritualistico, sperimentale e riflessivo. Almeno questo è quanto testimoniato nella splendida traccia d’apertura, “Sunbath”, che si muove tra atmosfere ipnotiche guidate da un eccellente lavoro di basso e chitarre e dalla gentile ugola del frontman. Echi di Tool, Lingua e A Perfect Circle si coniugano in questo primo splendido pezzo che ci accompagna a “So Much For”, song alquanto imprevedibile per quel che concerne una musicalità in bilico tra prog rock, alternative, math e suoni sperimentali che sembrano scomodare addirittura i The Mars Volta, mentre la voce sembra aver perso qui quella morbidezza che avevo apprezzato nell’opener, per una versione più in linea con la band australiana e anche con Mike Patton. La traccia, per quanto dotata di una certa dose di originalità, devo ammettere non mi faccia del tutto impazzire. Molto meglio la successiva “Shook (I’m Often)”, più dotati di ritmi compassati e di una buona base melodica su cui poggia la meritevole voce del cantante canadese che si conferma ad altissimi livelli anche nella successiva “Seeds”, meravigliosa, con quei suoi ritmi pulsanti e synth che donano al pezzo un certo spessore, complice peraltro l’utilizzo di violino e violoncello nel break centrale del brano. Quando gli Atsuko Chiba provano a uscire dagli schemi per voler strafare, perdono un po’ della loro magia, leggasi la prova di “Link”, un pezzo che risente di una certa vena post punk sperimentale che tuttavia non riesce a sfondare, complice ancora una volta un utilizzo più alternativo e meno suadente del cantato che sembra snaturare il sound dei nostri. In chiusura, ecco la title track, un connubio tra psych blues post rock dalla verve pink floydiana che ci lascia con uno splendido assolo che sottolinea, ancora una volta, la classe e l’eleganza che permea questi straordinari musicisti. (Francesco Scarci)

(Mothland – 2023)
Voto: 75