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martedì 18 maggio 2021

Sébastien Guérive - Omega Point

#PER CHI AMA: Electro Ambient
Sébastien Guérive non è una figura artistica tanto facile da inquadrare, le sue forme espressive spalmate tra dischi, danza, teatro, installazioni sonore ed audiovisive di vario tipo, lo rendono un musicista e compositore qualificato e autorevole nel campo della musica ambient, elaborata al computer con moderne e sperimentali tecnologie di composizione. L'artista originario di Nantes è anche ingegnere del suono, quindi, è logico aspettarsi dai suoi brani, una maniacale ricerca estetica del suono che sistematicamente marchierà tutte le note da lui forgiate. Guérive ha nel suo bagaglio artistico anche studi classici sul violoncello, ed è per questo che mi sembra lecito trovare un approccio tendenzialmente melodico e arioso nelle sue canzoni. Tutte queste aspettative vengono magistralmente soddisfatte e ben esaudite in questo album dalla forma fluida e dalla natura ambient, saturo di elettronica di ottima caratura. In questo box di canzoni intitolato 'Omega Point' vi troviamo il tocco deciso delle atmosfere che solitamente animano i film fantascientifici, rielaborato con una filosofia più vicina a certo post rock moderno, cristallino e stellare. I chiaroscuri sono poco definiti per volontà dell'autore, si mescolano e s'intersecano continuamente, nel tentativo di dar vita ad una scultura sonora ibrida, che non si esprima solo in termini oscuri, ma che riesca a modulare il suono anche verso una luminosità traslucida, mostrando una reale idea d'infinito e che, allo stesso tempo, non si abbandoni mai ad una serenità totale. Questa struttura, porta costantemente l'ascoltatore all'interno di nove piccole colonne sonore, slegate tra loro ma unite dalla ricerca insistente di un ambiente musicale che sia a metà strada tra il digitale e l'analogico, sempre in bilico tra la calda espressività umana e il taglio freddo dell'elettronica più robotica. Con questo tipo di lettura possiamo capire e gustarci meglio l'intero disco, osannare l'affascinante suono, dilatato ed introspettivo, di "Omega II" e "VIII", apprezzare la classicità di un brano come "Bellatrix" che trasforma un ambiente glaciale in un viaggio a rallentatore nello sconosciuto spazio cosmico. Le tracce sono tutte di corta o media lunghezza, trasudano una forte attitudine alle composizioni per film da parte dell'artista francese, risultando in alcuni casi, un po' avare, nel senso che la loro breve durata le avvicina più a degli ottimi intro, che a dei brani veri e propri. Comunque, la volontà di costruire musica per un ipotetico film di fantascienza è pienamente realizzata, tra spunti elettronici di vecchia e nuova generazione, morbida psichedelia e minimalismo, uniti ad una sognante synth wave, un Blade Runner meno cupo dalle futuriste visioni Kraftwerkiane, rivisto con sentimentali occhi umani. Una musica surreale, sospesa nel tempo, statica ma colma di suoni particolari e sfaccettature sonore che faranno felici anche gli audiofili più esigenti. Potremmo volgarmente parlare di questa originale soundtrack, definendola semplicemente ipnotica, nel segno di Tim Hecker, progressiva e filmica come le opere dei Vangelis, evanescente come se i Seefel, dopo aver perso la sezione ritmica, si fossero arenati tra le note di 'Watermusic II' di William Basinski, scoprendo solo alla fine, che Sébastien Guérive vive in un pianeta sonoro molto personale, in linea con molti altri noti autori ma con una carica di originalità assai elevata e un amore senza limiti, proprio come lo spazio profondo, per il suono ad alta fedeltà, complesso, ricercato e tanto raffinato. (Bob Stoner)

(Atypeek Music/The Orchard - 2021)
Voto: 75

https://sebastienguerive.bandcamp.com/

Feradur - Parakosm

#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity
Due anni fa parlavo su queste stesse pagine del secondo lavoro dei lussemburghesi Feradur. Oggi, il quintetto mittleuropeo (che include anche membri dalla vicina Germania) torna con un nuovo intrigante EP, intitolato 'Parokosm', che rappresenta un immaginario mondo generato dalla mente di questi musicisti. La proposta dei nostri continua a muoversi all'interno del sottobosco melo-death, chiamando indistintamente in causa Amon Amarth e Dark Tranquillity. Ce lo conferma quell'arpeggio in apertura di "Midas (Materia Prima)" che sembra quasi riportarmi agli esordi di Michael Stanne e soci. La band prova in modo inequivocabile una certa nostalgia per quei suoni dei primi anni '90 cosi ricchi in melodia e al tempo stesso, dotati di una certa aggressività che si esplica nei vocalizzi rabbiosi del frontman Mario Hann. I Feradur non rinunciano poi a certe sgaloppate che affondano le proprie radici nel Göteborg sound (At the Gates, In Flames), pur ammiccando addirittura all'heavy metal anni '80, soprattutto nelle sue linee solistiche. La band, pur non inventando nulla di nuovo, si lancia anche nelle successive tracce, nelle classiche epiche cavalcate ("Crest of Betrayal"), dove dar sfoggio a tutta la propria capacità tecnico-esecutiva, mostrando sempre peraltro un ottimo gusto per le melodie. Tuttavia, niente di nuovo sotto il sole, ma quanto proposto qui è sicuramente accattivante e piacevole da ascoltare. Con "Saviours", si entra nei paraggi di un death thrash più canonico, un balzo indietro di oltre trent'anni, per un sound che ancora oggi se la passa comunque bene e non sente lo scorrere del tempo. "Tetsuo" è un altro pezzo che picchia alla grande, forte di una componente thrash punk nella sua linea principale di chitarra, sempre tesa e furiosa. Stravagante l'uso di una porzione corale che affianca il growling di Mario e rappresenta verosimilmente la cosa più originale si possa sentire nel qui presente dischetto. Ma il finale del brano ha da offrire ancora qualche sorpresa nelle sue ritmiche incessanti, e nell'uso di un dualismo vocale, forse ancora un po' confuso, che mostra comunque una ricercatezza di soluzioni da parte del collettivo teutonico-lussemburghese. A chiudere il disco ci pensano le oscure melodie di "Host of the Nightmare", l'ultimo capitolo di 'Parokosm', un abissale pezzo basato su un videogame della Playstation, che sembra prendere le distanze dalle precedenti tracce. Se la prima parte è all'insegna del mid-tempo, la canzone deflagra attraverso repentini cambi di tempo, in vertiginose ritmiche death (e graffianti vocals black) con tanto di riffoni compatti e carichi di groove, per poi rallentare improvvisamente in parti completamente disarmoniche. Interessante il tentativo di cambiare più volte le carte in tavola soprattutto laddove i nostri ripartono con accelerazioni taglienti, segno della volontà dei Feradur di trovare una propria personalità ben definita. Ultima citazione per l'eccellente produzione di Jens Bogren (Opeth, Kreator, Arch Enemy) ad esaltare i nostri in questo nuovo capitolo. Ora non ci resta altro che aspettare un nuovo full length e sperare nel definitivo cambio di passo. (Francesco Scarci)

lunedì 17 maggio 2021

Necrophobic - Mark of the Necrogram

#FOR FANS OF: Death/Black
This band has been around for a while and I'm just now learning about them! This release is some great death/black metal! I didn't care for their previous release, but with this one, the riffs and the vocals are KILLER. The only beef that I have with this release is the production quality. It's not that great. But still, the music makes up for that. These guys put out some uncompromising metal here. The intensity is pretty high on some tracks, others are a little bit with less intensity. However, the music by far is the reason for them getting a high rating for them. It's good that the music varies on here at least the tempos.

I think that their songwriting capabilities are superior though the lead guitar work needs some work! Otherwise, the rhythms are filled with precision. I like their harmonies and tremolo picked riffing. It's all quality. There's some blast beating going on as well. Suits some of the riffs on here. And a lot of double bass drum kicking to match the tremolo picking. This band has a lot to offer listeners of death/black metal. Or just metalheads in general. They need to know about this album! It's dark, but still really amazing. And the songs never get dull, even on the outro track to the album. I am totally impressed by this band.

As I said, the production quality is OK, just not the best that it can be. But the music makes up for it. These guys have a lot of ideas for riffs and I'd say some of theirs are really technical, yet catchy. I like the vocals, too! They fit the music really well. A lot of screaming to go alongside the riffs. They are a well established band with a huge discography. I haven't heard their old stuff, but I might. I would probably prefer the more modern version of the band because of the musical quality. Their new one is due out in October as well. I'm awaiting that one impatiently! But for now I have this one to jam to!

If you've never heard this band before and you have Spotify, download this album! Or if you collect CD's like me, buy it or if you're into digital tracks, I'm sure they have songs on Bandcamp. I would just say buy the CD to show support for the band! And the music industry itself! These guys have a lot to offer musically. Their work is top notch on this one. It's an undying release of pure horror death/black metal! Thanks to Paul via Sathanas for turning me onto this band. And what a coincidence that they named the band off Slayer's 'Reign In Blood' album the song entitled "Necrophobic." Own this! (Death8699)


(Century Media - 2018)
Score: 78

https://www.facebook.com/necrophobic.official

Crucified Mortals - Psalms of the Dead Choir

#FOR FANS OF: Thrash/Death
This band reminds me a lot of older Metallica, but not as raw. The lead guitar is a real treat too, really well played. The only thing that really is off is the production quality. I would've given the album a much higher rating if it would've sound-wise have been better. But the music is great, that's what hits home with me. The guitars are awesome the chunkiness of the main riffs dominates. And the vocals are tolerable, kind of a hoarse throat to it. Everything seems to fit into place with the songwriting. I'm surprised that this album has no so many reviews. They're still active too the band is I'm not sure why no one has written about this.
 
Instead of leads that end up nowhere in the music, here they seem to fit in well. They're pretty technical. And the main guitars are HEAVY. But they're catchy, too. I really liked these rhythms they pretty much were fit in good with the vocals. Some of the riffs sound a lot like Metallica (as I've said) but they have their own twist to them. Some even a groove feel. But still thick and heavy. I really like the vocals, too. So in effect, these guys know how to write some good music. If they would've done a better production sound, these guys would have higher rating from me. But maybe that's what they wanted in this recording.

A lot of thrash metal bands have leads that really go nowhere. But this band seems to fit them well with the music. Bands like Warbringer, Fusion Bomb, et al have strong rhythms but aren't as apt in the leads for thrash metal music. This here isn't too sloppy, in fact, it's very well played out. These other bands have a good feel to their music they just need better lead guitar work. This is what makes or breaks an album. To me, if the leads are sloppy, they put a damper on the main guitars. Crucified Mortals hits home with their leads on this one. They're not super technical but they are played with precision.

Get this CD from Hell's Headbangers because I don't think it's offered on Amazon, I'm not entirely certain. If you get the digital files, do it on Bandcamp if they have this one featured there. It still sounds better to me on CD. Plus you're supporting music not letting CD's die out. Of course, there's going to be a time when CD's will still be in high demand because record stores are few and far between. I would have to say that I'm glad I bought this album without a priori knowledge of the band at all! Check this band out if you're into thrash metal. It's worth it, ever minute you'll savor! (Death8699)

(Hells Headbangers Records - 2016)
Score: 72

https://crucified-mortals.bandcamp.com/album/psalms-of-the-dead-choir 

Turangalila - Cargo Cult

#PER CHI AMA: Noise/Post Rock/Math
Continuo a pensare che ci sia del sadomasochismo a dare certi nomi alle band. Avere un moniker complicato, per quanto attinga all'omonima sinfonia di Oliver Messiaen, di sicuro non mi aiuterà a ricordare questi Turangalila, quartetto barese che rientra appunto in un sempre più nutrito numero di ensemble davvero difficili da memorizzare. 'Cargo Cult' è poi un album di per sè ostico a cui approcciarsi per le sonorità in esso contenute: sette pezzi semistrumentali che si aprono col passo irrequieto di "Omicidio e Fuga", e quel suo riffing roboante (all'insegna del math rock) su cui si stagliano slanci apocalittici di un basso costantemente fuori dagli schemi, arzigogolii di chitarra che si incuneano nel cervello e fanno uscire pazzi e poi ecco, un break, che apre a splendide e psichedeliche partiture post rock. Deliziosi, non c'è da aggiungere altro, soprattutto quando il violino emerge dal sottofondo. E l'ipnotismo lisergico della band pugliese esplode ancor più forte in "Don't Mess With Me, Renato", una song in cui la carezzevole voce di Costantino Temerario mostra il proprio volto, mentre in background le chitarre si confondono con gli sperimentalismi creati dai synth, generando atmosfere surreali che mi hanno ricordato i vicentini Eterea Post Bong Band. Un arpeggio stroboscopico apre invece "Tone le Rec", un brano da utilizzare con grande cautela, il rischio di andare fuori di testa è davvero elevato, complice la ridondanza delle sue chitarre prima che un indemoniato basso a braccetto con synth e una chitarra delirante, prendano la testa del brano e come cavalli imbizzarriti, si lancino in un fuga ad alto tasso di pericolosità. Ci ho sentito un che dei Primus in queste note, ma anche l'inquietudine degli Swans, unita alla melmosità dei Neurosis. I Turangalila (non ricorderò mai questo nome) proseguono sulle suadenti note di "Liquidi e Spigoli", un post rock malinconico che dilagherà presto in fughe math rock con la voce che torna a sgomitare accanto alla schizofrenica ritmica dei quattro italici musicisti. Ma i nostri proseguono il loro trip all'insegna di sonorità sbilenche nell'atipica title track che evidenzia una certa perizia tecnica all'interno del collettivo, una ricerca costante di esplorare il proprio intimo con suoni cerebrali, a tratti anche eterei che mi hanno evocato un altro nome che adoro, ossia gli *Shels, per quella ricerca costante di saliscendi ritmici in seno alla band. Si fanno invece più cupi in "Cargo Cult Coda" che con una splendida sezione d'archi, mette una sorta di punto e accapo al precedente pezzo. In chiusura, ancora dieci minuti di entropia sonora creata nell'amalgama noise rock di "Die Anderen", l'ultimo atto dove trovano il modo di confluire suoni post metal, alternative e d'avanguardia sempre più interessanti che mi obbligano a suggerirvi di avvicinarvi al più presto ma con grande cautela a questi Turangalila. Maledetto nome, non mi ricorderò mai di te. (Francesco Scarci)

(Private Room Records - 2021)
Voto: 77

https://turangalila.bandcamp.com/

sabato 15 maggio 2021

Ba'al - Ellipsism

#PER CHI AMA: Black/Sludge, Inter Arma
Gli inglesi Ba'al non sono una band come le altre. Il sound del loro debut 'Ellipsism' (quello sulla lunga distanza intendo, visti già due precedenti EP all'attivo) è un concentrato di black sludge malinconico, caratterizzato dalle lunghe durate dei suoi brani. Il quintetto di Sheffield ci attacca subito con l'acidità black di "Long Live", un brano impostato sin da subito su ritmi forsennati e vocals caustiche, che vede poi una lunga parte atmosferica a cavallo fra terzo e sesto minuto, in cui i nostri sembrano concederci la pausa ideale prima di attaccarci con una proposta questa volta più melmosa e strisciante, che ci presenta l'anima sludgy dell'ensemble britannico. La seconda "An Orchestra of Flies" riparte da qui, da ritmi più lenti e fangosi per accelerare paurosamente verso il secondo minuto con una ritmica serrata che va alternandosi con la vena sludge propinata dai cinque musicisti. Non una proposta semplice da digerire, lo metto subito in chiaro, però quello dei Ba'al è un suono sicuramente intrigante che negli oltre 60 minuti del disco, avrà diverse cose da mettere nero su bianco. Dalle angoscianti sonorità della seconda traccia ci spostiamo a "Jouska", previo un breve break strumentale (ne troveremo altri due nel corso dell'ascolto di 'Ellipsism'), una song dall'incipit oscuro e da un'andatura più ritmata, che comunque non rinuncia alle harsh vocals di Joe Stamps (il cantante degli Hecate Enthroned) e ad una buona dose di melodia che comunque caratterizza l'intero lavoro. Con "Tarred and Feathered" la band sembra affiancare alla componente black una buona dose di death metal nella corposità delle chitarre e in vocals che rimpallano tra urla blackish e vocals gutturali. La traccia è bella tesa e tende a sfociare nel corso delle sue spirali infernali in ambientazioni fumose. Con "Father, the Sea, the Moon" i nostri cambiano ancora i propri connotati con un approccio lento, profondo ma dotato di ottime orchestrazioni e di una serie di sorprese a livello chitarristico che mi disorientano e catturano. L'anima dei Ba'al rimane però quella di sempre, votata ad una oscurità intransigente che si muove tra rutilanti ritmiche e accelerazioni improvvise, stop'n go governate dallo screaming efferato del frontman inglese. In chiusura l'ultima sorpresa di 'Ellipsism',"Rosalia", la traccia più lunga del disco (oltre 12 minuti) che ci consegna l'anima struggente ed intimista dei Ba'al, in una evoluzione sonora che parte dal gentile arpeggio iniziale, per poi proseguire attraverso malinconiche linee di chitarra e decollare con sonorità prese in prestito dal post metal, da un suono pesante ma comunque emozionalmente convincente, in cui a brillare è la presenza della viola di Richard Spencer, che arricchisce di un ulteriore elemento la proposta sonora di questi interessantissimi Ba'al. (Francesco Scarci)

giovedì 13 maggio 2021

The Circle - Metamorphosis

#PER CHI AMA: Symph Black/Death, Ne Obliviscaris
Fermi tutti! No, questa non è una rapina, ma l'invito a focalizzare un attimo la vostra attenzione sul debut EP dei teutonici The Circle. Il duo di Hameln propone quattro tracce atte ad introdurci alla loro proposta musicale che volge lo sguardo all'analisi dell'emozioni più oscure, paura ("Angst"), disperazione ("Verzweiflung"), ira ("Zorn") e salvezza ("Erlösung"). 'Metamorphosis' è un lavoro prezioso che ci permette di conoscere al meglio questi musicisti e comprenderne le potenzialità fin dall'iniziale "Angst", in cui confluiscono suoni death sinfonici, uniti ad una certa vena progressiva. Sembra quasi di ascoltare gli ultimi Triptykon, senza la voce femminile mi raccomando, anzi qui sottolinerei la bravura del frontman Asim Searah, sia nel growling che nel pulito, uniti ad una vena malinconica tipica dei My Dying Bride. Le ambientazioni tastieristiche, la ritmica mid-tempo e le ottime melodie, fanno dell'opener una traccia affascinante, soprattutto nella componente solistica che chiude alla grande il pezzo. Ma il successivo non è da meno, statene certi anzi. In "Verzweiflung" sembra quasi che i nostri prendano una maggior coscienza di se stessi e si lancino in un sound melodico, al tempo stesso disarmonico, con una sfuriata black iniziale a cui fare da contraltare con splendide melodie in stile Children of Bodom, e con il cantato growl sempre compensato dalle ottime clean vocals. Un super break atmosferico spezza il brano in due parti dove nella seconda metà, sembra che i nostri guardino verso orizzonti di meshuggana memoria, il tutto comunque avvolto da una vena teatral-operistica che aumenta il fascino per un disco che ha il solo difetto di durare troppo poco (27 minuti per un EP non sarebbero nemmeno pochi ma visto che Metal Archives lo etichetta invece come full length, diventato troppo pochi). A parte questo, il dischetto prosegue su una eleganza di suoni davvero da leccarsi le dita anche con la terza "Zorn", dove l'utilizzo degli archi sembra quasi emulare i Ne Obliviscaris, forse l'influenza che alla fine potrebbe condensare in poche parole il sound dei The Circle. E francamente per il sottoscritto, fan numero uno della band australiana, nonchè quello che li ha spinti tra le braccia della Code666, questo non può che essere un enorme complimento per i nostri, per cui vedo peraltro ancora grossi margini di miglioramento. Alla fine, i pezzi sono fantastici, ben suonati, ben bilanciati tra ritmiche forsennate e melodie straripanti, con blast beat stemperati dalla forte vena orchestrale che potrebbe scomodare anche qualche paragone con i nostrani Fleshgod Apocalypse. Insomma, non ho certo messo nomi a caso in questa mia valutazione di 'Metamorphosis' e dire che a rapporto manca ancora il quarto capitolo, "Erlösung", un pezzo che miscela la robustezza del death melodico con splendide parti atmosferiche, un'alternanza ed ecletticità vocale davvero notevole da parte del cantante di origini pakistane, ed un gusto per la melodia invidiabile. 'Metamorphosis', il più classico dei buongiorno che si vede dal mattino. (Francesco Scarci)

Dumbsaint - Something That You Feel Will Find Its Own Form

#PER CHI AMA: Post Metal Strumentale
Riesumiamo i Dumbsaint e il loro debut 'Something that You Feel Will Find Its Own Form' semplicemente perchè fa parte della re-release series della Bird's Robe Records in occasione dei dieci anni di compleanno. L'album è uscito infatti nel 2012 e il nostro Mauro (per cui riproporrei la sua visione) ne parlava come un esempio di post metal (strumentale) cinematico ed estremamente affascinante. I nostri nascono nel 2009, e la loro peculiarità sta nel fatto che le loro esibizioni live siano caratterizzate dalla proiezione di filmati appositamente realizzati per fondersi al meglio con la propria musica, quasi come in un’installazione artistica multisensoriale. La paura che le note, qui deprivate del loro naturale elemento completante, non siano in grado di reggersi in piedi da sole, viene presto spazzata via dall’ascolto di questo solidissimo lavoro. Vale quindi la pena di dare un’occhiata al “pacchetto completo” sul canale youtube della band (per esempio il folgorante singolo “Inwaking”), per godere appieno dell’esperienza così come era stata pensata all’origine dai propri autori. La prima volta che ho ascoltato questo disco l’ho fatto in maniera piuttosto distratta, mettendolo nel lettore mentre sbrigavo altre faccende, e mi sono sorpreso a mollare quello che stavo facendo per seguire con attenzione quello che usciva dalle casse dello stereo, completamente rapito dalla complessità, la stratificazione, la potenza degli intrecci ritmici e armonici dei tre australiani. Una musica di questo tipo richiede assoluta perizia strumentale, e sotto questo profilo i Dumbsaint sono davvero bravi, in particolare mi preme sottolineare la prestazione monstre del batterista Nick Andrews, responsabile della varietà di ritmi e strutture che si susseguono senza sosta lungo tutto l’arco del disco. Stratificazione, si diceva: il post metal dei Dumbsaint sembra funzionare a più livelli di coscienza e riuscire sempre a trovare la strada per scardinare le nostre gabbie e i nostri scudi, e farsi strada prepotentemente con i suoi crescendo, le sue strutture irregolari ma sempre perfettamente - quasi matematicamente – compiute, la sua potenza, non viscerale ma controllata senza che questo suoni come un difetto, tenuta a bada e poi liberata improvvisamente. I rimandi a band più blasonate quali Isis e Pelican non mancano, ma quello che fanno i Dumbsaint è qualcosa di ancora diverso e persino più ardito. In più di un passaggio sembra di ascoltare i Tool di 'Lateralus' orfani dei magnetici vocalizzi di Maynard James Keenan, senza tuttavia che la sua assenza si faccia sentire più di tanto. Non so per voi, ma per me questo è un grosso complimento. (Mauro Catena)