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martedì 18 maggio 2021

Feradur - Parakosm

#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity
Due anni fa parlavo su queste stesse pagine del secondo lavoro dei lussemburghesi Feradur. Oggi, il quintetto mittleuropeo (che include anche membri dalla vicina Germania) torna con un nuovo intrigante EP, intitolato 'Parokosm', che rappresenta un immaginario mondo generato dalla mente di questi musicisti. La proposta dei nostri continua a muoversi all'interno del sottobosco melo-death, chiamando indistintamente in causa Amon Amarth e Dark Tranquillity. Ce lo conferma quell'arpeggio in apertura di "Midas (Materia Prima)" che sembra quasi riportarmi agli esordi di Michael Stanne e soci. La band prova in modo inequivocabile una certa nostalgia per quei suoni dei primi anni '90 cosi ricchi in melodia e al tempo stesso, dotati di una certa aggressività che si esplica nei vocalizzi rabbiosi del frontman Mario Hann. I Feradur non rinunciano poi a certe sgaloppate che affondano le proprie radici nel Göteborg sound (At the Gates, In Flames), pur ammiccando addirittura all'heavy metal anni '80, soprattutto nelle sue linee solistiche. La band, pur non inventando nulla di nuovo, si lancia anche nelle successive tracce, nelle classiche epiche cavalcate ("Crest of Betrayal"), dove dar sfoggio a tutta la propria capacità tecnico-esecutiva, mostrando sempre peraltro un ottimo gusto per le melodie. Tuttavia, niente di nuovo sotto il sole, ma quanto proposto qui è sicuramente accattivante e piacevole da ascoltare. Con "Saviours", si entra nei paraggi di un death thrash più canonico, un balzo indietro di oltre trent'anni, per un sound che ancora oggi se la passa comunque bene e non sente lo scorrere del tempo. "Tetsuo" è un altro pezzo che picchia alla grande, forte di una componente thrash punk nella sua linea principale di chitarra, sempre tesa e furiosa. Stravagante l'uso di una porzione corale che affianca il growling di Mario e rappresenta verosimilmente la cosa più originale si possa sentire nel qui presente dischetto. Ma il finale del brano ha da offrire ancora qualche sorpresa nelle sue ritmiche incessanti, e nell'uso di un dualismo vocale, forse ancora un po' confuso, che mostra comunque una ricercatezza di soluzioni da parte del collettivo teutonico-lussemburghese. A chiudere il disco ci pensano le oscure melodie di "Host of the Nightmare", l'ultimo capitolo di 'Parokosm', un abissale pezzo basato su un videogame della Playstation, che sembra prendere le distanze dalle precedenti tracce. Se la prima parte è all'insegna del mid-tempo, la canzone deflagra attraverso repentini cambi di tempo, in vertiginose ritmiche death (e graffianti vocals black) con tanto di riffoni compatti e carichi di groove, per poi rallentare improvvisamente in parti completamente disarmoniche. Interessante il tentativo di cambiare più volte le carte in tavola soprattutto laddove i nostri ripartono con accelerazioni taglienti, segno della volontà dei Feradur di trovare una propria personalità ben definita. Ultima citazione per l'eccellente produzione di Jens Bogren (Opeth, Kreator, Arch Enemy) ad esaltare i nostri in questo nuovo capitolo. Ora non ci resta altro che aspettare un nuovo full length e sperare nel definitivo cambio di passo. (Francesco Scarci)

venerdì 14 giugno 2019

Feradur - Legion

#PER CHI AMA: Melo Death/Thrash, Amon Amarth
In uscita questi giorni il comeback discografico dei lussemburgo-teutonici Feradur. 'Legion' rappresenta infatti il secondo lavoro per il quintetto originario della capitale del piccolo stato mittle europeo, con qualche membro poi dislocatosi ad Amburgo e Colonia, in Germania. 'Epimetheus', il debut del 2015 era arrivato solamente nove anni dopo la nascita della band, ora abbiamo atteso quattro anni per gustarci il secondo album dei nostri, con questo ritmo non è detto che il prossimo lavoro possa uscire fra un paio di anni. Comunque, parlando dei contenuti musicali delle undici tracce qui incluse, posso dire che in mano ci ritroviamo un Lp dedito a sonorità melodeath, dalle influenze più disparate. Si va dal sound degli Amon Amarth di "A Hadean Task" agli Iron Maiden di "Fake Creator", ma andiamo con ordine. I nostri sono sicuramente diligenti nello svolgimento del loro compito, affidandosi sin dall'opener "Deus (Finis Saeculorum)" a ritmiche robuste, ben dosate, una produzione bella piena, e ritmi incandescenti. Ascoltatevi a tal proposito la roboante "Kolossus", una bella cavalcata death thrash, che vi riporterà ai fasti degli anni '90, pronti per lanciarvi in un infuocato headbanging, anche se poi il finale sembra virare verso territori più moderni, ad un black death dotato di ottime melodie al servizio di una buona tecnica. Sia ben chiaro che nessuno ha scoperto l'acqua calda, un nuovo continente o inventato un nuovo genere musicale, i Feradur suonano quello che più amano e più ha plasmato la loro crescita musicale, un death metal venato di qualche influenza progressive, che trova addirittura il modo di sfociare in influenze folkloriche. Si perchè l'inizio acustico di "Omen of Incompleteness" ci proietta al Kantele finlandese di Amorphis memoria, in un brano che evolve successivamente in un sound macinaossa stile Arch Enemy. Ben più ruffiana "Fake Creator", vuoi per le melodie che si stampano immediatamente in testa, ma anche per l'uso delle keys, che lasciano poi il posto ad un bel rullo compressore fatto di ritmiche tirate e un growling omicida, merito dell'ultimo arrivato, in seno alla formazione, l'unico vero tedesco della compagnia, Mario Hann, che suona nei Reapers Sake e ha peraltro collaborato con altre band, sia dietro la consolle che come guest, vedi Firtan o nel nuovo EP dei Luzidity. Intanto, qui si continua a viaggiare su tempi sparatissimi con un bel tremolo picking in sottofondo, mentre le chitarre sembrano invece richiamare il NWOBHM con le linee melodiche in stile Iron Maiden. C'è tempo ancora di farci sparare in faccia altre granitiche tracce, il disco dura infatti oltre 50 minuti: "Of Greater Deeds" è una bella mazzata in pieno volto con una serie di cambi di tempo da urlo ed una prova alla batteria di "D-" Mich Weber davvero notevole, senza mai perdere di vista il lavoro dei due axemen, che ne combinano di tutti i colori alle sei corde. Più oscura "The Night They Were Taken", dura, quasi spettrale nella sua componente solistica, che mi ha evocato per certi versi i primi Testament, poi altro sublime cambio di tempo e sembra di ascoltare un altro brano, compresso, caustico, serrato, feroce. Si cambia ancora registro con il mid-tempo di "Amplification Monolith", un brano che s'ispira nuovamente agli Amon Amarth e che vede nel ricamo chitarristico delle due asce, il punto di forza della compagine lussemburghese. Poi il finale, affidato alla marziale "Maelstrom" e a quel prepotente gorgo che crea un ambiente denso ma atmosferico prima dell'uscita sparata a mille, con chitarre di Overkilliana memoria. Si arriva intanto alla conclusiva e strumentale "Into Stygian Depths", un breve outro che chiude questo secondo episodio della saga Feradur. Ben fatto. (Francesco Scarci)

(Self - 2019)
Voto: 75

https://feradur.bandcamp.com/