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giovedì 13 maggio 2021

The Circle - Metamorphosis

#PER CHI AMA: Symph Black/Death, Ne Obliviscaris
Fermi tutti! No, questa non è una rapina, ma l'invito a focalizzare un attimo la vostra attenzione sul debut EP dei teutonici The Circle. Il duo di Hameln propone quattro tracce atte ad introdurci alla loro proposta musicale che volge lo sguardo all'analisi dell'emozioni più oscure, paura ("Angst"), disperazione ("Verzweiflung"), ira ("Zorn") e salvezza ("Erlösung"). 'Metamorphosis' è un lavoro prezioso che ci permette di conoscere al meglio questi musicisti e comprenderne le potenzialità fin dall'iniziale "Angst", in cui confluiscono suoni death sinfonici, uniti ad una certa vena progressiva. Sembra quasi di ascoltare gli ultimi Triptykon, senza la voce femminile mi raccomando, anzi qui sottolinerei la bravura del frontman Asim Searah, sia nel growling che nel pulito, uniti ad una vena malinconica tipica dei My Dying Bride. Le ambientazioni tastieristiche, la ritmica mid-tempo e le ottime melodie, fanno dell'opener una traccia affascinante, soprattutto nella componente solistica che chiude alla grande il pezzo. Ma il successivo non è da meno, statene certi anzi. In "Verzweiflung" sembra quasi che i nostri prendano una maggior coscienza di se stessi e si lancino in un sound melodico, al tempo stesso disarmonico, con una sfuriata black iniziale a cui fare da contraltare con splendide melodie in stile Children of Bodom, e con il cantato growl sempre compensato dalle ottime clean vocals. Un super break atmosferico spezza il brano in due parti dove nella seconda metà, sembra che i nostri guardino verso orizzonti di meshuggana memoria, il tutto comunque avvolto da una vena teatral-operistica che aumenta il fascino per un disco che ha il solo difetto di durare troppo poco (27 minuti per un EP non sarebbero nemmeno pochi ma visto che Metal Archives lo etichetta invece come full length, diventato troppo pochi). A parte questo, il dischetto prosegue su una eleganza di suoni davvero da leccarsi le dita anche con la terza "Zorn", dove l'utilizzo degli archi sembra quasi emulare i Ne Obliviscaris, forse l'influenza che alla fine potrebbe condensare in poche parole il sound dei The Circle. E francamente per il sottoscritto, fan numero uno della band australiana, nonchè quello che li ha spinti tra le braccia della Code666, questo non può che essere un enorme complimento per i nostri, per cui vedo peraltro ancora grossi margini di miglioramento. Alla fine, i pezzi sono fantastici, ben suonati, ben bilanciati tra ritmiche forsennate e melodie straripanti, con blast beat stemperati dalla forte vena orchestrale che potrebbe scomodare anche qualche paragone con i nostrani Fleshgod Apocalypse. Insomma, non ho certo messo nomi a caso in questa mia valutazione di 'Metamorphosis' e dire che a rapporto manca ancora il quarto capitolo, "Erlösung", un pezzo che miscela la robustezza del death melodico con splendide parti atmosferiche, un'alternanza ed ecletticità vocale davvero notevole da parte del cantante di origini pakistane, ed un gusto per la melodia invidiabile. 'Metamorphosis', il più classico dei buongiorno che si vede dal mattino. (Francesco Scarci)

venerdì 25 maggio 2018

Metamorphosis - The Secret Art

#PER CHI AMA: Black/Heavy, Celtic Frost, Amorphis, Septic Flesh
Il buon Boris Ascher, factotum dei Metamorphosis non ci crederà, ma io conservo ancora la cassetta 'Life Is Just a Joke' che comprai nel lontano 1994 direttamente da lui per una manciata di dollari. Era la demotape di debutto per la one-man-band bavarese, da allora, con estrema calma, sono usciti sei album, di cui 'The Secret Art' è appunto l'ultima opera, rilasciata lo scorso autunno. Cosa cambia rispetto agli esordi? Il supporto, qui c'è un cd in digipack anzichè un nastro, per il resto lo spirito genuinamente black metal di Boris sembra essere rimasto inalterato lungo questi 24 anni. Il musicista teutonico prosegue sulla sua strada di un black metal atmosferico e melodico, come certificato dalla traccia in apertura del disco, nonché title track, di cui vorrei sottolineare l'eccellente performance corale che rende il tutto assai epico, nonostante un riffing che si pone poi a metà strada tra il death/thrash e il black. Un interludio strumentale è quanto servito in "The Beckoning", poi è la volta di un arpeggio, quello che apre "Night on Bare Mountain", in cui su un riffing quasi techno death, si colloca il growling stridulo del mastermind tedesco, mentre il flusso sonico subisce una serie di rallentamenti, accelerazioni e cambi di tempo, che francamente mi ricordano per spirito i Celtic Frost, mentre per ciò che concerne gli arrangiamenti di stampo sinfonico, ecco che le mie rievocazioni mentali mi guidano verso i greci Septic Flesh, anche per una certa magniloquenza delle atmosfere. "As Legions Rise" parte robusta e arrogante per poi dissipare le tempestose nubi death thrash in azzeccatissime linee di chitarra e ottimi assoli. "God of the Dead" è una song strumentale che vanta una piacevole melodia di fondo che scomoda facili paragoni con i primi Amorphis, con le tastiere che creano successivamente un'ambientazione spettrale. Sembrano infatti le catene di un fantasma imprigionato in un castello, quelle che si avvertono in sottofondo, mentre il buon Boris sciorina un rifferama che vede nel drumming il solo punto debole del pezzo (aggiungerei anche dell'album che avrebbe sicuramente necessitato di una migliore produzione), mancando di una certa potenza che avrebbe reso il tutto assai più maestoso. "A Fateful Night" è un altro esempio di come il musicista originario di Holzkirchen, riesca a coniugare con estrema semplicità death e black, peraltro regalando vertiginosi ma non troppo lunghi, assoli da brivido. Complice una certa brevità dei brani, tutti assestati attorno ai 4-5 minuti, devo ammettere che è ancor più immediato e facile assaporare il feeling emanato dal fluire del cd, come nella settima "Holy Wounds", in cui a guidare è un bel riffone thrash sul quale si staglia il vocione del vocalist, mentre in background sono delle minimaliste quanto funzionali keyboards a creare quell'aura mefistofelica. "Invictus" è un altro mid-tempo thrash/death, il cui break centrale prende le distanze da ogni tipo di sonorità estrema, virando verso un sound decisamente più leggero, quasi hard rock. Se non ci fosse il growling oscuro di Boris e verosimilmente tematiche volte a temi occulti, probabilmente starei parlando di tutt'altra proposta musicale, come quella che incontro nella nona traccia, "The Crypt", che mi ha ricordato un che dei Running Wild meno power. Boris alla fine sorprende per la sua voglia di sperimentare, ma questo mi era già chiaro perfino nel 1994. (Francesco Scarci)

(The Devil's Ground Productions - 2017)
Voto: 75

https://thedevilsground.bandcamp.com/album/the-secret-art

mercoledì 27 settembre 2017

Persona - Metamorphosis

#PER CHI AMA: Symph Metal, Epica
Ci eravamo lasciati lo scorso anno con il loro album d’esordio, 'Elusive Reflections', che aveva rivelato le potenzialità della band, improntandosi su un solido power-symph, gradevole seppur non esageratamente innovativo. Quest’anno i tunisini Persona si ripresentano con il loro nuovo lavoro in studio, il full-length 'Metamorphosis'. E avvertiamo subito un aggiustamento di tiro rispetto al precedente lavoro: seppur più caratteristico nelle scelte stilistiche, il primo album presentava al suo interno qualche avvertibile fragilità. Con 'Metamorphosis' invece approdiamo indubbiamente ad un operato di più ampio respiro, frutto di scelte studiate e composizioni ben curate. A partire dal clavicembalo di “Prologue”, assistiamo al crescendo complessivo del disco, seguendo le fasi di questa metamorfosi fino al suo culmine, la liberazione, l'epilogo affidato a “The Final Deliverance”. All’interno di questi 12 brani si può notare tutta l’evoluzione compositiva e tecnica effettuata dalla band. Le continue oscillazioni e i repentini passaggi di Jelena Dobric dalle tonalità più soavi alle potenti linee di growl, si fanno leit-motiv dell’intero disco. Si avverte come la cantante afferri decisamente le redini dell’ensemble, ricamando le liriche sull’alone gothic di oscure atmosfere che avvolgono l’album fin dalle prime note. Pad e soprattutto organi sono determinanti in questo caso, frutto di un pregevole lavoro alle tastiere. Notevoli sono i numerosi passaggi squisitamente tecnici, caratterizzati dalle continue alternanze di tempo, che condiscono l’opera, altro esempio della migliorata qualità compositiva del gruppo. Frequenti sono anche le decise e spregiudicate accelerate, guidate da un drumming imperioso, sviluppando una fragorosa potenza che spezza i più pacati equilibri melodici. Ritroviamo in 'Metamorphosis' anche diversi richiami al primo album, con sonorità e passaggi “esotici”, sfruttando particolari scale musicali che conferiscono quel tratto “orientaleggiante” ai brani (per esempio in “Hellgrind”). Sul finale da segnalare un pezzo in puro stile Epica, profondamente melodico e atmosfericamente curato, “The Seeress of Triumph”, prima della traccia in chiusura già citata, “The Final Deliverance”. Quest'ultima alleggerisce nettamente i toni rispetto al resto, in quanto si trova dover simboleggiare la salvezza finale dell’essere dopo questa serie di trasformazioni. Che dire, quest'ultimo disco dei Persona è indice dell’impegno e della dedizione che questi ragazzi hanno impiegato per migliorarsi sotto molteplici aspetti. Un risultato che premia gli sforzi, poiché la qualità dell’album di debutto viene ampiamente superata e deve fungere da incoraggiamento per la band, intrepida ed insolita portavoce del metallo nell’Africa Nord-occidentale, a fare ancora meglio per gli anni a venire. (Emanuele Norum Marchesoni)