#PER CHI AMA: Post Black, Deafheaven, Altar of Plagues |
Il nome della band romagnola si rifà alla tradizione mitologica presso gli Inuit, popolazione eschimese e alla loro dea del mare, in onore della quale venne dato il nome anche al presunto decimo pianeta (o forse asteroide) del nostro sistema solare anche se in molti credono che Sedna possa essere Nibiru, il "dodicesimo" astro menzionato nelle tavolette cuneiformi dei Sumeri. A prescindere dall’origine del nome, il quartetto romagnolo si rivela una talentuosa band di quello che ormai ho deciso ribattezzare come “post black”. E l’intro angosciante di “Oblio” preannuncia già quanto di malvagio è contenuto nelle note di questo inquietante “O”. Non mi sbagliavo di certo perché “Spiral” in un batter d’occhio spazza via ogni cosa con la sua furia distruttiva, un muro inerpicabile sorretto da una disumana sezione ritmica su cui si eleva lo screaming feroce di Alex, prima che il tutto sia messo in “slow motion” con un sound di derivazione sludge, che riprende ben presto la sua irruenza, con la tempesta annichilente di inizio brano, prima di sciogliersi in un finale drone. Sono annientato e al tempo stesso esaltato dalla performance dei nostri che con il loro umore, a cavallo tra il black di Wolves of the Throne Room, Altar of Plagues e gli ultimi geniali Deafheaven, miscelato con il post metal/sludge soffocante di Neurosis o dei nostrani Ufomammut, sfoderano una prova davvero entusiasmante. L’assalto brutale che contraddistingue anche “Taedium”, viene stemperato dall’utilizzo della chitarra arpeggiata in ambientazioni decadenti, con la voce che passa dal suo profondo e cattivo growling, a momenti in cui fa capolino addirittura un cantato pulito non ancora ben delineato e che appare come il vero punto debole della performance. Per un fanatico come me della pulizia dei suoni, c’è poi da sottolineare che la produzione fatta in casa, non sia proprio delle migliori, ma c’è anche chi apprezza notevolmente questo genere di registrazioni che preservano intatto il feeling malvagio che si cela dietro alla musica del quartetto di Cesena. A chiudere il mini cd, ci pensa “Rain of the Sun”, la song probabilmente che mostra una maggiore varietà di fondo e che palesa nel proprio sound, ulteriori apocalittiche visioni ed influenze, con la voce del buon Alex che, alternandosi tra gorgheggi growl, corrosive urla aliene e cleaning vocals, denota tutto il suo spessore, mostrato anche in sede live. Peccato che il cd si chiuda qui, ne avrei voluto ancora e ancora, per permettere alla mia anima tormentata di abbandonarsi all’oblio e alla disperazione contenute in questo controverso lavoro dal titolo “O”. Maledetti! (Francesco Scarci)
(Self)
Voto: 75
Voto: 75