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martedì 27 aprile 2021

Heresy - Blasphēmia

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Thrash/Death, Kreator
Kreator like sounding, at least on the vocal-end via Mille, but musically in their own thrash metal-like zone. Very well orchestrated! I dug this album immediately but it did remind me of Kreator. I think from a musical standpoint, they sound like Heresy. And pretty soon, they'll have a new recording for a full-length. And their music is top notch in many respects! It's got many different tempo changes but it still remains a good listen-to, ABSOLUTELY Even though this was 35 minutes and only 7 songs, long awaiting their upcoming release in the next few months (according to Heresy directly).

These guys have their own unique sound to them though they sound like their some of their influences. But overall, it was an enjoyable album. A lot of highlights and buzzing guitar licks galore. The sound quality was top notch, too. I've found this band to be unrelenting thrash of an onslaught! These guys dish it out totally and the riffs are very fresh and catchy. Sound quality is great too with the vocals that are well fitted with the guitars. It's truly an Armageddon sound-wise. These guys totally tear it up from all aspects. They dish it out some ear shattering thrash metal that's unrelenting and uncanny.

I thought the the musical production quality was quite good. No complaints on that front. I see that the other review here on Encyclopedia Metallum - The Metal Archives was higher notch though I think it was overly generous. And I'm being absolutely scrupulous. Though I esteemed this release highly, I don't think it's to the caliber of an "A-" rating. I have my reasons but mostly because the album wasn't long enough and the vocals were too much like Kreator. Other than those insufficiencies, it's a gem. And the album is full of brutality that leaves your eardrums ringing. It's a true onslaught of noise terror!

This was my first introduction to the band and man was it a great experience. Though they're somewhat of a new band, they still do a good job of satisficing the listener totally. The vocals were so overpowering though, but they did a good job here from every aspect. I enjoyed this album immensely. I just wished that it was longer in duration. But despite the negatives, there was an overabundance of positives notable here. I actually received the CD of this one but if you're skeptical, check it out on YouTube or see if Spotify has it too. I'm cherishing the CD that I promise not to get rid of! Check it out! (Death8699)


The Pit Tips

Francesco Scarci

Show Me a Dinosaur - Plantgazer
Soulless - Shine in Purity
Mur - Truth

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Death8699

Cannibal Corpse - Violence Unimagined
Epica - Omega
Skeletal Remains - The Entombment of Chaos

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Alain González Artola

Kauan - Ice Fleet
Gothic Sky - In the search of Lost Soul
Snailmageddon - Swansong for a Snail

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Bob Stoner

Revolutionary Army of the Enfant Jesus - The Gift of Tears
Vale - The Folklore Man
Steven Wilson - The Future Bites

lunedì 26 aprile 2021

Mourning Dawn - Dead End Euphoria

#PER CHI AMA: Death/Doom
Avevo bisogno di sonorità un po' mortifere in questo periodo cosi allegro delle nostre vite. Giungono in mio aiuto in tal senso i francesi Mourning Dawn, con la loro quinta fatica, 'Dead End Euphoria', nella loro classica commistione di death e doom con frangenti black e funeral. Mi lascio cosi inglobare dalle sonorità decadenti dell'opener "Dawn of Doom", un nome un programma, per una traccia che mostra la classica veste death mid-tempo, da sempre DNA del terzetto parigino, tra le cui pieghe si infilano rare e destabilizzanti strutture black, con quel piglio disarmonico dei Deathspell Omega e qualche vocalizzo urlato. Ecco sfornato quindi il tipico prodotto dei Mourning Dawn. La matrice è infatti quella di sempre, anche nella successiva "Never to Old to Die", un pezzo che richiama nelle sue sconfortanti melodie, le prime cose dei Katatonia nei loro costrutti malinconico disperati, a metà strada tra 'Dance of December Souls' e 'Brave Murder Day'. E la lunghezza drammaticamente lunga dei brani, che troverà la sua massima espressione nei 26 minuti di "The Five Stepts to Death", contribuiscono a creare quel senso di inappropriatezza nell'anima, già di per sè inquieta, di chi ascolterà il disco. Un lavoro sicuramente assai solido ma che forse percepisco in alcuni frangenti eccessivamente monolitico, sebbene i transalpini cerchino qualche variazione al tema, in certi cambi di tempo, a dire il vero, un po' telefonati, o nella ridondanza di certi passaggi ritmici, che magari avrebbero dato maggiore dinamicità ai brani. La title track in questo mi colpisce molto per quel suo forte struggimento nella linea delle chitarre, ma anche dei chorus, che la rendono forse il brano più accessibile dei sei, anche perchè il più breve ("solo" sei minuti). A seguire infatti arriva "Conclusion" che per un attimo mi aveva illuso di essere già giunti alla fine di 'Dead End Euphoria', ma in realtà non siamo nemmeno a metà, vista la lunghezza estenuante del disco. E il quarto pezzo prosegue non aggiungendo granchè al sound dei nostri, qui decisamente più votato a scorribande black e ad un cantato quasi salmodiante, per lo meno una variazione alla graffiante ugola di Laurent "Pokemonslaughter". Il brano tuttavia ha ancora modo di stupire con un'effettistica alla sei corde alquanto stralunata, che si dipana tra accelerazioni da verbo nero e rallentamenti che rasentano il funeral, quasi a prepararci alla montagna prossima da scalare. Siamo arrivati infatti ai 26 minuti di "The Five Stepts to Death" e l'inizio non può essere più impervio. La parete da affrontare è infatti più scoscesa che mai con quelle sue trame funerarie, lente, ossessive, angoscianti, a tratti sfiancanti (26 giri di orologio sono lunghi da affrontare), soprattutto quando la band spegne la luce, va in letargo e prova poi a ridestarci con lunghi intermezzi acustici di scuola Opeth, prima di capovolgimenti di fronte che ci spingono a sfuriate post black. Non è una passeggiata, lo ribadisco, serve essere davvero dei grandi fan del genere per spingersi ad ascoltare un disco a tratti cosi catartico (e al tempo stesso efferato) nei suoi contenuti. In chiusura, gli oltre dieci minuti (di cui solo la metà suonati, il resto silenzio) di "Adieu", il colpo di grazia che serviva, costruito su un muro di chitarre suonate su un'unica nota, corroborate da una percussione lenta e psichedelica e dal vociare disperato di Laurent. Abbiamo atteso quattro anni per ascoltare la nuova release (nata in realtà sotto i non migliori auspici) e francamente, mi aspettavo qualcosa di più alto livello che un lavoro di onesto ma poco intellettuale death/black doom. (Francesco Scarci)

domenica 25 aprile 2021

Grosso Gadgetto & Pink Room - Woke

#PER CHI AMA: Experimental/Electro/Drone/Rap
Trovo francamente che il moniker di una band ne sancisca già in un qualche modo il successo; chiamarsi Grosso Gadgetto mi strappa sicuramente un sorriso, però non mi fa pensare a qualcosa di vincente, magari sbaglio io. Improvvisare poi con i Pink Room nel periodo tra il primo e il secondo lockdown francese poi, non deve aver fatto molto bene alle due band. Il risultato di questa jam session è 'Woke', un EP di cinque tracce che miscela sonorità elettroniche, drone, ambient, industriali con il rap. Ecco, tremo. E dire che la strumentale incipit, affidata alle inquietantissime atmosfere di "Birth", mi aveva fatto ben sperare per lo svolgimento del disco. Quello che mi ha intimorito infatti è stata la successiva "13", che apre con un rap core (ad opera dello special featuring di Oddateee, rapper americano) su sonorità droniche, un esperimento che non avevo mai sentito prima e che se non sufficientemente aperti mentalmente, rischia di comprometterne l'ascolto. Di fronte al mio scetticismo iniziale, ho provato a farmi forza, ascoltando e riascoltando il brano, provando a vincere le mie paure e cercando di avvicinarmi ad un qualcosa (il rap in particolare) per cui ho provato sempre una certa repulsione. E il risultato di questo ascolto mi ha portato a combattere i miei demoni e alla fine ad apprezzare le sonorità da incubo, cosi cerebrali e insane, di questo stravagante ed irrequieto progetto. Certo, è chiaro che queste sonorità non rientrano tra i miei gusti preferiti, eppure trovo nella musica dei nostri un che di affascinante che potrebbe avvicinarli ai conterranei C R O W N nelle loro ultime apparizioni, coniugati con un che del trip hop bristoliano (penso soprattutto alla terza "Once Upon a Hood") e con gli incubi degli statunitensi Dälek, il tutto suonato con una buona dose di improvvisazione di scuola jazzisitica, che si ritrova in tutte le cinque tracce dell'EP. Insomma, con mia grande sorpresa, devo confessare che pur temendo il peggio, sono invece riuscito ad apprezzare 'Woke', che alla fine chiude con le note atmosferiche di "Final Tape". Io a questo punto ritengo di avere la mente abbastanza aperta per accogliere nei miei sensi questo lavoro e voi, sarete in grado? (Francesco Scarci)

Epica - Omega

#FOR FANS OF: Symph Metal
This is by far my favorite Epica release from start to finish. 70+ minutes of beautifully orchestrated symphonic metal. Simone sounds intriguing like a beautiful songbird that she is. The music is wholly original and riffs just kick ass. The keys brighten the music up from being dark to celestial if that! The changes throughout songs makes it ever-most endearing. They totally killed it on here! The tempos are slow pretty much and the lead guitar is angry and fierce. That is, when it shows up in it's presence allure. The backup vocals are also intriguing. There is nothing on here that I would say for the band to change.

Simone is at her best on here and she just sounds utterly beautify. I love it! The hoarse vocals are on here too, but not too much. They balance it out quite well. Definitely everyone on here that did the songwriting knew that this was to be their most epic release ever! I'm glad too that the album is long. It shows that they put a lot of work into making this utterly spellbinding. Simone sounds like her best ever that she has performed ever. A lot of the songs have brief introductions before they really set in. The guitars are heavy but well rounded. They have what it takes on here to make a beautiful release!

I'm applauded that they didn't get higher ratings I mean mine is the highest rating I could possibly give. But I'm backing it up with what I've heard from the album making an educated review of their music on here. The production quality and mixing was just extravagant. So you don't have to worry about making a mistake sound-wise for this one. Sure the symphonic stuff can be irritating at times but they didn't overload you with that symphonic stuff. They balanced it out entirely. And the hoarse vocals as well. Simone is at her best here and I think everything that's on here musically is ABSOLUTE PERFECTION.

I listened to this on Spotify before I thought about buying the album. I ordered the CD pretty much right away because I was in awe to what I heard. So yes, it is a part of me now. Some people have doused this release as something that's just somewhat mediocre and boring. I thought that it was the best release of theirs that I ever heard. I'd say that 'The Quantum Enigma', 'The Holographic Priciple' and 'The Solace System' were all really good, but this one is definitely I think their strong ever that I've heard to date. Long live Epica in their wonderful metal music and let them live it on with this one as their ultimate gem! (Death8699)


(Nuclear Blast - 2021)
Score: 85

https://www.facebook.com/epica

Sounds of the New Soma - Trip

#PER CHI AMA: Krautrock/Psichedelia/Ambient
Nel loro universo costellato di numerose release, in un tempo relativamente breve, il duo di Krefeld, mostra nomi illustri nell'indicare le fonti della propria ispirazione, citando artisti del calibro di Nick Turner e degli Hawkwind, fino ad ammiccare con un titolo di un album, 'Moebius Tunnel', nel 2016, alle opere dello sperimentatore sonoro e mitico guru del movimento krautrock, Moebius. Detto questo, noto con piacere che proprio al krautrock il duo tedesco volge sovente lo sguardo. I nostri presentano brani intrisi di psichedelia, ma con un suono attualizzato e una veste più moderna, spesso spinto da una certa propensione all'elettronica più ipnotica e ambientale (la mente vola ai dischi della Ultimae Records). Sono tanti gli album interessanti e variegati della band teutonica, esplorano lo shoegaze ed alcune teorie amate dai Death in Vegas, sposandole con l'ambient mistico del già citato krautrock in molte delle sue famose forme, concedendosi poi escursioni nel postrock più morbido e a volte strizzando l'occhio perfino a certa elettronica, cosparsa di avanguardia. In questo nuovo 'Trip' i Sounds of the New Soma si concedono il lusso di immaginare il proprio sound scarnificato e quasi in assenza totale di ritmo, dove piccole, mirate variazioni, cambiano il tema portante di un unico brano lunghissimo che sfiora i 43 minuti di durata. Si parte con un tema ambient dal clima estatico, di memoria Brian Eno, tocchi leggeri per un'armonia fluttuante quasi a voler rincorrere certi canoni dei Boards of Canada. Lentamente ci s'incammina sulle atmosfere che animeranno l'intero brano, ovvero il tema robotico/cosmico, rivisto con suoni attuali ma con un'anima legata all'elettronica primordiale ed un cuore vintage. Lo scandire di un sax rarefatto e spettrale, detta le variazioni e le evoluzioni nel segno dei Kraftwerk, sempre in maniera pacata, scarna e minimale, cosi come le chitarre cristalline leggere come l'aria. Quando dopo il primo quarto d'ora di musica, rispunta il magico sax, il cosmo ci appare ancora più vicino. Il suono si fa qui più interessante con rumori astratti di percussioni, mentre l'ingresso di un canto rituale avvolto in suoni ciclici, ci incanala verso una vera e propria sinfonia robotica in balia delle teorie sonore dei maestri elettronici di Dusseldorf. Il sax è sempre un'arma letale in questo disco, quella che precede il tutto e lo rende così d'avanguardia, che ridona umanità alla ghiacciata musica elettronica delle macchine. 'Trip' è un buon album di ambient/psichedelia, per veri appassionati del genere, un disco ostico per via della durata ma allo stesso tempo delicato, stratificato ed etereo, ideale per stimolare la propria psiche. L'ennesimo tassello di una serie di opere tutte da scoprire, un nome, quello dei Sounds of the New Soma da segnare nella propria agenda dei futuri ascolti preferiti. (Bob Stoner)

The Bottle Doom Lazy Band - 2005 – 2020 Doom Over The Years

#PER CHI AMA: Doom metal
Una lunga carrellata di titoli compone questa raccolta nostalgica, uscita per Sleeping Church Records, che si prefissa lo scopo di onorare 15 anni di carriera on the road, passati tra cavalcate metalliche, ed epiche evoluzioni sonore, portate avanti a passo lento, pesante e cadenzato dai doomster transalpini, The Bottle Doom Lazy Band. Il lasso di tempo che intercorre tra le registrazioni è molto lungo, ovvero dal 2005 al 2020, e tutte sono catturate da performance live ruvide e acide, con la voce di Bottleben a guidare la nave da capitano esperto, con modi e costumi da trascinatore di folle, sicuro e convincente. La sua è una voce atipica, a metà strada tra un Captain Beefheart d'oltretomba, un Jello Biafra demoniaco ed un epico Johan Langquist d'annata, con una teatralità ed una intensità, di scuola francese, molto coinvolgente. Un vocalist originale, dalla moderata estensione vocale ma che la sa usare in maniera molto intelligente, facendola risultare selvaggia e salmodiante allo stesso tempo, un po' alla maniera dei mitici Saint Vitus. La musica fa la sua parte mostrando un doom metal carico e teso, con parti di chitarra che emergono a forza laddove il gruppo si muove bene e si sente che è capace. Tuttavia, il suono del disco non è sempre dei migliori come qualità e qui vi rimando a rispolverare gli album da studio del combo francese, 'Burn' del 2020 ed in particolare 'Lost'n Drunk', album del 2015, che contiene un autentico capolavoro al suo interno, ovvero, il lungo brano dal titolo, "Welcome to the Nearest Grave", un gioiellino doom coreografato da un'altrettanto splendida cornamusa. In questo live non può passare inosservato un brano che è divenuto un cult, ossia la storica e magnifica "Night of the Living Dead", suonata e cantata in maniera prorompente, e l'inusuale e conclusivo unplugged di "Into the Necronef", estratto acustico sofferto e profondo. La musica dei The Bottle Doom Lazy Band, a discapito delle affermazioni della stessa band, non è solo rozza e alcolica, è molto più radicata. A mio parere, esiste una ricerca stilistica molto curata dietro alla facile figura da ciurmaglia grezza ostentata dai nostri, che mira a centrare e soddisfare in tutto e per tutto, le aspettative di un genere musicale esigente, ostico ed ortodosso e, nonostante la poca volontà promozionale intrinseca nel DNA della band, alle orecchie di un cultore, Bottleben e compagni possono godere di un posto di riguardo sul podio del doom metal più underground a livello globale. Originali e senza compromessi, una realtà sotterranea ancora sottovalutata e tutta da riscoprire. (Bob Stoner)

sabato 17 aprile 2021

Dagor Bragollach - Cosmogony of Yggdrasil

#PER CHI AMA: Atmospheric Black, Windir
Ufa, Repubblica della Baschiria. È da qui che arrivano questi Dagor Bragollach, nome Sindarin (linguaggio elfico parlato nella Terra di Mezzo) che significa letteralmente "Battaglia della Fiamma Improvvisa". E il moniker di questi quattro russi fa infatti riferimento ad una delle Quattro Grandi Battaglie del Beleriand accadute durante la Guerra dei Gioielli descritto nell'immaginario di J.R.R. Tolkien. 'Cosmogony of Yggdrasil' sembrerebbe (ma sarà limitata solo alla traccia in apertura) seguire la narrazione di quelle vicende sin dall'opener "Mordor - My Kingdom" che descrive appunto l'universo creato dallo scrittore inglese attraverso il verbo del black sinfonico. Una proposta, quella dei quattro musicisti russi certo non originale, soprattutto nei contenuti lirici, ma suonata comunque in modo che riesca a catturare l'attenzione nella sua essenzialità. Accattivante la melodia di fondo che ha subito presa nella sua essenzialità e nella centralità delle chitarre nel progetto, che si prendono la scena per tutto il tempo, imbastendo ottimi assoli e una ottima matrice musicale. Ne sono rimasto piacevolmente colpito, devo ammetterlo. E non si tratta certo del classico fuoco di paglia visto che anche "Skadhi Winter Giantess", song che ruota attorno alla figura della gigantessa Skaði, si conferma una song solida, dotata di un valido pattern chitarristico, buone melodie e con lo screaming di Art a narrare le vicende di questo personaggio della mitologia norrena. Proseguono i riferimenti ai miti nordici in "Howl of Garm" che presumo si rifaccia al cane infernale che sorveglia l'entrata del regno dei morti. Lo stile del brano ricalca il sound norvegese di metà anni '90, in primis Ancient ed Emperor, con stilettate alla sei corde, voci graffianti e melodie sempre ben presenti. Chissà se la band riuscirà ad impressionarmi lungo tutti i loro dieci brani? Non ho citato volutamente l'undicesimo, trattandosi della cover "...the Meditant" dei Blut Aus Nord. Comunque l'ensemble baschiro prosegue nella sua narrazione con "Raunen" che nel linguaggio germanico significa bisbigliare: la song è un oscuro mid-tempo che ci mostra un'altra faccia dei Dagor Bragollach. "Niflheimr" si riferisce nel mito nordico al regno del ghiaccio e si palesa proprio come un pezzo di black glaciale, fatto di chitarre taglienti (scuola Windir) e urla efferate, niente per cui stropicciarci gli occhi però. Tempo di un brevissimo pezzo death/black strumentale e si torna a bomba con "Underworld" e chissà se i riferimenti ci riportano nuovamente al regno del ghiaccio visto poc'anzi: musicalmente lo confermo con linee aggressive di chitarre inserite in un contesto mai esasperato e comunque dove la melodia rimane un punto fermo per la compagine russa. Ancora black tirato nei successivi pezzi, dove ahimè sembra essersi un po' persa per strada quella magia che avevo sottolineato nei primi brani. Tuttavia, segnalerei ancora il death black sulfureo della lunga "Nobody Needs This World", song dotata di un interessante break atmosferico con tanto di inquietanti voci sussurrate. Un bel pezzo dinamico è "Yggdrasil", che con le sue note diaboliche fa riferimento all'albero cosmico, l'albero del Mondo e che al suo interno contiene inaspettate melodie medievali (scuola Summoning, soprattutto a livello di percussioni). Citavo la cover "...the Meditant (Dialogue with the Stars)" dei Blut Aus Nord in chiusura: da 'Memoria Vetusta II: Dialogue with the Stars', uno dei miei lavori preferiti dei francesi, ecco la reinterpretazione di questo classico della discografia di Vindsval e soci, riletto in modo abbastanza fedele all'originale, che continuo però a prediligere. Insomma, bella scoperta questa dei russi Dagor Bragollach, una band di cui non conoscevo assolutamente l'esistenza ma che da oggi in poi rientrerà a pieno titolo sotto il mio radar. (Francesco Scarci)

May Result - Tmina

#PER CHI AMA: Symph Black, Emperor
Uscito originariamente nel 2001 per la CCP Records, 'Tmina' rappresenta il secondo album dei serbi May Result che ricordo all'epoca fu quasi una sorta di scoop che una band dell'ex Jugoslavia proponesse sonorità metal. Il disco è caduto poi nel dimenticatoio, complice una distribuzione alquanto limitata. Lo scorso anno però, la Careless Records ha pensato bene di riesumarne il corpo e riproporlo ad un pubblico più ampio. Questa premessa per contestualizzare meglio che quello che stiamo per ascoltare non è un disco attuale, ma rilasciato ben 20 anni fa e che se accostato con i grandi dischi dell'epoca, forse non ne sarebbe uscito con le ossa rotte. Le coordinate stilistiche di riferimento riportano inequivocabilmente ai primi Dimmu Borgir, ai Limbonic Art o agli Emperor, insomma ai fasti del black sinfonico degli esordi norvegesi, suonato però nei sobborghi di Belgrado. E il risultato non sarebbe affatto male, appunto se rapportato a fine anni '90. Il disco si muove comunque attraverso sette pezzi che irrompono con l'attacco frontale della lunga "Oгањ/My Martyred Soul", delle sue rare orchestrazioni affidate alle primordiali tastiere, ma soprattutto alla tempesta annichilente prodotta dal sestetto serbo. E l'annientamento strumentale prosegue anche nelle successive tracce, dove l'essenziale melodia è guidata dalle keys, sulle quali poggia poi tutta l'architettura ritmica a tratti davvero articolata. Ascoltando "Thy Last War of Times", ho ripensato ad un disco che al suo primo ascolto mi trasferì un feeling analogo, 'Goat Horns' dei Nokturnal Mortum, sebbene in quel caso, i livelli qualitativi fossero ben più elevati. Ecco, forse ai May Result manca proprio quello spunto vincente che tutte le band citate poco fa mostravano sin dai loro primi vagiti. I May Result invece rischiano di essere un po' caotici nella loro proposizione, quasi volessero impressionare l'ascoltatore con cosi tante cose nello stesso momento che alla fine, accalcate l'una sopra l'altra, rischiano di creare un bel pasticcio. Ci provano infatti nell'olocausto sonoro di "Stars Hysteria" ad emulare un ibrido vocale tra Arcturus e Korowa, ma il risultato si perde nel marasma sonico creato. Il che mi fa propendere nel dire che non sono degli sprovveduti a livello strumentale, soprattutto il batterista, ma il tutto all'epoca non fu convogliato nel migliore dei modi, pur proponendo tutti gli elementi chiave del black norvegese, tra linee di chitarra davvero tirate, screaming vocals ma anche break atmosferici davvero ben riusciti. A tal proposito, ascoltate "Nocturnal Pedigree" per comprendere ed apprezzare al meglio la proposta dei nostri. Diciamo che 'Tmina' potrebbe essere considerato un lavoro interlocutorio, che ha poi visto la band tornare con altri due full length (più compilation varie) prima di sparire definitivamente dai radar nel 2013. Chissà che riproporre questo disco non stia a significare che il sestetto è ancora vivo e vegeto e che presto ne sentiremo delle belle. Nel frattempo mi andrei ad ascoltare i loro ultimi due dischi più che altro per capire se alla fine, quell'evoluzione stilistica c'è realmente stata a seguito di questo promettente lavoro, che peraltro vide anche la comparsa di un paio di ospiti: Nefas dei Гавранови (altra band serba) in quella che è a mio avviso la migliore traccia dell'album, "Nocturnal Pedigree" e Pavle al violino che a deliziarci nelle note introduttive della devastante "Coldwinds Dominion (Son of Stribog)", che vanta peraltro uno splendido break acustico centrale e nel malinconico epilogo di "Јата моја црна (Мрак праскозорја)", due episodi davvero peculiari del platter che andrebbero meglio approfonditi. Alla fine, la riesumazione di 'Tmina' non è stata assolutamente cosa sgradita anzi, mi ha permesso di riscoprire una band a cui all'epoca non avevo dato troppo credito. (Francesco Scarci)

(CCP Records/Careless Records - 2001/2020)
Voto: 68

https://carelessrecords.bandcamp.com/album/tmina