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mercoledì 30 settembre 2020

Svenia - Black Hearts

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic Metal, Sentenced
La Gothic Slam da sempre è focalizzata su prodotti inevitabilmente gothic. Li abbiamo ripresi da poco con i My Craving, li ripeschiamo con un altro vecchio lavoro, questa volta degli Svenia, altra presunta “new sensation” di gothic metal appunto, uscita nel 2005. La cosa che unisce essenzialmente le due band, oltre al genere musicale proposto, è la pessima performance dei rispettivi vocalist. Per quanto riguarda gli Svenia, trovo per lo meno un po’ più personale la loro proposta con un sound che parte si da basi gotico-romanticheggianti, ma le arricchisce di influenze che derivano dalla musica italiana anni ’70. Sembra quasi sentire un darkeggiante Bobby Solo unito a certe canzoni di cartoni animati (in particolare Daitarn III), il tutto miscelato al gothic sound finnico dei maestri del genere. Difficile rendere bene l’idea di quanto ascoltato, però vi garantisco che vi basti ascoltare l’opener "Burial in Autumn" e la terza "In the Shadow of Death in the Shadow of Love " per capire bene di cosa vi stia parlando. Gli Svenia danno così alla luce 'Black Hearts', album di debutto (rimasto tale), costituito da 10 brani i cui i testi pongono l'attenzione sugli eterni dilemmi dell'amore e della morte. La proposta di questi ragazzi non è malvagia sebbene ci siano una serie d’imperfezioni che in fase di costruzione delle song ma, soprattutto in fase di registrazione e produzione, si rivelano alquanto scadenti anche in questo caso. Auspicavo a suo tempo che la band si scrollasse quanto prima di dosso, l’ombra assai fastidiosa delle varie influenze che ne ispirano il sound, cercando di percorrere, con convinzione e duro lavoro, la propria strada. Tuttavia da 15 anni il silenzio regna sovrano, sebbene la compagine romana risulti ancora a tutti gli effetti attiva. (Francesco Scarci)
 
(Gothic Slam Records - 2005)
Voto: 62

lunedì 28 settembre 2020

Entrails - Rise of the Reaper

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Swedish Death Metal, early Entombed
I do not see why this release got such poor feedback! To me, it's at least a "B" rating. The Swedish sound is definitely there. I like the music, the riffs are well put together. Not as good as previous releases, but it is still good these guys are making music. I'd say that their previous albums are better, but this one is still good. And the vocals are quality. A well put-together and constructed album. I don't think that they really need to change much on here, maybe a little bit less on some synthesizers, though it is here in just a modicum of play on here. The tempos aren't extremely fast, but definitely good riffs here and there.

The main guitars are killer, not too many leads but some. That doesn't take away from the fact that the band is still solid. It's not a boring album, this release is filled with some good music. I'd say it's a good follow-up, but not the strongest that it could be. If they used less lead and focused more on the main guitars, I think it'd be stronger. But it is still balls out with precision. Most of the tracks on here I could tolerate, just not so much at the end. But as a whole album, it's totally a "B" rating. It just lacks the intensity like on older albums. But there are blast beasts just the intensity isn't as full throttle like previous albums.

Swedish death metal bands are all unique to me in the fact that the pedal they use to get the proper sound is rather unique. On here, it is used in a lesser degree. It is still there, the sound but not as apparent. You can tell they are Swedish based but I just would like to make the distinction that they're changing it up a little bit. All the songs on here are worthy of praise, just not towards the end (as explained). Just the fury isn't so much here, it's a milder album. But they're still death metal oriented and they didn't changed their style like Entombed did. That band, now 'Entombed AD' totally changed and it's disgusting.

I found this album at a local record store and thought it'd be good to show support for the band especially since I collect CD's. And own a CD player not like a lot of my friends. I would say to buy the physical copy, but pretty much all metalheads are doing the digitally based gig. If you have a CD player, buy this show that you're still supporting the scene or if you don't want the CD, Bandcamp I'm sure has digital downloads if you'd like to hear this album. It's a good release, I cannot stress that enough! It's not their greatest album, but it's still worth getting. Don't listen to the naysayers about this one, it's quality! (Death8699)


(Metal Blade - 2019)
Score: 76

https://entrails666.bandcamp.com/

Requiem - Government Denies Knowledge

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Grind, Malevolent Creation
Mi mancava un album capace di trapanarmi le orecchie come questo dei Requiem. Dalla terra del cioccolato approdano ecco approdare alla tedesca Massacre Rec. questi baldi giovani al loro secondo lavoro, 'Government Denies Knowledge', titolo che credo, derivi da una frase del famoso agente dell’FBI, Fox Mulder di X-Files. Direi di partire, partendo dalla bellissima e funesta copertina del cd, la fine del mondo?! Per ciò che concerne la musica, siamo al cospetto di 35 minuti di furia esplosiva di chiara matrice statunitense. E dire che se non avessi letto la provenienza della band (la Svizzera appunto), avrei scommesso 100€ che il quartetto provenisse dagli States. Comunque sia, i Requiem ci mitragliano addosso tutta la loro rabbia: colate di riff violentissimi, gorgheggi dall’oltretomba, una brutale e veloce batteria, rarissimi inserti melodici e chi più ne ha più ne metta. Le influenze sono assai palesi, con i Malevolent Creation in testa, ma in generale, è tutto il death “made in USA” ad influenzare quest’album, che certamente non potrà non piacere agli amanti del death tritura budelle, mentre agli amanti di sonorità più alternative od originali, suggerisco di astenersi dall’ascolto di questo lavoro. C’è ben poco da segnalare di questo lavoro, data la pochezza e la scarsa originalità delle idee messe in musica. Un’ultima raccomandazione: questi Requiem sono quelli svizzeri e suonano death, da non confondere con le band omonime colombiana e finlandese! (Francesco Scarci)
 

domenica 27 settembre 2020

Solkyri - Mount Pleasant

#PER CHI AMA: Post Rock/Math
Quando si parla di Bird's Robe Records è inevitabile pensare immediatamente a qualche realtà australiana dedita ad una qualsiasi forma di post strumentale. Non mi sbaglio quando infilo il cd dei Solkyri nello stereo e mi ritrovo una band originaria di Sydney (ma questo l'avevo già letto nel flyer informativo) che propone appunto un post qualcosa senza avere un vocalist. Questo è quanto lascia trasparire la song in apertura di 'Mount Pleasant': "Holding Pattern" è infatti una miscela irrequieta di post e math rock, che lascia spazio a ritmiche sghembe nella prima parte e si concentra in suoni più intimisti nella seconda. "Potemkin" inizia graffiante tra ritmiche infingarde e stop'n go, in un rutilante incedere non proprio cosi armonioso e melodico come mi aspettavo. Sono alquanto ostici questi quattro ragazzi della East Coast, sebbene abbia l'impressione che loro si rendano conto di poter tirare fino ad un certo punto la propria proposta ma poi essere costretti a dover mollare, dando più spazio ad un sound melodico e pulito che qui si mantiene però criptico e nervoso. "Pendock & Progress" sembra più shoegaze oriented (solo nella prima metà però), un tema quello della malinconia, che tornerà anche nelle successive "Meet Me in the Meadow" e "Time Away". La musica dei nostri è sicuramente piacevole e chi apprezza questo genere di sonorità non dovrà certo lasciarsi scappare questo lavoro che per lo meno mostra meno prevedibilità rispetto a tanti altri dischi analoghi. Quello che lamento ovviamente io, Don Chisciotte del 2020 che lotta contro i mulini a vento, è forse che un elemento fondamentale come la voce non dovrebbe mai mancare, in quanto caratterizzante la proposta di una band, in male o in bene sia chiaro, ma a volte bisogna prendersi certi rischi. Però, che volete che vi dica, io mi infilo le cuffie, inizio ad ascoltare, ma dopo un po' mi subentra comunque una grande noia, per cui devo interrompere e pensare di riascoltare in un altro momento. Mi è capitato anche qui lo devo ammettere, sebbene i buoni pezzi non manchino. Penso alla già citata "Meet Me in the Meadow", emblema proprio shoegasiano, o ancora alla spettacolare "Summer Sun", il mio pezzo preferito: inizio tiepido quasi si trattasse di una melodia da tramonto di fine estate. Poi la traccia evolve, acquisisce dinamicità, potenza, verve forte di quei riverberi spettacolari di chitarra e pulsioni tooliane che la rendono decisamente diversa dalle altre e anche più abbordabile ed interessante. In chiusura, un altro pezzo degno di nota, "Gueules Cassées", una cavalcata roboante di poco più di sette minuti che avrebbe certamente meritato un vocalist a piazzarci quattro urlacci in mezzo per avvalorarne ulteriormente la qualità. Insomma, della serie chi si accontenta gode. (Francesco Scarci)

(Bird’s Robe Records/Dunk!records/A Thousand Arms - 2020 )
Voto: 72

https://solkyri.bandcamp.com/album/mount-pleasant

In Cauda Venenum - G.O.H.E.

#PER CHI AMA: Symph/Post Black
Incontrati già in occasione del loro omonimo debut album e nello split in compagnia di Heir e Spectrale, fanno il loro ritorno sulle scene gli In Cauda Venenum con il secondo lavoro, 'G.O.H.E.', il cui acronimo non mi è ancora dato di sapere. La nuova release del trio transalpino evolve ulteriormente, attraverso le sue due tracce, in un flusso profondo di post black dalle forti venature post rock. Questo quanto si evince dal flyer informativo della label, un po' meno dalle note iniziali della deflagrante "Malédiction", che apre il disco con i suoi 22 minuti di musica possente, tonante poi per quelle sue inequivocabili ascendenze sinfonico-orchestrali che rappresentano verosimilmente la vera novità dei nostri in questo 2020. La traccia è davvero notevole proprio per i suoi traccianti black permeati di grande melodia e poi da quelle sublimi atmosfere che ne ammorbidiscono una ritmica impastata e comunque furiosa, spezzettata qua e là da ottimi passaggi tastieristici, rallentamenti improvvisi e giri di violoncello, come quello che si registra al minuto 13.40, che ci catapulta immediatamente in una lounge room. Tutto questo sottolinea una rinnovata vena sperimentale da parte di Ictus, N.K.L.S. e Raphaël Verguin, i tre musicisti che compongono la line-up degli In Cauda Venenum. La seconda parte della song viaggia su questi binari più sperimentali (fatto salvo lo screaming onnipresente) in una sorta di sound che potrebbe essere accostabile a quello degli ucraini White Ward. La seconda traccia si affida ai quasi 22 minuti di musica di "Délivrance", un pezzo che costitutisce la naturale prosecuzione del primo brano tra ritmiche strutturate, break acustici in cui compaiono spoken words, frangenti ambient, pomposi momenti sinfonici, solenni momenti affidati agli archi (stile Ne Obliviscaris - ascoltate anche qui il fatidico tredicesimo minuto) in un turbillon emotivo davvero entusiasmante, che non concede comunque adito a pensare ad un ammorbidimento del sound dei nostri (viste le arrembanti ritmiche post-black che popolano anche questo secondo gioiello). Penso piuttosto che al solito, la Les Acteurse de l'Ombre Productions ci abbia visto giusto nel mettere a suo tempo sotto contratto questi estrosi musicisti, per cui vi invito caldamente a dargli un'occasione, non ci sarà nulla di cui pentirsi. (Francesco Scarci)

(LADLO Prod - 2020)
Voto: 82

https://www.facebook.com/incdvnnm/

The Pit Tips

Francesco Scarci

Intig - Utfryst
Olhava - Ladoga
Break My Fucking Sky - Blind

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Alain González Artola

Mesarthim - The Degenerated Era
Incantation - Sect of Vile Divinities
Katavasia - Mangus Venator

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Death8699

Blood of the Wolf - III - Blood Legend EP
Cardiac Arrest - The Day That Death Prevailed
Fusion Bomb - Concrete Jungle

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Shadowsofthesun

The Ocean: Phanerozoic II - Mesozoic - Cenozoic
Deftones - Ohms
Collars - Tracoma

My Craving - No Mercy For Broken Hearts

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic, Sentenced, HIM 
La proposta musicale del sestetto piemontese è un gothic rock dalle tinte romantico-malinconiche. Formatisi nel 2003, i My Craving con 'No Mercy For Broken Hearts', ci propinano sette brani (per un totale di 34 minuti), che non sono altro che il demo uscito nel 2004 più tre nuove canzoni e che grazie al contratto con la Gothic Slam Rec., è stato ristampato con una miglior veste grafica. Dunque, c’è da dire subito una cosa: il disco a me non dispiace poi tanto, anche se trovo pessima la performance del vocalist Traci Blackstar, vera mente del gruppo, ma non proprio bravo nel trasmettere le emozioni che un album del genere dovrebbe infondere. Sarebbe stato più indicato infatti in una band hard rock stile Van Halen, ed è tutto dire. Inoltre una pessima produzione che privilegia principalmente la voce di Traci a discapito degli altri elementi del gruppo, di certo non agevola la riuscita di questo lavoro. La musica coglie a piene mani dal tipico sound finlandese di HIM e Sentenced (tanto per citarne solo un paio), proponendosi quindi come un gothic dai tenui colori autunnali fatto di melodie ruffiane, tastiere ispirate, sprazzi di buona musica e godibili assoli. Quello che proprio non digerisco è appunto la voce del frontman che mal si adatta ad un sound che dovrebbe essere invece intimista e che richiederebbe quindi un vocalist più adeguato. Ripetendo quanto detto all’inizio della recensione, questi ragazzi avrebbero dovuto rimboccarsi le maniche e lavorare sodo per scrollarsi di dosso le palesi (talvolta fin troppo ingombranti) influenze dei gruppi nordici sopra citati, migliorare la produzione e cambiare le corde vocali al cantante. Ma dopo questo lavoro, datato 2005, i nostri si sono squagliati come neve al sole. (Francesco Scarci)

(Gothic Slam Records - 2005)
Voto: 58

https://www.metal-archives.com/bands/My_Craving

venerdì 25 settembre 2020

Left Sun - Tidal Flow

#PER CHI AMA: Progressive Metal, Riverside
Sembra ormai una sentenza: per tutti i dischi che mi arrivano dalla Ethereal Sound Works pare sempre più incasinato trovare qualche informazione relativa alla band. Gli ultimi in fatto di tempo approdati sulla mia scrivania sono questi Left Sun, compagine che in realtà avevamo già conosciuto in occasione del loro disco omonimo nel 2016. I lusitani tornano con una release nuova di zecca, intitolata 'Tidal Flow' che ci consegna una band in stato di grazia che prosegue postitivamente sulla scia del debut album, combinando pertanto progressive, alternative e post metal. Forti della presenza di Flavio da Silva dietro al microfono e la meravigliosa Clara Campos al violino, il quintetto sciorina attraverso le nove tracce qui incluse, tutti gli eterni dilemmi dell'uomo, le sue paure e speranze. Il tutto contrappuntato da un sound che, dall'iniziale "Devotional" alla conclusiva "Soaring", mostra una grande progressione rispetto al passato e soprattutto ama coinvolgerci nel suo flusso magnetico che chiama in causa sin dall'opening track, i Porcupine Tree ma che in realtà nel corso di questo liquido viaggio astrale, ripercorre anche le orme di Anathema, Riverside (l'influenza principale a mio avviso), A Perfect Circle e Pink Floyd, in un'alternanza musicale davvero efficace. E allora perchè non lasciarsi abbindolare dai suoni elettronici di "All Roads" o dalle calde e caleidoscopiche visioni strumentali della suggestiva title track. Altrove è la voce di Flavio in primo piano a fare bella figura ma nel retrobottega si nascondono in realtà le eccelse qualità di musicisti competenti, dotati peralttro di grande gusto per le melodie. I pezzi sono tutti in realtà interessanti anche se è ovvio che non brillino proprio di luce propria. Forse non ho apprezzato particolarmente il sound più vintage e scontato di "Cold", di contro l'apertura in acustico di "Waiting" (diamine sembrano gli Oasis), le intemperanze ritmiche di "Celebrate" o le melliflue atmosfere di "Hide" (con tanto di magnifico violino), mi fanno apprezzare non poco questa nuova nuova fatica targata Left Sun. Provare per credere. (Francesco Scarci)

(Ethereal Sound Works - 2020)
Voto: 74

https://www.facebook.com/LeftSunOfficial/

Queen Elephantine - Tribute to Atrophos Vol I

#PER CHI AMA: Avantgarde/Psych/Jazz
Il Covid-19 è tutt'ora fonte di grande dolore ma è stato anche innesco di diverse opere artistiche (libri, dischi, cortometraggi). I Queen Elephantine sono tra quelli che hanno sfruttato il momento di difficoltà proponendo i rilascio di nuovi EP in formato digitale. Il collettivo di Hong Kong, originario però dell'India e con base oggi a Philadelphia, ha rilasciato ad aprile, nel pieno della prima ondata di coronavirus, il cui presente 'Tribute to Atrophos Vol I', primo (di tre?) EP votati all'improvvisazione totale. Li avevamo lasciati sul finire del 2019 alle prese con 'Gorgon', li ritroviamo oggi più stralunati che mai con quattro nuovi eterei pezzi che miscelano casualmente psych e kraut rock, avanguardistico, jazz, drone e stoner con un'alchimia sciamanica misticheggiante. Questo almeno quanto trasmesso dalla trascendentale opening track, "I Alone Am Right", che per undici minuti entra nel mio cervello e con la sua infima retorica cervellotica, insidia i pochi neuroni residui nella mia materia cerebellare, con un sound lisergico e desertico. Ancor più complicata "I Am Left Alone", proprio perchè sa di jam session a tutti gli effetti, quasi che il collettivo indiano si sia messo li un angolino a strimpellare in attesa di far uscire le idee migliori da registrare. Quindi, non è il caso di aspettarsi nulla di travolgente visto che si tratta di pura improvvisazione dettata dalla noia che sembra per lo meno cresca in intensità perchè si è trovata la giusta chiave per costruire una song. E anche con le seguenti "Surfacing" e "Sunk", il canovaccio della estemporaneità non cambia. La prima delle due song ha un andamento oscuro quasi dronico, bloccato in un ipnotico loop di chitarra astrale. La seconda invece è più noise rock oriented (sebbene qualche accenno in sottofondo alla musica indiana), con chitarra e batteria lasciate come cani sciolti a cazzeggio per quattro minuti di puro divertimento. (Francesco Scarci)