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giovedì 30 agosto 2018

Empty Chalice - Ondine's Curse

#PER CHI AMA: Industrial/Ambient/Dark
L'oscuro progetto sonoro dell'italiano Antonine A., già autore di numerose uscite sotto differenti moniker (qui come Empty Chalice), conta un nuovo capitolo nella propria discografia, 'Ondine's Curse'. Una profondità criptica, buia ed introspettiva come base sonora fa capo ad un industrial dai toni solenni ma non gelidi, taglienti altresì avvolgenti, un rumore mai nemico dell'anima anzi, il suono si trasforma in sciamano per redimere lo spirito e penetrarlo nel più profondo del suo incanto, portandolo là dove la psiche diventa più contorta e sconosciuta. Un viaggio a vele spiegate verso il confine labile situato tra la follia e il buio, lontano dai soliti canonici tappeti della drone music, vicino a certe intuizioni ambient/rumoristiche moderne, in linea con gli umori degli Swans e alle atmosfere disarmanti della colonna sonora 'Loin Des Hommes' di Warren Ellis e Nick Cave, alla stratificazione del suono multiforme, come il colore di una tela dalle mille sfumature oscure e tetre, i rumori e l'attitudine verso certo un funeral metal più oltranzista e ancestrale. Nella scaletta, che consta di cinque titoli che affrontano il tema della Sindrome di Ondine (una grave apnea del sonno) troviamo un risveglio, tre capitoli e un addormentarsi nei pressi di un bosco fitto e buio, un giaciglio insano su cui poggiare la testa e dove un brano dalla lunga durata quale "IV" (a mio avviso il meglio riuscito), ci prende per mano e ci conduce per contorti pensieri in una meditazione arcaica. Un duro e moderno suono adatto alla poesia, un sound che supera il concetto del dark ambient rendendolo limitato, un tuffo in un mare incantato di leggende alchemiche governate dal mito delle Ondine (il mito alla base del disturbo respiratorio qui narrato), l'estensione emozionale di un industrial ambient che si riappropria della sua umanità, ritrova quell'anima che proprio alle Ondine serviva per aspirare al paradiso. L'album ha dalla sua una forza espressiva enorme, è curato e ben prodotto. Un disco alla fine decisamente ben assemblato. (Bob Stoner)

This Ending - Inside the Machine

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Swedish Death
Dalle ceneri dei A Canorous Quintet, death metal band svedese che ha avuto una certa notorietà in ambito underground negli anni ’90, sono nati i This Ending. E la proposta del quintetto scandinavo, identico nella line-up alla band originale, rigenerato dalla cura Metal Blade, in questo debut album non ha prodotto nulla di nuovo rispetto al passato. I nostri hanno cambiato nome, dopo una serie di esperienze con altri gruppi, ma il genere proposto risulta sempre lo stesso: il classico swedish death metal, riletto, se vogliamo, in chiave più moderna e tecnologica. Suoni bombastici, riffoni su basse tonalità, un growling cupo alternato ad uno screaming nervoso, una batteria bella corposa e sincopata grazie a interventi in blast-beat, ove nei frangenti più grind oriented risulta poco brillante (nonostante dietro le pelli sieda Fredrik Andersson, ex-batterista degli Amon Amarth), linee di chitarra melodiche ma non troppo, qualche vago inserimento industrial, giusto per modernizzare il sound, e il lavoro è completato. I dieci brani che compongono 'Inside the Machine' viaggiano tutti su mid tempos ragionati e calibrati, senza disdegnare in qualche frangente, fughe in territori più estremi, dove mi pare intuire, la band sembra trovarsi più a proprio agio. Il disco alla fine è piacevole, forse un troppo monolitico, con idee non del tutto originali e che alla lunga rischia di stancare l’ascoltatore. Tuttavia gli amanti del genere, un ascolto lo diano pure, potrebbero riscoprire qualcosa di interessante. (Francesco Scarci)

(Metal Blade - 2006)
Voto: 65

https://www.facebook.com/ThisEndingband/

martedì 28 agosto 2018

Elderwind / Sorrow Plagues / De la Nostalgie / Dreams of Nature - Mater Natura Excelsa

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
It’s pretty usual in the black metal scene to release a split album among different bands in order to release new songs and gain some attention, while they can share the cost of cd producing. I must admit that I am not such a fan of those releases, but sometimes the quality of the involved bands makes the listen a must. 'Mater Natura Excelsa' is in fact one of those cases as the bands involved, no less than four, are top-notch in the atmospheric black metal scene. Elderwind is a Russian band which plays a beautiful atmospheric black metal, its debut album 'The Magic of Nature', is a gem which became a classic release for the fans of the genre. Slightly similar to this band but with a notorious influence from the Swedish band Lustre is the project Dreams of Nature, which has carved a cult status thanks to some great releases. The other two bands are more post-black metal oriented but still they share many musical characteristics with the former two. Sorrow Plagues comes from the UK and has released two excellent albums, while De la Nostalgie (from Venezuela!) released in 2017 an impressive debut, which it is perhaps more focused on ambient black metal.

Taking into account the aforementioned characteristics of the involved bands, it was clear that this split should be a fine collection of long compositions with an intense atmospheric touch, and believe me, it is. Every band delivers what we could expect from them. Stylistically they don´t go too far from what they have offered in their own full lengths. Each band has composed two songs and the album has a length of almost 80 minutes, so don´t expect short tracks, lasting the shortest of them no less than 6 minutes. Sorrow Plagues starts the split with two excellent tracks: “Vista” is a song which sums up all the characteristics which define the trademark sound of the British project. Fast paced tracks enriched by slowest sections where simply yet beautiful melodies, played by keys or acoustic-esque guitars, have a major role. One of the most relevant aspects of this band is how good the guitar solos are, they truly shine, especially in a genre where are not so common. De la Nostalgie also loves to create long compositions and the two tracks on this split are not an exception, clocking both of them around 11-12 minutes. Being the tracks that long there is room to compose quite rich songs with great atmospheric introductions and De la Nostalgie truly knows how to build a song which catches our attention. “Insomnia” for example, is a slower track if we compare it to what Sorrow Plagues has offered to us. It’s a long mid-paced song with catchy keys, which make the song sound intense yet emotional. As it happens in this genre, one of the things I really enjoy are those breaks, when the band focus on purely ambient sections, where the talent of this guys truly shines. The return of the guitars and of screams, which break the peaceful section, is also great, as it makes this heavier section sound, and for some reason, even better. In a similar way to its magnificent debut, the Russian Elderwind delivers two great tracks, “Temple” and “Fires of Autumn”. Little folk touches are mixed with absorbing keys in a mainly mid-paced song. Guitars sound a little bit “doomish” to me, which increases the melancholy of the track. The fast sections feature guitars which sound a little bit more post metal influenced, which fits perfectly well those speedier parts. As it happened in the debut both tracks sound beautiful with an ethereal touch. The honour to close this great split falls on Dreams of Nature. As I have already mentioned this band has a great Lustre influence, though it manages to forge its own distinctive sound. Dreams of Nature creates minimalistic and slower paced tracks which have an unique sense of beauty and melancholy. Anyway, a track like “Infinity”, for example, is far from being monorithmic, having occasional faster sections which make the song sound a little bit rawer. The closing track, “When the Leaves Fall”, is 100% Dreams of Nature, that is a hypnotic pace and minimalistic keys which sound simple awesome.

In conclusion, these great bands have released a long yet brilliant split album, which is undoubtedly a must for every atmospheric black metal fan. Expect no less than tons of ethereal and majestic keys, which will make the listener have a mystic travel through the forest. (Alain González Artola)

(Avantgarde Music/Flowing Downward - 2018)
Score: 90

https://avantgardemusic.bandcamp.com/album/mater-natura-excelsa

Contradiction - The Warchitect

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Thrash, Sodom, primi Kreator
Recensire questo genere di album è sempre stata una passeggiata per il sottoscritto: in poche parole riesco a liquidare gruppi che hanno poco o nulla da dire. I Contradiction non sono esenti da questo genere di recensione, data la pochezza delle loro idee. Arrivano dalla Germania con la loro fondazione addirittura nel 1989 e il loro suono risulta influenzato dal death/thrash teutonico di anni ’80 che si rifà inevitabilmente a Kreator e Sodom. Il dramma è che nel 2006, quando uscì questo 'The Warchitect', quei suoni puzzavano irrimediabilmente di vecchio e stantio. Considerato il fatto che questa rappresenta la loro quinta release ufficiale (all'attivo altri due album nel 2009 e nel 2014), mi domando come abbiamo fatto a tagliare questo storico traguardo. Sicuramente saranno popolari in patria, certo è che non mi sento assolutamente di consigliare questo cd: chitarrone thrash che ripetono all’infinito gli stessi accordi dal primo all’ultimo brano, una voce growl aspra e fastidiosa ringhia tutto il proprio dissapore per la società. Sicuramente ben prodotti, le undici tracce (più l’orrida cover “Rock’n’Roll” dei Motorhead) non giustificano però l’acquisto di un prodotto che non avrebbe certo sfigurato di stare sugli scaffali trent’anni fa, non ora... (Francesco Scarci)

(Armageddon Music - 2006)
Voto: 50

https://www.facebook.com/contradictionmetal

Motorpsycho - The California EP

#PER CHI AMA: Psych Rock
Dipanati sulle quattro facciate giallocanarino di questo ruffianissimo tarallucio discografico, un rocchettino dritto-al-punto collocabile tra certo flower-rock fine '60 e i Motorpsycho del periodo flower-rock-fine '60 vale a dire quelli inizio '00 di 'Barracuda' e 'Phanerothyme' ("Quick Fix" vs. "High Times"), una specie di surf-blues lo-fi early '70 apparentemente fuoriuscito dai "Frammenti Motorpnakotici" ("Granny Takes a Trip" vs. "One Way or Another") seppur blandamente tower/izzato (il flauto...), e una confortevole indie-ballad mid-90 con un tocco (più che un tocco, uno spintone direi) apertamente cali-sixites ("California, I'am [sic] So Cold", per l'appunto). "Alain / The Messenger" è soltanto l'embrione di un'idea semplicemente troppo scarsa per meritare di essere sviluppata, e una facciata intera è decisamente troppo, anche se si tratta di una facciata seven inches a quarantacinque di un tour EP. Come 'Here Be Monsters Vol. 2' integrava minuziosamente l'esplorazione musicale del precedente 'H-B-M', addirittura spostando avanti di qualche misura l'asticella dell'ambizione, così questo 'The California' EP ritrae programmaticamente, e persino meglio di quanto accada su 'The Tower', il soleggiato mood jam-ottimismo-birretta-serale delle registrazioni. Ma se là, la caratura appariva almeno paragonabile, questa qui è una di quelle cose che uno come Mr. Sæther riesce a escogitare nell'esatto tempo che intercorre dall'istante in cui strappa uno strappino di carta igienica dal rotolo all'istante il cui lo strappino sporco di cacca tocca l'acqua del water. (Alberto Calorosi)

(Motorpsycho Archives - 2017)
Voto: 60

https://www.facebook.com/motorpsycho.official/

lunedì 27 agosto 2018

End of Green - The Sick's Sense

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Depressive Rock, Type O Negative
Il sesto album degli alfieri teutonici del "depressed subcore" (sic), un sottogenere languidamente mogio del gothic metal, vi sembrerà un po' un disco strimpellato dai Type O Negative a una convention emo, cantato dal tipaccio dei Seether mentre fa pulizia etnica di nutrie nella sua cantina e composto da Lydia Deetz nel giorno del suo ciclo mestruale. Cos'altro potevate aspettarvi da un mamlone di Stoccarda di uno e novanta che si fa chiamare Michelle Darkness (sic)? Con l'eccezione di un paio di chitarrismi alla Justice-for-raffiche (l'opener "Dead City Lights"), il resto dell'album si disperde freddo come una pozzanghera di sangue sul pavimento, tra melodie alla Mission, vocioni e tiritere pling-noise mid/ottanta ("Die Lover Die"). Ascoltate questo disco mentre vi recate al compeanno di vostra nonna indossando una t-shirt di rete a maglie larghe ostentando un anellino al capezzolo. (Alberto Calorosi)

(Silverdust Records - 2008)
Voto: 45

https://www.facebook.com/endofgreenofficial/?ref=ts

Sólstafir - Masterpiece of Bitterness

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Experimental Black Metal
Nell'ultradinamica e quintessenziale epica "I Myself the Visionary Head" (al termine della quale la band deve essere stata senz'altro frustrata, appagata e sfinita almeno quanto i Pink Floyd al termine di "Echoes") si riassumono i temi della rivoluzionaria (white) diffrazione (black) metal operata definitivamente dalla band islandese. Abbrivio ferino, pestaggio veloce e basso incalzante, vocalismi da plantigrado affamato. Prosieguo elementale. Terra: il drumming concreto e tagliente di Pálmason; acqua: il tumultuoso basso di Svabbi Austmann, bollenti vapori sotterranei, gelide creste ondose che erodono la costa; aria, il guitar riffing nebuloso di Pjuddi Sæþórsson; le lingue di fuoco Addi Tryggvason, sempre meno a suo agio con lo screaming. E poi, la dirompente ma obsoleta chiusura speed/tk-tk-tk. Dall'altra parte, la modulare e consapevole "Ritual of Fire", prossima e lontana da certo teutonic-wave. Le due epiche sono i fuochi nodali da cui scaturirà l'intera successiva produzione della band, senza dimenticare i rigurgiti black/lagunari di "Bloodsoaked Velvet" e l'epic thrash atmosferico (e amplissimo) di "Ghosts of Light" e "Nature Strutter", che completano mirabilmente questo straordinario e prodromico album. (Alberto Calorosi)

(Spikefarm Records - 2005)
Voto: 80

https://www.facebook.com/solstafirice

Pestilence - Consuming Impulse

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Techno Death, Morbid Angel
Il secondo album dell'immarcescibile collettivo olandese il cui primo, peristaltico demo porta il brodoso titolo di 'Dysentery', esplora un thrash-speed ipercinetico ("The Trauma" e "Dehydrated") microbiologicamente popolato da repentini cambi di tempo e ritmo-riffoni ga-ga-ga. Si disserta, con stuzzicante dovizia di dettagli, di ascessi, eviscerazioni, marcescenze varie e, per estensione, di ogni forma di mutiazione e degenerazione, possibilmente associata al dolore, dei tessuti umani, tanto che l'unica possibilità di evasione da cotanti laceratissimi sensi sembrerebbe la sospensione criogenica, cfr. "Suspended Animation" (a state of bliss?) e "Echoes of Death" (feat. un brevissimo solo, pensate, di tastiera). Non mancano pipponismi preterintenzionali sull'ecologia ("The Process of Suffocation"), sul degrado morale ("Chronic Infection") e sulla violenza intrinseca nella religione ("Reduced to Ashes" e "Deify Thy Master"). Brutale, limpido, ultraveloce, asfittico, infetto. Cult album, imprescindibile per qualcuno, tra i vagiti del neonato death-metal. E una copertina senza dubbio brulicante, da confrontare con quella di 'Straight Between the Eyes' dei Rainbow. Come? Non riuscite a immaginarvelo, un vagito death-metal? Dite sul serio? (Alberto Calorosi)