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venerdì 24 febbraio 2023

Deliverance - Neon Chaos in a Junk​-Sick Dawn

#PER CHI AMA: Black/Sludge
Sei tracce per oltre sessanta minuti di musica, pronti a sostenerle? La proposta del quartetto parigino, al terzo atto con questo ‘Neon Chaos in a Junk​-Sick Dawn’, è un black variegato che si muove tra sfuriate di una violenza inaudita, intermezzi elettronici e parti decisamente al limite dello sludge. Tutto questo è quello in cui vi imbatterete nell’ascolto di questo disco, condito poi dalle graffianti vocals di Pierre Duneau e da una buona e costante dose melodica. Parlavo poco fa di black/sludge, ed è ciò che avrete modo di saggiare già dall’iniziale “Salvation Needs a Gun”, song che parte feroce, veloce, melodica ma che ad un certo punto del suo corso, tirerà la migliore delle inchiodate (termine gergale tipico delle mie parti per identificare una super frenata) per poi proseguire verso un finale tutto in salita, interrotto ahimè troppo prematuramente. Si riparte poi con le stralunate chitarre di “Venereal”, una traccia dal piglio più criptico e sinistro. I pezzi forti del disco mi sembrano tuttavia rappresentati dalle due maratone, affidate ai 18 minuti di “Odyssey” e agli oltre 17 di “Fragments of a Diary from Hell“, che combinate tra loro, costituiscono oltre la metà del disco, in fatto di durata. I contenuti? Molteplici, dal dark rock iniziale di “Odissey”, in cui anche la voce di Pierre assume sembianze pulite, ad una musicalità decisamente più orecchiabile e minimalista, visto un lungo break atmosferico poco prima di metà brano. Poi i nostri, in un percorso quasi orrorifico, aumentano i giri del motore, almeno per quanto concerne la potenza delle chitarra e, infarcendo il tutto di una buona dose di psichedelia, post metal e sludge/doom, sfoderano una prova davvero interessante. Almeno quanto il secondo interminabile capitolo, la lugubre “Fragments of a Diary from Hell“, che per quasi sei minuti tiene banco con quelle sue atmosfere ambient-droniche di pink floydiana memoria, per poi dirottare verso suoni sludgy, responsabili della chiusura del disco. In mezzo invece le più ordinarie (si fa per dire) “Up-Tight” e “Neon Chaos”: la prima nella sua andatura sludge sfoggia dapprima un lisergico break e poi fendenti black; la seconda invece, mostra un cantato quasi robotizzato in un contesto ancora sludge e post metal. Alla fine quella dei Deliverance è una proposta a tratti assai originale, che necessita tuttavia di molteplici ascolti per essere immagazzinata nel migliore dei modi. (Francesco Scarci)

Old Man's Child - In Defiance of Existence

#FOR FANS OF: Black/Thrash
Another good one in the making recognized 20 years later but Galder has not expired as founder of this one-man-band. This was a good follow-up to 'Revelation 666...'. I think that the guitars are solid making solid sounds beget admirable compositions. Galder doesn't seem to let-up in making good releases. All of the instruments and vocals go well alongside one another. Some tinge of acoustic work here too, but very briefly. This album is mostly hardcore melodic black metal. Galder's vocals don't shift much as they are pretty much screaming voice throughout the album. Not much variation to them.

I especially like how the music goes well with the synthesizers. I'm not one that is a favorite of these things co-existing but Galder makes it work. I enjoyed this album the whole way through. All the songs are good. Everything seemed to work on a whole!

I would think it's safe to say that all Old Man's Child releases are solid. But this is a key release for the band. It shows not only maturity, but the progression in the melodic black metal arena and how Galder is a pivotal person in the metal community. Not only has he brought his own unique style to this genre but creativity and undying metal. It's good that he's staying active here in this arena of the genre providing key sounds to his uncompromising aggression. This album features Cradle of Filth's drummer Nicholas Barker. The whole album again turns out good making it an "75" in my book for a rating!

In concluding, don't expect anything but the finest melodic black metal in 2003. This guy is the force behind extreme music. He's done a great job in both his band and Dimmu as well. Let's hope he'll continue to make great music in the up and coming years! (Death8699)


Haven of Echoes - The Indifferent Stars

#PER CHI AMA: Progressive Rock
Ci siamo distratti un attimo e puff, ecco spuntare fuori dal nulla questi teutonici Haven of Echoes, nati da una costola dei Frequency Drift. Bella scoperta quindi per chi ama band del calibro di Riverside, Haken e Porcupine Tree. ‘The Indifferent Stars’ arriva con sei nuovi brani e quasi 45 minuti di musica a deliziare i palati più fini e delicati. Le danze si aprono con la semi-ballad “Sirensong” e, alla stregua di un canto di sirene, tanto per parafarase il titolo, ci abbracciano con un sound emozionale, in cui lo spettro della musica progressive viene inquinato da suoni malinconici. Quello che mi sorprende è il background musicale di alcuni membri della band, visto che il cantante Paul Sadler era parte dei deathsters inglesi Spires e qui veste nuovi panni con una voce a dir poco soave e suadente. Oscura e ipnotica l’incipit della successiva “The Orator’s Gift”, un brano dalla cadenza comunque delicata nel suo incedere costantemente in bilico tra sonorità decadenti e altre più frizzanti, con la prova del drummer Wolfgang Ostermann sempre in bella mostra. In generale, la prova dei quattro musicisti, che includono Nerissa Schwarz all’arpa elettrica nei brani “Stasis” e nella drammatica “The Lord Giveth...” e Andreas Hack (per tutti gli altri strumenti), risulta comunque estremamente convincente. Certo, non è sempre tutto oro quel che luccica, perchè se dovessi trovare un difetto a questo ‘The Indifferent Stars’ potrebbe essere correlato ad una certa mancanza di mordente in taluni frangenti, nel senso che a volte preferirei che i brani prendessero una piega diversa, forse più robusta, ma in realtà la componente più “hard” dei nostri, stenta a palesarsi. Per carità, gli Haven of Echoes sono fantastici musicisti, abili soprattutto a creare splendide atmosfere dal piglio “pink floydiano” e penso a “Stasis” ad esempio, ma a mio avviso, avrebbe giovato avere una componente più aggressiva nelle note di questo disco, dove però vorrei ancora sottolineare la super introspettività di “Endtime” e la conclusiva “Let Them In”, 12 minuti che avvicinano più che mai gli Haven of Echoes ai Riverside, e che qui finalmente riescono a sfoderare anche qualche riff più robusto accanto all’utilizzo di un flauto, di una spinetta e di un insieme di strumenti che conferiscono quasi un tocco orchestrale al pezzo. Per non parlare poi dello splendido assolo che evoca un che dei Porcupine Tree e al contempo degli Opeth, in una prova davvero eccellente. Un finale pianistico in stile Muse, chiude un disco ricco di sfaccettature indicato a un pubblico esigente e dalle orecchie sicuramente raffinate. (Francesco Scarci)

venerdì 17 febbraio 2023

Frozen Dawn - The Decline of the Enlightened Gods

#FOR FANS OF: Swedish Black, Dissection
The Spanish trio Frozen Dawn, founded in Madrid in 2006, hasn’t been tremendously prolific in releasing new albums, although we can’t complain as every single opus met our expectations. Since its first album, 'The Old Prophecy of Winterland', the band showed some serious talent and clear ideas. The evolution of this project has been as solid as its music and managed to catch the attention of an increasing number of fans, and finally a deal with an international and respected label as Transcending Obscurity Records. Releasing a new album with a such active label can always be the milestone of a project, in its seek for success and a higher attention. After six long years and, I guess, a remarkable amount of work and dedication, the trio finally released the new opus, 'The Decline of the Enlightened Gods'.

The first thing I would like to remark is the eye-catching artwork, a captivating painting created by the Polish artist Mariusz Lewandowski. I have always said that a good artwork is the first key element to draw the attention of the fans, especially in these times where a ton of new albums overwhelm us. But let’s focus on the most important thing, the music. Frozen Dawn’s music is unmistakably and firmly rooted in the black metal, and more particularly in the melodic black subgenre. The production isn’t particularly clean, or at least it isn’t too polished, something I am quite sure that many fans will approve. Both the vocals and the guitars have a slightly dirty touch, like a particular raw touch that I find quite adequate as it makes them sound heavier and darker, something that the genre should never lose. Musically, the album is an authentic beast. The pace is quite fast and the songs sound truly heavy and relentless. From its very beginning to its end, 'The Decline of the Enlightened Gods' is a real punch in the face. We obviously will find some exceptions, as the title track for example, where the pace is slower in its greater part. The guitars truly shine in these slower sections, even though it must be mentioned that their work is faultless in every single song. The riffing is pure melodic black as legendary bands like Necrophobic (of which you will enjoy an excellent version), Dissection, or early Watain can come to your mind. The aforementioned influences are quite clear in the album opener "Mystic Fires of Dark Allegiance". These raging vocals, the tasteful melodic yet heavy riffs, which lead the song in every moment, and the super solid rhythmic base create an addictive song, which brings us back the best of the genre. Things go even heavier with the second track "Spellbound". A devastating composition with a faster pace yet keeping the omnipresent melodic yet biting guitars. Albeit the pace is generally fast, there are small ups and downs in the pace, which are very precisely and wisely placed small changes through the song. The variations make the composition interesting, as it never becomes a succession of monorhythmic sections that would make it sound too predictable. "Frozen Kings" is probably one of my favourite tracks of the whole album. A particularly catchy melody accompanied by a very headbanging inducing pace, makes it a truly highlight, as this track will remain in your brain from the very first time you listen to it. "Oath of Forgotten Past" contains a great solo guitar, which proves that apart from a relentless dose of incredible riffs, the band also knows to introduce solid solos without making it sound out of place. As you may imagine from this description, each song has something that makes it unique, even though the ingredients are the same in all the album. This proves that a band which has inspiration and works hard, can mix the same elements, and still create compositions with its own personality, although they apparently sound quite similar. The level is very high in the whole album and even the already mentioned cover doesn’t disappoint, as it is a devote homage to the band and the genre itself.

All in all, 'The Decline of the Enlightened Gods' is an awesome work by the Spanish band Frozen Dawn. The full thing sounds inspired, focused, and full of greatness in all its elements. Every single fan of the genre should check out this opus and I wouldn’t be surprised if it appears in may top lists of this year. (Alain González Artola)

Jours Pâles - Tensions

#PER CHI AMA: Depressive Black
Avevo recensito il primo album dei Jours Pâles, trio transalpino, i cui membri arrivano da realtà similari quali Asphodèle e Aorlhac. 'Tensions' è il loro secondo lavoro edito dalla lunga mano della Les Acteur de l’Ombre Productions e ingloba nove nuovi pezzi all’insegna di sonorità estremamente orecchiabili (basti ascoltare la super ruffiana "Jour de Pluie, Jour de Fête" in apertura, per avere una vaga idea della proposta dei nostril qualora non li conosceste). Melodie frizzanti, voci pulite e qualche growling vocals sparata qua e là (con testi rigorosamente in francese, come accadde anche in 'Éclosion'), qualche intermezzo atmosferico affidato a porzioni arpeggiate di chitarra e il gioco è fatto. I Jours Pâles sono pronti a prendere il volo anche se probabilmente non saranno i fan più estremisti dell’etichetta transalpina quelli che si avvicineranno ai nostri, visto l’interesse per realtà più death/black oriented. Con la successiva "Saint-Flour Nostalgie", l’aura sembra farsi più malinconica, e accanto a questa tendenza depressive, il terzetto accosta anche qualche breve sfuriata black che rinforza quanto di buono avevo avuto modo di ascoltare in passato. E la schizophrenia black si palesa anche nelle note iniziali della terza "Ecumante de Rage" che oltre a dar sfoggio di estremismi sperimentali, quasi di scuola Pensees Nocturnes, si dipana in splendidi giri di chitarra e sonorità che potrebbero evocare l’eleganza blackgaze degli Alcest nei giri forbiti di pianoforte, ma è comunque la struttura globale del brano, cosi asservita a continui cambi di tempo, tra rallentamenti ed epiche galoppate, che la renderanno alla fine anche il mio pezzo preferito. Forse perchè nel corso dell’ascolto troveremo qualche altro brano davvero interessante: dalla tumultuosa title track a "Saturnienne Lassitude", che fa l’occhiolino ai Les Discrets nel suo portamento cosi drammatico e decadente, ipnotico e quasi avanguardistico, ma dal finale di scuola tipicamente classic metal. Non ci si annoia di certo durante l’ascolto di 'Tensions', soprattutto quando tempeste ritmiche si affiancano a delicati break strumentali ("Hâve") o se a fare la sua comparsa è una qualche guest star come accade in "Ode à La Vie (Chanson Pour Aldérica)", dove incontriamo le sinuose vocals di Natalie Koskinen dei mitici Shape Of Despair in un pezzo dai tratti soffusi che avrà modo di evocare un che dei nostrani Novembre lungo la sua traiettoria sonora. Ultima menzione per il post punk di "Dose(s)" e delle spettrali melodie della lunga e conclusiva "Les Feuilles Tombent". Diavolo, stavo poi per dimenticarmi dello splendido artwork di copertina, a cura del buon Niklas Sundin dei Dark Tranquillity che testimonia come 'Tensions' sia un lavoro ispirato che sottolinea le ottime qualità dei Jours Pâles, e soprattutto di una dose di personalità da vendere. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 78

https://ladlo.bandcamp.com/album/tensions

Terrorizer - Hordes of Zombies

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Death/Grind, Napalm Death
Brutal and fast, this full-length covers it all. With a female guitarist that whales on the riff-writing. She didn't appear on their newer release the 'Caustic Attack' which is unfortunate. The vocals are totally guttural and fit well with the music. They're definitely grind on here with death metal vocals. The riffs are dynamite and spellbinding. The music is what hits home with me. I've found the riffs not only fast, but catchy as well. They set the tone for the whole album. And Pete behind the set is right on target (as usual). They don't call him "Commando" without reason. He's way dynamite on here as well!

The sound quality was top notch on here as well. I'm surprised that they didn't get higher ratings on this one. It's a a lot like older Napalm Death of the 90's. The riffs sound a little like those of Napalm back then before they just turned to noise-core.

The music is what took it away for me. The songs are just fast and ferocious as well as noteworthy! I like the voice mixed with the guitar. They knew what they were doing in an approach to this record. They are without Jesse (RIP 2006) and Oscar who forgot all the lyrics so I've heard. I'm not sure if he does vocals for any metal bands anymore. I don't really have any complaints about this release. I'm just bummed that their status is "On Hold" meaning basically they're done. I'm giving the album a "73" and I said in my previous review of their newer release 'Caustic Attack' the same rating. Both are pretty much equally good.

If you're a fan of death/grind then this album is for you. It has all the elements and characteristics of what a death/grind release is supposed to sound like. And not discounting female guitarists she was really good and tight. Wish that she played on their follow-up! (Death8699)


ACOD - Cryptic Curse

#PER CHI AMA: Symph. Death/Black
Non ho fatto in tempo a recensire 'Fourth Reign Over Opacities and Beyond' che mi ritrovo per le mani un nuovo lavoro dei marsigliesi ACOD. Era ottobre 2022 quando recensivo quel disco, eccomi qui oggi a distanza di solo qualche mese a parlarvi di questo EP intitolato ‘Cryptic Curse’. Il nuovo arrivato contiene giusto tre song che sembrano tuttavia richiamare in tutto e per tutto ‘Fourth Reign…’ e dare una certa continuità al percorso intrapreso dai nostri, ossia quel black/death orchestrale che avevo trovato davvero convincente, pur senza rinnegare un passato dalle tinte thrash. Lo si evince dalle roboanti trame ritmiche dell’iniziale "The Hourglass Slave" per poi proseguire con eccellenti risultati anche nelle successive "The Mask of Fate" e nella title track. Oggi, a differenza della precedente recensione però, manca forse per me quell’effetto sorpresa che avevo avuto modo di saggiare all’epoca, ma non posso certo nascondere la bellezza di alcuni assoli, del prestante growling del bravissimo Fred o dell’oscure linee di chitarra che Jérome sciorina nella seconda traccia, tutti elementi che, affiancati ad un’ottima preparazione tecnica, ad un ricercato gusto per le melodie e ad una perfetta registrazione da parte di Tony Lindgren ai Fascination Street Studios, rendono questo breve (17 minuti) capitolo della saga ACOD, di un certo interesse. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2023)
Voto: 73

https://ladlo.bandcamp.com/album/cryptic-curse

Il Wedding Kollektiv & Andrea Frittella - 2084

#PER CHI AMA: No-wave/Alternative/Electro/Avantgarde
La collaborazione tra Il Wedding Kollektiv e Andrea Frittella, giovane fumettista romano, porta alla realizzazione di questo nuovo lavoro della band di Alessandro Denni, di cui abbiamo già recensito i precedenti due ottimi lavori. Questa volta l'opera si adorna, sia nella versione cd che in quella in vinile, di un booklet illustrato da Mr. Frittella, con otto tavole originali a tema, per ogni brano del disco, cosa che contribuirà certamente a rendere l'album, una preda ambita dagli amanti di materiale sonoro, unico e originale da puro collezionismo. A livello di sound poi, la band italiana traslocata da tempo a Berlino, si destreggia con le sue solite carte vincenti. Scarna new wave teutonica, new jazz, elettronica e avanguardia, sono delle armi affilate che Il Wedding Kollektiv sa usare perfettamente. Inoltre, troviamo un'attenzione particolare verso i testi e la bella voce di Tiziana Lo Conte, la quale, rende tutto così attraente, con un fascino retrò sempre proiettato in un futuro surreale. Si parte con "Quando i Residents si Tolsero le Maschere", e già il titolo si fregia di una fitta rete di avanguardia, poiché i Residents, vengono citati a parole ma anche nell'atmosfera del brano, con degli splendidi fiati sintetici e una vena di moderna musica neoclassica, che richiama davvero l'astrattismo di certe opere della mitica band statunitense. "Noi che abbiamo visto il volto dei Residents, crediamo solo negli anfibi ai nostri piedi..." recita il testo alla fine del brano, sottolineando quanto questo progetto sia concettualmente proiettato in avanti, anche nella forma compositiva dei testi. "Tentacoli" è un brano più no-wave che mette insieme molte anime come fosse una rivisitazione delle intuizioni del Forward Music Quintet nei lontani anni '80, e anche qui, compare verso la conclusione del brano, in un contesto quasi alla 'The Catherine Wheel' di David Byrne, ovviamente reinventati in chiave attuale, una frase che recita: "L'architettura sociale disegnava i nostri comportamenti, i sorveglianti sono sempre impuniti..." e credetemi, è una frase che fa molto effetto. Parlare di musica intelligente e non nominare il brano intitolato "Il Modello di Sviluppo", che con il suo incedere da ballata elettro/space/ambient, dal testo veramente riflessivo ed impegnato, con uno sguardo a ciò che la civiltà sta diventando, sarebbe una carenza imperdonabile. La chiusura di questo disco è affidata a "Tra il Futuro e l'Incendio", che all'inizio si avvale di un vago richiamo a "L'Astronomo", brano presente nel precedente lavoro 'Brodo', con un cantato soffocato in uno stralunato e velocissimo intro jazz, per poi lasciare la scena ad un'elettronica più sofisticata, vicina ai Portishead ma con un'ottica rivolta al minimalismo elettronico d'avanguardia, colto e mirato nei particolari. Ottimo l' artwork di copertina e il parallelo del titolo, '2084', con il libro di Orwell, '1984'. Come dissi per il loro debutto, se questa fosse la musica che primeggia nelle classifiche pop italiane, l'Italia sarebbe un paese assai diverso. Gran bel disco. (Bob Stoner)