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venerdì 17 febbraio 2023

ACOD - Cryptic Curse

#PER CHI AMA: Symph. Death/Black
Non ho fatto in tempo a recensire 'Fourth Reign Over Opacities and Beyond' che mi ritrovo per le mani un nuovo lavoro dei marsigliesi ACOD. Era ottobre 2022 quando recensivo quel disco, eccomi qui oggi a distanza di solo qualche mese a parlarvi di questo EP intitolato ‘Cryptic Curse’. Il nuovo arrivato contiene giusto tre song che sembrano tuttavia richiamare in tutto e per tutto ‘Fourth Reign…’ e dare una certa continuità al percorso intrapreso dai nostri, ossia quel black/death orchestrale che avevo trovato davvero convincente, pur senza rinnegare un passato dalle tinte thrash. Lo si evince dalle roboanti trame ritmiche dell’iniziale "The Hourglass Slave" per poi proseguire con eccellenti risultati anche nelle successive "The Mask of Fate" e nella title track. Oggi, a differenza della precedente recensione però, manca forse per me quell’effetto sorpresa che avevo avuto modo di saggiare all’epoca, ma non posso certo nascondere la bellezza di alcuni assoli, del prestante growling del bravissimo Fred o dell’oscure linee di chitarra che Jérome sciorina nella seconda traccia, tutti elementi che, affiancati ad un’ottima preparazione tecnica, ad un ricercato gusto per le melodie e ad una perfetta registrazione da parte di Tony Lindgren ai Fascination Street Studios, rendono questo breve (17 minuti) capitolo della saga ACOD, di un certo interesse. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2023)
Voto: 73

https://ladlo.bandcamp.com/album/cryptic-curse

sabato 8 ottobre 2022

ACOD - Fourth Reign over Opacities and Beyond

#PER CHI AMA: Symph Black/Death
Devo essermi perso qualcosa. Avevo recensito i marsigliesi ACOD nel 2015 in occasione del loro ‘II The Maelstrom’ e li ricordavo con un sound all’insegna del death thrash. Li ritrovo oggi, dopo aver saltato l’ascolto del terzo ‘The Divine Triumph’, e mi ritrovo una band di tutt’altra pasta e genere. Detto che questo ‘Fourth Reign over Opacities and Beyond’ apre con un intro dal piglio sinfonico orchestrale, ma ci poteva stare dopo tutto, quando “Genus Vacuitatis” irrompe nel mio stereo, ecco lo shock, la band non suona più quel monolitico sound tritabudelle in stile Machine Head, ma ora propone un symph black death che potrebbe ammiccare alla proposta pomposa, ma comunque robusta, dei Septicflesh. Ecco si, in questa veste gli ACOD li apprezzo molto di più, soprattutto perchè non dimenticano le loro origini, una bella dose di death metal nelle ritmiche c’è sempre, ma ora decisamente contaminate dalle sinfoniche partiture che compaiono nei pezzi, congiunta con una bella dose di melodia, suoni di archi, la presenza di una voce femminile che rendono il tutto un filo più accessibile, e che francamente preferisco. “The Prophecy of Agony“ si apre con un tono più compassato, ma le chitarra sono pronte ad esplodere in un tappeto ritmico composto, con la voce del frontman Malzareth a richiamare scomodi paragoni con il buon Nergal. In tutta onestà però, devo ammettere che il lavoro mi piace molto, direi che questi sette anni che non ho assolutamente calcolato la band hanno giovato e la progressione è parecchio significativa. Abili anche nell’alternanza vocale tra grim vocals e voci pulite, la band sciorina una dopo l’altro pezzi assai azzeccati, dove l’atmosfera si mette a servizio di un sound potente, a tratti tagliente (“Sulfur Winds Ritual”), ma gonfio di rabbia (grazie ad un riffing di scuola Morbid Angel), traboccante energia e dinamismo sonoro, cosi come pure una sottile vena malinconica, complice un tremolo picking. Forse il pezzo migliore del lotto. Ma il disco rimane pieno di sorprese soprattutto per i cambi di tono o genere: “Nekyia Catharsis“ mostra infatti un carattere più darkeggiante, tanto da richiamarmi i fasti dei finlandesi Throes of Dawn ma pure i Rotting Christ per quelle sue atmosfere più spettrali ed un utilizzo prezioso della chitarra qui votata ad un melo death dal forte piglio orchestrale, cosi come pure un utilizzo costantemente efficace delle voci pulite. Tutto molto positivo, anche l’incipit di “Artes Obscurae” che segue a ruota l’intermezzo occulto di “Infernet’s Path“. Un pezzo decisamente compassato l’inizio del primo con una bella dose di groove, ma quello che sentiamo dopo saranno saette di chitarra, ritmiche possenti ancora di scuola americana, pomposissime tastiere, vorticosi giri delle sei corde, voci gracchianti, echi a Dimmu Borgir e Cradle of Filth per un finale davvero in crescendo. Vogliamo poi citare l'artwork di Paolo Girardi? Lascio giudicare a voi. Io mi devo solo mettere ad ascoltare il disco precedente e capire se mi sono perso qualcosa di significativo. (Francesco Scarci)

giovedì 17 settembre 2015

A.C.O.D. - II The Maelstrom

#PER CHI AMA: Death/Thrash, Machine Head
È interessante vedere come il death metal non sia solo un fenomeno relegato al paese a stelle e strisce. Anche l'Europa dà segni di vita in questo ambito e lo fa, manco farlo a posta, nella nazione con la scena più attiva negli ultimi anni, la Francia. Gli A.C.O.D. vengono infatti dalla Costa Azzurra, Marsiglia per l'esattezza, a infuocare il panorama death/thrash mondiale. Tredici sassate per un pomeriggio di assoluto relax fra arrembanti aggressioni sonore, riffoni trita budelle, in pieno stile Machine Head, growling vocals, blast beat e taglienti assoli. Non vorrei che 'II The Maelstrom' alla fine si riduca a questa breve descrizione, altrimenti il rischio di annoiarsi con un simile album poteva essere parecchio elevato. Fortunatamente il quintetto transalpino ha capito l'antifona e ha pensato bene di inserire qualche variazione al tema, per rendere più interessante il prodotto finale. E cosi non sarà difficile anche per voi imbattervi in qualche divagazione industrial ("Abuse Me") o in un qualche episodio che sfocia nel black metal come "Words of War", la traccia che in assoluto rimane la mia preferita. In "Ghost Memories" addirittura fa la sua comparsa l'ubiquitario Björn 'Speed' Strid, con le sue inconfondibili vocals. Se "Black Wings" è una song abbastanza lineare a livello ritmico, la breve "Rise" vi scalderà con il suo death'n'roll. Una intro acustica ed è il turno di "Cold", la traccia più imprevedibile del lotto, capace di stop and go, rallentamenti e belle sfuriate omicide. In "Unleash the Fools" ecco il secondo ospite dell'album, Shawter dei Dagoba, a prestare la sua voce e impreziosire ulteriormente 'II The Maelstrom', in un brano che vanta anche un ottimo liquido break centrale. Altri tre i pezzi a disposizione degli A.C.O.D. mirate a superare le vostre ultime perplessità: la melodica e oscura "Fallen", altra traccia inserita tra le mie preferite, la caustica "Crimson" e la conclusiva "To the Maelstrom", che ci catapulta definitivamente nell'inferno creato dagli A.C.O.D.. Album in definitiva interessante, soprattutto per la sua capacità di andare oltre i classici dettami del death metal. (Francesco Scarci)

(Self - 2015)
Voto: 75