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giovedì 28 settembre 2017

Cruel Experience - Lives of Ugly Demons

#PER CHI AMA: Psych/Stoner/Punk, Sonic Youth
I Cruel Experience sono Efisio (voce/chitarra), Nicola (chitarra), Andrea (Batteria) e Thomas (basso e voce), nascono a Lucca nel 2013. Hanno all’attivo un doppio Ep, 'Save the Nature, Kill Yourself' e un singolo raccolto nello split '70s, 80s, 90s Suck Split'. Questo 'Lives of Ugly Demons' (L.O.U.D.) è il loro vero album d'esordio; dopo una bella gavetta nella scena locale i quattro musicisti decidono infatti di appoggiarsi alla cordata di label formata da Santa Valvola Records/Annibale Records/Brigante Records & Productions/Dadstache Records, per fare il tanto desiderato salto di qualità. Il cd si presenta in un digipack rosso con una grafica in chiave horror anni '70 misto a fumetti con un look che richiamano il secolo scorso (mamma mia, sembra una vita fa). I testi delle sette tracce sono stampati su un flyer/poster a parte che fa gongolare chi come me, adora leggere per cogliere a meglio il lavoro delle band. "Highway Of Lies" è il brano in apertura che ci scaraventa nel mondo punk/psichedelico/grunge dei nostri amici lucchesi, ove l'inizio è dominato da un basso che rotola minaccioso come nei migliori brani stoner, poi con l'arrivo di chitarre e batteria, il brano si trasforma. Il cantato richiama le atmosfere punk inglesi mescolato a riff più grossi che si spezzano dopo poco per un lungo break psichedelico pieno di riverbero e grandi spazi metafisici. Verso la fine il pezzo riprende il tema iniziale accelerando vorticosamente e arricchendosi di un assolo leggermente dissonante che lascia senza fiato l'ascoltatore dopo oltre sei minuti di canzone. Riprendiamo con "Loud" e cambia l'approccio mantenendo questa volta il punk come genere di riferimento per il ritornello, ma che si veste anche di atmosfere new wave nella strofa. Il tutto si svolge in meno di tre minuti mascherati da una patina di ironia che denuncia il malessere urbano ed esistenziale, il tutto riflesso nei suoi arrangiamenti rabbiosi. I Cruel Experience si autodefinisco fuori dagli schemi e non possiamo che dar loro ragione: quando attacca "Bite the Light" infatti veniamo rapiti dal riff introduttivo sospeso tra psichedelia e grunge. Un brano poliedrico, fatto di stacchi lenti e accelerazioni che verso i tre quarti s'incupisce per poi esplodere in una cacofonia isterica e furibonda. "Help me Wizard" è degna di una band avvezza al doom più lisergico che ricorda lunghe notti passate sotto le stelle a ballare furiosamente intorno ad un falò gigantesco, con scintille che salgono al cielo come anime che trasmigrano ad un livello superiore. Tanta energia, basso e batteria sgomitano impazziti mentre le chitarre si destreggiano tra riff e arrangiamenti che strizzano l'occhio a band di vecchia data. Un gran bell'album che attinge a piene mani dalla scena internazionale punk/rock/noise, rivisitando quello che Sonic Youth ci hanno insegnato e creando un proprio mix che ammalia il nostro io interiore. Lunga vita ai Cruel Experience, che possiate regalarci altre piccole e fantastiche perle come questo 'L.O.U.D.'. (Michele Montanari)

(Santa Valvola Records/Annibale Records/Brigante Records & Productions/Dadstache Records - 2017)
Voto: 80

https://cruelexperience.bandcamp.com/album/lives-of-ugly-demons

The Pit Tips

Francesco Scarci

Mesmur - S
Distant Landscape - Insights
NevBorn - Daidalos

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Matteo Baldi

Breach - It's me God
Pink Floyd - A Saucerful of Secrets
Om - Pilgrimage

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Alberto Calorosi

Motorpsycho - The Tower
Julie's Haircut - Our Secret Ceremony
We Hunt Buffalo - We Hunt Buffalo

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Five_Nails

Akercocke - Renaissance in Extremis
Car Door Dick Smash - Dong Mangler EP
Inverted Serenity - Integral

Since the Flood - No Compromise

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Hardcore, Terror, Hatebreed
Alla Metal Blade credo che gli siano serviti parecchi anni prima di rendersi conto che avevano rotto i coglioni con tutto il metalcore che hanno proposto. Ho ascoltato centinaia di band dedite a tale genere proveniente dall'etichetta tedesca; quelle che avevano effettivamente qualcosa da dire, di non scontato intendo, si contavano sulle dita di una mano. I Since the Flood stanno nel calderone di gruppi un po’ piattini, di quelli in cui le parole personalità, originalità e buon gusto, non sanno dove siano di casa. Mi spiace stroncare sin in apertura un lavoro di questo tipo ma, 12 brani, per mezz’ora di musica, non giustificano assolutamente l’acquisto di tale cd. Mi veniva da ridere leggendo commenti del tipo che i Since the Flood potessero essere i nuovi emuli degli Slayer; una cosa è certa, erano (si sono infatti sciolti l'anno dopo questa porcata) sicuramente anni luce lontani dalla band di Tom Araya e soci, sia per il sound proposto che per la velocità d’esecuzione. Questi ragazzi suonano, infatti, un metalcore figlio delle ultime tendenze, un mix tra sonorità alla Hatebreed e Buried Alive. Pezzi brevi, semplici, diretti, tipicamente hardcore si stampano sulle nostre facce, garantendoci 30 minuti di selvaggio headbanging e niente di più. I brani poi si assomigliano inevitabilmente un po’ tutti; alcuni sono identificabili per qualche raro rallentamento, in grado di assicurarci un attimo di tempo per riprendere fiato. Gli ossessionati dell’hardcore diano pure un’ascoltatina, gli altri si astengano. (Francesco Scarci)

(Metal Blade - 2007)
Voto: 50

https://www.youtube.com/watch?v=Cxf3wX0Yu-U

Nile - Legacy of the Catacombs

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Techno Brutal Death
Per chi conoscesse poco dei primi quattro album dei Nile, la Relapse Records rilasciò nel 2007 'Legacy of the Catacombs', raccolta “best of” per la band statunitense che includeva brani provenienti da 'Amongst The Catacombs of Nephren-Ka', 'Black Seeds of Vengeance', 'In Their Darkened Shrines' e 'Annihilation of the Wicked', oltre ad un bonus DVD con tre video ufficiali, “Execration Text”, “Sarcophagus” e “Sacrifice Unto Sebek”. Cosa però dire di una band, che solo pochi oramai non conoscono e che in vent'anni è diventata la numero uno nel panorama metal estremo? La raccolta pesca qua e là nella discografia dei nostri, mostrando la loro evoluzione sonora, ossia il cammino che dalle rive del Nilo li ha portati fino alle porte dell'inferno. Gli esordi dei nostri, e intendo quindi brani come “Barra Edinazzu”, “Howling of the Jinn”, “Masturbating the War God” e “Black Seeds of Vengeance”, sono caratterizzati dal famoso stile egizio, fatto sì di brutalità, ma con quegli intermezzi atmosferici legati alla tradizione egizia, che li ha resi famosi nel music biz. Man mano che progrediamo con le produzioni più recenti della band, il sound si indurisce ulteriormente (come se ce ne fosse stata la necessità), abbandonando quasi del tutto quei tipici fraseggi orientali che caratterizzavano il sound del trio americano, lasciando il posto ad un ultra tecnico brutal death, che nel mondo non credo abbia rivali. I tre video invece? Beh, sono tutti da scoprire... Se siete dei fan della band, immagino che i loro dischi li abbiate tutti; se invece siete dei novelli deathsters, beh qui potreste aver modo di capire di che pasta sono fatta i Nile. Al mondo non esistono rivali. (Francesco Scarci)

(Relapse Records - 2007)
Voto: 75

https://www.facebook.com/nilecatacombs

Owun - 2.5

#PER CHI AMA: Kraut Rock/Cold Wave/Noise
Percepirete ovunque sconquassamenti noise, marcatamente industriali, ammiccanti a certa avant-garde krautofila anninovanta-e-persino-oltre ("Araignée", ma pure le white-noise roboanze di "Frost", la noiosa luccicanza extraterrestre della conclusive "Raison") sovente collimati da una impellente ricerca del climax (il motorik di "I.A.", in apertura, lieviterà fino ad auto-dissolversi in un prevedibile deliquio noise, fate attenzione agli occhi) di chiara ispirazione post-rock-anni-inizio-duemila-e-persino-prima, alla Mogwai, giusto per intenderci (sentite l'intrigante, sebbene un filino dilungante, "Tom Tombe"). Le reminescenze '80s si conglomerano imprescindibilmente e inevitabilmente attorno ai primi Sonic youth ("All of Us"), ai King Crimson più Discipline-ati (il corpus di "Foul"), o ancora la wave ("Orange") barra no-wave ("Post", di nuovo "Foul", ma solo nell'industrioso finale, ossessivo e circolare). Un album egualitario e magnetostatico, intrigante, cerebrale eppure analogamente viscerale. Ascoltatelo attentamente, sorseggiando un gustoso cocktail balneare a base di di psilocibina e idrolitina. (Alberto Calorosi)

mercoledì 27 settembre 2017

Persona - Metamorphosis

#PER CHI AMA: Symph Metal, Epica
Ci eravamo lasciati lo scorso anno con il loro album d’esordio, 'Elusive Reflections', che aveva rivelato le potenzialità della band, improntandosi su un solido power-symph, gradevole seppur non esageratamente innovativo. Quest’anno i tunisini Persona si ripresentano con il loro nuovo lavoro in studio, il full-length 'Metamorphosis'. E avvertiamo subito un aggiustamento di tiro rispetto al precedente lavoro: seppur più caratteristico nelle scelte stilistiche, il primo album presentava al suo interno qualche avvertibile fragilità. Con 'Metamorphosis' invece approdiamo indubbiamente ad un operato di più ampio respiro, frutto di scelte studiate e composizioni ben curate. A partire dal clavicembalo di “Prologue”, assistiamo al crescendo complessivo del disco, seguendo le fasi di questa metamorfosi fino al suo culmine, la liberazione, l'epilogo affidato a “The Final Deliverance”. All’interno di questi 12 brani si può notare tutta l’evoluzione compositiva e tecnica effettuata dalla band. Le continue oscillazioni e i repentini passaggi di Jelena Dobric dalle tonalità più soavi alle potenti linee di growl, si fanno leit-motiv dell’intero disco. Si avverte come la cantante afferri decisamente le redini dell’ensemble, ricamando le liriche sull’alone gothic di oscure atmosfere che avvolgono l’album fin dalle prime note. Pad e soprattutto organi sono determinanti in questo caso, frutto di un pregevole lavoro alle tastiere. Notevoli sono i numerosi passaggi squisitamente tecnici, caratterizzati dalle continue alternanze di tempo, che condiscono l’opera, altro esempio della migliorata qualità compositiva del gruppo. Frequenti sono anche le decise e spregiudicate accelerate, guidate da un drumming imperioso, sviluppando una fragorosa potenza che spezza i più pacati equilibri melodici. Ritroviamo in 'Metamorphosis' anche diversi richiami al primo album, con sonorità e passaggi “esotici”, sfruttando particolari scale musicali che conferiscono quel tratto “orientaleggiante” ai brani (per esempio in “Hellgrind”). Sul finale da segnalare un pezzo in puro stile Epica, profondamente melodico e atmosfericamente curato, “The Seeress of Triumph”, prima della traccia in chiusura già citata, “The Final Deliverance”. Quest'ultima alleggerisce nettamente i toni rispetto al resto, in quanto si trova dover simboleggiare la salvezza finale dell’essere dopo questa serie di trasformazioni. Che dire, quest'ultimo disco dei Persona è indice dell’impegno e della dedizione che questi ragazzi hanno impiegato per migliorarsi sotto molteplici aspetti. Un risultato che premia gli sforzi, poiché la qualità dell’album di debutto viene ampiamente superata e deve fungere da incoraggiamento per la band, intrepida ed insolita portavoce del metallo nell’Africa Nord-occidentale, a fare ancora meglio per gli anni a venire. (Emanuele Norum Marchesoni)

martedì 26 settembre 2017

Non Human Level - S/t

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Thrash, Darkane
Attenzione, questo album è una bomba, maneggiare con cura!!!! Dovrebbe sicuramente riportare queste indicazioni la custodia esterna di questo cd, che per chi non lo sapesse rappresenta il side project di Christofer Malmström, chitarrista dei Darkane. Il cui presente cd racchiude infatti, le idee mai espresse da Christofer fin dal debutto del ’99 della sua band madre. Così, accompagnato dall’ex bassista dei Meshuggah, Gustaf Hielm, dal suo fido compagno nei Darkane, Peter Wildöer (alla voce) e dal batterista della band di Devin Townsend, Ryan Van Poederooyen, Christofer ha dato vita al progetto Non Human Level, dal titolo di una canzone della sua band precedente, gli Agregator. I quattro baldi ragazzoni suonano un’esplosiva miscela di death/thrash con chiare influenze di matrice scandinava unita al dinamitardo thrash stile Bay Area e ad un certo techno death “made in Florida” (Death e Atheist vi dicono nulla?). Questo album si abbatte sulle nostre teste come una scure affilata, maciullandoci le ossa e spingendoci all’headbanging più frenetico, ma allo stesso tempo, è anche in grado di stupirci con trovate sorprendenti come l’utilizzo di un organo da chiesa in “Istincts”o il riarrangiamento di una tipica ballata folk svedese in versione metal o ancora, con intermezzi di chitarra acustica. Ma ciò che vi balzerà immediatamente alle orecchie, così come è accaduto al sottoscritto, è l’eccellente livello tecnico-stilistico dei musicisti, udibile soprattutto nelle debordanti ritmiche e nei talentuosi guitar solos, a cura dello stesso Christofer, responsabile, tra le altre cose, anche dell’eccellente produzione presso i Not Quite Studios di Helsingborg. Bravi e decisamente intensi, i Non Human Level sicuramente potranno piacere ad una vasta schiera di metallari, da quelli più intransigenti, legati al puro death agli amanti delle contaminazioni, fino ad arrivare ai fans più legati ad Iron Maiden ma anche Dream Theater. Ragazzi non esitate un solo secondo nell’ascoltare quello che è stato l'unico lavoro di musicisti che sanno sicuramente il fatto loro. Sorprendenti, brutali, melodici, veloci, ultra tecnici ed emozionanti, questi sono i Non Human Level. (Francesco Scarci)

Erupdead - Abyss of the Unseen

#PER CHI AMA: Brutal Techno Death
Sono rimasto un po' stupito di fronte a questa uscita della Czar f Bullets, death metal nudo e crudo per una band alquanto datata nella scena svizzera. Si tratta dei basilesi Erupdead, in giro dal 2007 e con all'attivo un EP, uno split con i Total Annihilation, e che con questo 'Abyss of the Unseen', raggiungono i due full length nella loro discografia. Del genere abbiamo già detto, un ferale death metal che si evolve lungo le nove tracce contenute, che partono peraltro all'insegna della melodia accattivante di "Fucked Up", una traccia che poi ci spara in faccia tutta la propria furia tra sgroppate infauste, frustate ritmiche e qualche buona apertura carica di groove in stile Dark Tranquillity. Il tiro si fa ancor più incendiario con la seconda "Guns and Roses" (buffa la scelta di questo titolo per una song cosi incazzata) e forse ancor di più con la frenetica "Temple of Baal", dove le voci si palesano sia in growl che con un arcigno screaming. Il problema di fondo dell'album però è che non trovo abbia granché da dire in un genere che in trent'anni credo che abbia esplorato in lungo e in largo tutto lo scibile musicale e che 'Abyss of the Unseen' alla fine arrivi fondamentalmente fuori tempo massimo. Non posso negare che non ci siano cose discrete: il solismo di "Bolon Yokte 'K' uh" non mi dispiace affatto, cosi come l'approccio doomeggiante di "Me First: The Gentleman" che ritornerà anche nella conclusiva title-track. La ricerca di una maggiore forma di originalità ha prodotto "Private Rearmament", una song in cui accanto al grugnito di Sebbi, compaiono anche delle spoken words su un tappeto ritmico come sempre devastante ma che spiccano anche per una certa ricerca in fatto di melodia. Si continua a pestare con "Unhumanizer", una song che mette in luce il lavoro alla sei corde da parte delle due asce, cosi come il mostruoso e dispendioso armeggiare dietro alle pelli di Atz, che sicuramente premiano a livello tecnico le capacità della band. Il resto? Normale amministrazione all'insegna di un death pirotecnico e brutale che tuttavia necessita di una spinta addizionale per poter emergere dalla massa. (Francesco Scarci)

(Czar of Bullets - 2017)
Voto: 65

https://www.facebook.com/erupdead/