#PER CHI AMA: Funeral Doom, Evoken, Pantheist |
L’Iran fortunatamente questa volta non è al centro della nostra attenzione per minacce di guerra, il nucleare o per i moti studenteschi repressi nel sangue, bensì oggi mettiamo a fuoco la situazione del paese per ciò che concerne la musica. È la seconda volta che ci troviamo a recensire una band proveniente dall’antica Persia (in precedenza erano stati i Silent Path), dove leggende vivono e vivranno immortali per sempre. L’Iran è stata terra di immensa cultura e ancor oggi sono convinto viva all’interno del popolo persiano una grande voglia di condividere il proprio patrimonio di conoscenza, cosi come può essere la musica, sebbene sia un qualcosa di molto più piccolo. E allora catapultiamoci a Teheran a conoscere questo due formato da Haamoon ed Emerna e scoprire il loro funeral doom, che la Silent Time Noise Records ha pensato bene di proporci. Logicamente quando si parla di funeral doom, non è certo tra le proposte più semplici da digerire, bisogna avere una predisposizione d’animo ben precisa per affrontare questo genere, sentirsi in sintonia con la band stessa e lasciarsi trasportare dal lento inesorabile flusso di emozioni che questa musica, cosi come poche altre, ha il potere di trasmettere. Pur non essendo un grande amante di tale sound, per l’oggettiva difficoltà ad affrontare certe insormontabili sonorità, non posso far altro che immergermi con estremo piacere nei quattro minuti iniziali dell’eterea “Sutured Lips”, che lascia il posto ai successivi dieci minuti abbondanti di “Of Love Then Deceit” e ai suoi tocchi maledettamente malinconici del suo pianoforte iniziale. Nostalgia, disperazione, angoscia e cupo dolore si abbattono su di noi come la falce della signora morte sulle nostre inutili vite. Infelice, decadente, senza speranza, il sound dei 1000 Funerals fa respirare un’aria mortifera, tra l’altro non alzando mai il baricentro, ma proponendo costantemente melodie soffuse, growling vocals appena percettibili e ritmiche ridondanti, sempre sorrette da un pianoforte che da solo sorregge il 90% di questa seconda fatica del combo iraniano e donando quel quid in più ad un lavoro che forse, ora come ora, si sarebbe perso nei meandri del sottobosco. “Butterfly Decadence” mi piace, e pure molto per la sua semplicità nell’essere cosi oscuro, senza alla fine fare mai male (bellissima e romantica “Nothing Has Ever Been”). Un breve interludio con delle female vocals ci porta all’apocalittica “Vast Infinite Beauty”, la song più pesante del lotto, ma niente paura perché accanto alle grunt vocals, c’è sempre spazio per delicate aperture atmosferiche dal feeling luttuoso. A chiudere questo cd, che di certo farà la gioia degli amanti di Evoken, Pantheist o Mournful Congregation, ecco una cover di un’altra grande band del genere, gli Shape of Despair, che volontariamente avevo escluso: la bellissima strumentale “Night’s Dew” chiude un album di non facile approccio, ma di sicuro piacevole impatto finale. Raccomandati! (Francesco Scarci)
(Silent Time Noise Records)
Voto: 75
Voto: 75