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lunedì 20 dicembre 2021

Malo Moray & His Inflatable Knee - Improvisations from the Solar System (and other Solo Pieces)

#PER CHI AMA: Ambient/Noise/Experimental
E giunge fino a noi dalla lontana galassia tedesca, direttamente dalla colonia spaziale della città di Lipsia, un nuovo lavoro dal vivo, del collettivo Malo Moray & His Inflatable Knee. L'autore e fondatore, Martin ‘Malo’ Riebel, conferma che l'intento di questa opera, è di mettere in musica la profondità di un cosmo sconosciuto, di galassie infinite e silenziose, ponendole in parallelo alla depressione e alla solitudine (vissuta anche in prima persona dall'artista in epoca recente) in cui versa l' umanità odierna. Il contrabbassista tedesco gioca con loop, elettronica e strumenti auto costruiti per intavolare un viaggio sonoro suggestivo, in perfetta simbiosi con i canoni della musica ambient spaziale, futuristica e d'avanguardia. Quindi, tra rumoristica cosmica, neo classicismo e sperimentazione, cresce progressivamente la curiosità dell'ascoltatore per quest'album, brano dopo brano. Realizzato come una lunga colonna sonora che si snoda tra sentori jazz, riadattati in direzione dello stile ambient di Brian Eno e l'avanguardia di Edgar Varese, il tutto filtrato da una vena molto cupa e dark oriented, che offre un tocco assai sinistro all'intera opera. Piccoli rumori colti in ambiente danno una prospettiva filmica ai brani, così, l'iniziale " Intro (A Gentle Sunrise Kisses the Surface of Mars)", già dalle prime note, mostra l'ambiente sonoro che si andrà ad affrontare lungo i solchi del disco, un assaggio di estatica, fluttuante, malinconia intergalattica, che si propaga nella sua ottima produzione di alta classe. Nella lunga e affascinante "Building Skyscrapers on Jupiter", si esaltano rumori e atmosfere inquietanti, visionarie e oscure, giocate su di un linguaggio extraterrestre destabilizzante, un tappeto musicale che vira profondamente verso melodie adatte ad un film thriller, intense e cariche di suspense. L'astratta bellezza della trama jazz che contraddistingue il brano "A Busy Suspension Bridge Floats Over a Deserted Area on Venus" è scarna e desolata come lo spazio più profondo. "The Secret of Saturn's Hexagon" mostra tutto il carisma e gli intenti neo classici di Malo, immaginandolo seduto su di un anello di Saturno, avvinghiato al suo contrabbasso che, archetto alla mano, sperimenta suoni misteriosi trasudanti sentori sinistri. Tutto, di questa lunga colonna sonora, si evolve in maniera ispirata ed omogenea. Il sound è sempre raffinato ed anche nella sua oscurità, mantiene una forte personalità intellettuale, ricca di composizioni ragionate e ben studiate, pur trattandosi di una performance live, registrata in maniera egregia, a Barcellona nel Febbraio del 2021. In questo album appare anche la singolare reinterpretazione della cover della magnifica "Listen to the Hummingbird" di Leonard Cohen, dal titolo rivisitato "Nature's Call (Listen to the Hummingbird)", brano che completa un già ottimo insieme di creazioni sonore. Un disco che è un'esperienza d'ascolto e che introduce nel modo migliore il successivo album, registrato sempre dal vivo, uscito da pochi giorni e intitolato 'Das Weltall', ovvero l'Universo. (Bob Stoner)

Aemeth - Demo 2002

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death metal, Deicide
Death metal rabbioso che sfocia nel grind per questa band italiana. Una voce cavernosa ed una buona velocità contraddistinguono tutte le canzoni. La produzione è più che discreta, un po’ secca forse, ma che tuttavia esalta il suono di tutti gli strumenti. Sei pezzi, tutti piuttosto originali, ben arrangiati soprattutto per quanto riguarda le chitarre. Non ho alcuna nota biografica per questo gruppo, fatto salvo l'origine del quintetto che dovrebbe condurci dalle parti di Cagliari. Inoltre, il produttore di questo demo è Joe Testa, che firmerà anche un assolo come guest star nella quinta traccia, “The Path Of Losers”. La band se la cava bene anche nei mid-tempos dove i nostri creano interessanti atmosfere. La ritmica comunque si fa sentire davvero bene in tutte le tracce con un qualcosa che, anche se un po’ lontanamente, sembra evocare i Deicide. Un discreto lavoro, consigliato non solo agli affezionati al death.

giovedì 16 dicembre 2021

Living Colour - Stain

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Funk/Crossover
La caleidoscopica (ma indubitabilmente genuina) velleità crossover ostentata nei primi due album (diciamolo: a partire dalla copertina), poi esorcizzata nell'ossequioso e doveroso EP tributo 'Biscuits', acquisisce con questo terzo album una differente estetica. La pirotecnica intersezione dei generi è mano a mano circondata, allagata e infine sommersa da un nuovo sound identitario e granitico. Il quale, di volta in volta, subisce sì suggestioni passate ("Mind Your Own Business" si allinea a certa furenza hardcore riscontrabile soprattutto su 'Time's Up' - a partire dalla taitoltràc; "Nothingness" reinventa certo - allora già defunto - soul-pop fineottantiano; la strumentale "WTFF" deflora i R-H-C-P di 'Blood Sugar Sex Magik' utilizzando una protesi plastica ideata dai Devo mentre la successiva "This Little Pig" si colloca nel fatiscente e pericoloso crocevia tra speed/thrash metal e NWOBM) o presenti (la furenza grunge esternata nella introduttiva "Go Away" e, poco più avanti, nella eccellente "Auslander"), ma principalmente tende a coagulare l'attenzione attorno a se stesso, con un'efficacia a tratti impressionante ("Ignorance is Bliss", "Leave it Alone" o il singolo "Bi" e ancora "Postman") frutto anche e soprattutto di un songwriting in stato di grazia. L'album, l'ultimo per un decennio circa, traccerà una rotta per tutto quello che avverrà a seguito della loro reunion. (Alberto Calorosi)

(Epic - 1993)
Voto: 80

http://www.livingcolour.com/

Power Trip - Manifest Decimation

#FOR FANS OF: Thrash/Crossover/Hardcore
Definitely a better release than their newer material in my opinion. The vocalist (RIP) sets the tone for this one. And the guitars are simply astounding! The production was a little raw, but I think that that's what they wanted. I liked all the songs on here and I think that they have a lot to offer the metal world. I like this crossover/thrash genres blended. Seems to work well for them. The vocals are going good with the music! And the lead guitars were sick. I love the riffs on here! Definitely a boon to the release. Everyone is contributing something positive to this release! An immensely awesome album!

I think that the riffs hit home with me more than anything else. I'm new to the crossover genre, I suppose they captured that and thrash alongside it. Both genres are killer, they just killed it here! I enjoyed this whole album! These guys I hope will be around for a long time and I hope that they're going to find a replacement to their deceased vocalist! He was great, sad to see him leave this Earth. The music on here is top notch impeccable. I took note to the guitar riffs the most. But all members seemed to have contributed much to this album. They are definitely tops with me, ABSOLUTELY!

The production was a little raw, but not by much! They did their job well on here. From all aspects, I say that this is their best release. It's over 30 minutes and it's straightforward in terms of music/guitars. Everyone did their part, I'm glad I found this release! It captures some great music and what makes a quality release possible. I liked all of their material on here. The tempos, the meaty riffs, the leads, vocals, drums the whole works. They killed it on here so to speak! They definitely are ahead of their time with this. What a great contribution to the metal world, it's a shame their vocalist died!

I haven't bought this CD yet, but I might. I'm trying to downsize my collection and maybe just go digital. But I still think buying the CD to benefit the music industry is a must. I know all this is streaming but the physical copies to me are always the best. However, a wide majority of people just stream music through Spotify but showing the band that you really like their music. Get the CD, this one doesn't lack in any respect! Actually, I just bought the CD to show support for the band. I took my own advice and did it! We need listeners to remember CD's will never go out of style! Check out this LP! (Death8699)


(Southern Lord Recordings - 2013)
Score: 77

https://powertripsl.bandcamp.com/album/manifest-decimation-2

mercoledì 15 dicembre 2021

Kavrila - Mor

#PER CHI AMA: Punk/Hardcore/Doom, Down
Dopo averci deliziato con il sound intelletualoide dei Dying Hydra, la Narshardaa Records ci prende ora a schiaffoni con i tedeschi Kavrila e il loro nuovo album 'Mor'. Dieci pezzi, dieci schegge impazzite di hardcore e non solo, per un totale di 28 minuti di suoni a dir poco caustici. Ci avevano già impressionato con l'uscita, peraltro sempre quest'anno, di 'Rituals III', e i nostri tornano a colpirci con questo nuovo capitolo in cui nel primo pezzo, "Watershed", la sensazione è quello di farsi la doccia con una bella dose d'acquaragia ed il loro classico concentrato abrasivo di punk hardcore. Con "Halfway Vanished", le carte in tavolo vengono ribaltate anche se la prima metà (sto parlando di un paio di minuti complessivi) si mantiene nei paraggi del punk, mentre la seconda si muove dalle parti di un dronico e asfissiante doom. Con "Nebula", la proposta sembra invece includere un mix tra i primissimi e acidissimi Nirvana, e ancora punk e post-hardcore. Più robusto e sludgy il sound di "The Facts", sebbene quelle arcigne vocals ci ricordino sempre da dove i nostri musicisti teutonici arrivano. Più ritmata e gradevole "Tremor", sicuramente meno "supposta in culo" rispetto alle precedenti tracce e per di più con un inedito break atmosferico che prende parecchio le distanze dai primi pezzi. Esperimento interessante. Un bel basso di pink floydiana memoria ("One of These Days") apre invece la title track, la song più varia e divertente del lotto, grazie a quel suo bel piglio melodico che colpisce dritto nel segno. Carta igienica con effetto carta vetrata invece per le sonorità killer di "Flay", e quel suo sporco punk nella prima parte, mentre si presenta oscurissima e pesantissima nella seconda metà. Il disco ha ancora da regalare la stralunata "Endocardium", cosi ricca di groove, "RIP" che ci assale con un violentissimo attacco thrash e in chiusura, ecco "Retribution", il pezzo più lungo del disco, ma anche quello più melodico, apparentemente ruffiano, ma che mantiente comunque intatto lo spirito indomito hardcore dei nostri con quel loro fare tra Entombed e Down che sembra non passare mai di moda. Ben fatto ancora una volta. (Francesco Scarci)

(Narshardaa Records - 2021)
Voto: 75

https://narshardaa.bandcamp.com/album/kavrila-mor

Ikitan - Darvaza y Brinicle

#PER CHI AMA: Post Metal/Heavy Strumentale
Gli Ikitan sono un power trio originario di Genova, dedito ad un heavy post-metal strumentale. Usciti giusto un anno fa con un EP, 'Twenty Twenty', contenente un unico monolitico brano di poco più di 20 minuti, i nostri tornano con una tape contenente due nuovi brani dai titoli quanto meno insoliti. "Darvaza" e "Brinicle" rappresentano infatti due stranezze del nostro mondo: il primo è un cratere di gas naturale collassato in una caverna nella località di Darvaza, in Turkmenistan, detta anche Porta dell'Inferno. Il secondo rappresenta invece un fenomeno che avviene nelle profondità degli oceani antartici dove, dall'incontro tra una massa d'acqua salata molto fredda con dell'acqua più calda sotto la superficie dei ghiacci, si forma una sorta di raggio ghiacciato sottomarino. Due fenomeni cosi stravaganti necessiterebbero di musica altrettanto stravagante, cosa che di fatto quella degli Ikitan purtroppo non è. I due pezzi si muovono infatti nei pressi di un post metal/rock non troppo originale. Le chitarre sono solide e robuste, la melodia sicuramente gradevole, ma il terzetto non inventa nulla di trascendentale anche laddove compaiono rallentamenti di tooliana memoria nel primo dei due pezzi, che si muove in un saliscendi emozionale sicuramente intrigante. La seconda song inizia più in sordina, con un bel giro di basso e chitarra, che evolve in un brano dal sapore quasi progressive, ma che comunque mantiene intatto quello spirito veemente e guardingo tipico dei nostri, soprattutto nella ispirata coda finale. Due pezzi sono però un po' poco per giudicare appieno le qualità di una band su cui non ho nulla da eccepire da un punto di vista tecnico. Tuttavia, preferisco tenermi bassino con il voto, giusto per non portarvi a fare voli pindarci sui contenuti dei due nuovi brani, peraltro rilasciati in cassetta. Ora mi aspetto qualcosa di più lungo e strutturato da parte degli Ikitan, per poter meglio assaporare la proposta della band italica. (Francesco Scarci)

martedì 14 dicembre 2021

Cepheide - Les Échappées

#PER CHI AMA: Depressive/Blackaze
I Cepheide sono una one-man-band che seguo sin dal primo demo, 'De Silence Et De Suie', peraltro recensito proprio su queste stesse pagine nei primi giorni del 2015, e a seguire abbiamo scritto anche degli altri album dell'act parigino. Ho sempre apprezzato lo stile depressive black del buon Gaetan Juif (qui alias Joseph Apsarah), il mastermind dietro a questo moniker, che abbiamo già avuto modo di incontrare anche con Baume e Scaphandre. Il musicista francese, dopo l'ultima uscita in compagnia dei Time Lurker, torna con il nuovo 'Les Échappées' e quel suo sound black multiforme, a tratti disperato (soprattutto a livello vocale) che in questo platter mostra a mio avviso una progressione sonora interessante. Il genere ovviamente rimane quello di sempre con scariche impazzite di carattere post black, lanciate a tutta velocità ma sempre contraddistinte da un'apprezzabile dose di melodia quasi si trattasse di una versione invasata dei Windir, con quello screaming sgraziato che tuttavia ha sempre il suo perchè, se inserito in un contesto musicale come questo. Preparatevi dunque ad assalti all'arma bianca come quello dell'opener "Le Sang" o della successiva e più atmosferica "L'oubli", che per lo meno mostra una serie di break onirici che interrompono quel tormentato maelstrom ritmico che spesso vede inglobarci mentalmente e dal quale si fa davvero tanta fatica ad uscirne intatti. Non so infatti se esista un segreto per non venire sgretolati dal vertiginoso sound di Mr. Gaetan, tante e tortuose sono le ritmiche dentro le quali il polistrumentista transalpino sembra volutamente farci perdere. È decisamente più esotico, direi mediterraneo, l'incipit di "L'ivresse" (dal quale è stato estratto anche uno psicotico video) che per un paio di minuti sembra addirittura cullarci in un più protetto flusso sonoro. Anche il proseguio del brano in realtà non è cosi schizofrenico come i primi due pezzi, e prosegue in modo più o meno normale per altri 90 secondi, prima che si apra un'altra voragine dove finire inevitabilmente inghiottiti dalle ritmiche lanciate a velocità doppie o triple della luce, spaventoso! Soprattutto perchè non ho la sensazione di venire schiacciato dai ritmi infernali dettati dall'ultratecnico strumentista, semmai mi sento parte della sua idea, un'idea che mi avvinghia, mi ingloba nelle sue strutturate e destrutturate armonie, dissonanze e melodie tra black, epic e blackgaze, come quello che mi ipnotizza nella celestiale e un po' "alcestiana" (ma anche doomish) "Les Larmes". Il disco mi piace: sebbene si tratti di un lavoro alquanto estremo, devo ammettere che il risultato conclusivo sia davvero ispirato, originale e accattivante e potrebbe addirittura piacere a chi a sonorità cosi estreme non si è mai avvicinato. Certo, non tutte le tracce sono sullo stesso livello, forse "Les Cris" è quella più criptica, che meno mi convince forse perchè la più caotica e che meno mi tocca i sensi. La chiusura è poi affidata a "La Nausée", il brano più lungo del lotto e quello che meglio riassume la poliedrica proposta musicale dell'artista francese tra passaggi oscuri, fraseggi black prog e vocals sperimentali che mi fanno pensare a grandi prospettive per il futuro dell'imprevedibile Joseph Apsarah. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 77
 

Malota - The Uninvited Guest

#PER CHI AMA: Punk/Hard Rock
Dici Go Down Records, dici hard rock. Ormai il nome della label romagnola è diventata sinonimo di uscite in territori garage/desert/punk rock. E cosi non sono da meno questi veneziani Malota, che i più attenti ricorderanno per il loro EP omonimo uscito nel 2015, all'insegna dello stoner e il successivo 'Космонавт', più votato a sonorità doom/space rock, di cui francamente non ricordo dato che inizio a perdere neuroni a grappoli. Decido quindi di avvicinarmi ai nostri con tutta l'apertura mentale di cui dispongo. E cosi fra le mani mi ritrovo questo 'The Uninvited Guest' che ci prende a sportellate con il suo selvaggio e sfrenato mix tra hard rock, punk e noise, come suggerito peraltro dal flyer informativo dell'etichetta. E il punk in effetti lo ritroviamo già nei primi secondi dell'opener "Lampedusa", quasi una sorta di tributo ai Sex Pistols, prima di virare verso sonorità ben più robuste. Ma sarà in realtà un'alternanza tra i due generi che si esplica attraverso svariati cambi vocali in concomitanza del genere proposto, che troverà un terzo e più ipnotico cambio sul finire del brano. Più ritmata "Anti-social" con il suo mood di motorhediana memoria, che a me non fa proprio scapicollare, ma che per una serata di pogo sotto il palco potrebbe anche essere efficace, giusto per scaricare un bel po' di adrenalina accumulata in questi mesi. Molto interessante "Ministers of Fear", con quella sua apertura un po' più sperimentale, quasi di scuola System of a Down, che s'intervalla con sgroppate più feroci ma sempre molto orecchiabili, decisamente il mio pezzo preferito di 'The Uninvited Guest', quello più originale di sicuro. Si, perchè con la successiva "The Queen, the Lady" si torna a respirare quel mix musicale, ormai marchio di fabbrica dei nostri, fatto di punk e hard rock. La chiusura del dischetto è affidata alla title track, una song che mostra invece un lato più post grunge dei Malota (chissà perchè mi sono venuti in mente gli Stone Temple Pilots ascoltandola) tenuto sin qui in soffitta, rivelandosi qui dritti, un po' acidi, ammiccanti ma sempre assai graffianti, anche laddove forse la band finisce per incartarsi a livello ritmico. Alla fine 'The Uninvited Guest' non è affatto male, certo non un disco da grammy ma un lavoro che si lascia comunque piacevolmente ascoltare. (Francesco Scarci)

Closure in Moscow - The Penance and the Patience

#PER CHI AMA: Prog Rock
L'etichetta australiana Bird's Robe Records, si prende la licenza di riportare sul mercato mondiale un assoluto capolavoro, uscito per la prima volta nel lontano 2008, opera dei Closure in Moscow, band originaria di Melbourne, un progetto musicale che più volte fu premiato in patria per meriti artistici (ricordo che il loro ultimo album risale al 2012). La label di Sidney, con una copia cartonata dall'artwork magnifico, completa di note informative e libretto interno, rimette in circolo questo gioiellino intitolato 'The Penance and the Patience', che altro non è, che il primo lavoro di studio dell'act australiano. Difficile dare un' identità alla musica dell'album, vista la quantità di spunti e richiami musicali contenuti in questa opera. Possiamo però dire che al primo ascolto ci si rende conto che il quintetto s'intrufola naturalmente e assai bene, tra le movenze stilistiche in voga tra band del calibro di Coheed and Cambria, (con cui hanno anche suonato live), The Mars Volta e i vari progetti di Omar Rodríguez-López, risultando a tutti gli effetti discendenti accreditati di quel modo di intendere il progressive rock che fece emergere lo stile incontrastato degli Yes tra la fine dei '60 e l'inizio dei '70. Una linea invisibile li unisce alle band citate per qualità e virtuosismo tecnico espresso attraverso composizioni che non conoscono limiti, che tendono ad unire la maestosità di certo classic rock dei seventies, il gusto e la complessità di alcuni brani ricercati del passato in bilico tra powerflower e prog rock, l'impatto del punk alternativo alla At the Drive In e Pedro the Lion, con una velata vena da musical nello stile dei the Dear Hunter connesso con l'estrosità dei Leprous di 'Malina'. 'The Penance and the Patience' diventa cosi un album dirompente fin dalle prime note dell'iniziale "We Want Guarantees, Not Hunger Pains", che mostra subito un impatto duro ma controllato e una splendida forma moderna, di intelligent rock, pieno di cose pregevoli, pensate da ottimi musicisti, cercate ed apprezzate anche dagli ascoltatori più esigenti. I Coheed and Cambria sono sempre dietro l'angolo, come i The Mars Volta del resto, ma i Closure in Moscow riescono a mantenere una propria personalità che li contraddistinguerà anche nelle release successive, con ulteriori sbocchi verso lidi più pop, aggiungendo anche qualche gingillo elettronico qua e là, senza perdere mai di vista la loro sanguigna vena da progsters incalliti, con il gusto per l'AOR e l'hard rock dei mostri sacri di un tempo. Cos'altro dire, "Dulcinea" apre il cuore di tutti i rockers con la sua potente ariosità, "Breathing Underwater" è una sperimentale carica di dinamite e "Ofelia... Ofelia" con quel suo piano sullo sfondo e la sua indole cosi triste, sinfonica e psichedelica, è a dir poco adorabile. Certamente siamo di fronte ad un disco di tutto rispetto e di ottima produzione, stilisticamente impeccabile, tecnicamente virtuoso e sorprendentemente aperto a qualsiasi tipo di ascoltatore, pur trattandosi di un vero e proprio disco prog rock di moderna fattura. Un album da ascoltare per credere, un disco da non perdere, visto che la Bird's Robe ci offre questa seconda chance di metterlo tra gli scaffali delle nostre raccolte migliori. L'ascolto è assolutamente consigliato per riscoprire la sua grande bellezza artistica. (Bob Stoner)