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mercoledì 16 dicembre 2020

Sarcoptes - Plague Hymns

#FOR FANS OF: Black/Thrash
California-based duo Sarcoptes was one of the biggest surprises of 2016 with its impressive debut entitled 'Songs and Dances of Death'. This debut came after some years of existence where the project only released an EP called 'Thanatos'. It took a decade, but this duo was able of releasing a collection of songs with a remarkable quality. Personally, I have never been a great fan of thrash influenced by black metal, but this project combined both genres with an indisputable inspiration, creating songs which were a truly riff fest. Furthermore, they introduced some symphonic influences, which never overshadowed the metal side of the music but complementing it, giving an epic touch to its compositions. All these ingredients where the perfect match to release which was an acclaimed debut.

As it has happened earlier in its career, Sarcoptes has taken its time to compose new songs in order to take the necessary time to compose new songs with the highest standards of quality. The result of this work is a new EP, which should serve as a presentation of a very awaited sophomore album. 'Plague Hymns' is the name of the new beast and it comes with two new songs. Firstly, the production seems to have made a step forward in terms of strength in every single aspect, but more importantly with the drums, which sound more consistent in terms production. All the other aspects like vocals and riffs sound as powerful and clean as expected, but step forwarded as well in terms of quality and strength. In contrast to the debut, I would say that guitars and drums are slightly more prominent than the keys this time, but thankfully not shallowing them completely, something I had initially feared. I love more prominent atmospheric arrangements, but this balance is also objectively satisfying. Regarding the compositions, the fusion between black and thrash metal riffs is still there, being merged once again in a very tasteful and inspired way. The initial song "The Vertigo Soul" sounds as fast and brutal as the heaviest songs of the debut album, but it still maintains the richness in terms of pace variation and the range of riffs, which are more melodic or more extreme when it is needed. No one can deny that these two guys know how to compose extreme metal songs based on a top-notch guitar work and ferocious drums. Garret’s vocals are also excellent this time with his raspy tone fitting the music very well. On the other hand, Sean’s work with the keys and symphonic arrangements (as well as for the guitars) is excellent, with maybe a slightly bigger range of sounds and influences. This is good because this work to find a greater variety in the atmospheric arrangements is a key factor to improve the overall sound of the band. The second song, "La Moria Grandissima", follows the same basic patterns of the EP opener, but thanks to its longer length it has a greater room to introduce a more epic tone which sounds simply wonderful. Sarcoptes has indeed shown that it knows how to create long and epic songs yet keeping a great balance between fury and grandeur.

'Plague Hymns' is undoubtedly an excellent EP and maintains Sarcoptes as one of the most exciting new bands of the extreme scene. I can't wait to listen to their second album, because if they can, at least, maintain the same level of quality, it will be a masterpiece.  (
Alain González Artola)

(Transcending Obscurity Records - 2020)
Score: 83

https://sarcoptesblack.bandcamp.com/album/plague-hymns-black-thrash-metal

sabato 12 dicembre 2020

Sens Dep - Lush Desolation

#PER CHI AMA: Shoegaze/Ambient, Mono, Slowdive
Nato nel 2009, il progetto australiano dei Sens Dep vede la luce inizialmente come supporto sonoro verso visual media e colonne sonore per film. La band è costituita per due quinti da ex membri della band post rock Laura, valida compagine con all'attivo tour insieme a Cult of luna, Isis e Mono, oltre che numerose pubblicazioni tra album, singoli ed Ep. Andrew Yardley, Ben Yardley (ex Laura) e Caz Gannell sperimentano a lungo con la nuova creazione e servirà un periodo di ben quattro anni di incubazione, passati tra le lande selvagge della Tasmania, per renderla concreta e definirne le caratteristiche estetiche attuali. La cosa bella che si nota al primo ascolto, è che la linea continua con il passato post rock non si è spezzata ma, semplicemente, molto molto evoluta con il passare del tempo. Certo, la concezione musicale in stile soundtrack prevale sempre ed anche l'amore per rumori e interferenze ambientali gioca un ruolo fondamentale nel fluidificare sonoro delle composizioni, fino a renderle inevitabilmente, una sorta di film da ascoltare in perfetta solitudine. La struttura di 'Lush Desolation' si potrebbe spiegare come un percorso immaginario in montagna, dove si parte dalle prime quattro tracce impregnate di umore grigio e una tensione d'ambiente di grande effetto, cariche di feedback di chitarra e tappeti di synth dal sapore cosmico complici ritmi lenti o appena abbozzati, con all'interno sempre una certa malinconia che riporta spesso alla mente distese ampie e paesaggi riflessivi. Percorrendo la salita della nostra ipotetica montagna, ci si addentra nella vetta del disco che cresce enormemente con la comparsa di una voce calda ed ipnotica (in stile Chapterhouse epoca 'Whirlpool') nel brano "Nebuvital", portando la musica ad una dimensione di canzone assai intima, rarefatta, circondata costantemente da un senso profondo di desolazione. Nei tre brani successivi questo cambiamento aprirà il suono ad un approccio mesmerico ai confini della realtà, omaggiando band del calibro degli Slowdive, The Telescopes e Loop, trasportandoli in un contesto più moderno, tecnologico e siderale, con monumentali muri di chitarre distorte, infinite e liberatorie, cadute a pioggia su tappeti ritmici pulsanti e rallentati, una visione lisergica in slow motion per parlare, con i testi delle canzoni, del rapporto complesso che esiste tra uomo e natura. Compare anche un volto acustico in "Bound" ma lo shoegaze è padrone in questa casa e lascia poco spazio a ciò che non lo è. La traccia in questione nasconde una chicca al minuto 3:27, che non vi svelerò ma che si fa apprezzare parecchio, una gemma che innalza il valore di produzione dell'intero album, mostrando che la band di Melbourne ha ottime idee da estrarre dal proprio cilindro, anche per gli audiofili più esigenti e perfino per gli amanti di certa musica elettronica d'ambiente. Altra hit potenziale è "To Build a Fire" che, avvolta nella sua malinconia, invita alla strada in discesa dalla nostra montagna sonica. E la discesa non pregiudica la qualità della proposta e negli ultimi brani, prima della chiusura, si esaltano il distorto, la ritmica e l'ambiente. È tuttavia nella magia della conclusiva "Luckless Hunter" che si tocca l'apoteosi compositiva, tra shoegaze, post rock, l'infinito mondo dei Mono e riverberi degni dei più corrosivi My Bloody Valentine, passati in acido e rallentati a più non posso. Non che avessi dubbi, poiché le premesse di questo album erano già una garanzia, ma il debutto dei Sens Dep è veramente una catarsi magica, da cui sarà difficile staccarsi e lasciarla cadere in tempi brevi nel dimenticatoio. Ascolto obbligato. (Bob Stoner)

Darkenhöld - Arcanes & Sortilèges

#PER CHI AMA: Medieval Epic Black, Windir
Quinto album per i francesi Darkenhöld, alfieri del black epico in casa Les Acteurs de l'Ombre Productions. 'Arcanes & Sortilèges' arriva con nove nuovi pezzi che fanno della melodia accompagnata ad una buona dose di aggressività, i capisaldo della musica del trio di Nizza. Si parte con le burrascose intemperanze di "Oriflamme" ed un black che gode di influssi folk-medievaleggianti che spezzano la ferocia ritmica dei nostri. Ancora, ottime le partiture tastieristiche, l'assolo a metà brano e il fraseggio più oscuro nella seconda parte. Più orientata al post-black invece la seconda "L'Ost de la Forteresse" con una ritmica nervosa sorretta dallo screaming di Cervantes e da una prova maiuscola alla batteria da parte di Aboth. La traccia riserva anche le non troppo invasive linee di tastiera che accompagnano chitarra e basso, nonchè le sporadiche clean vocals di Aldébaran. La proposta del terzetto pur non proponendo fondamentalmente nulla di nuovo, è comunque dotato di ottime atmosfere e anche di fini orchestrazioni, soprattutto nel finale più epicheggiante della traccia. Niente di nuovo dicevo, però il disco si lascia piacevolmente scoprire ed ascoltare, complice una linea musicale che vede diverse variazioni di tempo a salvare, anzi esaltare, le qualità di questo lavoro. Ancor più lineare la melodia che guida "Incantations", una song dove appare il suono di un flauto in sottofondo e in cui la porzione chitarristica è più orientata al versante heavy classico che a quello estremo. Il bel bridge di chitarra, cosi come il lungo break acustico, confermano la volontà dei nostri di non risultare mai scontati e cercare continue variazioni al tema, soprattutto in un finale dove un altro assolo di chitarra illumina la scena. Molto più oscura e meno patinata la successiva "Mystique de la Vouivre", un brano forse più legato alla matrice viking che non trovo interessante quanto i precedenti, il che mi spinge a passare oltre. Detto che "La Tour de l'Alchimiste" è un brevissimo intermezzo ambient, soffermiamoci a "Héraldique", un brano cadenzato, assai melodico che concede ampio spazio alle parti atmosferiche e che in quelle più tirate ammicca ai Windir, soprattutto a livello dell'assolo conclusivo e nelle ancestrali in chiusura. Molto più violenta e dritta "Le Bestiaire Fantastique" mentre il refrain di "Le Sanctuaire Embrasé" mi ricorda un che dei primi Emperor, anche se la complessità del brano ci conduce poi in scenari fantastici che si esplicano attraverso ottime linee melodiche, interessanti atmosfere e sfuriate black che la elevano a mia traccia preferita di questo articolato 'Arcanes & Sortilèges'. A chiudere ci pensa l'outro ambient di "Dans le Cabinet de l'Archimage", nel tipico dungeon synth style che conferma la giusta epica collocazione dei Darkenhöld in questo contesto musicale. Bene cosi. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2020)
Voto: 74

https://ladlo.bandcamp.com/album/arcanes-sortil-ges

mercoledì 9 dicembre 2020

Clouds Taste Satanic - The Satanic Singles Series Vol 1: The Book of Satan

#PER CHI AMA: Doom Strumentale
I Clouds Taste Satanic ci introducono in una nuova avventura musicale, stavolta incentrata sui ricordi musicali che hanno avuto un'importanza nel corso della vita del monolitico combo di New York. 'The Satanic Singles Series Vol 1: The Book of Satan' è una particolare rivisitazione della band di alcuni brani non necessariamente legati al mondo doom, pubblicati a piccole dosi in vinile 7'' da collezione, con copertine esoteriche da urlo, in soli 200 esemplari, licenziati via Kinda Like Music. All'interno del primo volume, troviamo due cover stravaganti, che vengono rivisitate in maniera molto originale e fantasiosa dal trio americano. La prima cosa che si nota è il tipo di sonorità adottata dalla band che si discosta leggermente dalla pesantezza tipica della solita proposta, un leggero cambio di registro che, nell'ascolto del disco, non compromette minimamente l'integrità sonora del gruppo. Da un lato del disco troviamo "Funeral for a Friend", un classico intramontabile di Elton John, ridisegnato a puntino con un estroso gioco continuo di chitarre che ricordano i Thin Lizzy carichi ma melodici dell'album 'Renegade', mentre dall'altro lato del vinile un'inaspettata, "Also Sprach Zarathustra" di Richard Strauss, o almeno quella piccola parte celebre, fissata nelle colossali immagini del film di Kubrick, '2001: Odissea nello Spazio'. Un brano di musica classica ricostruito per l'occasione in una veste più consona ai Clouds Taste Satanic, per maestosità del suono, in una rilettura di appena due minuti di accordi ariosi nello stile da opera rock di Pete Townshend. Tornando a "Funeral for a Friend", quello che colpisce è come un brano dal sostrato molto triste riesca, tramite delle mani esperte, essere suonato con un calore ed un colore sonoro tutto nuovo e squisitamente rock, un rovente, epico retro rock, delicato e potente allo stesso modo, facendolo esplodere letteralmente, riesumandolo senza farne perdere il senso di malinconia, per renderlo un brano incendiario, soprattutto se immaginato dal vivo. In definitiva, se questo è l'inizio di una serie di 7'' pollici così ben concepiti, non possiamo far altro che attendere tutte le prossime uscite dei 'The Satanic Singles', trepidanti e curiosi. (Bob Stoner)

Eclipse of the Sun - Brave Never World

#PER CHI AMA: Death/Doom, My Dying Bride, Morgion
Da un luogo dal nome impronunciabile, Székesfehérvár, arrivano questi Eclipse of the Sun, quartetto ungherese dedito ad un death doom d'annata. 'Brave Never World', atto secondo nella discografia dei nostri, a dieci anni dalla loro fondazione, è un disco onesto, che francamente se fosse uscito vent'anni fa, avrebbe meritato qualche chance in più. Si, perchè l'iniziale "Pillars of Creation" non fa altro che rimarcare quelle che sono le influenze quasi trentennali del disco, che ci riportano alle prime release dei My Dying Bride. Questi, in compagnia di Morgion, Swallow of the Sun, primi Paradise Lost e moltissimi altri, potrebbero figurare tra le principali influenze del quartetto magiaro. Anche la successiva "Things Called Life" fa l'occhiolino alla "Mia Sposa Morente" sia per utilizzo della voce pulita (ma qui compare anche un cantato sporco) che per un impianto sonoro che suona un filino datato. Ed è un peccato perchè mi scoccia limitarmi ad una mera sufficienza come sprono per una band che fondamentalmente avrebbe le capacità per fare meglio ed essere un po' più personale. Questo perchè gli Eclipse of the Sun sanno suonare, creano discrete atmosfere (ascoltate la title track e quel suo fare sinistro), ma quello che manca è una buona dose di freschezza e da una band in giro da ben dieci anni, beh mi sarei aspettato qualcosa in più che seguire i puri dettami dei maestri del genere e poco altro. Tra i mie pezzi preferiti vi citerei la sofferente "Not a Symbol" e la più sperimentale "Home", dove la voce è lasciata in sola compagnia di una batteria di accompagnamento in una prova quasi del tutto riuscita. Ancora ampi sprazzi atmosferici in "World Without Words", song guidata dalle tastiere e da una larga parte ambient che esploderà in un finale a dir poco devastante e che a mio avviso rappresenta l'ultima vera apprezzabile traccia del disco, complice una song conclusiva, "Era of Sun", ancora troppo ancorata al sound dei My Dying Bride. 'Brave Never World' è alla fine un disco che sembra mostrare ancora il lato acerbo della band, o comunque non farne uscire i reali valori. C'è da lavorare ancora duro per scrollarsi di dosso i facili paragoni e togliersi qualche discreta soddisfazione. (Francesco Scarci)

(More Hate Productions/Satanath Records - 2020)
Voto: 62

https://satanath.bandcamp.com/album/sat291-eclipse-of-the-sun-brave-never-world-2020

domenica 6 dicembre 2020

Astarium - Hyperborea

#PER CHI AMA: Symph Black
Dalle desolate lande della Siberia, facciamo la conoscenza degli Astarium, una one-man-band che in realtà esiste già dal 2005 e la sua discografia vede ben otto album all'attivo e 12 tra split ed EP. Io ignorantone non li conoscevo, quindi potrò fare pochi confronti con il passato ma dirvi piuttosto cosa ci ho sentito in questo 'Hyperborea'. Intanto partirei col dirvi che ci sono la bellezza di 16 tracce qui incluse ma non di grandi durate visto che il disco alla fine dura poco più di tre quarti d'ora. La musica del mastermind russo si muove nei paraggi di un black pesantemente infarcito di tastiere. "The Wild Hunt", "Doomed" e "Halls of Winter Gods" sono pezzi sicuramente interessanti, la seconda peraltro mi ha evocato un che dei Limbonic Art miscelati con il delirante approccio degli ungheresi Nagaarum, il tutto con l'apporto pesante delle keys che richiamano un che dei Bal Sagoth più pomposi e orchestrali. La cosa che salva Mr. Astarium è che i pezzi sono tutti di breve durata e quindi non si fa in tempo ad annoiarsi. "When the Proud Die" ha un incedere decisamente più cupo, quasi funereo, con la strana ma originale voce del frontman in primo piano, ma la song non arriva ai due minuti e quindi scivola via liscia che un piacere. Molto meglio la successiva "Snow Storm", molto più dinamica, che si mantiene sempre nei territori di un black estremamente melodico, dove le tastiere dominano la scena, creando ottime orchestrazioni su di un tappeto ritmico costantemente anomalo. Molto più veloce e caustica a tratti, "Sign of Cosmic Might", con la voce che ricorda la versione più pulita di Dani Filth. Il disco continua con tutta una serie di pezzi sulla stessa falsariga: la strumentale "Battle Glory" che gode di un'influenza dei Summoning. In "Daughter of Imir" compare la risata dolce e sensuale di una donna in apertura poi il pezzo riparte alla stregua dei precedenti. "Kill to Survive" ha un lungo incipit atmosferico per poi sfociare in una song più tirata, il che si riconferma anche in "Curse from the Past" o nella violenta lucida follia di "Lucky Bastard", 24 secondi di un sound infernale. Arrivato alla fine però, la sensazione è quella di avere ascoltato un album monumentale, tipo due ore di musica. Forse un disco cosi spezzettatto per qunato intrigante per contenuti, si rivela ostico non poco per quanto un genere alquanto accessibile. Ora potrò andare pure ad ascoltare i vecchi lavori e cercare di capirne di più di questi Astarium. (Francesco Scarci)

(GrimmDistribution/Gravações Tunguska - 2020)
Voto: 65

https://grimmdistribution.bandcamp.com/album/059gd-astarium-hyperborea-2020

Napalm Death - The Code Is Red...Long Live The Code

#FOR FANS OF: Death/Grind
Ever since 'Scum' and 'The Peel Sessions' came out, I was hooked on this band. Even though they play more death metal (especially on this one) it hasn't shyed me away from liking this band. So on 'The Code Is Red...Long Live The Code', you'll hear a more ND death metal approach to their music. Though there is blast beating by Danny on here, it's mostly just fast riffing that's mixed. This is more of a death metal approach to music on here, as opposed to the old line-up producing sheer and utter noise-grindcore. I kind of miss that about the band and thought that 'Harmony Corruption' (and still do) was their greatest times.
 
I admire the fact that the music on here varies, but miss the intensity of the old ND. At least they're still making music though they're veterans now. Barney's vocals changed after 'Death By Manipulation'. It's not as low and he doesn't do the loud massive roars like Barney of the old. But now they have Mitch contributing screams periodically. Screams ups the variety and keeps you guessing. A still highly politically based band lyrically but the focus is on the music, not so much the lyrics. A lot of songs on here too, that's why they split it up. The guitar is pretty unique though the riff quality is nowhere near as good as on 'Harmony Corruption'.
 
It's fresh meat though, even though this was released in 2005. It's pretty new to me because it's the first time hearing this album. I don't necessarily like the slower stuff near the ending of the album, but for the bulk of it, it's a "B". I felt that they measured up to their standards. And the fact that this is death metal and not grindcore anymore, they still are pretty much the founders of that genre. I think it'd possibly be Mitch making the turn into death metal and it's a big loss that ND doesn't have Jesse anymore. Died too young, that's for sure. I think Napalm Death wanted a change because the only real original member is Shane. Even he came later however.

I liked this album enough to write about it. I thought that the musical quality was good, just that they should've taken out the outros. They should've just ended at track 13 and that's it. But they squeezed in two unnecessary tracks. I guess that that's how they wanted it to be though. A big transformation from them then I used to know. Especially listening to 'The Peel Sessions' in High School. It seems as though now that there's less fire in the band because of the lack of Mick, Lee and Bill, they should've changed their name. They aren't losing their fire entirely, but let's see how they sound if they're releasing a new album in 2020. (Death8699)

(Century Media - 2005)
Score: 82

https://www.facebook.com/officialnapalmdeath/

Over the Voids… - Hadal

#FOR FANS OF: Black Metal
Poland for many years has been a truly respected scene with many talented musicians involved in the black metal genre, creating and developing projects both classical or innovative, but always with a distinctive sound. Some of those musicians are more focused on their main projects as others, like the musician known as the Fall, have been participating in several bands, though he decided to create a solo-project where he could forge a sound sorely based on his ideas. Over the Voids… was the name of this project created a few years ago, which caught the attention of the respected Swedish label Nordvis Produktion. The interesting homonymous debut album was the first stone of this project´s career, whose sound was firmly rooted in a devotion to the 90s black metal.

Three years later Over the Voids… has released its sophomore album 'Hadal', confirming the main characteristics found in the debut album but expanding a little bit its sound, though it keeps the core sound which always helps to maintain the personality of the project recognizable. The aforementioned devotion to the '90s black metal classic style is still there, though the production fits the current times. The first proper song of the album "One Commandment", is a fine example of it, stylistically the style is highly recognizable with those rasped vocals, yet with a slightly lower tone, which is quite classic in other bands of the Polish scene. Some melancholicesque vocals are also introduced as a tiny variation which is always welcome. The riffs have a distinguishable black metal sound with a little distortion, very typical in modern times. The guitars are obviously a strong point on this album with remarkably well-done work in the composition of the riffs. This is by no means an album with the typical songs with a lineal structure as variation in the guitar lines, sometimes more aggressive and other times slightly more melodic, are also accompanied by a rhythmic base where drums and bass create flowing structures in terms of intensity and pace. The fourth song "Witchfuck" is one of my favorites and one which shows clearly the explained variance of these songs. The more aggressive tone "Stone Vault Astronomers" doesn’t leave behind the already exposed features, combining straightforward sections with aggressive vocals and ferocious riffs, but at the same time introducing again those melancholic clean vocals which mark a clear contrast. This combination of elements is undoubtedly an interesting resource to create varied and exciting songs and marks which are maybe the key elements introduced in this second opus of Over the Voids... I wouldn't like to forget mentioning another impressive track, the one entitled "Prodigal King". This song has some of the best riffs of this album, quite melodic yet still aggressive, and introduces some echoing vocals which give a certain atmospheric touch to this song, making it one of the most varied of this sophomore album.

In conclusion, it is undoubtedly that Over the Voids… has made a step forward with 'Hadal', reaching a pretty inspired balance between straightforward aggression, a remarkable melodic facet, and some interesting new adds which enrich its compositions. This is a very good black metal album that may appeal to, both the lovers of the classic sound and the ones who want bands that renew the classic sound without reneging on it. (Alain González Artola)

(Nordvis Produktion - 2020)
Score: 82

https://overthevoids.bandcamp.com/album/hadal