#PER CHI AMA: Black/Avantgarde, Blut Aus Nord |
Molto più facile recensire una band dopo che l’hai intervistata e ne hai capito le intenzioni malvagie o misantropiche, tuttavia per i Laetitia in Holocaust non è stato decisamente il caso. La band di Modena che ho avuto modo di conoscere e con cui ho avuto modo di approfondire le tematiche contenute in questo disco, “Rotten Light”, mi ha immediatamente colpito per il suo essere fuori dal comune, anticonformisti al massimo e la cosa si riflette anche nella loro musica, che ha l’immenso pregio di non essere accostabile a nessun’altra band in circolazione. E come ben sapete, quando mi ritrovo al cospetto di tale originalità, la mia attenzione ne è catalizzata al massimo. Ma partiamo con la recensione e lo facciamo da un fermo caposaldo: “Rotten Light” non è un album semplice, anzi: bisogna avere una grande apertura mentale per affrontarlo anche a livello di liriche, costantemente relegate nel filosofico, ma il fatto di essere scritte in italiano all’interno del booklet, agevola non poco la possibilità di entrare nelle menti deviate di questi ragazzi. Il cd si apre con la cerebrale “Dialogue with the Sun”, canzone assai ipnotica, che nei testi riprende il tema della cover cd, ossia delle locuste che divorano il sole, ma non voglio entrare in maggior dettaglio nei testi, in quanto rischierei di dare una errata interpretazione del significato che l’act di S. e soci vuole trasmettere. Ciò che conta è la musica, ma per una volta nella vita, mi trovo veramente in difficoltà nel dovere affibbiare un’etichetta ad una band; mi limiterò col dire che sperimentale o d’avanguardia, sia la soluzione più semplice per definire il sound dei nostri. Abbandonati infatti gli estremismi sonori del precedente lavoro, “The Tortoise Boat”, “Rotten Light” si presenta come un viaggio angosciante nei meandri più reconditi della psiche umana e lo fa attraverso dei brani che sembrano collegati fra loro, partendo dalla già menzionata “Dialogue with the Sun”, passando attraverso la furente (solo per il drumming incessante che si interseca a delle splendide chitarre acustiche) “Black Ashen Aurora” (dove non riesco a capire se i colpi dati sulle pelli siano umani – ma in tal caso sarebbero disumani - o creati da una drum machine); la straniante, allucinante e malinconica “Le Perdu de Novembre”, dove il cervello va completamente in pappa per dei suoni allucinanti che si incuneano nelle nostre reti neuronali, disorientandoci completamente. Non c’è uno schema ben preciso nelle note dei nostri, è improvvisazione allo stato puro; la band si diletta a mettere in musica ciò che più gli piace senza rispettare un ordine naturale delle cose. Ancora suoni inquietanti aprono “Ascension to Cursed Waters” e se volete nei nostri si può ritrovare un’attitudine disarmonica/avanguardistica simile a quella dei francesi Blut Aus Nord, anche se poi ben poco la musica ha a che fare con quella dei blacksters francesi. La cosa incredibile che contraddistingue il trademark dei nostri è creare il chaos con delle semplici parti arpeggiate, bellissime vocals (la cui fonte di ispirazione potrebbe essere Attila Csihar) e ambientazioni orrorifiche, come nel caso di “Sulla Soglia dell’Eternità”, una sorta di mini suite per un film dell’horror, con spettrali giri di chitarra e vocals sussurrate… mortale e affascinante. Questi signori, sono i tormentati Laetitia in Holocaust, una delle realtà più interessanti che mi sia capitato di ascoltare in questo noioso e tormentato 2011. Creatività e morbosità allo stato puro! (Francesco Scarci)
(Self)
Voto: 90
Voto: 90