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giovedì 23 agosto 2018

Veratrum - Visioni

#PER CHI AMA: Symph Death, Fleshgod Apocalypse
L'evoluzione dei Veratrum non trova sosta. 'Visioni' è il quarto lavoro della band bergamasca che mi trovo a recensire e dagli esordi brutal death/black, ora mi trovo tra le mani un disco che gode di ottime orchestrazioni, e che sembra aver virato ormai verso estremismi sonori dalle forti tinte sinfoniche. E io non posso che compiacermi di questa virata perché decisamente più vicina alle mie corde. Godo pertanto nell'ascoltare "Oltre il Vero", una song che alterna parti atmosferiche ad altre più isteriche e tirate, con le screaming vocals in italiano, sempre chiare e in primo piano. Ottima la componente solistica, ma sono soprattutto gli arrangiamenti a farla da padrone e conquistarmi con la loro magniloquenza e carica esoterica. Esoterismo ritual-demoniaco che trova sfogo nel breve intermezzo "Per Antares" che apre "L'Alchimista", song tiratissima ma che in sottofondo sfoggia sempre ottime orchestrazioni, ma di cui mi preme sottolineare la performance vocale di Haiwas, pungente e feroce quanto basta ma sempre intellegibile nei testi e questo non fa altro che permettermi di apprezzare anche i testi che sembrano godere di influenze "lovecraftiane". Sorprendente l'inizio de "La Stella Imperitura" con un chorus epico (che tornerà anche nel finale) che lascia subito posto alla tempesta cosmica scaturita dal continuo sferragliare in blast beat dei nostri, mitigato dall'imponente miscela sinfonica che ne costituisce il suo endoscheletro. Ottima anche qui la parte solistica a cura delle due asce formate da Haiwas e Rimmon, menti peraltro del progetto Voland. A chiudere l'EP, ecco un coro liturgico sorretto da un improbabile pianoforte e da un imprevedibile clarinetto a preparare il nuovo avvento targato Veratrum. Chissà cosa avrà da riservarci il futuro dei quattro demoniaci visionari italici. (Francesco Scarci) 

mercoledì 9 marzo 2016

Veratrum - Mondi Sospesi

#PER CHI AMA: Black/Death, Fleshgod Apocalypse, Behemoth 
I bergamaschi Veratrum sono ormai amici di vecchia data: li abbiamo ospitati su queste pagine (ma anche in sede di intervista radiofonica) in occasione del demo cd 'Sangue' e successivamente per il debut album 'Sentieri Dimenticati'. Dopo una chiacchierata face to face prenatalizia e l'ascolto di alcune tracce del nuovo disco, eccomi qui a parlare più dettagliatamente di 'Mondi Sospesi', il secondo lavoro sulla lunga distanza, per il terzetto guidato da Haiwas. Ancora una volta vorrei partire elogiando l'artwork estremamente curato e suggestivo, un artwork che cela misteri, simboli e profezie qui espressi palesemente dalla torre di Babele che cappeggia nella parte destra della cover. Passando alla musica, qualche novità rispetto al passato è riscontrabile nei contenuti di 'Mondi Sospesi', ma andiamo con ordine e partiamo da quelle che sono le certezze dei nostri. Si parte con l'assalto sonoro di "Un Canto", che ricorda, qualora ce ne fosse bisogno, di che pasta sono fatti i nostri: ritmiche assassine di stampo black death, alla stregua di Behemoth e Belphegor, che confermano la solidità dell'ensemble lombardo. I nostri poi, continuano sulla strada del cantato in italiano e questo è assai apprezzabile; infine, la tecnica del trio, supportato nel disco da una serie di guest star, a confermarsi sempre eccellente. Detto questo, andiamo ad analizzare quelle che sono le novità che risiedono in questo lavoro. "Il Culto della Pietra" mostra una buona dose di melodia frammista a sfuriate ipertrofiche e alla presenza in sede vocale, di una gentil donzella, Aeon (vocalist degli Holy Shire), che presta la sua delicata voce su un tappeto ritmico che ondeggia tra una batteria simil contraerea e atmosfere ben più ariose alla Fleshgod Apocalypse. Ecco proprio i Fleshgod Apocalypse potrebbero essere la band a cui potremmo accostare il nuovo sound dei Veratrum, con il gruppo perugino in realtà più orientato verso lidi sinfonico-orchestrali. Nel sound dei Veratrum non troverete nulla di tutto questo, però la band ha imparato a pestare con stile offrendo parti più atmosferiche, sorrette da buoni arrangiamenti e aperture ricche di groove. Ma quando c'è da picchiare come fabbri (e penso a "Etemenanki"), i nostri non si tirano certo indietro e anzi spaccano culi che è un vero piacere. Ma la crescita dei Veratrum sta anche nell'alternare song prettamente feroci ad altre in cui la melodia ha la meglio su tutto il resto ("Il Tempo del Cerchio"), pur mantenendo una dose di violenza sopra la media, con le lyrics, sebbene in growl profondo, che diventano più chiare e addirittura canticchiabili (perdonami Haiwas), e dove splendidi assoli disegnano iperboli incantevoli nell'etere. Le ritmiche schizofreniche iper tecniche, in stile Nile sono ancora presenti nella matrice sonora dei nostri, non temete e "Quando in Alto" lo conferma chiaramente con velocità sostenute, cambi di tempo e ritmiche vertiginose che poco hanno da regalare in termini melodici, fatto salvo per un altro lavoro di cesello alle chitarre nella seconda metà del brano. L'alternanza violenza/melodia porta a confezionare poi "Davanti alla Verità", un pezzo più controllato che potrebbe evocare un ipotetico ibrido tra Dissection e Ecnephias, e in cui compaiono anche dei cori a cura di Alessandro Carella e Francesco Carbone degli Haddah, compagni di etichetta dei Veratrum e dove alla chitarra c'è in prestito Riccardo Lanza dei Death the Bride. Giungo velocemente all'ultima rasoiata black/death, "H Nea Babylon", che senza accorgermene, mi dice che sono passati 40 minuti di piacevole musica infernale. (Francesco Scarci)

(Beyond Productions - 2015)
Voto: 75

lunedì 26 marzo 2012

Veratrum - Sentieri Dimenticati

#PER CHI AMA: Brutal Death/Black dalle tinte epiche, Behemoth, Nile
Non mi sono ancora ripreso dallo spargimento di “Sangue” del demo di debutto, che ecco ritornare a farmi compagnia nelle notti insonni, i bergamaschi Veratrum, freschi freschi con il loro primo full lenght, che si presenta pregno di significati già dal suo simbolico, quanto mai magico, artwork, dove domina una sorta di sacerdote incappucciato, che impugna fra le sue mani delle infuocate sfere blu mentre sullo sfondo trovano posto i simboli delle tre città perdute, menzionate all’interno di questo concept cd: Atlantide, Thule e Agarthi. Si parte subito bene quindi, almeno a livello di contenuti, in quanto io adoro la mitologia, l’archeologia e la storia, tutte cose che ben si amalgameranno all’interno di questo intrigante lavoro. Se poi, quando faccio partire il cd, la produzione cristallina esalta, in modo bombastico, il sound del quartetto lombardo, non posso che essere ancor più felice. Abbandoniamo però queste argomentazioni più futili, per concentrarci sulla musica, vera protagonista di questa seconda uscita targata Veratrum. Ebbene, tralasciando velocemente la scialba intro (l’invito della filosofa ucraina H.P. Blavatsky, ad abbandonare i sensi e avvalersi di mente e spirito, estratto dal “The Voice of Silence” del XIX secolo), mi lancio violentemente all’ascolto di questa penetrante produzione, che fin dal suo trittico di song iniziali, “Uomo”, “Lo Sventramento dei Guardiani della Terra Cava” e “I Trionfi più Grandi”, ci assale con somma prepotenza, ricalcando se vogliamo gli stilemi del demo cd, ossia un death brutale di matrice statunitense, e proprio come gli originali, la tecnica si mantiene sopraffine, con un lavoro sapiente a livello di tutti gli strumenti, per l’intera durata del cd, senza alcuna sbavatura di alcun tipo. Annientato. Ecco l’effetto esplicato sulle mie membra, dall’assetato desiderio di sangue dei quattro valorosi eroi italici. Con “Ars Goetia” invece, inizia a cambiare qualcosa: sebbene il drumming di Sabnok continui a martellare furioso con blast beat che sembrano più riprendere il sonoro dello scontro a fuoco recentemente avvenuto in Francia, dove sono stati spesi 300 proiettili in un minuto, le ritmiche si confermano potenti, ecco che la voce di Haiwas subisce un mutamento palese (al growling cavernoso si affianca infatti, anche un brillante cantato pulito); forse si tratta di quel passo in avanti narrato nelle liriche del cd (tutte rigorosamente in italiano, con traduzione in inglese annessa), quella crescita del viaggiatore, che permetterà al protagonista della storia, di domare gli Spiriti Malvagi. L’esperimento si ripete anche dopo il meraviglioso intermezzo musicale (un altro intermezzo sarà “Orizzonte”) de “I Braceri del Tempio di Thot”, con la epica “Ritorno ad Atlantide”: qui i toni sono decisamente più corali. Una brevissima intro di E.A. Poe, ci introduce alla penultima tappa di questo viaggio: siamo arrivati a “Thule” e la musica dei Veratrum, pur mantenendo indelebile quel marchio di ferocia e brutalità, lascia intravedere qualche sprazzo in più di selvaggia melodia, con un break epico centrale, che non so per quale arcano motivo abbia risuscitato in me il ricordo dei primissimi Primordial, quelli più pagani, capaci di incastrarsi a meraviglia con il sound viscerale dei Nile. L’apertura tastieristica dell’ultima “Agarthi”, sembra invece affidata a Lord Byron e i suoi Bal-Sagoth; ci pensa però la ritmica furibonda dei nostri a farci cancellare immediatamente questo sciocco paragone, perché la song è un chiaro inno di scuola black/death polacco, grondante di groove ma con aguzze chitarre spinte al fulmicotone. Se cercavate qualcosa di interessante, con cui dilettare il vostro periodo pasquale, eccovi accontentati; i Veratrum rappresentano il miglior regalo da scartare all’interno del vostro uovo di Pasqua. Impetuosi! (Francesco Scarci)

(Self)
Voto: 80
 

domenica 4 dicembre 2011

Veratrum - Sangue

#PER CHI AMA: Brutal Death/Black/Grind, Infernal Poetry
Mi mancava proprio farmi maciullare le ossa in questo periodo pre-natalizio e i bergamaschi Veratrum rappresentano la giusta cura a questa mia necessità. “Sangue” è il demo cd di quello che sembra essere più un side project di Voland e Fosch, che una band a tutti gli effetti (sicuramente sarò presto smentito con l’uscita del loro full lenght), un lavoro che infervorerà di certo gli amanti del brutal death di stampo americano, ma non solo. Esso racchiude cinque pezzi cantati in italiano che sicuramente vi strapazzeranno le orecchie cosi come successo al sottoscritto, che è rimasto comunque piacevolmente colpito dal song frenetico del combo lombardo. Un po’ influenzati dagli Infernal Poetry, i Veratrum ne possono incarnare il lato più brutale e forse un po’ meno sperimentale, però nel corso dell’ascolto di questo EP, in più occasioni mi è venuto di accostare il sound dei nostri a quello dei marchigiani, già fin dall’iniziale title track, song che viaggia bella serrata, ma che ci lascia rifiatare, concedendo spazio a qualche stop’n go. È la successiva “Davanti alla Libertà” che ci strapazza ben bene con un riffing acuminato e una batteria che suona su ritmi vertiginosi, e con un break centrale che si rifà invece alla tradizione scandinava, accompagnato da un growling mortifero. “L’ora è Giunta” ha un mood quasi grind, con un uso esagerato di blast beat, ma quei rallentamenti al termine di ogni strofa, possono ricondurci ai primi Carcass, mentre gli accenni grooveggianti posti a metà brano o quelle aperture chitarristiche, oserei dire, melodiche, elevano sicuramente la qualità della song, che rischierebbe invece di soffrire di un certo piattume di fondo (su questo punto lavorerei molto per poter dare un maggior tocco di originalità alla proposta). Altro attacco furioso con la quarta “Io Sono il Tempo”, con le vocals di Andrea che si alternano, a seconda della ritmica (furente o mid-tempo), tra uno screaming schizoide e il growling oscuro, fino al finale dove un assolo in stile classic metal (!?) chiude il brano. “L’Odio” segna la conclusione di un lavoro brutale, tecnicamente ben suonato ma a cui manca ancora quel quid per potere essere competitivo con le grandi realtà internazionali; tuttavia sono convinto che i nostri siano sulla strada giusta per poter puntare a qualcosa di veramente importante. Comunque validi! (Francesco Scarci)

(Self)
Voto: 70