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giovedì 15 aprile 2021

Orecus - The Obliterationist

#PER CHI AMA: Groove Death
Ci hanno impiegato ben 10 anni gli svedesi Orecus a maturare il loro full length d'esordio. Era infatti il 2011 quando il quartetto si formava nei sobborghi di Stoccolma ma solo in questo 2021, 'The Obliterationist' vede finalmente la luce. C'è da dire che i nostri si sono presi una lunga pausa di riflessione tra il 2016 e il 2020 quando poi sono ritornati per prepararsi al massacro contenuto in questo disco. Le dieci tracce incluse nel platter sono fondamentalmente votate ad un death metal ricco di groove anche se il riffing bello massiccio dell'opener, nonchè traccia che dà il titolo al disco, paga un forte tributo ai conterranei Meshuggah. E quindi fiato alle trombe e via per farci maciullare le ossicine da un sound compatto, a tratti serratissimo, in cui a mettersi in luce è sicuramente il vertiginoso lavoro alla batteria da parte di Elias Ryen-Rafstedt (peraltro anche chitarrista) e la prova al microfono del ruggente Philip Grüning, che in passato abbiamo apprezzato negli Apathy Noir. Detto questo, se la prima canzone era dinamica e carica di groove, la seconda "Distress Signal" appare un filo più monolitica e meno apprezzabile per il sottoscritto, mentre la terza "The Destruction Path" cattura in assoluto per una ritmica frenetica, con la voce del frontman a rimbalzare tra un growling possente e qualche urlaccio qua e là. L'indemoniato rifferama spacca che è un piacere, con le chitarre gonfie come le nubi cariche di pioggia in uno scenario apocalittico. Nella quarta "Blodvite", ecco la prima ospitata: Chad Kapper (cantante americano dei Frontierer, A Dark Orbit e When Knives Go Skyward) si affianca al bravissimo Philip in una song che potrebbe evocare nelle parti ritmate i Pantera (soprattutto quando a cantare è un Chad in un pattern vocale vicino a Phil Anselmo). Poi la song è sicuramente più affine ad una carneficina metallica, anche se non mancano momenti di oscurità e angoscia. Con "Omnipotent" si torna a respirare l'aria incendiaria del groove death metal dell'opening track, in cui rimane in evidenza la caratura tecnica dell'uomo dietro alle pelli, in un brano bello dritto nello stomaco, di quelli che fanno piegare inesorabilmente le ginocchia. Ma questo è il marchio di fabbrica degli Orecus che ci danno la loro visione di un suono che non puzza ancora di stantio per quanto siano 30 anni che lo sentiamo in giro. Forse perchè lo fanno con passione, sincerità, non ne ho francamente idea ma per quanto esso sia derivativo, mi ha conquistato. E il massacro prosegue con "Below the Threshold" e la seconda ed ultima guest star fa la sua comparsa, sempre dietro al microfono. Sto parlando di Fredrik Söderberg, corrosiva ugola degli svedesi Soreption, che ben si presta per questa proposta musicale a tratti annichilente, a tratti malsana nella sua stravagante interpretazione. Detonante in questo frangente il basso di Martin Maxe, uno che quando c'è da picchiare sulle quattro corde del suo strumento, non si tira certo indietro. L'incipit di "Unborn, Reborn" mostra il lato più melodico dei quattro svedesi con la chitarra di Francis Larsson a creare visioni cinematiche vicine alle cose meno intransigenti dei Fallujah, ma la pacchia dura giusto quel tempo che i nostri si rimettono in sella al loro potente cingolato e riprendono a far danni, assestando colpi davvero micidiali. La band scandinava sa certamente il fatto suo e la dimostrazione sta in "My Manifest", un brano più rallentato che palesa ottimi arrangiamenti in un pezzo comunque dal piglio abrasivo. La manina gli Orecus non la tirano certo indietro, continuando a deflagrare colpi su colpi ben assestati: si senta la violenza che divampa in "Become the Nihilist", un brano che unisce nuovamente accelerate mortifere con rallentamenti più ragionati. In chiusura, "Extinct" con le sue divagazioni jazzate, pone la classica ciliegina sulla torta, ma non fatevi prendere per il naso perchè star dietro alle sciabolate delle due asce, al basso tonante e all'infervorata voce del frontman, non sarà certo una missione facile. Se avete voglia di un ascolto adrenalinico, fate pure, i cardiopatici siano davvero cauti. (Francesco Scarci)

(Violent Groove Music Group - 2021)
Voto: 74

https://orecus.bandcamp.com/album/the-obliterationist 

Entombed - Left Hand Path

#FOR FANS OF: Swedish Death Metal
Definitely the first two releases from this band are (to me) their absolute best. I thought that the follow-up album is better but both top ratings. These guys were the founders of Swedish death metal as you know it. Various different bands over the years copied this sound on the guitar, but never as good as the originators. LG (RIP) rips it up on vocals. Unique style and intensity is what he dished out on this debut. And what a debut it was! They definitely shattered windows with this release because so many fans decided that it was louder than life to blare it! At least when I had it on cassette I was blaring it on my walkman!

There's so many pivotal components to this release than just the unique guitars. LG's vocals, the sound quality of this release, the sort of echo to the sound i.e. reverb and mixing that did them justice. Al from Earache might've had some influence over this sound quality if he was around at the time (1990) with Earache. He described LG is being "way into metal" and "dedicated to the genre and his fans." He would basically drink beer and play metal, a kind of lifestyle that lead him to his fate at 49. But he definitely was a true brother to the genre and music in general. That guy was a metal patriot if you will.

My favorite part of this though are the guitars. They were original sounding, unique tone, intense riffs, and in a league of their own with the songwriting capabilities. When I first heard it early in the 90's I thought that this band had it going on! I was impressed and wanted to hear more about them. They sure as hell were the foundation to death metal, though Chuck Schuldiner seemed to be the father of death metal. That was way early on in the genre but Entombed were the founders of their Swedish form of death metal. There are really not many original members remaining and with LG's passing, who knows where they're headed.

I would like to commend the band for their ultimately outstanding debut release that I don't think could ever be duplicated. Like I said, the first two albums are my favorites from the band. There's nothing that could surpass them. Dismember is another Swedish band that held their own back in the day, though I favor Entombed over them. However, Dismember had a longer history it seems but both bands are in the realm of a milestone. There will never be a band like Entombed ever again I don't think history will repeat itself. They sure as hell kicked ass while they did and long live Entombed! (Death8699)


lunedì 12 aprile 2021

Kaschalot - Zenith

#PER CHI AMA: Math/Post Rock Strumentale
Quello degli estoni Kaschalot è un mini di quattro pezzi, che mi permette di saperne un po' di più del quartetto di Tallin, in giro dal 2014 e con un paio di EP (incluso il presente) ed un full length all'attivo. 'Zenith' ci dà modo di tastare il polso di questi giovani che propongono un math/post rock strumentale. Le sonorità pregne in dinamismo e melodia, si possono già apprezzare dall'apertura affidata a "Supernova" che irrompe con la sua carica esplosiva che va via via affievolendosi nel corso dell'ascolto, prima di ripartire con più slancio a metà brano e poi ritornare sui propri passi con sonorità più intimistiche che evidenziano alla fine un buon lavoro compositivo. Poi di nuovo, è tutto in discesa con ottime linee melodiche ed un finale a dir poco devastante. Di ben altra pasta invece la successiva "Mothership", ben più calibrata nel suo incedere math rock che palesa l'ottimo lavoro dietro alle pelli del batterista, gli squisiti, jazzati ed irregolari cambi di tempo che sottolineano una preparazione tecnica di una band davvero invidiabile, a cui manca però una sola cosa, una voce al microfono. Si davvero, sono convinto che avrebbe aiutato ad elevare ulteriormente le qualità di un platter multiforme, ben costruito e dotato di una certa vena creativa. Come il funk-rockeggiare iniziale del basso in "Beacons", che prima si prende la ribalta assoluta dei riflettori e poi li condivide con chitarra e batteria. Infine, largo ad una ritmica bella compatta, distorta quanto basta e dal finale alquanto serrato. "Distant Light" chiude in modo apparentemente più pacato l'EP, dico apparentemente perchè a fronte di un incipit controllato, i nostri si lanciano al solito in spirali musicali di grande intensità, interrotte da break più equilibrati, da cui ripartire con più irruenza. Alla fine quello dei Kaschalot è un buon dischetto, forse di scarsa durata (20 minuti) ma che permette comunque di godere appieno delle qualità di questi quattro fantastici musicisti. (Francesco Scarci)

(Atypeek Music/Stargazed Records - 2021)
Voto: 72

https://kaschalot.bandcamp.com/album/zenith

Mur - Truth

#PER CHI AMA: Post Black/Post Hardcore/Experimental
Recensiti proprio dal sottoscritto un paio d'anni fa in occasione del debut 'Brutalism', i parigini Mur tornano con un EP nuovo di zecca intitolato 'Truth'. Cinque brani, di cui una cover dei Talk Talk, per una mezz'ora abbondante di suoni che combinano post-black con il post-hardcore, ma non solo. L'eccelso stato di forma del sestetto francese è confermato dal roboante pezzo d'apertura, "Inner Hole", che ci stritola con suoni davvero corrosivi, che hanno il pregio di sfoderare un break elettronico che rompe quella furia primigenia, comunque pregna di melodia, che contraddistingue il brano. Un pezzo pervaso da un senso di impotenza e forte malinconia tipici del post-hardcore, proposti con l'irruenza di un black dai tratti sperimentali, ormai marchio di fabbrica delle produzioni Les Acteur de l'Ombre Productions. Il finale è a dir poco devastante, miscelando suoni estremi dai più svariati ambiti musicali, a confermare le ottime doti dei sei musicisti. Che i suoni non siano troppo scontati ce lo conferma anche la successiva "Suicide Summer" con la sua ritmica psicotica e irrefrenabile, un rullo compressore impazzito in grado di asfaltare ogni cosa si ponga sulla sua strada. Il black schizoide dei Mur trova la sua massina espressioni in balzani synth che coniugano estremismi black con il mathcore, scatenati suoni elettronici, screaming efferati, cavalcate poderose, break inaspettati e deflagrazioni caotiche altrettanto imprevedibili, quasi geniali. Al pari quasi dell'inizio di "Epiphany", che sfodera chitarre assai strambe, percussioni tribali, harsh vocals, suoni contaminati da un'alternative rock e altre sonorità più o meno stravaganti per una proposta di questo tipo, che comunque ha un suo filo logico che ci conduce alla cover "Such a Shame", un brano che francamente amo. Ecco, la riproposizione della song dei Talk Talk è quasi irriconoscibile, fatto salvo nel coro dove compare chiara l'ndimenticata melodia del brano. Altrove regna il caos sovrano, un caos calmo, un caos controllato, ma comunque un caos nell'accezione figurata della sua definizione, disordine o disorientamento tumultuoso, una confusione senza uguali, soprattutto laddove credo ci sia una sorta di assolo conclusivo controverso e delirante. In chiusura di 'Truth', ecco gli ultimi dieci minuti strumentali della title track. Intro affidato ad un lungo giro di synth che ci porta direttamente al krautrock teutonico degli anni '70. Break ambient di 90 secondi tra il terzo e il quarto minuto e poi una seconda parte assurda di sonorità synthwave, prog, sperimentali, che ci confermano quanto i Mur siano davvero pazzi, stralunati ma tremendamente fighi. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/truth

domenica 11 aprile 2021

Oh No Noh - Where One Begins and the Other Stops

#PER CHI AMA: Electro Ambient Strumentale
Curva forte l’incipit di questo EP della one-man band teutonica dei Oh No Noh. "Pointer" apre le fila di 'Where One Begins and the Other Stops' con una sonorità disillusa che gioca al rialzo tra un'insistenza pregevole quanto l'elettronica minimalista che parla con intercalari sfuocati, poi suoni neri, lenti, nebulosi fatti ad hoc per toglierci il fiato, spostarci la mente nel loop creato dal suo protagonista, Markus Rom, e congiungersi circolari, delineando una song dal piglio apparentemente ambient. Già mi sento a casa. E la casa me la arreda la seconda "Shrugging". Una base facoltosa accoglie una melodia artefatta, ancora ripetuta per il tempo di entrare e perdere il senno, ma non il tempo. Le casse la fanno da padrone permettendoci di tenere il metronomo della mente acceso. Sento il tinnulo, mi desto. Sento una voce in background, mi accarezza l'anima. Torna il rilancio. Ballano i neuroni. La adoro. Come una fiaccolata errante nella notte della mente parte “Golb”. Qui le mie sinapsi si accendono di elettricità, sfrecciano velocissime le cariche elettriche. Mi ritrovo persa con le palpebre chiuse e l’ascolto aperto ad una traccia dai tratti sperimentali, di quelle che scalda l’aria. Da ascoltare coi bassi al massimo, mi raccomando. L’"Alba" ci desta dalla nottata. In questa song possiamo meditare e riposare la mente. Questo soffondersi di suoni delicati, eterei, onirici sembra un mantra, una cassa di risonanza per la pace in cui togliersi di dosso i demoni della notte. Una sorpresa continua quando parte “Clod”. Qui la band afferma il suo predominio, la sua natura più oscura, i suoi istinti reconditi nelle minimaliste plettrare di chitarra, la sua matrice ibrida tra il noto e l’ignoto. È una digestione di effetti sonori questa traccia, un metabolismo lento questo vuoto sospeso tra il se e la musica, in una lentezza di fondo in cui si può quasi percepire l’assenza dell’inesistenza del tempo. Arriviamo alla traccia che dà il titolo al platter. Ha scelto molto bene il buon Markus, perchè in questa song sento tutto l’album attraversarmi la mente, i timpani, le percezioni, fino a toccare il diapason dell’anima. Lascio a voi il piacere di far convergere ogni singola nota di questa musica così completa per lo stile della band, all'interno del vostro io interiore. Ma ancora non è tempo di staccarsi da questo ascolto. Manca infatti ancora l’ultimo colpo di silenziatore di un caricatore di suoni bellissimi. "Foam". Un insieme di inverno, primavera, estate, autunno. Un corpo unico di stagioni. Questa traccia descrive il freddo nei suoi suoni affilati, il tepore nello spazio concesso alle percussioni, il caldo ansimante dei silenzi, la nostalgia dei colori. La musica è sempre un’esperienza al limite tra la terra e le percezioni. In questo lavoro troverete solo percezioni pregiate da riascoltare ancora ed ancora. (Silvia Comencini)

Tvaer - Uvaer

#FOR FANS OF: Black Metal
Tvaer is a quite new project founded four years ago in Minnesota, USA. It is currently a four-piece band, that just suffered a sole change in its short career. It seems to be composed by novel musicians as they don't have previous known projects, with the exception of the drummer. In these less than four years of existence, the project has been quite active releasing several demos and even a live album. Thanks to this activity and to a reasonably good potential, they have managed to release the debut album with the reputed underground label Bindrune Recordings, which is always a good sign.

'Uvaer' is the name of Tvaer’s debut and it is a ferocious declaration of black metal with a subtle atmospheric touch. Unlike other bands tagged as atmospheric black metal, Tvaer focuses much more on building a smashing wall of guitars, rather than creating intensively atmospheric compositions. This first opus consists of five tracks, where speed and aggression are occasionally accompanied by calmer moments which enrich the compositions. Even if Tvaer`s compositions have an aggressive nature, the expected atmospheric side of its music is still present, but with a subdued tone and in a form of more melodic guitar lines as it happens in tracks like "II", with the main riff that has an undeniable melodic tone. This second track and the following ones are fine examples of Tvaer’s strongest points, as guitar lines are excellently composed, with plenty of quite solid riffs varying from the more melodic ones to the more straightforwardly aggressive ones. In these tracks we can appreciate how the band varies its tempo adding some slower sections to the more common intensively fast ones. Another quite used resource in the album is to abruptly break the song in order to introduce some acoustic accords, that serve as momentary calm before the fury returns, also suddenly. These ingredients basically conform what Tvaer offers in this album, if we leave apart the much calmer closing track "V", and I must admit they are successively mixed and executed, although I miss a greater room for variation in the compositions as one could listen to these songs as a sole track, without noticing great changes. I think the band should make an extra effort adding more arrangements which could make easier to create more varied songs. This is the only great problem as riff-wise the performance is faultless and the rhythmic base sounds quite solid. Vocally, the work done by A.C is convincing with quite high-pitched screams, and even DSBM influenced desperate shrieks. He does also a nice job adding some clean vocals as a form of a background ghostly choir, which gives a nice atmospheric touch to a song like the remarkably inspired track "IV".

'Uvaer' is undoubtedly a quite solid beginning by Tvaer as it clearly has some strong points and overall a good work compositionally. As it usually happens with debut albums, the band needs to give a step forward in terms of variety, if it wants to create memorable pieces. The aforementioned "IV" is probably the best one in this aspect and should serve a good example for future releases. (Alain González Artola)


(Bindrune Recordings - 2021)
Score: 72

https://bindrunerecordings.bandcamp.com/album/uvaer
 

mercoledì 7 aprile 2021

Brave the Cold - Scarcity

#FOR FANS OF: Death/Grind, Napalm Death
Killer death/grind though not too many blast beats. But the intensity is high with Mitch performing three duties throughout the LP. I liked the whole album, a lot of great energy! Even though it was only 38 minutes, there were 12 songs and every one of them was awesome. Mitch does a lot of screaming and the guitar riffs are killer. I enjoyed that aspect of the album. Some things were definitely early Napalm Death related such as a song off of 'From Enslavement To Obliteration' called "Unchallenged Hate." Mitch played a track on here that's similar to it so yeah definitely Napalm Death related.

The sound quality was good on here, I'd say you can hear everything pretty clearly and the drums turned out well on that front, too. There aren't many disdainful things to say about this album. I just do hope that more people learn about the band. This one was out in October of last year and I'm just recently hearing it. It was thanks to an interview with Mitch Harris talking about this project. I used to have Defecation, a band that Mick and Mitch from Napalm Death were in. But Mick fled the music scene unfortunately and to me he was the best grindcore drummer that I've ever heard. Just irreplaceable.

The sound quality on the album is top notch. I just wish there were more of a distribution of CD's for them rather than just Vinyl. But the digital version for now, I was able to hear everything and illicit a solid conception of what to expect from the album. I like this band a lot and if Mitch ever decides to leave Napalm Death to pursue just this band, I'm all for it. Being that he's 51 now, he's got years left for this and for Napalm Death as well! I just felt the good vibe from this so yeah I think these guys work well together and hope that they never ditch what they've started here. It's too good and the energy is fierce.

I downloaded this on Spotify and couldn't get enough of it! I was playing it ad nauseum. But yeah, there needs to be more copies of this on CD's for us collectors not just digital album releases or Vinyl. All 12 songs kick ass and you'll have to get in the intensity of the band. It's what's the most prevalent. I didn't like the vocals as much as I should which is probably why I gave it a lower score. But take a listen here for similarities between Napalm Death and Brave The Cold. Mitch has been with them for years so yes it's good that he created this project! Check it out! (Death8699)


(Mission Two Entertainment - 2020)
Score: 75

https://www.facebook.com/bravethecold/

Woe Unto Me - Spiral-Shaped Hopewreck

#PER CHI AMA: Death/Doom, Swallow the Sun
In attesa di ascoltare un nuovo full length, tornano i biellorussi Woe Unto Me con un EP, 'Spiral-Shaped Hopewreck', che conferma che la band è viva e vegeta, in forma e pronta ad accompagnarci al camposanto con quel loro sound pregno di malinconia e disperazione. Il nuovo lavoro, targato BadMoodMan Music, contiene sette tracce, anche se quattro di loro non raggiungono i due minuti e due sono delle cover di Meshuggah e Klone. Un'inquietante intro apre il dischetto prima di affidarci alla title track che inaspettatamente mi consegna un sound che ammicca alle ultime produzioni dei Katatonia, fatte di atmosfere nostalgiche, voci pulite, suoni non più sepolcrali, come invero mi sarei aspettato. I Woe Unto Me hanno cambiato pelle virando la propria proposta verso lidi più abbordabili anche a metallari meno estremisti, e con quale classe ragazzi. Ascoltare l'assolo al quarto minuto e mezzo per capire l'evoluzione del sestetto di Grodno, che nella seconda parte del brano cede al retaggio funeral doom del proprio passato, rivisto tuttavia con più grazia e sentimento, sulla scia dei Swallow the Sun. Un breve intermezzo strumentale e siamo a cavallo di "Sad and Slow", cover estratta dall'ultimo 'Le Grand Voyage' dei francesi Klone. Certo, la scelta è caduta forse su una delle tracce più soporifere del disco e l'ensemble sembra imitare pedissequamente l'originale con tutta la medesima forza emotiva e con un minuto e mezzo di musica addizionale. Il risultato non è affato disprezzabile anzi, quasi quasi l'ho apprezzata più dell'originale, soprattutto per l'utilizzo di una voce più rabbiosa nel finale. Ancora un break ambient ed è la volta di "Lethargica", song spettacolare dei Meshuggah estratta da 'Obzen'. Che la poliritmia non sia la specialità in casa Woe Unto Me è evidente sin dalle note iniziali e mi domando a questo punto perchè volersi fare tanto male a tributare una band difficile come quella svedese. Il risultato è discreto, lontano anni luce dagli originali, che per classe ed efficacia, credo non abbiano eguali. Queste esplorazioni alternative comunque riscontrono il mio appoggio in un EP di questo tipo, un po' meno se si fosse trattato di un platter a tutti gli effetti. I Woe Unto Me chiudono i battenti con gli sperimentalismi dell'atmosferica outro. In definitiva, 'Spiral-Shaped Hopewreck' è un discreto biglietto da visita che carica di una certa curiosità gli sviluppi compositivi futuri della band biellorussa. (Francesco Scarci)

lunedì 5 aprile 2021

Halter - The Principles of Human Being

#PER CHI AMA: Death/Doom, primi Paradise Lost
Li abbiamo incontrati poche settimane fa per la riesumazione del loro primo album da parte della Wroth Emitter Records. Li ritroviamo oggi per raccontarvi del terzo lavoro, uscito a ottobre 2020 per la MFL Records, dopo la self release dell'estate scorsa. Il quintetto di Yaroslavl torna con 'The Principles of Human Being' che include sette nuove tracce, che proseguono all'insegna di un death doom canonico, almeno a livello ritmico e vocale. Quello che mi sorprende è invece l'approccio più morbido a livello solistico, cosi come la presenza di una produzione cristallina che esalta le doti del combo russo. Questo quanto si evince dall'apertura affidata a "Sisyphean Toil". "Seasons" continua sulla falsariga della precedente, con un sound cupo e minaccioso, ma quando si svela attraverso la sua parte solistica, beh è tutt'altra musica, mostrando le eccelse qualità strumentali della band, nonchè una certa raffinatezza nella ricerca di un gusto estetico. Stride un po' quindi l'accostamento tra un death doom di scuola primi Paradise Lost, ascoltate la ritmica di "Cobweb of Troubles" e ditemi anche voi se non avete pensato a 'Gothic', con la parte di prim'ordine affidata alle asce. Piuttosto lineare invece la robusta "Hiroshima's Scapegoats" che, fatto salvo ancora una volta per la porzione solistica, risulta meno brillante che da altre parti. Un bel basso apre "Spring Morning" alla stregua di "A Kiss to Remember" dei My Dying Bride, mancando però della medesima brillantezza in fase melo-dinamica della band inglese, proponendo qui un sound marcescente troppo ancorato ai vecchi stilemi del genere, fatto di una ritmica lenta e un growl possente. Buona la linea melodica dell'assolo ma manca una maggior freschezza compositiva a livello di songwriting. Ci si riprova con "Human Path" mala sensazione rimane quella del già ascoltato mille volte, sebbene in questa traccia ci sia un tentativo di migliorare le cose con un discreto break centrale. "As Nobody Returns" è l'ultimo atto di 'The Principles of Human Being': una breve ed elementare intro acustica prima di un sound nuovamente monolitico, qui ai limiti del funeral. Insomma, a mio avviso, c'è ancora da lavorare per togliersi di dosso la ruggine di un genere che sta scivolando nello stantio e nel prevedibile. Gli ottimi assoli giocano a favore dei nostri ma serve qualcosina in più per pensare di far uscire gli Halter dal sottobosco death doom. (Francesco Scarci)