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lunedì 25 gennaio 2021

Jinx - Darkness is Worldwide

#PER CHI AMA: Thrash/Death
'Darkness is Worldwide' dei Jinx è il quinto lavoro della band originaria di Smolensk. Uscito ormai nel 2017, il quintetto russo ci propone un thrash metal piuttosto canonico, di quello che certamente non lascia grande spazio alla fantasia ma nemmeno alcuna via di scampo. Lo si capisce subito dal ritmo martellante inferto dall'opener "Elizabeth", un pezzo sia chiaro, che non è solo ritmiche tiratissime e urla sbraitanti del vocalist Aleksander Ivanov, ma racchiude anche parti più ragionate. Sia altrettanto chiaro però, che non siamo al cospetto di nessuna novità per quanto riguarda il genere, offrendo i nostri suoni piuttosto convenzionali che con questo lp non arricchiranno di certo la vostra collezione di dischi memorabili. Quindi prendete 'Darkness is Worldwide' per quello che è, un disco di divertente thrash con aperture melodiche di stampo scandinavo, qualche discreto assolo come quello che si sente nella grooveggiante "Voices from the Past" o nella vorticosa title track. Ecco "Darkness is Worlwide" presenta delle variazioni al tema grazie ad un sound detonante, forse il pezzo migliore del disco insieme alla conclusiva "Dogs of War" (con i suoi fraseggi acustici e divagazioni heavy rock), ma da qui a dire che si possa realmente gridare al miracolo, ce ne passa. Direi infatti che ci sono alcune piccole cosine che faccio fatica realmente a digerire. La voce di Aleksander è tra queste, visto che il suo cantato è una sorta di growling strozzato in gola che impazzire proprio non mi fa. Tuttavia i nostri si impegnano, non sono degli sprovveduti essendo peraltro in giro da un ventennio, sanno come gestire la loro strumentazione al meglio ed in alcuni pezzi, danno delle accelerazioni che hanno un sapore più death oriented ("Pitiful Existence"). Da segnalare infine la scelta di coverizzare "Curse the Gods" dei Destruction, piuttosto fedele all'originale, ma con una produzione certamente più moderna e potente. A chiudere il disco dicevo, "Dogs of War" per gli ultimi sei minuti abbondanti di terremotante thrash old school che segnano un ritorno alle origini primordiali del metal. (Francesco Scarci)

domenica 24 gennaio 2021

Grabunhold - Heldentod

#FOR FANS OF: Death/Black/Epic
The German band Grabunhold is a four-piece project created four years ago by extreme metal musicians and Tolkien lovers to merge both passions in a unique project. This combination is pretty well-known in the scene as black metal, alongside with power metal, has maybe been the subgenre with more bands influenced by the legendary writer. Anyway, these Tokien-esque lyrics are not the only source as some lyrics have a strong melancholic nature. The combination of both topics is undoubtedly something, which always can fit with the dark and powerful essence of black metal.

After a demo and a promising EP, the ensemble focused its efforts to release the always decisive debut album, which should show the project´s true potential. 'Heldentod' is the name of the beast and its firmly rooted in the most iconic elements of the black metal genre, with the always distinctive touch of the German scene, which usually has this effective mixture of fury, aggression and a yet melodic background in its music. We won't see a lot of it in the impetuous beginning of the album opener "Wolkenbruch über Amon Sul", with a furious and straightforward attack of some vicious vocals, merciless drums and sharp guitars. Regardless of it, as the song evolves, we can appreciate an increasing melodic touch in the guitars, occasionally accompanied by majestic clean vocals, which give an epic touch to a song that was initially pure brutality. This contrasted combination of elements define perfectly what Grabunhold offers in its debut album. As it happens quite usually, the longer tracks offer a greater scope to introduce more changes, influences and arrangements in the songs, being the ideal compositions to create more epic tracks. It happens with the first song, but this feeling is stronger in the excellent "Morgenröte am Pelennor" and in the final song "Der Einsamkeit Letzter Streiter". The first one includes some acoustic guitars, a tiptop melodic riffage and heroic clean vocals aligned with the lyrical theme, being at the end my favourite track of the album. The final song shares some characteristics with Pelennor’s song, though it has a more melancholic tone. In any case, these longer tracks allow to create compositions with more variations and the aforementioned epic touch. On the other hand, we can find more straightforward songs like "Hügelgräberhöhen" or "Fangorns Erwahen", which a quite sorter and therefore, they are focused on being fast and aggressive. Although we can appreciate that the riffing is still remarkable, it varies from darker tones to more melodic ones with a respectable naturalness.

Grabunhold’s debut 'Heldentod' is clearly a quite sold first effort and shows an interesting evolution in the band’s core sound. The expected German black metal style is there but it has a quite distinctive touch and balance which makes this opus a quite interesting and enjoyable experience. Personally, I prefer the longer tracks as per their epic touch showing the variety the band is capable of. (Alain González Artola)


sabato 23 gennaio 2021

Break My Fucking Sky - Blind

#PER CHI AMA: Post Rock/Post Metal
Corpi sospesi tra la cenere e la fenice. Sospese le ombre che animano questa intro. Passione ed immagini sfuocate. Un missile terra aria spezza il velluto suadente di musiche nostalgiche per affondare la sua combustione nell’anima. Alternanze post rock lasciano la scena a chitarre infuocate. Buoni propositi si ribellano al rock estremo. Mi lascia tra la riflessione e la rabbia questa prima traccia, “Unwelcome”, opening track dell'opera ottava, 'Blind', dei russi Break My Fucking Sky. A seguire “Medusas are Like a Ghost”: il fantasma del passato presente e futuro qui ed ora, si manifesta in un gemito incauto. Le sonorità abbassano le difese, ipnotizzano con i loro guizzi di tremolo picking, accarezzano, involvono. Sarà una lunga notte. “The Letters We’ll Never Send”. E ci si trova in una stanza con la luce fioca. Un mantice di speranza appena percepibile e la musica, affidata ai tocchi di pianoforte (coadiuvati poi da una ritmica tiepida), diviene sospiro ed il sospiro una parola non detta. “Agnosia”. Ci riprendiamo un sound ritmato, elettrico. Una sorta di intercalare rispetto allo stile dell’album. Piacevole. Subito dopo l’ossigeno, respiriamo anidride carbonica. “Before We Meet in the Dark”. La song è puro rock d'atmosfera, nessuna traccia di stile, eppure quest'esercizio incorpora bene le sensazioni di una serata che avremmo voluto fosse una di quell'esperienze indimenticabili. Senza pace non può esserci la guerra. Ecco perche ora ascoltando “Doomsnight” mi alieno tra sospiri e suggestioni. Un armistizio. Temo che l’album continui senza direzione per ora. “Seven”. Stallo ed esercizi di metallo elettrico, come quello del plettro che urla sulle corde della chitarra. Veniamo a “Murphy’s law”. Aspettatevi una ripetizione in loop malinconico costante come le speranze che si lasciano fuori dalla legge di Murphy. Eppure sono ottimista perchè segue “Blind”, la lunghissima title track di oltre 13 minuti. Una casa remota, una favola antica, un racconto che odora di biblioteche dimenticate, eppure con la musica tutto torna in vita. Cosi consiglio l’ascolto di questa song sotto un planetario pensando ad un buon libro. Mentre scorre il tempo, si stringono le spalle dei ricordi. Così mi passa attraverso questa “The Drowned Lake”. Come una colonna sonora stretta alle sensazioni ed ai ricordi. Quest'album continua a viaggiare nella mente di chi conosce lo stupore. Lo ascolto così con l’attesa del prossimo brano. Siamo a “Paper Yes to Take Cover”. E non vi nascondo che questa song culli, accarezzi, scuota l'animo, tornando a parlare con i sensi a cui poco prima ha sussurrato. Eccoci all’epilogo di 'Blind'. “It was Forever. Until it Ended”: chiudiamo il nostro ascolto con un pezzo suggestivo arricchito da drammi e ricompense che solo il post-metal può dispensare quando si inizia a viaggiare nell’oscurità di suoni introspettivi. Consigliato l’ascolto a chi ha voglia di spezzare le quotidianità effimere del vivere senza sentire. (Silvia Comencini)

Pontecorvo - Ruggine

#PER CHI AMA: Stoner/Punk/Noise
Uscito in piena quarantena, questo 'Ruggine', primo long-playing dei Pontecorvo, rappresenta un’ottima medicina per le difficoltà che tutti noi stiamo sperimentando da un annetto a questa parte. Non che il concentrato di stoner, noise e bluesaccio slabbrato del gruppo milanese sia un inno all’ottimismo o evochi paesaggi utopici, ma la grinta e la sfrontatezza sfoderata in queste sette tracce di musica ad alto contenuto di decibel, vi forniranno la spinta necessaria per sopravvivere.

È impossibile non lasciarsi trascinare dal tiro dell’introduttiva “Cade” o dalla sferragliante cavalcata di “Gaviscon Blues” che, a differenza di quanto annunciato nel titolo vira con naturalezza su territori di stampo punk. I Pontecorvo riempiono con grande abilità questi venti minuti scarsi di diverse soluzioni sonore e dinamiche, arrivando a toccare persino lidi sludge nei pachidermici riff di “Freddo” e “Qualche Santo”, al punto che giunti al termine della conclusiva “Prendere Sonno”, coricarsi sarà decisamente l’ultimo dei vostri desideri: il fuoco di queste rabbiose chitarre divamperà dentro di voi e il vostro cuore batterà al ritmo implacabile della batteria.

Registrato, mixato e masterizzato presso quell’istituzione della musica indipendente che è il Trai Studio, 'Ruggine' avrebbe meritato di uscire in un periodo più favorevole. Sicuramente è l’ottimo biglietto da visita di una band che in sede live promette di rendere anche il doppio. (Shadowsofthesun)

lunedì 18 gennaio 2021

Dark Fortress - Spectres From the Old World

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
I prefer 'Eidolon' over this one, but I still think this album is pretty good. The synthesizers make the music darker and the music is pretty intense. Initially, I didn't care for this one, but I still give it a "B-". I think that the music itself isn't the greatest, but at least the intensity is high. That's what's good about it. The riffs are pretty fast and the drums are powerful. I liked the whole album, though again it's not my favorite. The vocals are pretty decent as well. They meshed well with the music. Not every song on here is super fast, but it's good that they change it up. Some clean vocals and guitar as well, it's not ALL brutality.

The guitars are my favorite highlights of this album. I like the riffs on here the most, the vocals are just mediocre. But whatever, they put together a great release (with some drawbacks). When they're on their game here on some songs, they really hit home! With this it's hit-or-miss. The double bass is pretty hardcore, too. Never knew this band is from Germany. Pretty cool. I like what I've heard so far from the band, though this one could be tighter. I suppose 'Eidolon' was tighter because every song was killer. And the atmosphere too was great. This one falls short in the riff category.

The production was pretty decent on here opposed to previous releases. As I say, the songs just needed to be more interwoven. They did a good job on some fronts, though I think if they did better with the songwriting I would've given them a higher rating. The tempos were up and down, but that's not necessarily bad. If they could've gotten better guitar riffs or at least more consistent guitar work then it would've been a stronger rating by me. The fact that the tempos are all over the place makes it harder to get into. Sounds a lot like progressive atmospheric black metal here. The the actual genre is melodic black metal.

I would say to check this out on digital rather than buying the album since it's hit-or-miss. Their earlier stuff, sure but this one needs an acquired taste to liking it. It still is decent and the riffs are OK. But in any case it's a strong album. Very experimental with sounds, guitars, and songwriting. Not my favorite album of theirs just a little better than average. The guitars are definitely my favorite parts to the album, but I think as a whole they put together a somewhat tight release here. I think that at least they were good in making a somewhat progressive album though they could've made it tighter. In any case, take a listen! (Death8699)


(Century Media - 2020)
Voto: 70

https://www.facebook.com/officialdarkfortress

Shrines of Dying Light - Sadness

#PER CHI AMA: Death/Doom/Dark, Empyrium, Saturnus
Dal Canton Argovia in Svizzera, ecco arrivare nelle nostre case, il secondo lavoro degli Shrines of Dying Light, band death doom che francamente non conoscevo. 'Sadness' è il comeback discografico per i nostri che segue a due anni di distanza quello che era stato il loro convincente album di debutto, 'Insomnia'. La nuova release degli elvetici consta di nove pezzi, che includono uno spettrale preludio ("Entering Infinity"), un malinconico epilogo ("Solitude") ed un breve intermezzo strumentale ("Into Singularity"). Quando andiamo a dare un ascolto più attento all'opera del quartetto svizzero e ci soffermiamo su "Whispers (Sadness Part 1)", il secondo pezzo, possiamo ovviamente captare quel forte sentore di struggenza che ammanta l'intero disco. Il pezzo si apre con delle delicate plettrate acustiche ed un cantato baritonale (chi ha detto Type O Negative?) che evolverà, contestualmente con la chitarra elettrica, in un growling più sofferente. La band comunque non schiaccia mai sull'acceleratore, mantenendo una cadenza compassata, decadente e guidata quasi interamente da una chitarra strappalacrime. Ad alimentare il senso di impotenza dei nostri, ecco che in "Tragedy in the Woods" compare accanto al vocalist, anche il canto di una delicata sirena, l'ospite Sury che presta la sua delicata ugola per stemperare il senso di angoscia generato da Julian al microfono. Il sound dei nostri mi ricorda quello che amai in un disco quale fu 'For the Loveless Lonely Nights' dei Saturnus, mai fuori dalle righe, mai esageratamente pesante, ma semplicemente un inno al doloroso mondo interiore che molti di noi possiedono. E io che amo immergermi in questo genere di sonorità, non posso che godere nell'ascoltare composizioni come queste che sembrano evocare, anche nelle eleganti note acustiche di "Flowers", un che del mitico esordio 'A Wintersunset​.​.​.' dei teutonici Empyrium ma anche un che degli americani Wyrding. Insomma, mica male per i nostri amici svizzeri. Già detto dell'intermezzo strumentale, con "Saddest Man (Sadness Part 2)" comincia la seconda parte dell'album che sembra acquisire una maggiore robustezza a livello ritmico rispetto alla prima parte, con delle chitarre più violente che si sostituiscono all'arpeggiato che abbiamo ritrovato un po' ovunque nella prima parte. Anche la voce si rivela qui decisamente più aspra. La linea melodica rimane intanto forte e convincente, però il pezzo mi dà modo di assaporare una versione più aggressiva degli Shrines of Dying Light e non posso che esserne felice. E questa linea cosi oscura, un che di gothic e dark metal che si fondono insieme, si conferma anche nella successiva "Void", il pezzo forse più crudo e irruento di 'Sadness'. Con "Farblos"sprofondiamo infine in un death doom nero come la pece, coadiuvato da una ritmica più pesante e profonda, il tutto peraltro cantato in tedesco (farblos significa senza colore), con il vocione di Julian qui ancora più vicino a Peter Steel per quel che concerne la performance vocale. Il brano si assesta sui nove minuti che forse si rivelano un po' eccessivi per questa proposta musicale. Alla fine 'Sadness' è un disco intrigante, alquanto originale, collocandosi a cavallo tra più generi, death, doom, gothic, dark e funeral, il tutto letto peraltro assai spesso in chiave acustica. Sia chiaro, non si tratta di un album di facile ascolto, però sicuramente merita un'occasione. (Francesco Scarci)

sabato 16 gennaio 2021

Die Entweihung - Kings & Pawns

#PER CHI AMA: Black/Death
Chi pensava che la band di oggi fosse tedesca alzi la mano. Siate onesti. I Die Entweihung sono la creatura di tal Herr Entweiherr (all'anagrafe Denis Tereschenk), musicista bielorusso trasferitosi a vivere in Israele. 'Kings & Pawn' è il decimo album per l'artista di quest'oggi, dieci dal 2007 ad oggi ed io, è la prima volta che li sento nominare. Da un punto di vista musicale, il polistrumentista originario di Vitebsk ci propone un black metal melodico che si apre sulle note strumentali di "Away into the Night" che lascia ben presto posto al suono scarno (colpa di una registrazione scadente) di "The Moustached God" un brano che, se potessi fare qualche paragone, vedrei come una versione black dei primi Amorphis. Si avete letto bene, in quanto le melodie folkloriche mi sembrano quelle che apprezzai ai tempi di 'Tales From the Thousand Lakes', dove la band finlandese mostrò al mondo le proprie qualità fuori dal comune. In questo caso non siamo a quei livelli stratosferici, ma più di una similitudine l'ho trovata con i colleghi finlandesi, sebbene questo sia invece il decimo album per Mr. Tereschenk che con la sua chitarra solista, guida un pezzo che mi piacerebbe sentire con ben altra produzione (più bombastica) e una ritmica più gonfia e potente. Questo per dire che le potenzialità ci sono tutte eccome, confermate peraltro da altri pezzi piuttosto brillanti come "As the Hangover Starts", la traccia più lunga dell'album, con i suoi otto minuti e mezzo di cupe melodie, intermezzi acustici ed eterei passaggi atmosferici, per non parlare poi di una entusiasmante sezione solistica. E ancora, interessanti sono i tecnicismi della strumentale "Confrontation", i solismi della title track (solo quelli, in quanto la traccia non mi ha fatto per nulla impazzire sebbene alla voce ci sia Alexander Ivanov dei Jinx) o la presenza al microfono di Alena Dark Zero dei Nocturnal Pestilence in "The Nonsense Games", in una sorta di emulazione della nostra Cadaveria. Due cover poi: "Working Class Hero" di John Lennon con la cantante ceca ancora alla voce e un altro ospite, Anton Shirl (Tales of Darknord) al basso per una scelta quanto mai azzardata, che fino ad un certo sembra ricalcare fedelmente l'originale, prima di prendere derive black. La seconda è "Sons of Moon and Fire" dei blacksters Der Gerwelt, di cui potevamo francamente fare a meno. Quello che mi perplime semmai e su cui lavorerei con maggiore alacrità, è la performance a livello vocale di Denis con quel suo screaming alquanto imbarazzante che mal si adatta ad un sound a tratti davvero raffinato. Insomma buona prova per i Die Entweihung, che se affinate un po' di più le armi, hanno tutte le doti per fare il salto di qualità. (Francesco Scarci)

(Wings of Destruction - 2021)
Voto: 69

https://wingsofdestruction.bandcamp.com/album/kings-pawns

Cyanide Grenade - Kind of Virus

#PER CHI AMA: Thrash Old School, Venom, Destruction
La scena thrash metal russa sembra essere improvvisamente in grande fermento, merito dell'etichetta Wings of Destruction che abbiamo avuto modo di apprezzare con innumerevoli uscite nell'ultimo periodo. La band di quest'oggi arriva da Yekaterinburg, si chiamano Cyanide Grenade e il qui presente 'Kind of Virus' rappresenta il secondo lavoro del terzetto dall'anno della loro fondazione, nel 2013. Dieci pezzi, inclusa una intro che ci accompagna a "Death in Anabiosis" la quale ci permette di far conoscenza della proposta musicale dei nostri, il cui sound ci permette un salto indietro nel tempo di oltre tre decadi. Si perchè il sound tipicamente old school della band chiama in causa vecchi classici che andavano di moda negli anni '80 quando il thrash si diffondenva a macchia d'olio a livello globale. Si partiva dagli States e da quella Bay Area in cui hanno visto svilupparsi band del calibro di Metallica, Exodus o Megadeth, o in contemporanea dalle parti di New York Anthrax e Over Kill sbocciavano con il loro sound. Per non dimenticare poi che nella piccola Newcastle upon Tyne in Inghilterra si formavano i Venom. Perchè tutti questi nomi? Semplice, sono solo alcune delle band a cui, in un modo o nell'altro, i Cyanide Grenade hanno pagato dazio nella stesura di questo disco. L'album irrompe infatti con quel sound thrash/punk che evoca gli esordi di James Hetfield e compagnia ma anche di Scott Ian e soci, senza dimenticare quell'aura maligna del duo Cronos/Mantas che avvolge l'intera release. Nella seconda "Birth of Hell" non nascondo ci abbia sentito un che dei primi Death nelle note corrosive della linea ritmica, qui un filo più articolata, complice un death mid-tempo. In chiusura poi quell'assolo allucinato ammetto mi abbia ricordato Bobby Gustafson, ascia impazzita dei primi Over Kill. Insomma, questo per dire che gli amanti di sonorità di questo tipo potrebbero anche versare una lacrima di nostalgia ascoltando 'Kind of Virus', visto che la super retrò "Salvation Denied", nel suo riffing lineare potrebbe evocare anche 'Killing is My Business...', con la più classica delle cavalcate dove le chitarre si muovono a cavallo tra thrash e speed metal, suoni che hanno cambiato la mia vita in quegli anni. E poi via giù di assoli super tirati che ci fanno ululare come matti. "Judgment Day" ha echi dei primi Testament, con la voce un po' disgraziata del frontman russo che potrebbe richiamare quella del buon vecchio Chuck Billy. Francamente, non mi vorrei dilungare oltre per dirvi che quello che ho fra le mani è un compendio del thrash metal anni '80, che ha ancora modo di citare il sound teutonico del trittico delle meraviglie formato da Kreator, Destruction e Sodom. Vi serve sapere altro? Non direi, se siete fan di tutte queste band, in 'Kind of Virus' troverete pane per i vostri denti necessari a organizzarvi la gita fuori porta che vi riporterà agli albori della storia. Ah, ovviamente il tutto senza un briciolo di originalità, ma questo era quanto meno scontato. (Francesco Scarci)

(Wings of Destruction/Global Thrash Attack - 2020)
Voto: 65

https://wingsofdestruction.bandcamp.com/album/kind-of-virus-2