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lunedì 22 marzo 2021

Squeamish Factory - Plastic Shadow Glory

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Stoner/Grunge
Riff grintosi e melodie accattivanti. Evidenti richiami a mostri sacri del rock pesante conditi con sperimentazioni sonore e spunti personali. Il secondo album degli Squeamish Factory è un interessante tavolozza di colori diversi, nonché una prova del buon percorso di maturazione della band. Il loro alternative rock, che si mantiene fieramente vicino al grunge degli Alice In Chains e allo stoner dei primi Queens of the Stone Age, ben si presta per una critica sociale come quella presentata in questo 'Plastic Shadow Glory', rilasciato lo scorso novembre per Overdub Recordings. Si parla infatti di alienazione, della doppiezza e dell’ipocrisia che sembrano essere diventate caratteristiche necessarie per avere successo nella vita e che condizionano ogni aspetto della nostra cultura. Su questa base, gli Squeamish Factory confezionano una bella serie di schiaffoni da distribuire a tutti i responsabili di questo degrado morale: pezzi come “Humandrome” e “Burn” sono schiacciasassi che uniscono la potenza dei Kyuss alle sferzate nu-metal dei Deftones, “Mirror Gaze” e “Suspended” esplorano territori più atmosferici giocando su passaggi psichedelici ed eco post-punk, mentre il grunge dei maestri Alice In Chains riceve un doveroso tributo in “Snufftshell”. Al di là delle distorsioni dispensate a piene mani, 'Plastic Shadow Glory' rimane un album ammantato da un sentimento di malinconia, come se alla rabbia provata dal quartetto nell’assistere impotenti al triste spettacolo offerto dalla nostra società, subentrasse la frustrazione: per quanto piene di energia positiva, purtroppo queste nove canzoni non basteranno per invertire questa triste tendenza. (Shadowsofthesun)

sabato 23 gennaio 2021

Pontecorvo - Ruggine

#PER CHI AMA: Stoner/Punk/Noise
Uscito in piena quarantena, questo 'Ruggine', primo long-playing dei Pontecorvo, rappresenta un’ottima medicina per le difficoltà che tutti noi stiamo sperimentando da un annetto a questa parte. Non che il concentrato di stoner, noise e bluesaccio slabbrato del gruppo milanese sia un inno all’ottimismo o evochi paesaggi utopici, ma la grinta e la sfrontatezza sfoderata in queste sette tracce di musica ad alto contenuto di decibel, vi forniranno la spinta necessaria per sopravvivere.

È impossibile non lasciarsi trascinare dal tiro dell’introduttiva “Cade” o dalla sferragliante cavalcata di “Gaviscon Blues” che, a differenza di quanto annunciato nel titolo vira con naturalezza su territori di stampo punk. I Pontecorvo riempiono con grande abilità questi venti minuti scarsi di diverse soluzioni sonore e dinamiche, arrivando a toccare persino lidi sludge nei pachidermici riff di “Freddo” e “Qualche Santo”, al punto che giunti al termine della conclusiva “Prendere Sonno”, coricarsi sarà decisamente l’ultimo dei vostri desideri: il fuoco di queste rabbiose chitarre divamperà dentro di voi e il vostro cuore batterà al ritmo implacabile della batteria.

Registrato, mixato e masterizzato presso quell’istituzione della musica indipendente che è il Trai Studio, 'Ruggine' avrebbe meritato di uscire in un periodo più favorevole. Sicuramente è l’ottimo biglietto da visita di una band che in sede live promette di rendere anche il doppio. (Shadowsofthesun)

sabato 26 dicembre 2020

Collapse Under The Empire - Everything We Will Leave Beyond Us

#PER CHI AMA: Post Rock/Post Metal strumentale
È un viaggio tra gli astri quello che ci regala l’ascolto di 'Everything We Will Leave Beyond Us', l’ottavo lavoro dei tedeschi Collapse Under The Empire. In questi dodici anni di intensa carriera il gruppo composto da Martin Grimm e Chris Burda ha esplorato ogni anfratto di quel post-rock strumentale dalle suggestioni spaziali portato alla ribalta dai più noti God is an Astronaut e 65daysofstatic, pertanto in questo nuovo capitolo possono permettersi di procedere col pilota automatico dipingendo una spensierata tavolozza di emozioni e paesaggi astratti.

Spensierata, ma non per questo banale o raffazzonata: il duo tedesco fa della cura maniacale delle produzioni il proprio marchio di fabbrica e anche stavolta gli otto brani che compongono l’opera brillano per il perfetto incastro tra decisi riff di chitarra, cascate di delay, sintetizzatori avvolgenti e un basso prepotente. Come da predisposizione del genere, il sentimento dominante evocato da pezzi come il singolo “Red Rain”, classico saliscendi atmosferico tra momenti di contemplazione e muri sonori, o la più vivace “Resistance” è la nostalgia, tuttavia non mancano accelerazioni di stampo post-metal quasi a voler sottolineare che è necessaria una buona dose di coraggio per muoversi nel buio dello spazio e raggiungere le esplosioni di colori sparse per il cosmo.

Parlando di coraggio è necessario muovere un appunto: in 'Everything We Will Leave Beyond Us' tutto è cristallino e ben orchestrato, ma nulla si muove al di fuori dei confini di un genere che da ormai troppo tempo si limita ad ammirare la propria immagine riflessa. Per quanto il disco riesca ad ammaliare (e non dubito farà innamorare gli appassionati del genere), terminata la musica e svanita la sua ipnotica magia poco rimane se non un potenziale accompagnamento per opere fantascientifiche e l’eco di una schiera di gruppi pressocché identici. Insomma, un buon compito senza dubbio, ma nulla più. (Shadowsofthesun)


(Finaltune Records/Moment of Collapse - 2020)

domenica 25 ottobre 2020

Watertank - Silent Running

#PER CHI AMA: Stoner/Shoegaze/Grunge, Torche, Quicksand
Se il nome della band a molti dirà poco, l’artwork (una specie di larva lovecraftiana che galleggia in mezzo all’etere) rivela ancora meno del contenuto di questo 'Silent Running'. Mi sembra chiaro che i Watertank da Nantes si trovino maggiormente a proprio agio imbracciando le chitarre e mostrando tutto il loro potenziale dal vivo, piuttosto che nell’attività di promozione. Sì, perché chi avrà il coraggio di andare oltre la copertina poco accattivante e addentrarsi nell’ascolto di questi dieci pezzi tiratissimi si renderà ben presto conto che la proposta di questo gruppo, ennesima freccia scoccata dall’arco dell’etichetta transalpina Atypeek Music, è di assoluto valore.

I primi brani "Envision" e "Suffogaze" ci presentano riffoni pesanti e ritmiche frastagliate, solide fondamenta sulle quali i Watertank costruiscono impalcature sonore fortemente melodiche, nelle quali trovano spazio elementi noise-rock, shoegaze e persino incursioni nel pop più intelligente. In queste trame, dove versi onirici e rilassati si alternano a ritornelli abrasivi, non è difficile cogliere l’influenza - talvolta fin troppo marcata - dei ben più noti Torche, oltre che ad un’infarinatura di Helmet, Quicksand e Foo Fighters. È soprattutto il cantato di Thomas Boutet a fare da collante nelle transizioni tra cavalcate impetuose e momenti più rilassati, la cui convincente interpretazione, mai sopra le righe, ma puntuale nel seguire ogni evoluzione dinamica della componente strumentale, offre all’ascoltatore un punto di riferimento costante.

Le canzoni godono di un approccio estremamente diretto e di una durata contenuta che limita divagazioni superlfue a quello che sembra essere l’obiettivo della band, ossia confezionare un lavoro di facile fruizione e allo stesso tempo mai banale. È quindi difficile non venire contagiati dai rimbalzi ritmici di "Burning World" e dai ritornelli energici della title-track, benché inevitabilmente il disco paghi dazio a livello di personalità. È anche vero che convincere il pubblico ad ascoltare un disco di sano rock underground stia diventando sempre più difficile e, in quest’ottica, la formula dei Watertank potrebbe rivelarsi vincente. (Shadowsofthesun)


domenica 20 settembre 2020

Nornes - Threads

#PER CHI AMA: Death/Doom, Candlemass
I Nornes sono un quartetto proveniente dal nord della Francia che sta muovendo i primi passi nel mondo del doom. Dopo 'Vanity' uscito due anni fa, è il turno del sicuramente più strutturato 'Threads', le cui atmosfere si rivelano decisamente azzeccate in questo confuso periodo di pandemia e isolamento sociale. La prima traccia “Hurt” ci fornisce un quadro piuttosto chiaro delle coordinate della band: la voce angosciosa del cantante, i ritmi lenti e solenni e l’arsenale di riff ombrosi richiamano alla memoria i Candlemass di 'Nightfall', seppur con alcune digressioni più vicine al blackgaze degli ultimi Alcest che affiorano qua e là. "Near Death" spinge sull’acceleratore e osa spingersi su territori più vicini al blackened death\doom dei Dragged Into Sunlight: si parte con un blast-beat per poi sviluppare trame claustrofobiche che si attorcigliano come il filo tessuto dalle Norne da cui il gruppo prende il nome. La title-track esce decisamente dal seminato: si tratta di un brano costruito su una linea melodica di basso che si snoda tra sinistri effetti ambient e l’inquietante parlato in francese di una donna, quasi una colonna sonora per un film noir. Il disco si chiude con la conclusiva "Burning Bridges", brano dall’arrangiamento un po’ confuso che si distingue per toni sempre più cupi e atmosfere goticheggianti. 'Threads' è la prova di un gruppo volenteroso che però deve ancora trovare un’identità ben definita: ci sono buoni spunti che andrebbero coltivati con cura per poter raccoglierne i frutti alla prossima uscita. (Shadowsofthesun)

(Sleeping Church Records - 2020)
Voto: 63

https://sleepingchurchrecords.bandcamp.com/album/threads

mercoledì 22 luglio 2020

Ohhms - Close

#PER CHI AMA: Post Metal/Sludge, Pallbearer, Baroness
Gli inglesi Ohhms con il loro ultimo lavoro 'Close' si propongono come una delle band post-metal più attive e convincenti del Regno Unito, paese in cui il movimento sembra aver faticato più che altrove ad affermarsi (si ricordino le esperienze di Fall of Efrafa, Light Bearer, Bossk e Latitudes, questi ultimi gli unici in grado di dare continuità al progetto e ad ottenere una certa visibilità).

La musica del quintetto originario della contea del Kent, giunto alla quarta release ufficiale, risulta tuttavia più trasversale, fondendo influenze della tradizione sludge\doom britannica con elementi post-rock e progressive rock, dando vita ad una creatura ibrida che negli ultimi sei anni è andata in cerca della propria identità. Con 'Close' gli Ohhms giungono alla fase della maturità artistica, confezionando un lavoro lontano dagli stereotipi e al tempo stesso piuttosto accessibile.

L’opening “Alive!” parte in sordina, immergendoci nelle atmosfere sognanti dipinte dalle chitarre arpeggiate, prima di adombrarsi e crescere di intensità come un temporale estivo, tra grandinate di percussioni, basse frequenze a pioggia e l’energia sprigionata dal cantante Paul Waller. Alle sfuriate sludge\doom di “Alive!” e “Revenge” fanno da contraltare le più elaborate progressioni di “Destroyer” e “Unplugged”, brani in cui la furia strumentale si sposa con una pronunciata vena melodica, richiamando alla memoria alcune composizioni degli ultimi The Ocean. Le atmosfere crepuscolari e quasi shoegaze di “((Flaming Youth))” e “((Strange Ways))”, intermezzi ben inseriti nel contesto dell’album, sembrano ben più che semplici cerniere tra un pezzo e l’altro, offrendo all’ascoltatore momenti di raccoglimento e riflessione.

Complice l’apprezzabile scelta di un minutaggio contenuto, gli Ohhms riescono ad amalgamare stili e spunti differenti in modo naturale ed efficace, rendendo 'Close' sufficientemente variegato da risaltare in mezzo ad una scena ormai molto affollata, mantenendo però una struttura coesa e priva di passaggi forzati. Forse non tutte le idee proposte vengono valorizzate a dovere, ma si tratta sicuramente di un deciso passo verso future uscite forse più ambiziose. (Shadowsofthesun)

(Holy Roar Records - 2020)
Voto: 75

https://ohhms.bandcamp.com/album/close

sabato 30 maggio 2020

Quietus - Chaos is Order Yet Undeciphered

#PER CHI AMA: Post-hardcore/Math-rock/Screamo
La Francia è ormai la vera fucina della musica estrema europea, con buona pace degli antichi pregiudizi: oltre alle certezze rappresentate da Blut Aus Nord, Celeste, Gojira, Deathspell Omega e Alcest, la scena d’Oltralpe continua ad offrire al pubblico novità interessanti come le stravaganze sonore di Ni e Igorrr. Anche il comparto hardcore transalpino non manca mai di confermare la sua vitalità, ed è proprio in questo filone che dal 2017 sguazzano i Quietus, gruppo in realtà molto attento a non fornire punti di riferimento ben precisi e votato alla contaminazione di stili. In 'Chaos is Order Yet Undeciphered' possiamo apprezzare il concentrato di screamo, mathcore e sonorità post-un po’ di tutto di questi quattro ragazzi di Charleville-Mézières, un miscuglio che a parole potrebbe far sorgere qualche perplessità, tuttavia il titolo scelto per l’opera ben rappresenta il suo contenuto. “Modern Rome” ci presenta un tripudio di ritmiche nervose, tempi storti e distorsioni ombrose a cavallo tra i primi Celeste e i Botch, il tutto però ben bilanciato da quegli intermezzi malinconici che è possibile riscontrare in band come i Touché Amoré. Ciò che propongono i Quietus è infatti un caos organizzato, dove ogni destrutturazione e ogni brusco cambio di tempo o dinamica contribuisce a dipingere un quadro dalle tinte estremamente fosche che fa da sfondo ai testi incentrati sulla critica dei costumi moderni e la decadenza morale. Le trame convulse di pezzi come “Jonny Crevé” e “Intrication Quantique” non a caso evocano immagini di claustrofobici paesaggi urbani e un senso di alienazione, con le sezioni più melodiche ed introspettive strategicamente posizionate in modo da offrire una via di fuga dall’incubo e spunti di riflessione sui nostri stili di vita asfissianti. 'Chaos is Order Yet Undeciphered' risulta tagliente e diretto come solo un album screamo può esserlo, e, malgrado si avverta una certa ripetitività di soluzioni, scorre fluido dall’inizio alla fine coinvolgendo l’ascoltatore nei suoi labirinti sonori. Stiamo parlando di un disco di esordio e le potenzialità per emergere in patria e all’estero ci sono tutte. Quietus, avanti così. (Shadowsofthesun)

(Urgence Disk/Wrong Hole Records/La Plaque Tournante/Itawak/I Dischi Del Minollo/Sleepy Dog Records - 2020)
Voto: 72

https://quietus.bandcamp.com/

domenica 24 maggio 2020

Smokemaster - S/t

#PER CHI AMA: Psych Rock
Gli Smokemaster arrivano dalla Germania, più precisamente da Colonia, con l’evidente missione di rendere felici tutti gli amanti del rock psichedelico e delle sonorità valvolari. Diciamolo subito: la passione per questo genere sembra davvero intramontabile, malgrado sia impossibile negare che il filone, sfruttato da un’infinità di formazioni provenienti da ogni parte del globo, abbia ormai esaurito la sua capacità di offrire materiale innovativo o, quantomeno, che non guardi costantemente al passato. Questi cinque ragazzi teutonici ne sono evidentemente coscienti e hanno costruito ciò che si rivela senza mezze misure un disco per nostalgici: si passa dal pezzo strumentale in stile My Sleeping Karma (per altro connazionali) “Solar Flares”, che ci stuzzica con le sue suggestioni kraut-rock, allo stoner-blues scuola Orange Goblin di “Trippin’ Blues”, mentre la lunga “Ear of the Universe” pesca a piene mani dall’hard-rock anni settanta, con tanto di organo hammond d’ordinanza e persino un’armonica ad enfatizzare il gusto retrò. Il lato B dell’album ripercorre grosso modo l’andazzo del precedente con l’aggiunta dell’escursione country di “Sunrise in the Canyon”; a spiccare sono però “Astronaut of Love”, brano mosso dal pulsante giro di basso e genuinamente stoner-rock, e “Astral Traveller”, divertente cavalcata psichedelica dalle intriganti ritmiche di batteria, infiniti solo di chitarra e liquidi effetti elettronici che si disperdono nell’etere. 'Smokemaster' è un ascolto piacevole e un ottimo compagno tanto per eventuali trip verso l’ignoto quanto per le lunghe e non sempre facili giornate che stanno caratterizzando il periodo del suo rilascio. È però un disco che si mantiene ostinatamente nella sicura ombra di opere del passato e rivolto ad una platea ben precisa, mentre per lasciare il segno occorrerebbe qualcosa di più. (Shadowsofthesun)

(Tonzonen Records - 2020)
Voto: 61

https://smokemaster.bandcamp.com/

lunedì 24 febbraio 2020

The Glad Husbands - Safe Places

#PER CHI AMA: Math/Post Hardcore, Botch
Se l’abito non fa il monaco, il nome di un gruppo può trarre in inganno. Potevano essere i cugini italiani di qualche gruppo indie-folk del Midwest americano, invece i The Glad Husbands si rivelano l’ennesimo prodotto della rumorosissima fucina cuneense, già culla di tanti nomi importanti che imperversano nella scena noise, stoner e hardcore nostrana.

Il loro ultimo disco, 'Safe Places', non si discosta molto dalla proposta dei loro “vicini di casa” Cani Sciorri, Treehorn e Ruggine (tanto per citarne alcuni), se non per una maggior vocazione nel mischiare punk e math-rock a scapito della produzione in massa di riff pachidermici, come testimonia il sound meno ingolfato di basse frequenze, il risalto dato al cantato urlato di Alberto Cornero e le strutture complesse di questi nove tiratissimi pezzi.

“Out of the Storm” traccia subito la rotta: intrecci turbinosi di basso e chitarra si susseguono aggrappandosi al tempo imposto dalla batteria, andando a comporre una sorta di marcia per plotoni di soldati in preda ad un attacco isterico. Isterico come gli sviluppi di “Where Do Flies Go When They Die?” e “Spare Parts”, brani in chiave mathcore che potrebbero essere stati partoriti con l’intercessione spirituale dei Botch, e dove, pressati dai riff convulsi e le ritmiche serratissime, iniziamo a chiederci quali possano essere i “posti sicuri” citati nel titolo dell’album. Forse in “Things That Made Sense” e “The Jar”, pezzi la cui struttura più varia ci concede qualche attimo di decompressione prima di rituffarci nei vortici sonori.

Finita qui? Macché: “Midas” scompagina tutto con la sua anima agrodolce, fatta di strofe nervose in procinto di esplodere, ma l’irruenza di “Cowards in a Row” e la travolgente “Meant to Prevail”, dove si possono cogliere riferimenti ai primi Mastodon, ci riportano nell’occhio del ciclone. La nostra corsa forsennata si conclude con “Like Animals”, dopo circa quaranta minuti di sconvolgimenti strumentali, ritmici ed emotivi.

I The Glad Husbands ci regalano una prova decisamente convincente e di personalità, riuscendo a risaltare in un mercato già bombardato di proposte e a farmi sperare di vederli al più presto trasmettere in sede live la carica mostrata su disco. Non male per il presunto gruppetto indie-folk del Midwest. (Shadowsofthesun)


(Antena Krzyku/Entes Anomicos/Longrail Records/Vollmer Industries/Atypeek Music/Tadca Records/Whosbrain Records/Scatti Vorticosi Records - 2019)
Voto: 75

https://the-glad-husbands.bandcamp.com/album/safe-places