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lunedì 16 luglio 2018

Ulver - The Assassination of Julius Caesar

#PER CHI AMA: Electro/Experimental
Il concept prende lentamente la forma di un inno alla decadenza ("Southern Gothic", "So Falls the World"): una generica riflessione sulla necessità umana di superominismo ("Rolling Stone") e trascendenza ("1969"). Vivere immersi in una storia circolare, acronica e spietata: un universo dove la morte di Lady Diana e il rogo di Roma ad opera di Nerone ("Nemoralia") confluiscono in un'unica locuzione temporale, il 18 di luglio, o giù di lì. Dove l'attentato a Giovanni Paolo II non è altro che una transverberazione perpetrata dall'onnipotente medesimo ("Transverberation", appunto). L'ultimo, colloidale album degli Alphaville di Oslo suggerisce tinteggi episodicamente iconoclastici rispetto alla fluortodossia synthpop dei bei tempi. Per esempio nelle declinazioni slow-dance-fico-funk di "Rolling Stone", collocabile tra i Daft Punk che ritirano il Grammy e i Depeche Mode inizio-millennio-III che mangiano la pastasciutta, con una progressione finale che potrebbe riportarvi alla mente "On the Run", sì, quella dei Pink Floyd. O nell'oscurità renderizzata della conclusiva "Coming Home", una specie di "Pimpf" eseguita dai Nine Inch Nails nella formazione di "Downward Spiral". O infine nelle tinte atmos/kraut di "So Falls the World", o magari nel Belouis Some ginecomastico di "Transverberation". Una ricontestualzizazione del suono, pensateci, quasi dadaista, tipo fontana di Duchamp. Un dadismo rivolto al passato. Un dadaismo vintage. Uh, niente a che vedere con Duchamp, quindi. (Alberto Calorosi)

venerdì 13 luglio 2018

Closet Disco Queen - Sexy Audio Deviance For Punk Bums

 #PER CHI AMA: Noise/Stoner
Un'introduzione intuitivamente sospesa tra il post-rock flirtante con certi rigori math e i King Crimson più aleatoriamente psych, dopodiché il suono erompe fluido eppur magmatico in un modo che ricorda gli Stone Roses fluviali di "Breaking Into Heaven", poi il suono diventa più etereo e al contempo più materico in un modo che potrebbe ricordare certe cose del terzo album dei Landskapp (nell'opener "Ninjaune"). Le tentazioni stoner/metal diventano crescentemente irresistibili e rendono il chitarrismo epiteliale e poi esofitico nella successiva "El Moustachito". Difficile infine non individuare una devozione nervosamente zeppeliniana nella conclusiva "Délicieux". Nonostante la (straordinaria ma) fuorviante copertina, in queste (sole) tre sensuali audio-perversioni per chiappe punkettare, il duo svizzero chitarra/batteria composto da due ex spaccametalloni, individua una traiettoria visibile a occhio nudo eppure vividamente conturbante. Vedremo. (Alberto Calorosi)

Unreqvited - Stars Wept to the Sea

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
Unreqvited is a Canadian solo project formed back in 2016. The debut album entitled 'Disquiet' gained some recognition among the blackgaze, post rock and atmospheric black metal fans. It was indeed a quite interesting debut, which mixed those styles, always putting a great effort on creating an intense atmosphere with undoubtedly beautiful melodies. That album had quite long instrumental sections and extensive ambient and quiet parts that, though being nice, had a negative effect after some listens. The album sounded at times a little bit unfocused. In my opinion, the debut lacked more metal infused sections which could have helped to achieve a stronger final result.

Now, only two years after their debut, Unreqvited makes a comeback with a sophomore album entitled 'Stars Wept to the Sea'. The question for me was, will the new album have exactly the same sound, including the strengths and weaknesses? Well, after some listens, the answer could be yes. The overall sound and style remains the same. Unreqvited plays a blend of atmospheric post-rock/metal with a strong blackgaze and ambient influence. It’s pretty clear that Unreqvited has a masterful talent to create delicate and beautiful melodies with a hypnotic atmosphere, as it is clearly the heart in the long opening track “Sora”. But the band sounds even better when it mixes its softer side and beauty with some black metal, like it happens with the second song, “Anhedonia”. When both worlds are fused, the band achieves its greatest level, and the music itself becomes more interesting. The problem, at least for me, is that the rest of the album has a little portion of metal and very few vocals; I personally miss his shrieks which give a special and intense boost to the album. Songs like “Kurai”, “Empirean” or “White Lotus”, have little or no metal and an almost inexistent intensity. Yes, they contain some beautiful melodies, but the album can be considered neither a metal album nor an ambient work which, in this case, can be confusing. I personally love both styles and prior to this album, I have enjoyed albums which combine both worlds. But with Unreqvited, I have the feeling that I am missing something, the quality and beauty are there, but I honestly think that it should have contained more tracks like the aforementioned “Anhedonia” or the excellent closer, “Soulscape”. This is probably the best track of 'Stars Wept to the Sea', not only because it has some metal or at least a blackgaze touch, but because it has some tweaks and variety, which make the already mentioned excellent taste for the melodies bright more than ever.

In conclusion, with this sophomore album, Unreqvited follows the same path of the debut, repeating the good and bad aspects of that work. I personally think that this band could be greater if the tracks would include much more black metal, and obviously more vocals. Merging both worlds with a more balanced mix, could make the band´s music more focused. This also would help to create more enriching compositions with more tweaks and surprises. (Alain González Artola)

giovedì 12 luglio 2018

Engulf - Gold and Rust

#PER CHI AMA: Brutal Techno Death, Suffocation
La Everlasting Spew Records torna con un nuovo EP della one-man-band americana degli Engulf. Hal Microutsicos, il polistrumentista che si cela dietro a tale moniker, rilascia 'Gold and Rust', secondo lavoro per la band del New Jersey, offrendo altri 11 minuti abbondanti di suoni schizoidi che hanno in Gorguts e Morbid Angel, i principali punti di riferimento del mastermind statunitense. Tre pezzi che si aprono con la frastagliatissima e dinamitarda "Maul", il cui attacco frontale richiama inequivocabilmente gli "Angeli Morbosi" (e anche i Suffocation), ma che per un'andatura un po' obliqua e dissonante, scomoda qualche paragone con la techno band canadese. Il risultato è una song dai ritmi serratissimi che accende la miccia nel generare una forte ansia interiore durante il suo ascolto. La veemenza del musicista americano (rafforzata da un growling cavernoso) prosegue anche nei tre minuti di "Misshapen Abomination", in cui il riffing subisce rallentamenti vertiginosi, prima di ripartire più incazzato che mai. Siamo già al terzo brano, e l'urticante "Sovereign to the Seven Underworlds" ha l'ingrato compito di chiudere un cd che vuole essere l'antipasto (il secondo a dire il vero) per un album di durata più appetitosa. In attesa del full length, lasciatevi investire dalla brutalità degli Engulf, capaci di portarvi sull'orlo del dirupo e spingervi con delicatezza verso il vuoto. (Francesco Scarci)

(Everlasting Spew Records - 2018)
Voto: 65

https://everlastingspewrecords.bandcamp.com/album/gold-and-rust

Hyrgal - Serpentine

#PER CHI AMA: Post Black, Gorgoroth, Windir
Ci hanno impiegato ben dieci anni gli Hyrgal a partorire il loro debut album. Formatisi nel 2007 per mano dell'ex Svart Crown, Clement Flandrois, il terzetto originario della Provenza arriva solo nel 2017 all'agognatissimo esordio sulla lunga distanza con questo 'Serpentine' (nel 2008 era infatti uscito uno split con i Kairn). Dapprima autoprodotti, poi supportati efficacemente dalla Les Acteurs de l'Ombre Productions, da sempre in prima linea per dare man forte alle band del proprio paese. La proposta del trio transalpino è suggestiva sin dai primi suoni di "I - L'Appel", un'intro bucolica affidata ad un trio d'archi che introduce a " II - Mouroir", dove un'epica chitarra di scuola Windir, guida una ritmica cascadiana in un incedere tanto coinvolgente quanto crescente in intensità ed emotività, almeno fino ad uno stop ambientale che a due terzi di brano, ne interrompe bruscamente le intemperanze ritmiche. A questo punto è solo quiete, di colui che si gode un magnifico panorama nel silenzio assoluto. Una brezza gli accarezza il viso prima di essere colpito da una tempesta di suoni da brividi, in un finale che sembra però improvvisamente troncato. "III - Till" è il terzo passaggio del cd, un'arrembante traccia post black, in cui la vetriolica voce del frontman, viene contrastata da un black mid-tempo che diventerà fluida melodia nella seconda metà del brano. Più brutale, almeno in apertura, "IV - Représailles", è un saliscendi emozionale enfatizzato dal tremolo picking della chitarra, da una voce qui decisamente più intellegibile e da un chorus quanto mai epico, che rendono la traccia un succoso concentrato di violenza e occulta devozione all'oscurità. Straordinaria song, anche se il meglio probabilmente deve ancora venire. Mancano infatti ancora a rapporto "V - Aux Diktats de l'Instinct", ove un'altra svalangata di riff taglienti ma melodici (i Gorgoroth hanno fatto scuola) ci investe con tutta la loro veemenza, e la conclusiva "VII - Etrusca Disciplina", anticipata da un breve interludio sciamanico. L'ultima traccia, che affronta il tema dell'arte divinatoria degli etruschi, suggella con la sua mistura di post metal, doom e post black, la prestazione davvero notevole di questi Hyrgal. Il dado è ormai tratto, mi aspetto solo che ora non dovremo aspettare altri dieci anni per sentir una nuova perla targata Hyrgal. (Francesco Scarci)

(LADLO Prod - 2018)
Voto: 80

https://ladlo.bandcamp.com/album/serpentine

martedì 10 luglio 2018

Hallig - A Distant Reflection of the Void

#PER CHI AMA: Epic Black
Dal bacino della Ruhr, ecco tornare sulle scene gli Hallig, dopo un'attesa durata ben sei anni dal precedente debut album '13 Keys to Lunacy'. In mezzo, solo un promo cd nel 2016, con due pezzi ("To Walk with Giants" e la debordante "Im Aufwärtsfall") peraltro inclusi in questo nuovo 'A Distant Reflection of the Void'. La proposta del sestetto teutonico è avvincente sin dall'opener "A Dawn beneath Titanium Clouds", grazie ad un black metal epico e moderno che affascina per una componente vocale abile a districarsi tra un acido screaming e un più suggestivo cantato pulito, mentre le ritmiche convulse imperversano serrate. C'è anche modo di godere di suoni più compassati nel corso dell'ascolto, con la sei corde che accenna addirittura ad un assolo verso metà brano, mentre la traccia continua poi a muoversi su svariati cambi di tempo, che avvicinano la proposta degli Hallig al black progressive degli Enslaved. "Neues Land" conferma la proposta dei ragazzi teutonici con oltre quattro minuti di sonorità estreme, pur mantenendo una forte linea melodica. Le atmosfere sono gelide, lo si evince con "Trümmer" ed un comparto chitarristico che chiama in causa lo Swedish black degli Unanimated; interessante qui l'utilizzo del basso in sottofondo a guidare la ritmica devastante del combo germanico. Con "Straight to the Ninth" la durata dei brani si fa più importante, andando qui a sfiorare i dieci minuti, fatti di suoni atmosferici (una tempesta sorretta da una chitarra in tremolo picking aprono infatti il pezzo), ritmiche mid-tempo, growling, screaming e cleaning ad intrecciarsi tutti su scorribande musicali che sembrano arrivare direttamente dalla musica classica. Una sensazione che viene piacevolmente confermata anche dalla furia sonora di "To Walk with Giants". Un intermezzo acustico assai melodico, "Into Infinity" e arriviamo al trittico di song finali che, dalla coinvolgente "From Ashes All Blooms" giunge, passando dalla nervosa "The Starless Dark", alla conclusiva title track che per dieci minuti ha modo di riempire le nostre orecchie con l'ottimo black metal di una band che merita tutta l'attenzione dei fan. Se ben supportati infatti, gli Hallig avranno modo di ergersi a portabandiera di un filone black tutto da esplorare. (Francesco Scarci)

lunedì 9 luglio 2018

Thørn - S/t

#PER CHI AMA: Crust Black, The Secret
If I Die Today, Calvario, La Fin e Lamantide hanno pensato bene di unire le proprie forze in un nuovo progetto black crust, i Thørn, da non confondere con gli omonimi colleghi norvegesi che peraltro avevano anche una "s" come ultima lettera del loro moniker. Fatta questa dovuta precisazione, lanciamoci all'ascolto dell'EP omonimo della band milanese, che consta di cinque brevi tracce per un'apnea sonora che dura circa 13 minuti. Un'intro rumoristica/parlata apre la tape che esploderà da li a poco nella morsa black punk hardcore di "Your God is Dead": poco più di tre minuti di sonorità nere come la pece, in cui la forte vena punk emerge grossomodo a metà brano con una ritmica cadenzata che si miscela con le acide vocals di A. Mossudu. "Nahua" parte più lentamente, quasi immobilizzata da delle sabbie mobili invisibili che, dopo 50 secondi, trovano modo di scrollarsi di dosso quel mood sludge e lanciarsi verso una nuova cavalcata punk che non disdegna vaghe reminiscenze grind, le stesse che riassaporeremo nei 40 secondi della tempesta sonica di "Sun Will Never Rise". Un bel thrashcore com'era tempo che non ne sentivo, s'impossessa della scena nel pezzo più lungo del lavoro, i quasi quattro minuti di "Burn the Throne", l'ultima annichilente tappa di questo EP di debutto a firma Thørn, mi raccomando, non quelli norvegesi, ma l'ennesima ottima band proveniente dal nostro tanto bistrattato paese. (Francesco Scarci)

(Indelirium Records - 2018)
Voto: 70

https://thorncrust.bandcamp.com/releases

Coexistence - Contact with the Entity

#PER CHI AMA: Techno Death, Death, Cynic, Obscura
In periodo di Palio di Siena, ecco arrivare proprio dal famoso capoluogo toscano i Coexistence, un quartetto di musicisti che conta tra le proprie fila tra gli altri, membri di Coram Lethe e Vexovoid. Quest'EP di debutto, intitolato 'Contact with the Entity' è una gran bella sorpresa per tutti gli amanti di sonorità estreme influenzate da una forta vena tecno-progressiva. Lo dimostra la splendida apertura di "Origin" e dei suo giochi di chitarra che si sprigionano nei primi due minuti e mezzo di un brano che evolverà successivamente in un sound corrosivo ma atmosferico quanto basta per scomodare non proprio facili paragoni con 'Individual Thought Patterns' dei Death, soprattutto per ciò che concerne la serrata sezione ritmica (col fretless basso in testa ad emulare le gesta del bravo Steve di Giorgio). Il quadro musicale dei nostri si completa poi con un growling che richiama lo stridore vocale di Chuck Schuldiner, mentre le chitarre s'intrecciano come spade brandite in cielo. Nonostante le molte affinità musicali con la band dell'indimenticato Chuck, non voglio affibbiare l'appellativo di band clone ai bravi Coexistence: in "Ultimatum" ad esempio, le atmosfere si fanno più cupe, con le bordate ipnotiche di basso (assoluto protagonista del disco) e batteria che provano a contrapporsi ai brevi fraseggi di chitarra creati dal duo di asce formato da Mirko Battaglia Pitinello e Leonardo Bellavista, che con i loro chiaroscuri ritmici, chiamano in causa un altro masterpiece, 'Focus' dei Cynic. È fuor di dubbio che per proporre simili sonorità, la band debba vantare poi un'indiscutibile preparazione tecnica e questo lo si percepisce lungo tutti e 23 i minuti di questo EP. La terza traccia è un intermezzo di carattere sci-fi, che prepara all'ascolto della conclusiva "Contact with the Entity II", una song ultra tecnica che vede nuovamente le pulsioni al basso di Christian Luconi dettar legge e duettare con il drumming (talvolta troppo triggerato) di Alessandro Formichi. Verso metà brano poi, irrompe uno splendido assolo (il primo di due in questo pezzone) che per un minuto infiamma gli animi dei pochi rimasti ancora scettici di fronte all'ascolto di un simile lavoro che probabilmente risuona ancora un po' troppo derivativo ma che francamente mostra una marcia in più per tutti gli amanti di tali sonorità techno death. Speriamo a questo punto che 'Contact with the Entity' sia solo un gustoso antipasto a quanto i nostri possano riservare in futuro. Io un po' di acquolina in bocca ce l'avrei già... (Francesco Scarci)

(Earthquake Terror Noise Records - 2018)
Voto: 75

https://coexistence.bandcamp.com/album/contact-with-the-entity