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domenica 31 gennaio 2016

Blot – Ilddyrking

#PER CHI AMA: Viking Pagan Folk Black Metal, 
Sulla pagina facebook di Pagan Storm Webzine, la band norvegese dei Blot era in lista per la corsa alla vittoria tra i migliori album pagan folk black metal del 2015. A ragione e in pieno merito si aggiudicano il nostro plauso per aver dato vita ad un album veramente entusiasmante, dal suono fiero e guerriero, prodotto divinamente e in totale indipendenza. Caricate quindi le vostre armi e spiegate le vele che cavalcheremo i mari a bordo di una qualche nave vichinga alla ricerca di conquista, sorretti da una colonna sonora di tutto rispetto, gelida e tagliente e dotata delle dovute diramazioni acustiche cariche di suggestioni disseminate negli angoli dei nove insidiosi e aggressivi brani ("God of War" è una gemma in tal senso). Tutti i pezzi ivi contenuti sono violenti e velenosi, velocissimi e carichi d'atmosfere bellicose, con lo screaming micidiale, cosi come la batteria e i riff di chitarra. La lunghezza dei brani è moderata e consente un ascolto molto easy dell'intero lavoro, molto impegnato ma piacevole e fluido. Attivi dal 2007 e provenienti da Kristiansand, non dovrete confonderli con l'omonima band di Oslo; i nostri dopo aver fatto uscire un EP nel 2009, si rivolgono ora al grande pubblico con un full length, ricercato e curato nei dettagli, pieno di carattere, e pronti per uscire dai sotterranei dell'immenso oceano del black metal a sfondo epico, pagano e folk alla maniera di Nordheim, Tyr, gli immancabili Bathory, Bifrost e primi Enslaved. L'anima dei Dissection è intrinseca nel DNA di questa band norvegese e la cover di "Where Dead Angels Lie", usata come bonus track in fondo al cd, ne è la dimostrazione e la conferma di quanto il loro suono paghi il tributo alla band svedese, risultando comunque, sempre originali, genuini ed interessanti. I Blot sono alla fine un'ottima band, dalla struttura saldamente legata alle origini di questo genere ma in grado di mostrare un lato più versatile e carismatico, un'alta qualità d'esecuzione e una certa padronanza tecnica, in un lavoro egregio contenente cinquantadue minuti di cristallina e gelida potenza. Immancabile l'ascolto per i guerrieri più puri del pagan metal. (Bob Stoner)

(Self - 2015)
Voto: 80

sabato 30 gennaio 2016

Opera IX - Back to Sepulcro

#PER CHI AMA: Occult Black
Sono passati più di vent'anni da quando vidi per la prima volta gli Opera IX dal vivo, in compagnia degli Evil, in un piccolo paese sperduto nella provincia di Verona. Da allora di cose ne sono cambiate parecchie in seno alla band, con una serie di avvicendamenti, il più clamoroso dei quali è stato quello di Cadaveria, che hanno portato ad avere oggi il solo Ossian come membro fondatore della band, con tutti i nuovi elementi che si sono uniti allo storico frontman nel 2014, tra cui la nuova e convincente vocalist Abigail Dianaria. Questo 'Back to Sepulcro' è una raccolta di vecchi brani ripresi e reinterpretati dalla nuova line-up, più un nuovo pezzo, "Consecration" che vuole dare un assaggio di quello che saranno i nostri nel futuro. Vorrei iniziare col mettere subito in guardia i fan di vecchia data della band che si può vivere tranquillamente anche senza quest'album, che rispolvera vari classici del passato, dotandoli di una nuova veste occulta. Inviterei piuttosto nuovi proseliti ad avvicinarsi agli Opera IX e assaporare la sacralità di "Sepulcro", un pezzo vecchio di 21 anni ('The Call of the Wood'), che mette in luce le eccelse qualità della nuova singer, che quasi quasi apprezzo più di Cadaveria, e di un sound che continuo a percepire anche a distanza di anni, come magico ed esoterico, e di riuscirmi ancora ad emozionare sulle note di quest'infinita traccia, guidata dalle magiloquenti tastiere di Alexandros. Fantastica e ispirata anche la più violenta "The Oak", estrapolata dalla seconda fatica della band piemontese, 'Sacro Culto'. La song mette ancora in evidenza un uso più importante delle keys e più in generale di arrangiamenti che enfatizzano e rendono più ampolloso il sound del quintetto. Con "Act I. The First Seal" ci si muove al terzo lavoro degli Opera IX, quello dell'apertura a un pubblico più vasto, 'The Black Opera': la versione 2.0 dei nostri conferma l'intenzione di Ossian e compagni di avvalersi di orchestrazioni assai bombastiche. "Maleventum", estratta dall'album omonimo, è qui graffiante come l'originale, però la voce di Abigail Dianaria le conferisce un surplus che me la fanno preferire di gran lunga alla song del 2002. Arriviamo alla nuova e etenebrosa "Consacration", che palesa delle orchestrazioni di chiara matrice Dimmu Borgir (ricordate "Progenies of the Great Apocalypse"?) anche se poi le ritmiche sono più essenziali e scarne, ma comunque di grande effetto. In definitiva 'Back to Sepulcro' è un bel biglietto da visita per gli Opera IX per assoldare nuovi adepti nella loro confraternita dedita ad esoterismo e alchimia. (Francesco Scarci)

The Pit Tips - Best of 2015

Emanuele "Norum" Marchesoni

Luca Turilli's Rhapsody - Prometheus
Hollow Haze - Memories of an Ancient Time
Arcturus - Arcturian
Amorphis - Under The Red Cloud
Nightwish - Endless Forms Most Beautiful

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Francesco Scarci

Sunpocrisy - Eyegasm, Hallelujah!
Vola - Inmazes
Thy Catafalque - Sgurr
Enslaved - In Time
So Hideous - Laurestine

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Don Anelli

Marduk - Frontschwein
Omnia Malis Est - Viteliu
Hartlott - Proliferation
Disloyal - Godless
Obscure Infinity - Perpetual Descending into Nothingness

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Mauro Catena

Riley Walker – Primrose Green
Iosonouncane – Die
Algiers – S/t
Giöbia – Magnifier
Oiseaux Tempête - Ütopiya

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Samantha Pigozzo

Lindemann - Skills in Pills
Paradise Lost - The Plague Within
Oomph! - Monster
Eisbrecher - Schock
Queens of the Stone Age - Lullabies to Paralyze

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Roberto Alba

Serpent Noir - Erotomysticism
Mgła - Exercises in Futility
Sulphur Aeon - Gateway to the Antisphere
Tribulation - The Children of the Night
Lychgate - An Antidote for the Glass Pill

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Michele Montanari

Sunpocrisy - Eyegasm, Hallelujah!
Elder - Lore
Torche - Restarter

Acid King - Middle of Nowhere, Center of Everywhere
WOWS - Aion

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Bob Stoner

Arcturus - Arcturian
Yukko Haii/Macchinamorbida - The Universe in Jorge Doon (split)
Monster Magnet - Cobras and Fire - The Mastermind Redux
Paradise Lost - The Within Plague
Temple of Baal - Mysterium


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Alessio Perro

Living as Ghosts With Buildings as Teeth - Rishloo
Building An Empire - Demians
Underworld - Symphony X
Fire make Thunder - OSI
Dodge & Burn - The Dead Weather

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Claudio Catena

Iron Maiden - The Book of Souls
Calibro 35 - Space
Motorhead - Bad Magic
Il Teatro degli Orrori - S/t
Symphony X - Underworld

Voltumna - Disciplina Eterna

#FOR FANS OF: Black/Death Metal, Vorkreist, Behemoth
The second full-length from Italian black/death metallers Voltumna is a rather finely-honed mix of black, death and more modern elements to create a rather intriguing landscape. Full of scorched riffing, tremolo-picked rhythms and a choppy series of drum-blasts, this is firmly-entrenched in the black/death metal mold that serves as the fine basis here for the material at hand as this tends to race between frantic, intense bursts or more charging mid-tempo vibes throughout. As that forms up the majority of the work here, that leaves this one with some rather fun, stylized moments throughout here with this one getting quite enjoyable with that series of riffing featured here, especially once it starts to adopt slightly-stylized chugging riffing found from most Metalcore bands. Though still keeping firmly within the more extreme style of the genre, this sort of riffing gets introduced mainly as a way of integrating a more down-beat tempo throughout here in exchange for the constant blasting and tremolo riff-work found elsewhere here and it doesn’t really come off all that intriguing as there’s not a whole lot of really intriguing work done to mix those into the music proper. It comes off as rather lazy and doesn’t keep the intensity of the rhythms featured elsewhere, coming off as distracting when it’s in the midst of more promising ventures throughout here. Even the symphonics here are much more promising even if they’re in brief spurts that don’t really continue on through the rest of the album at large. The other small issue present is the faint, tiny drum-sound here that’s pretty weak and not all that damaging as it tends to simply go through some rather enjoyable rhythms but is so far down in the mix the true power of the drumming is severely weakened here which holds this back somewhat. Still, the songs here aren’t all that terrible. Intro ‘Roma Delenda Est’ opens with a slow-building riff into a dynamic series of swirling rhythms and dexterous double-bass blasts as the raging tempos fly through intense, frenzied patterns with stylized tremolo riff-work that carries into razor-wire patterns in the solo section on through the finale which makes for a strong opening effort. ‘Prophecy of One Thousand Years’ offers a more melodic tremolo riff with swirling rhythms alongside the gradual influx of grandiose double-bass drumming with a fine mixture of sprawling mid-tempo rhythms and intense blasting that continually forces through the more restrained and melodic rhythms in the final half for a solid enough effort. The title track brings along a tight, lock-step styled rhythm with dexterous drumming that rips into a rather frantic series of swirling tremolo-picked riffs full of dizzying energy that continually rips through the up-tempo sections before settling on a mid-tempo chug for the finale in a rather decent-enough effort. ‘The Alchemist’ blisters through raging drum-work and a furious series of swirling tremolo riffs with the frantic patterns and straightforward pace keeping the charging tempo and dizzying rhythms throughout as the dynamic riffing continues charging through the final half for a strong overall track. Instrumental ‘Bellerofonte’ features ripping razor-wire riffing with plenty of intense rhythms alongside the gradually building drumming as the chug-heavy patterns carrying this one through the grandiose rhythms featured in the symphonic-laden finale that serves as a fine mid-album breather. Blasting back into ‘Bringer of Light’ opens with blistering double-bass drumming and tight, frantic chugging riff-work keeping the dynamic energy throughout here with the slightly more melodic sections balancing out the more furious rhythms with the dexterous patterns keeping the blasting rhythms on track throughout the final half for a grand overall highlight effort here. ‘Tages, Born from the Earth’ slowly fades into an epic series of chants against the droning riff-work and drumming that quickly becomes a solid mid-tempo groove-styled chug with pounding drumming alongside the occasional symphonic washes as the churning mid-tempo energy continues through the solo section into the admittedly-intense finale for an overall expendable track. ‘Carnal Genesis’ features a bouncy up-tempo rhythm with plenty of dirty tremolo-picked rhythms against the frantic drumming while allowing for the frantic energy found throughout the main riffing as the strong charging patterns and stuttering chug riff-work carries along through the final half for a dynamic, enjoyable effort. ‘Measure the Divine’ uses grandiose symphonic washes into a simple chugging rhythm with plenty of mid-tempo riffing and plodding drumming keeping this one moving along at a lifeless pace with the churning riffing getting held back here in place of the symphonic keys and chugging patterns that move through the finale for another disappointing and overall unneeded effort. ‘Teofagia’ goes for a grander symphonic scope as the rumbling guitars and plodding drumming settle into a fine mid-tempo charge with the furious riff-work bringing the first half into a more energetic pace as the pounding drumming coincides with the increased tremolo-riffing patterns whipping through the intense final half for a solid enough effort. Their cover of the Venom classic ‘Black Metal’ features the same kind of whirlwind energy and savage attack featured in the original while the lowered drumming patterns keep this from reaching the same classic status by going through a respectable homage that doesn’t really do anything new that others have done to the track before them. Album closer ‘Tirreno’ features a mid-tempo series of chug riffing with plenty of symphonic works alongside the raging drumming the blasts through the swirling tremolo riffing with rather frequent and charging up-tempo drumming keeping the fine rhythms alongside the disjointed melodic final half gives this a solid if rather disheartening closing shot. Overall this one was a slightly disappointing effort but still comes off rather nicely at times. (Don Anelli)

(Self - 2015)
Score: 75

https://www.facebook.com/voltumna

venerdì 29 gennaio 2016

Nýr Gata – Seraphin

#PER CHI AMA: Black/Death, Dissection, Satyricon, At the Gates
A quanto pare l'album di debutto dei teutonici Nýr Gata è un complicato concept cantato in lingua madre, incentrato sulla figura biblica del Serafino, angelo adoratore di Dio, citato nel libro di Isaia come agente purificatore per espiare i peccati. Il duo tedesco di Nohfelden si è formato nel 2014, e nel nell'agosto del 2015 ha rilasciato questo interessante cd autoprodotto, dividendo i compiti sonori a pari merito tra Nordmann, che ha mixato l'intera opera e Sarghas che si è incaricato anche della ottima presenza vocale. Nei trentotto minuti di esplosiva merce sonica, i due espongono tutto il loro carattere, ossia un nervoso black/death, melodico ma molto radicale, con velocità e radici ben salde nel metal scandinavo dei Dissection. Musica tagliente ma coinvolgente, dotata di velate ossessioni progressive, chitarre dai riff ammalianti e nascosto tra le bordate di una batteria disumana, un basso con una verve pulsante, guida il tutto. Un black metal quello dei Nýr Gata che al primo ascolto può apparire ostico, conservatore e chiuso tra le solite fila dei riferimenti illustri, ma che ad un ascolto più attento, ha il merito di offrire tante sfaccettature e una sua propria originalità, ovvero risultare duri e violenti, pur suonando raffinati e dinamici, garantendo sprazzi d'atmosfera e solidi momenti d'impatto, tutti allo stesso tempo. Ascoltate ad esempio "Hinab Von Lichte" per farvi un'idea, o "Im Reich Der Leere", con il suo finale dolente e orchestrale, e capirete di che pasta è fatto questo duo, due brani splendidi. L'intero album viaggia su standard compositivi ed esecutivi altissimi; con una veste più mainstream, sono certo sarebbero pronti anche a spiccare il volo verso lidi più ambiziosi. Così, con tanto orgoglio, mi voglio gustare 'Seraphin' in questo immaginario plumbeo e underground, ottimo e ricercato materiale per pochi fortunati, visto che il cd è uscito in appena cinquecento copie limitate. Con la forza attrattiva dei Satyricon, il tiro dei Children of Bodom e l'ossessivo malato grido di battaglia inneggiante il culto degli At the Gates, questo lavoro prende tutti i meriti possibili e si candida ad occupare i primi posti nella classifica degli album da ascoltare senza alcuna limitazione. Ottimo debutto! (Bob Stoner)

(Self - 2015)
Voto: 75

giovedì 28 gennaio 2016

Io Apreo - Plateau

#PER CHI AMA: Post Metal, Cult of Luna, Neurosis
Originariamente uscito nel 2013 in autoproduzione, l’etichetta russa Nios ha ristampato l’esordio dei connazionali Io Apreo, combo di Samara con all’attivo anche un paio di split e un EP, con l’aggiunta di una bonus track. 'Plateau' è quello che si può definire, senza mezzi termini, una mazzata tra capo e collo. Una quarantina di minuti di post metal, fortemente virato verso l'HC, violentissimo e feroce, urlato come si conviene, che non lascia scampo e promette di non fare prigionieri. I riferimenti principali possono essere trovati da qualche parte tra i Converge, gli Entombed, i Dillinger Escape Plan e i Neurosis, fino ai Cult of Luna. La traccia di apertura, "Aerpa", è un perfetto biglietto da visita, con i suoi sei minuti fatti di muri chitarristici impervi e vertiginosi, urla gutturali e una batteria che sembra una grandinata in pieno agosto, alternati a momenti piú calmi e riflessivi, senza però che la tensione venga mai meno. Il quartetto russo combina sapientemente la furia post-metal stemperandone i tecnicismi con l’approccio incompromissiorio dell’hardcore e buone dosi di sporcizia death, senza disdegnare di rallentare ogni tanto il ritmo per poi pestare piú forte (come in “Insand” quando ci si avvicina addirittura al doom) o viceversa rarefarsi fino a scomparire (le strumentali “Xenization” e “Zugzwang”). “Fourth” è il brano piú lungo (piú di nove minuti) e articolato, con i suoi saliscendi emotivi in cui emergono tutte le componenti del suono della band, mentre “Nios” e la conclusiva “Hamartia” alzano ancora l’asticella della violenza lasciando l’ascoltatore senza forze, esausto ma soddisfatto. Disco potentissimo, non per tutti i momenti della giornata, ma molto molto interessante. (Mauro Catena)

(Nios - 2015)
Voto: 75

sabato 23 gennaio 2016

Consecration - Grob

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Psichedelia
Ogni volta che esce un lavoro dei serbi Consecration tremo perchè non so mai cosa aspettarmi. Il combo di Belgrado ha infatti esordito con un album che ammiccava agli Opeth, sterzando poi il proprio sound verso Anathema e Porcupine Tree, per poi puntare decisi ad un alternative/post metal con il precedente 'Universum Zna', che citava addirittura Isis e Black Sabbath. E ora 'Grob', un lavoro uscito peraltro solo in vinile e digitale (che scazzo!). 'Grob' include cinque lunghi pezzi che già con "Debeli Leptir" preludono a sonorità che si muovono tra stoner e psichedelia, non disdegnando però lunghe fughe post rock e richiami alla musica balcanica, grazie anche all'utilizzo di sax, tromba, theremin e soprattutto fisarmonica. Me ne sono già innamorato, non fosse altro per la voce di Danilo Nikodinovsk che sembra costantemente sotto l'effetto di acidi nella sua catartica performance. Però se riuscirete anche voi a sorpassare questo scoglio, ma se amate alla follia gli Ufomammut non ci farete neppure caso, perderete la testa anche voi per 'Grob' e le ubriacanti linee di chitarra di "Sheed", che si muove deliziosa tra passaggi lisergici e frangenti blues rock e jazz, avvolti tuttavia da un alone doom. Interessante no la miscela che ne viene fuori? Io confermo e sottoscrivo. Mi rilasso con il lungo intermezzo strumentale di "Sećanje na Ameliju", che potrebbe essere colonna sonora di un qualche film drammatico franco-tedesco e mi rilancio all'ascolto dell'infinita title track (12 minuti) che dopo un preludio ambient, si muove seducente su sonorità morbide e compassate, semiacustiche e dove anche la voce di Danilo assume connotati quasi umani. Magari alle nostre orecchie stonerà il cantato in serbo (o qualche stonata qua e là), ma anche qui basta farci l'abitudine e farsi rapire dal rock mellifluo dei Consecration che peraltro regalano uno splendido lungo assolo di chitarra dal feeling autunnale assai malinconico e a dir spettacolare. Non tradiscono neppure questa volta i ragazzi serbi e con la conclusiva "Ejmi (1983-2011-201?)", i nostri ci deliziano con altri 12 minuti di rock atmosferico, saliscendi emozionali, sprazzi spacerock e un finale a sorpresa che apre a nuovi intriganti sviluppi sonori. Ottimo ritorno ragazzi, però la prossima volta fatemi contento con una uscita anche in cd! (Francesco Scarci)

(Geenger Records - 2015)
Voto: 75

http://consecration.band/album/grob  

Lifestream - Post Ecstatic Experience

#PER CHI AMA: Black Atmosferico, Emperor, Dissection
Ancora Francia, ancora Les Acteurs De l’Ombre Productions, nella sublabel Emanations, ancora black metal di classe, questa volta con i malatissimi Lifestream e un sound oscuro come la pece, che non fa prigionieri. Una tempesta di metallo nero che si abbatte sulle nostre teste attraverso nove pezzi che, pur non inventando nulla, colpiscono per quell'insana melodia che i cinque musicisti di Bordeaux sono riusciti a creare e infondere con questo 'Post Ecstatic Experience'. Dicevo nove pezzi per la versione in cd, nella tape ne troverete invece sette. Il disco apre con la mefitica e breve "Introspective Maze" che prepara a "An Unfathomable Dereliction" che irrompe a gamba tesa con un riffing serrato contrappuntato da ottime melodie che potrebbero evocare i fasti di un passato glorioso dello Swedish black dei Dissection unito all'intransigente sound di Deathspell Omega o le estranianti melodie dei Blut Aus Nord. In Francia il black è di casa e ha ormai soppiantato quelle nazioni nordiche che hanno dato le regali origini al genere. I Lifestream sono l'ennesima band partorita dai cugini transalpini, che propongono una nuova rilettura di una musica che non ne vuol sapere di passar di moda. Non stupitevi quindi delle fosche melodie di "Lifeless Solace" che rievocano gli Emperor nelle loro parti più atmosferiche. I cinque galletti sanno quello che fanno e lo fanno davvero bene, segno che la LADLO Productions ha avuto ancora una volta l'occhio lungo. "Parasite Glory" è un pezzo che unisce saggiamente la violenza del black con alcune partiture heavy, e un vocalist che offre una componente vocale più improntata al growl che allo screaming. Gli spettri del sound scandinavo dei primi Dimmu Borgir, di Samoth e compagni, e tutta la combriccola inclusa nella seconda ondata black di metà anni novanta, rivive in questa traccia, in cui rallentamenti doom e suggestioni horror, la identificano come la mia song preferita del disco, soprattutto considerati i suoi lunghi 10 minuti di durata. Se "Celestial Scourge Subjugation" strizza l'occhiolino ai Ved Buense Ende per le sue disarmoniche chitarre, "Sad Thoughts Overdose" colpisce per il malinconico feeling sprigionato dalle sue ancestrali melodie. Il disco scivola via offrendo una certa fierezza nei suoni, interessanti partiture corali, plumbee parti atmosferiche, ipnotiche ritmiche serrate (nella lunga e tortuosa "Two Faces") e talvolta malinconici riff di chitarra a suggellare un'altra bella uscita discografica da parte dei nostri vicini francesi, intelligenti peraltro nel puntare sempre sulle band di casa propria. Lo capissimo anche noi in Italia, e non vedremo certo le nostre più talentuose band migrare verso le grosse etichette indipendenti. Gran bell'album comunque 'Post Ecstatic Experience', la cui unica pecca potrebbe essere identificata nella sua eccessiva durata che va oltre l'ora di musica. (Francesco Scarci)