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Visualizzazione post con etichetta Geenger Records. Mostra tutti i post
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sabato 1 dicembre 2018

Kevlar Bikini - Rants, Riffage and Rousing Rhythms

#PER CHI AMA: Punk/Hardcore
Era da un po' che non ascoltavo del buon punk/hardcore e devo dire che l'ultima fatica dei croati Kevlar Bikini è arrivata a puntino. Nati come quartetto a Zagabria nel 2010, i Kevlar Bikini hanno prodotto un paio di buoni album e dopo essersi ristretti in un trio, hanno da poco pubblicato 'Rants, Riffage and Rousing Rhythms' grazie al legame con la Geenger Records. Il packaging non smentisce lo stile perpetrato dalla band, un jewel case con una grafica in stile collage che vede un ninja che stende a calci un avversario mentre un occhio gigante fa da sfondo e vigila sul combattimento. Ci troviamo di fronte a dieci brani brevi ed intensi, appunto una raccolta di sproloqui, riff e ritmi trascinanti, dove i primi sono caratterizzati dal cantato forsennato del vocalist che si fa gonfiare le vene del collo fino a farsele esplodere come in "Clerofashionistas". L'intro sommessa ed oscura lascia piano piano il posto al palm muting di chitarra che cresce fino all'esplosione ritmica, con un susseguirsi di riff rabbiosi e corposi che non hanno niente a che fare con lo stile minimalista e scarno di molte band del genere. Un brano che scorre in un attimo e lascia posto a "Nailbiter Blues" che per poche battute ci inganna spacciandosi per un pezzo black metal, ma l'illusione dura poco e si va nella direzione prestabilita, relegando questo omaggio a brevi break disseminati nei quasi quattro minuti di canzone. Lo stile dei Kevlar Bikini convince sempre di più, grazie anche agli arrangiamenti ben fatti e alle influenze noise/metal dei nostri. I pattern furiosi di batteria macinano battute su battute, mentre la timbrica del cantante assomiglia sempre di più a carta vetrata dalla grana grossa e urticante. L'esperienza dei nostri amici croati si fa sentire in ogni passaggio, break e allungo, mescolando sapientemente le loro idee e fregandosene delle influenze che si portano dietro come un cantastorie errante. Il miglior brano è sicuramente "Homo Rattus" che unisce desert/psychedelic/grunge rock in un'atmosfera da film western, dove il sole acceca e la sabbia si infila in ogni orifizio accessibile. La chitarra gioca su una melodia briosa alla maniera di Josh Homme, per poi allungarsi verso power cord onirici, poi il tutto si mescola e si rincorre, dando luogo ad una traccia quasi interamente strumentale lontana dall' hardcore/punk ascoltato fino ad ora. L'entrata del sax però spiazza tutto, esibendosi in un assolo al fulmicotone, semplice ma non toglie che sia un tocco da maestri. Tutto si chiude com'era iniziato, lasciandoci soddisfatti e allo stesso tempo stupiti davanti a cotanta bravura. Non sappiamo se tre è meglio di quattro, ma i Kevlar Bikini sono cresciuti alla grande e sono pronti per far parlare di sè. (Michele Montanari)

(Geenger Records - 2018)
Voto: 80

https://kevlarbikini.bandcamp.com/

mercoledì 9 maggio 2018

Emphasis - Black Mother Earth

#PER CHI AMA: Post Metal/Post Rock
Giusto per confondere, la introduttiva "Muna" erompe con discrezione carsica, successivamente conturbata da un coro femminile ultraterreno, invero collocabile tra goth, doom e il coro delle voci bulgare per come abbiamo imparato a conoscerlo nel pippero. La tavolozza post rock inzaccherata di stilemi mostrata invero con una evidente baldanza, in "Captains of North" rivela invece pregi e difetti di una composizione sì consapevole (le tinte epiche di "The Quiet Roads" sono indiscutibilmente efficaci), senz'altro trascinante (è il caso, ammettiamolo delle progressioni black-imperatoriali di "Black Slit", poi convergenti asintoticamente verso la successiva "Rivers Unders", assieme alla quale compone una sorta di mini-suite) eppure solo saltuariamente originale. Semplicemente disdicevoli le due voci: un growl pre-adolescenziale la prima e una specie di gorilla con una cassaforte sulla pancia (la stessa timbrica del Fantozzi antifrastico che che esclama "Ma com'è umano lei...", se avete modo di ricordarvela), la seconda. L'album, eminentemente strumentale, sarebbe una sorta di messa in scena musicale delle atmosfere dell'omonimo romanzo dello scrittore croato Kristian Novak, conterraneo della band, e sarebbe stato realizzato nientemeno che col contributo del Ministero della Cultura croato. E sti cazzi non lo vogliamo aggiungere? (Alberto Calorosi)

venerdì 22 aprile 2016

E.N.D. - Demonic8

#PER CHI AMA: Thrash Metal, Machine Head, Testament
I croati E.N.D., formatisi nel lontano 1996, ha pensato bene di riesumare, registrando nuovamente, una decina di demo che hanno accompagnato la band nel primo periodo d'attività tra il 1997 e il 2005. La raccolta, uscita per la Geenger Records sul finire del 2015, mostra il trio in ottima forma stilistica, con un'energia micidiale per un'esecuzione da manuale con cui la band intende confermare la propria visione musicale: dieci brani di granitico thrash metal per una quarantina di minuti dedicati alla devastazione totale. Gli ingredienti sono i tipici del genere: aggressività, chitarre ruvide, voce urticante, doppia cassa da delirio, ritmiche serrate e compatte. Ottima la performance in 'Human Aggression' dove il Thrash con la T maiuscola, emerge per eccellenza mentre "In Spite of Emptiness" mostra un suono più complicato e irrequieto, introverso e sperimentale, tanto da richiamare anche solo in parte, il suono dei mitici Meshuggah. In altri brani si sentono le influenze degli anni '90, tra Machine Head, Sepultura e altri grandi che hanno fatto storia come Testament o Carcass , rivisitati però con il suono moderno di band come Misery Index o Lamb of God. A tratti il sound del terzetto di Zadar sfoga la propria ira verso sonorità veramente taglienti, composizioni al vetriolo che si spingono al limite dello sperimentale, sporcate da un istinto industrial, come nella splendida "Raped Souls", violenta, sinistra, robotica e micidiale. Un album questo 'Demonic8', che ci permette di scoprire un'ottima band, che ha sempre creato buona musica tenendo alto il proprio lato più personale e genuino, anche in quei tempi dorati dove suonando Thrash metal, era facile cadere nelle trame del plagio o della band fotocopia. Una carrellata di brani veloci e fruibili, suonati assai bene, con grande energia e sapiente conoscenza del genere, interpretati da veri e propri cultori, nonchè veterani protagonisti della scena Thrash. Per gli amanti di questo filone estremo 'Demonic8' potrebbe rappresentare una retrospettiva davvero appetitosa. Buon appetito dunque e senza fare complimenti, spaccatevi le budella e pure le orecchie! (Bob Stoner)

(Geenger Records - 2015)
Voto: 75

http://endband.net/album/demonic8-2015

martedì 16 febbraio 2016

Ha Det Bra – Societea for Two

#PER CHI AMA: Punk/Noise Rock
La meritoria etichetta croata Geenger Records, attenta nel setacciare la scena rock locale e distillare gemme preziose, propone questo cioccolatino imbevuto di noise che promette di placare la voglia di tutti noi orfani inconsolabili dei Jesus Lizard. Sarebbe tuttavia ingeneroso e ingiusto derubricare gli Ha Det Bra a semplici epigoni dell’indimenticata band di David Yow, in virtú della qualità altissima e della varietà di stili che fanno di questo 'Societea for Two' un esordio col botto. Le quattordici schegge che si susseguono lungo i 44 minuti totali, scorrono a meraviglia evidenziando innumerevoli sfumature e una personalità ben definita, attraverso gorghi noise rock, forti di una sezione ritmica granitica, chitarre affilate e urticanti, voce tormentata e graffiante. A colpire sono la qualità media dei brani e la straordinaria resa sonora, potente e sporca come i dischi Touch and Go degli anni '90, tanto che, tracce come “In Lies” o “Sleeping with the Werewolf” (per citarne due tra le tante), non avrebbero affatto sfigurato se inserite in scaletta nei classici del genere di Jesus Lizard o Unsane. Varietà, si diceva poc’anzi, e allora ecco la splendida “Mustafa the Tyrant” con inedite atmosfere orientaleggianti, o “Lowthing”, piccola parentesi che si distacca dal tono malato del resto del lavoro, per immergersi in atmosfere psych che ricordano addirittura gli Screeming Trees di mezzo. Altrove, ("Under the Mould" o "Michael’s Nightmyers") a farsi protagonista è quell’indole blues, quello passato attraverso indicibili torture e sofferenze degli Oxbow, che aleggia sul disco come una presenza maligna e beffarda. Sarebbero da citare tutti i brani, e ci sarebbero da spendere tante altre parole entusiastiche, nonché paragoni e rimandi che scaturiscono continuamente dall’ascolto di questo lavoro, la sfacciataggine malevola degli Swans o la furia iconoclasta dei Birthday Party, ma ogni parola spesa qui è un secondo rubato all’unica attività che invece andrebbe fatta: ascoltare questo disco! Esordi cosí sono rari e preziosi, e credo che se la band, invece che a Zagabria, fosse nata a Chicago, ora il suo nome starebbe di fianco a quello dei nuovi eroi del noise come Pissed Jeans, Whores e Metz. Unico rammarico: aver ascoltato 'Societea for Two' solo dopo aver stilato la mia classifica di fine anno. (Mauro Catena)

(Geenger Records - 2015)
Voto: 85

sabato 23 gennaio 2016

Consecration - Grob

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Psichedelia
Ogni volta che esce un lavoro dei serbi Consecration tremo perchè non so mai cosa aspettarmi. Il combo di Belgrado ha infatti esordito con un album che ammiccava agli Opeth, sterzando poi il proprio sound verso Anathema e Porcupine Tree, per poi puntare decisi ad un alternative/post metal con il precedente 'Universum Zna', che citava addirittura Isis e Black Sabbath. E ora 'Grob', un lavoro uscito peraltro solo in vinile e digitale (che scazzo!). 'Grob' include cinque lunghi pezzi che già con "Debeli Leptir" preludono a sonorità che si muovono tra stoner e psichedelia, non disdegnando però lunghe fughe post rock e richiami alla musica balcanica, grazie anche all'utilizzo di sax, tromba, theremin e soprattutto fisarmonica. Me ne sono già innamorato, non fosse altro per la voce di Danilo Nikodinovsk che sembra costantemente sotto l'effetto di acidi nella sua catartica performance. Però se riuscirete anche voi a sorpassare questo scoglio, ma se amate alla follia gli Ufomammut non ci farete neppure caso, perderete la testa anche voi per 'Grob' e le ubriacanti linee di chitarra di "Sheed", che si muove deliziosa tra passaggi lisergici e frangenti blues rock e jazz, avvolti tuttavia da un alone doom. Interessante no la miscela che ne viene fuori? Io confermo e sottoscrivo. Mi rilasso con il lungo intermezzo strumentale di "Sećanje na Ameliju", che potrebbe essere colonna sonora di un qualche film drammatico franco-tedesco e mi rilancio all'ascolto dell'infinita title track (12 minuti) che dopo un preludio ambient, si muove seducente su sonorità morbide e compassate, semiacustiche e dove anche la voce di Danilo assume connotati quasi umani. Magari alle nostre orecchie stonerà il cantato in serbo (o qualche stonata qua e là), ma anche qui basta farci l'abitudine e farsi rapire dal rock mellifluo dei Consecration che peraltro regalano uno splendido lungo assolo di chitarra dal feeling autunnale assai malinconico e a dir spettacolare. Non tradiscono neppure questa volta i ragazzi serbi e con la conclusiva "Ejmi (1983-2011-201?)", i nostri ci deliziano con altri 12 minuti di rock atmosferico, saliscendi emozionali, sprazzi spacerock e un finale a sorpresa che apre a nuovi intriganti sviluppi sonori. Ottimo ritorno ragazzi, però la prossima volta fatemi contento con una uscita anche in cd! (Francesco Scarci)

(Geenger Records - 2015)
Voto: 75

http://consecration.band/album/grob  

domenica 1 dicembre 2013

Consecration - Univerzum Zna

#PER CHI AMA: Post Rock, Stoner, Psichedelia, Anathema, Isis, Black Sabbath
Questo è un cd dal doppio volto, dalla doppia anima. Avevo apprezzato esageratamente il precedente album ‘Cimet’, identificando i nostri come una sorta di Anathema dei Balcani, e quest’oggi mi ritrovo fra le mani questo ‘Univerzum Zna’ a scombinare tutti i miei piani mentali. Quando infilo il disco nel lettore e attacca “Vertikala”, il roboante riff che si accende è quello tipico delle stoner band più in acido con il vocalist che rasenta addirittura le performance di Ozzy dei vecchi tempi. Frastornato, forse ancor di più, totalmente disorientato, metto da parte la mia diffidenza iniziale e inizio a gustarmi il caldo e psichedelico evolversi di una traccia che ha il grosso merito di risvegliarmi da un gelido intorpidimento. Le atmosfere si fanno lentamente soffuse, cala prepotentemente la penombra mentre un lungo flusso strumentale di sonorità psych-post-rock delizia in modo esagerato le mie pretenziose orecchie. Non fosse stato per l’anomalo inizio, starei parlando di perfezione musicale. Ancora riverberi e chitarre di un certo rock desertico aprono e proseguono in “Luka Čeh”: ed eccolo palesarsi il dualismo nell’anima dei nostri. Cavolo, mi avevano appena conquistato con la opening track e mi ritrovo ad ascoltare un pezzo che si muove tra stoner, alternative e rock’n roll, non certo i miei generi preferiti. “Stepenice, Zvezde” è un bell’intermezzo acustico. Con la title track si esplorano nuovamente i territori della psichedelici, fatta di quei bei trip lisergici in cui uno si immagina a meditare in templi buddisti alla ricerca della purificazione della mente e dell’anima. Poi quando un tizio inizia a parlare una lingua incomprensibile (presumibilmente serbo), vengo risvegliato dalla mia fase di contemplazione ascetica. Peccato, anche qui stavo esplorando sentieri musicali meravigliosi, ma sono stato interrotto da questa fastidiosa narrazione. Mentre curioso nel bel digipack, il mio occhio cade sul missaggio ad opera di Aaron Harris degli Isis, complimenti ai nostri che sono riusciti a coinvolgere il mitico vocalist della band bostoniana. Vado avanti con “Prolaz” e l’eco degli Anathema questa volta emerge fortissimamente in una song acustico-strumentale, flemmatica e seducente, che sembra venir fuori direttamente da ‘We’re Here Because We’re Here’. Con “Gilmore” mi appresto ad affrontare gli ultimi 15 minuti di questo ‘Univerzum Zna’. Song dall’evidente sapore ‘pinkfloydiano’: musiche, atmosfere e finalmente (le pochissime) vocals all’altezza, a delineare i solchi di un amore mai sopito per i mostri sacri del rock psichedelico, per una effervescente chiusura in bellezza. Mi spiace aver constatato un paio di passaggi a vuoto di questo disco, che a mio avviso avrebbe potuto scalare la mia personale classifica del 2013 e collocarsi definitivamente al primo posto. Sorprendenti! (Francesco Scarci)

(Geenger Records – 2013)
Voto: 80

https://www.facebook.com/Consecrationband