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domenica 2 dicembre 2012

Placid Art - Rainbow Destruction Process


#PER CHI AMA: Melodic Death, Gothic/Doom, Draconian
Vi dirò che più di una volta ho storto il naso ascoltando questo disco. Sembrava mancare sempre qualcosa in quello che rappresenta il debut album dei Placid Art, band originaria del Montenegro. Più che death/doom, “Rainbow Destruction Process” lo si può classificare come un death metal rallentato con strutture compositive assai melodiche. Certe parti mi hanno catturato fortemente come "Wrath of the Sun" (traccia che reputo la migliore del disco) o la title track, mentre altre mi hanno fatto sorgere numerosi dubbi sul perché stessi ascoltando codesta musica. Tuttavia, nel complesso, questa prima fatica dei Placid Art si presenta come un lavoro molto semplice ma caratterizzato da vari picchi di buona musica. Notabili sono alcuni fraseggi chitarristici e la, a mio parere perfetta e molto emotiva, voce di Sonja, che va a contrapporsi con la voce in growl di Nikola. Le composizioni sono aggraziate dall'inserimento di vari strumenti classici e da armonizzazioni prevedibili ma efficaci, il mixaggio è molto buono perché consente di percepire tutte le differenti tracce degli strumenti anche se avrei qualcosa da ridire riguardo i suoni delle chitarre, mentre mi sento di dover soffermarmi obbligatoriamente sulla performance vocale di Nikola: il suo growling infatti non riesce a svolgere appieno il suo compito, piuttosto di offrire una prestazione a tratti ancora cosi inesperta, avrei preferito nettamente una voce pulita maschile, cosa alquanto inusuale e a mio impressione alquanto accattivante. C’è decisamente ancora molto su cui lavorare, ma le premesse sembrano piuttosto buone. Placid Art, il nuovo nome da scrivervi sul vostro taccuino. (Kent)

sabato 1 dicembre 2012

Bestia - Ronkade Parved

#PER CHI AMA: Black Pagano, Darkthrone, Solefald, Primordial, Atanatos, Bal Sagoth
La band estone ci ha inviato questo lavoro dal titolo “Ronkade Parved” (purtroppo una promotional copy dove alcuni pezzi sono sfumati ed incompleti) che tradotto significa “Stormi di Corvi” ed è stato concepito nel 2009. Diciamo subito che dopo il suddetto album i Bestia hanno dato alle stampe un dvd e due split cd e che questa band, attiva sin dal 2000, ha pubblicato tra full lenght, demo, split e dvd, una decina di lavori (complimenti per la creatività costante!), più o meno uno per ogni anno della loro esistenza fino al 2010. Il cantato è in estone e almeno per noi non di facile comprensione e ci affidiamo ai titoli tradotti in inglese sulla copia promozionale che ci è pervenuta. L'estone non è una lingua molto dolce e si sente soprattutto nelle parti narrate e parlate dell'album. I Bestia suonano un black dallo stile classico ma supportato da una più che ottima produzione, da cui affiorano all'ascolto, numerose sfumature con evoluzioni stilistiche inusuali che potrebbero ricordare il modo di intendere e sperimentare nel genere di gruppi quali Ihsahn o Solefald. Sparsi tra riff veloci, growls, screaming e voci narranti/epico/teatrali si nota la presenza di un sax baritono (peraltro un azzardo riuscitissimo che sfiora l'idea geniale! peccato non sia presente in pianta stabile nella loro musica!), un violino, un flauto, dei synth e cori guerrieri, che a volte, inaspettatamente, emergono, conferendo alla musica un piacevole ascolto a sorpresa, nonché una marcia in più per affondare la lama in fatto d'atmosfera, donando al lavoro una leggera freschezza, una visione d'avanguardia pregevole ed una ricerca rivolta all'originalità. Questo lavoro è caratterizzato da un forte impatto di “virilità” musicale, un costante martellamento ritmico e un equilibrio di suoni pregevole. Una voce protagonista e ben dosata, in giusta causa padrona della scena, che ricorda non per stile o somiglianza ma per attitudine e personalità, le epiche interpretazioni del cantante dei Bal Sagoth. La band si definisce pagan metal e dalla copertina (che mostra un cavaliere templare in battaglia) e dai titoli tradotti, intuiamo temi antichi e guerrafondai, ben interpretati da un cantato molto suggestivo e drammatico, proiettati a ragione, verso le gesta belliche di guerrieri ed eroi oscuri. Il suono pesante e pregno di sensazioni lugubri ed impantanate, si esprime al meglio nelle parti più lente non rifiutando la velocità; i nostri poi hanno una propensione alla teatralità ben calibrata, che risulta grazie a chitarre tutt'altro che zanzaresche, bensì assai energiche. Un po' Darkthrone, una spruzzatina di Primordial, qualcosa di epico stile Atanatos, e velatamente primi Celtic Frost, i Bestia si muovono molto bene e con originalità, affilando i colpi con tutte le armi in loro possesso. Aspettiamoci allora una nuova battaglia! Il nostro brano preferito è “Malestus Hustutab Leegi” con quel magnifico sax e tutti quei cambi di tempo... un album notevole! (Bob Stoner)

(Hexenreich Records)
Voto: 75

http://bestia.pimeduse.org/

Penthagon - Penthagon

#PER CHI AMA: Thrash, Speed
Dice: Alberto, ma a te non va mai bene quasi nessun disco, c’avrai mica la puzza la naso? Sarai mica uno dei quei criticoni mai contenti? Oddio, volete fare un album che mi piaccia? Non saprei dirvi perché dovreste, nel caso potete prendere tranquillamente spunto da questo esordio dei bresciani Penthagon. Il gruppo nasce nel 2008 e, cresciuti a pane e metal statunitense, ci scodellano la loro prima fatica: a me è piaciuta. Un lavoro che definirei di un thrash compatto e diretto, non troppo ricercato o barocco, ma con quella giusta dose di varietà (ora più verso lo speed, ora più verso l’heavy) che serve a non rendere noioso l’ascolto. Molto azzeccati i riff al rasoio delle chitarre, notevole la parte ritmica sempre con un buon equilibrio. Il singer Marco Spagnuolo è la caratteristica più notevole dell’ensemble. Una voce dirompente, particolarmente duttile che si esprime in tutta la sua ampiezza, sebbene non sempre con risultati del tutto convincenti. Tra le canzoni indicherei “Labyrinth of Fire” e “Shine Like the Sun” come le meglio riuscite. Come non citare la cover finale di “Innuendo” dei Queen; i nostri rimaneggiano il classico (classico? oddio sono vecchio!) in maniera originale. Il cantante riesce a portare la sua performance su di un binario tale da evitare confronti col compianto Freddy Mercury. Una pecca del ciddì la si trova nella produzione non particolarmente pulita, che nasconde purtroppo la bontà del prodotto. Un vero peccato per un disco d’esordio, dove tutto dovrebbe essere al massimo per scuotere il globo terraqueo. Consiglierei anche di asciugare un pochino le song, più brevi credo guadagnerebbero in potenza. Aspetto fiducioso i Penthagon al varco con la loro prossima fatica. Ecco, come vedete non è che serva poi molto per fare un ellepì che mi piaccia... no aspettate, sono davvero un criticone incontentabile. (Alberto Merlotti)

(Punishment 18)
Voto 70

http://www.penthagon.net/

Dødsengel - Imperator

#PER CHI AMA: Orthodox Black Metal
Proporsi nel 2012 con un doppio album di black metal ortodosso potrebbe sembrare un’impresa commerciale destinata a fallire. Un suicidio, se con doppio album si intendono 150 minuti di caos e devastazione. Ma cosa può fregare ai Dødsengel dei riscontri di vendita? Si suppone nulla, dal momento che certi eccessi musicali non vengono certo espressi per ottenere un consenso di pubblico monetizzabile. Eppure, quando il caos ci appare così perfettamente decodificabile nella sua incoerenza, il risultato può essere affascinante. Tanto affascinante che questo doppio “mattone” di estremismo sonoro è andato esaurito in pochi mesi dalla sua pubblicazione e questo è confortante, perché significa che nel sottosuolo della musica oscura le regole di mercato non sono poi così prevedibili e c’è ancora spazio per un album di grande valore come “Imperator”. Se complice di questo sold-out può essere stata una tiratura insufficiente o un’appetitosa confezione destinata ai collezionisti, ciò non è rilevante. Quel che davvero importa è che le 22 composizioni del duo norvegese fanno rabbrividire. Per la loro energia, per la loro oscurità, per la loro ferocia. Il segreto per apprezzarle sta nell’abbandonarsi ad un ascolto casuale, senza avere la pretesa di rispettare diligentemente l’ordine effettivo della scaletta. L’approccio canonico potrebbe, infatti, risultare oggettivamente difficoltoso e fiaccare ancor prima di aver scovato gli episodi più singolari dell’album, rappresentati da interi brani dal taglio sperimentale o da estemporanei passaggi d’atmosfera di una bellezza che lascia sbigottiti. Partire ad esempio dalla sesta traccia, “Holy Metamorphosis”, può essere una buona idea per perdersi immediatamente in una realtà visionaria che sa tanto di vecchia scuola death-doom. Risulta poi facile lasciarsi ammaliare dal cantato femminile in “Apoph-Ra” o dall’intermezzo acustico in “Pneuma: Sidpa Bardo”, ma l’estasi vera giunge solo con l’ipnotica “Hymn to Pan”, che sfiora vette di intensità inesplorate, fondendo potenza e misticismo in più di 11 minuti di esecuzione. L’esoterica introspezione di “Asphyxia”, con il suo tocco malinconico, potrebbe essere l’ultimo respiro concesso prima di un tuffo nelle tumultuose “Sun on Earth” o “No Beginning, No End”, due pericolose immersioni nel vortice della brutalità e della dissonanza. Sulle stesse acque torbide si muovono minacciose anche “Stellar Masturbation”,“Towers of Derinkuyu” e “Upon the Beast She Rideth”, tra litanie infernali e urla laceranti, ma a sorprenderci sono ancora una volta i brani più tetri e cadenzati, come “Ascending Beyond Good and Evil“ e “Attainment”. E in conclusione risulta innegabile come siano proprio questi episodi dal carattere audace e ricercato a saper spezzare magistralmente i numerosi assalti sonori di “Imperator”, elevandone peraltro il valore e rendendo quest’album una creatura ancor più multiforme, imponente e magnificamente inquietante. (Roberto Alba)

The Pit Tips


Bob Stoner

Coheed and Cambria - The Afterman Ascension
Iwrestledabearonce - Ruining It For Everybody
Enslaved – Riitiir
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Francesco “Franz” Scarci

God Seed - I Begin
Blut Aus Nord - 777 Cosmosophy
Between the Buried and Me -
The Parallax II: Future Sequence
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Alberto Merlotti


Cannibal Corpse - Torture
Manowar - The Lord of Steel
Green Day - Dos!
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Samantha Pigozzo


Martyr Lucifer - Farewell to Graveland
Paradise Lost - Tragic Idol
Laibach - Iron Sky Soundtrack
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Michele “Mik” Montanari


Limerick - Bectibù
Godspeed You! Black Emperor - ‘Allelujah! Don’t Bend! Ascend!
Mogwai - A Wrenched Virile Lore
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Roberto Alba

Dordeduh - Dar de duh
Emptiness - Error
Master's Hammer - Vracejte konve na místo
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Kent

Viscera/// - 2: As Zeitgeist Becomes Profusion of the I
Devotion. - Venus
Deafheaven - Roads To Judah

venerdì 30 novembre 2012

Fabrizio Leo - Mr. Malusardi

#PER CHI AMA: Guitar Hero, Rock 
A volte voler a tutti i costi ricevere materiale da recensire anche da amici e colleghi porta a delle sorprese. Appena “Mr. Malusardi” ha toccato il mio fido lettore cd, sono scaturite una serie di sensazioni libidinose. Premetto che da svariato tempo, ho lasciato perdere gli artisti ultra tecnici perché molto spesso la costatazione della loro bravura mi lasciavano poco niente a livello emozionale. Ma con Fabrizio è diverso. Partiamo dal fatto che come chitarrista ha un curriculum di tutto rispetto, collaborazioni live e studio con un numero infinito di big italiani, composizione di spot pubblicitari e docente di chitarra. Le basi il ragazzone ce le ha sicuramente e si sentono, come pure le influenze che hanno segnato la sua giovinezza. Bicio (per gli amici) fa trasudare perle di prog e fusion dalla sua fida chitarra, facendo della velocità di esecuzione una delle sue virtù ed è questa l'unica nota dolente dal mio punto di vista. Molti musicisti la possono apprezzare e anche qualche cultore del genere, ma rischia di diventare un pippone galattico se portata all'estremo e non la si riesce a dosare a puntino. Quello che differenzia Bicio è la sua capacità di trasmettere emozioni, dietro ogni tapping o bending riesco ad immaginare un bambino che vede per la prima volta un chitarrista mentre gode con la sua fida ascia e capisce all'istante cosa vorrà fare da grande. Macché medico o avvocato, la passione per la musica (che probabilmente non ti pagherà mai una casa o una bella macchina) è rimasta invariata e si percepisce l'entusiasmo da chi è spinto da un sogno e non si farà abbattere da niente e nessuno. Il main title del cd contiene uno dei solo di chitarra più cazzuti del cd e i continui cambi ritmici della traccia mantengono alto il livello di concentrazione dell'ascoltatore medio. L'intermezzo con delle ballate rock (non le definirei lente, ma sicuramente qualche bpm in meno delle altre canzoni ce l'hanno) come "Eyes of Ice" spezza il ritmo forsennato del cd, regalando comunque una complessità compositiva notevole, mentre gli arrangiamenti e la scelta dei suoni evidenzia l' esperienza e il bagaglio artistico del Bicio. "Hammer Honor" è il pezzo che sento più nelle mie corde, forse per la chitarra di accompagnamento molto prog rock. Ad un certo punto ti aspetti l'entrata di un fantastico synth invece del solo di chitarra, ma ovviamente era solamente la mia testa malata che a questo punto del cd viaggia a briglie sciolte... Chiudo con "Galactic Way", bellissima intro in reverse che lascia subito spazio ad una ritmica suicida e fuori dagli schemi tradizionali. Alla fine del pezzo se ne esce provati fisicamente, solo per aver provato a tener il ritmo col piede dall' inizio alla fine. Questo "Mr. Malusardi" conferma il livello qualitativo altissimo dei nostri musicisti e se amate la tecnica dei Dream Theatre e lo sweeping di Frank Gambale, non potete perdervi questo cd. Segnatevelo come regalo di natale e vi prometto che al cenone vedrete la renna salire sul tavolo preparato a festa e intonare le note di “Pull Me Under”! (Michele Montanari) 

(Shrapnel) 
Voto: 80 

lunedì 26 novembre 2012

Eryn Non Dae. - Hydra Lernaia

#PER CHI AMA: Post Hardcore/Metalcore
Alquanto movimentati codesti END. Già avrete capito che non è il mio genere preferito ma sono stato piacevolmente sorpreso da questa band di Tolosa. Formati nel 2001 escono, con questo debut album sotto Metal Blade nel 2009, dopo un EP autoprodotto rilasciato nel 2005. Posso dire tranquillamente che non sono il classico gruppo -core americaneggiante, che si fonda su breakdown, chitarre droppate e gente che urla (oltre che libertà e democrazia, guai a non nominarle). La musica di questi francesi non è di facile classificazione in quanto le sonorità da loro proposte, non rientrano nei schemi blindati del metalcore ma vanno ad estendersi nel metal di nuova fattura, con profonde radici che affondano nel groove. Si trovano reminiscenze di Meshuggah, Dillinger Escape Plan ma anche dei Sepultura, periodo post-thrash. Le composizioni hanno un sound moderno, forse a tratti troppo plasticoso, ma varie ed originali, combinando le varie influenze del gruppo con una enorme base che a tratti spazia nel deathcore più profondo, sprigionando una pesantezza ed una forza viste raramente. Un sapiente mix di suoni e creatività alla fine risulta essere l'arma vincente di questo combo francese che tiene sull'attenti fino alla fine con quest'opera frutto di una saggia ricerca stilistica. Ed ora sono curioso di sentire il nuovo album, sperando solo che i nostri decidano di inviarmelo, dal momento che l’ho addirittura acquistato… (Kent)

(Metal Blade) 
Voto: 80

Ragnarok - Malediction

#PER CHI AMA: Black, Emperor, Dissection, Gehenna   
Il ritorno sulla scena di questa storica band norvegese era atteso da due anni. E l'attesa è ben ripagata e siamo di fronte ad un rumoroso e violentissimo album di classicissimo black metal pieno di odio e paganesimo, al punto giusto e ben equilibrato. L'intro classicheggiante è da copione e la partenza a razzo di “Blood of Saints” ricalca un copione già scritto ma con ancora una forza espressiva tale che l'intero cd è pressoché perfetto nella sua staticità. I canoni ci sono tutti: ritmiche tiratissime, riff che alternano melodia e potenza una voce praticamente perfetta e un drumming sempre al massimo dei giri. Tutte le canzoni girano sui 4/5 minuti e non presentano particolari cambi di registro, sono di ottima fattura e il cd si ascolta tutto d'un fiato ed è velenosissimo, carico di adrenalinica rabbia in ogni suo registro per circa tre quarti d'ora di durata. La cosa che colpisce di più è la qualità della registrazione e l'esecuzione, assai pregevole. La classe, mista ad un po' di manierismo, con cui questa band agita il mercato fin dal 1994, senza perdere smalto e coerenza, è spiazzante e spettacolare, considerando che il combo ha sempre vissuto all'ombra di band molto più in vista. Non ci sono spazi per l'innovazione e questo fa in modo che il disco diventi inossidabile, inattaccabile a qualsiasi livello e l'alto valore tecnico/melodico delle composizioni, lo rende splendido, senza lacune. Dobbiamo ammettere che il solo fatto che esistano band ancora così ortodosse e con il gusto della qualità portato all'ennesima potenza, rende questo genere musicale sempre vivo e vegeto. Nessuno potrebbe dire ascoltando “Malediction” che non ci sia vita dietro questo lavoro, la cui godibilità sta nella sua canonicità stilistica e nell'energia con cui questi musicisti norvegesi continuano a riproporre un genere di nicchia nei migliori dei modi. Se vi svegliaste la mattina con un assurdo bisogno di comprare un buon disco di puro black metal, non dimenticate il nome Ragnarok e “Malediction”, sicuramente una garanzia di qualità! (Bob Stoner)

(Agonia Records) 
Voto: 80