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sabato 26 ottobre 2013

Nightbringer/Dødsengel - Circumambulations of the Solar Inferno

#PER CHI AMA: Black, Deathspell Omega, Blut Aus Nord
Un altro split cd, questa volta rilasciato dalla interessantissima etichetta Daemon Worship Productions (date pure un occhio al loro malvagio catalogo) in cui a confrontarsi sono i norvegesi Dødsengel, balzati alle cronache lo scorso anno con la release dell'introvabile “Imperator” la cui recensione potete trovare su questa stesse pagine e gli americani Nightbringer. Quattro tracce di oscuro ed enigmatico black metal, che vede aprire i battenti con la band del Colorado. “Watchtower of the West: Gate of the Mighty Dead“ ci presenta la band statunitense, che si è fatta notare nel 2011 con il lavoro “Hierophany of the Open Grave”, fuori per Season of Mist. In queste due tracce il quintetto dà prova di un granitico e sghembo black metal. Inizio affidato a delle litanie liturgiche, quasi ambient, in cui l'unica cosa che percepisco è un'insana malvagità. Poi ecco esplodere nelle mie casse il fragore malsano e distorto del sound dei nostri. Blut Aus Nord e Deathspell Omega i principali punti di riferimento per un black ortodosso ricco di atmosfere pregne di magia nera. Da brividi i rallentamenti assai vicini al doom, da incubo le screaming vocals che si ergono sul tappeto lento e occulto. Con “Watchtower of the North: Ascension of the Midnight Sun“, una gelida folata arriva dal nord con inno black di suprema bellezza. Dentro di me si materializzano le più infauste paure, insicurezze che gravitano e popolano la mia mente che tortuosamente viene inglobata e divorata dai suoni spettrali dei Nightbringer. Spaventosamente affascinanti. È il turno dei norvegesi, da cui è lecito aspettarsi molto. “Watchtower of the East: Horus Sunflesh“ apre come un'altra invocazione carica di delittuosa malvagità, una tempesta sonora che spazza via quanto era rimasto nelle nostre menti. Le melodie delle chitarre sono quelle di sempre, gelide ma in questo caso non cosi intense come in “Imperator”. La conclusiva “Watchtower of the South: Drunk Upon Inmost Fire” è una montagna insormontabile da 12 minuti che ci conduce finalmente all'ultimo cancello (il concept del cd ruota intorno ad un viaggio che dalla morte, attraverso il mondo sommerso si arriva all'ascensione ed infine alla rinascita). La furia black si mutua con ritmiche doom, in cui a ergersi è un'aspra voce spiritata; a fare capolino e rendere la proposta più lugubre ci pensano cupi momenti di desolante atmosfera. Non mi hanno impressionato granché in quest'occasione i Dødsengel, decisamente più all'altezza i Nightbringer, per un disco che comunque merita assolutamente il vostro ascolto. Sinistri! (Francesco Scarci)

sabato 1 dicembre 2012

Dødsengel - Imperator

#PER CHI AMA: Orthodox Black Metal
Proporsi nel 2012 con un doppio album di black metal ortodosso potrebbe sembrare un’impresa commerciale destinata a fallire. Un suicidio, se con doppio album si intendono 150 minuti di caos e devastazione. Ma cosa può fregare ai Dødsengel dei riscontri di vendita? Si suppone nulla, dal momento che certi eccessi musicali non vengono certo espressi per ottenere un consenso di pubblico monetizzabile. Eppure, quando il caos ci appare così perfettamente decodificabile nella sua incoerenza, il risultato può essere affascinante. Tanto affascinante che questo doppio “mattone” di estremismo sonoro è andato esaurito in pochi mesi dalla sua pubblicazione e questo è confortante, perché significa che nel sottosuolo della musica oscura le regole di mercato non sono poi così prevedibili e c’è ancora spazio per un album di grande valore come “Imperator”. Se complice di questo sold-out può essere stata una tiratura insufficiente o un’appetitosa confezione destinata ai collezionisti, ciò non è rilevante. Quel che davvero importa è che le 22 composizioni del duo norvegese fanno rabbrividire. Per la loro energia, per la loro oscurità, per la loro ferocia. Il segreto per apprezzarle sta nell’abbandonarsi ad un ascolto casuale, senza avere la pretesa di rispettare diligentemente l’ordine effettivo della scaletta. L’approccio canonico potrebbe, infatti, risultare oggettivamente difficoltoso e fiaccare ancor prima di aver scovato gli episodi più singolari dell’album, rappresentati da interi brani dal taglio sperimentale o da estemporanei passaggi d’atmosfera di una bellezza che lascia sbigottiti. Partire ad esempio dalla sesta traccia, “Holy Metamorphosis”, può essere una buona idea per perdersi immediatamente in una realtà visionaria che sa tanto di vecchia scuola death-doom. Risulta poi facile lasciarsi ammaliare dal cantato femminile in “Apoph-Ra” o dall’intermezzo acustico in “Pneuma: Sidpa Bardo”, ma l’estasi vera giunge solo con l’ipnotica “Hymn to Pan”, che sfiora vette di intensità inesplorate, fondendo potenza e misticismo in più di 11 minuti di esecuzione. L’esoterica introspezione di “Asphyxia”, con il suo tocco malinconico, potrebbe essere l’ultimo respiro concesso prima di un tuffo nelle tumultuose “Sun on Earth” o “No Beginning, No End”, due pericolose immersioni nel vortice della brutalità e della dissonanza. Sulle stesse acque torbide si muovono minacciose anche “Stellar Masturbation”,“Towers of Derinkuyu” e “Upon the Beast She Rideth”, tra litanie infernali e urla laceranti, ma a sorprenderci sono ancora una volta i brani più tetri e cadenzati, come “Ascending Beyond Good and Evil“ e “Attainment”. E in conclusione risulta innegabile come siano proprio questi episodi dal carattere audace e ricercato a saper spezzare magistralmente i numerosi assalti sonori di “Imperator”, elevandone peraltro il valore e rendendo quest’album una creatura ancor più multiforme, imponente e magnificamente inquietante. (Roberto Alba)