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domenica 14 maggio 2023

Unohdus - Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä

#PER CHI AMA: Depressive Black
Si tratta di un demo di soli due pezzi rilasciato peraltro in cassetta, questo 'Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä' dei finlandesi Unohdus (che subodoro essere una one-man-band), di cui comunque poco o nulla ho trovato in rete. Fatto sta che mi limiterò a commentare la potenza espressiva di "Niin Turhaan T​ä​hdet Valaisivat Meitä" e della successiva "Pohjantuuli", per 10 minuti scarsi di musica che comunque sapranno, a modo loro conquistarvi, con non indifferenti doti persuasive. E penso a tal proposito, a quel violino saturnino che a metà della title track indugiare, con fare evocativamente deprimente, in uno squarcio di sublime malinconia post rock, per poi rituffarsi in un black metal intessuto di una fortissima matrice depressive. La linea black melodica permea anche la seconda song, dove le spettrali grim vocals del frontman si stagliano sulla ritmica mai troppo tirata dei nostri. Peccato lo strumento ad arco non ci delizi ancora con i suoi umori, avrebbe reso quest'opera prima degli Unohdus, semplicemente una piccola gemma incastonata in un mondo in totale stallo. (Francesco Scarci)

KHA! - Ghoulish Sex Tape

#PER CHI AMA: Noise/Post Punk
La cosa che più mi ossessiona, in senso negativo di questo primo full length della band meneghina, è il trattamento riservato, leggermente irrispettoso a mio avviso, verso la splendida voce del frontman. Fui infatti ammaliato dalla forza espressiva della voce di Davide Bosetti nell'EP di debutto di tre anni fa, che si accaparrava le grazie spettrali di band come Indisciplined Lucy e Pavlov's Dog, raggiungendone le tonalità e le particolarità acustiche, inserendole in un contesto lontano anni luce dalle suddette band prog rock, per non parlare poi del lavoro di produzione al Mob Sound Studio di Milano, veramente da applausi. Il nuovo lavoro, intitolato 'Ghoulish Sex Tape', pur essendo un gran bel disco, vede la produzione dei Cabot Cove Studio di Bologna spostare il tiro più verso il suono, abbassando (e penalizzando) l'importante performance vocale. Il trio milanese è ancora orientato verso un noise rock, carismatico ed esplosivo, nipote di quello che fu un capolavoro della scena sotterranea italiana, ovvero, '10000 Doses of Love', di un gruppo ancora poco osannato per i loro meriti, quali erano gli One Dimensional Man. Il risultato qui è buono, di qualità, ma diverso dal debutto. Il suono è meno indie noise e in molte sue parti si sposta verso ambienti post punk anni ottanta, che associati ai particolari riverberi della voce, a volte ricordano vecchie cose dei Public Image Ltd.: "My Only Love" ricorda a tal proposito il sound di "Religion II" dei P.I.L o "Sex Gang Children", in chiave meno dark e più alternative. Musicalmente, i nostri hanno evoluto il loro stile che di per sé era già originale, rendendolo più coerente e fantasioso, come l'inserto jazz di "Travelers", ma rimanendo sempre sul filo del rasoio, in fatto di orecchiabilità e rumorosità, cosa che li rende sempre assai apprezzabili. Una ritmica pulsante sostiene a dovere un chitarrismo schizofrenico, tagliente ma molto bello da sentire, urticante, sonico, spesso dissonante ma mai esagerato o fuori contesto. Stravagante pensare che il trio lombardo è una band di noise rock piacevolissima all'ascolto dove difficilmente la noia si sposa con la loro nuova opera. Ritorno a dire solo ahimè che la produzione ha optato per il primo piano della chitarra di Bosetti e degli altri strumenti, tralasciando il posto di prima ballerina della sua voce, ma questo è solo il mio gusto personale, e magari, chi ascolterà questo loro nuovo lavoro, rimarrà sicuramente affascinato dalle loro teorie rumorose e stralunate, e questa nuova verve post punk (rimodernata e attualizzata), un po' alla Teenage Jesus and the Jerks delle radici, rispolverata nella quasi totalità dei brani. Siamo al cospetto di una voce intrigante e originale, di fronte ad un trio che riesce a comporre e suonare ottima musica (quanto è bella "Breadcrumbs"!!!), inquieta e rumorosa, uno spiraglio di luce nelle tenebre profonde del panorama nazionale, per cui l'ascolto è assolutamente consigliato. (Bob Stoner)

Limbonic Art - The Ultimate Death Worship

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Death
Decisamente sorprendente questo lavoro del feroce duo scandinavo dei Limbonic Art. Sorprendente sia per chi, come me, non conosce a fondo questa ormai storica realtà black metal, sia per chiunque risulti essere un suo appassionato seguace da tempo. 'The Ultimate Death Worship' si rivela infatti come un concentrato di aggressività non indifferente: chi, non conoscendoli, si aspettava un prodotto assai raffinato e ricco di orchestrazioni enfatiche, troverà la stessa enfasi del passato tradotta in un sound decisamente più spostato verso le sonorità meno "delicate" della musica estrema. Questo lo si evince in particolar modo dal lavoro di chitarra, per nulla banale e a tratti assai articolato se proporzionato al genere proposto, sorretto da una produzione che conferisce alle sei corde stesse un suono marcatamente più corposo rispetto al passato, decisamente più vicino ad un suono tipicamente death metal che black. Le vocals risultano essere, come prevedibile, incredibilmente incisive ed oscure, ponendo però un importante elemento di novità in campo black: se si presta un po' di attenzione è possibile comprendere i testi (soprattutto nella prima traccia)! Questo a dimostrazione del fatto che i nostri sono stati particolarmente attenti nell'equilibrare l'uso dei diversi strumenti, al fine di ottenere un prodotto sì aggressivo, ma al contempo vario e in grado di far apprezzare all'ascoltatore tutte le sue raffinate e nascoste dinamiche. Compatto, violento, melodico: 'The Ultimate Death Worship' si presta ad essere un ascolto gradito a chi ama l'estremismo sonoro concepito nella sua più vasta accezione e nella sua più intimistica raffinatezza.

(Nocturnal Art Productions/Hammerheart Records – 2002/2019)
Voto: 74

https://limbonicart.bandcamp.com/album/the-ultimate-death-worship

Lustre - Reverence

#FOR FANS OF: Ambient Black
The Swedish one-man project Lustre has become, since its inception, a primordial reference when we speak about atmospheric black metal. Henrik Sunding, better known as Nachtzeit, is undoubtedly a fanatic of black metal, particularly of the most atmospheric oriented one. He has been involved in several projects, each one having its own character, although the devotion to this genre is out of any discussion. I strongly recommend you to check out Ered Wethrin and Nachtzeit, which are my favourite ones. 
 
Going back to Lustre, the particular vision of Henrik for this project was quite clear since the debut album 'Night Spirit' that was released in 2009. Lustre’s music is trance inducing ambient black metal, strongly influenced by classic projects like Burzum, which obviously is a pivotal influence in the genre when we speak about introducing ambience into the black metal scene. What Lustre does is to create quite simple and repetitive structures. Don’t loose your time trying to find complex riffs or tempo changes, this is all about hypnotic sonic creations which transport you out of this reality. And this is what makes Lustre so special. Repetitiveness and simplicity can always be problem, and many would consider that this music lacks of interest after listening to a couple of songs. But somehow, Nachtzeit achieves the unquestionable merit of keeping releasing songs that captivate you, and this is something admirable.

So, after these years and a good amount of albums and EPs, Lustre continues to be quite active and its last offering is the EP entitled 'Reverence', which consists of one song with the same name. Those who don´t like this project won’t find any reason to like it now, but many others, and I include myself in this latest group, can enjoy this new release a lot. Although Lustre’s music hasn’t changed a lot since its creation, it is also unquestionable that Nachtzeit has perfected the formula during the project’s existence. 'Reverence', being a long song, gives a greater room to introduce little tweaks and more arrangements which make the track a great musical experience. Vocally, this song shows a more varied approach. The voices are classic black metal shrieks, but their tone and strength vary through the song, with moments where they sound louder and more intense, as it happens in the mid-second half of the song, in contrast to the initial part. About the arrangements, the simple yet beautiful keys play their usual major role leading the song, but we can also find some tiny touches here and there, especially in the background which enrich the composition. The electronic interlude in the middle of the composition is a nice one, and I find it quite interesting. As you can imagine, they are tiny adds or changes as the music needs to be trance inducing and nothing can distract you from this purpose. But this effort is very welcome for me, as a composition always needs to sound a bit fresh, regardless off its innovative nature of lack of it.

All in all, the new 'Reverence' is a quite inspired one. Lustre has managed to compose a long track which has everything we know and like from this project. The hypnotic atmosphere and marvellous melodies are there, recognizable but still being capable of absorbing our attention and getting our love, and because of this, Lustre is a so unique project. (Alain González Artola)

(Nordvis Produktion - 2023)
Score: 82

mercoledì 10 maggio 2023

Benediction - Killing Music

#FOR FANS OF: Death Metal
It'd be good (since they're not defunct) that they do a follow-up from this album. It's quality death metal though Birmingham based band that's been in existence for quite some time now. Former vocalist Barney who's with Napalm Death exclusively still measures up in supreme quality. That's for sure, though this one deserves a "75" because the production was a little bit pithy. Aside from that, the music is great, not to mention original, too. They change it up a bit on here it's not too fast tempo-wise, but brutal. This whole album is doggone brutal. They're still good even without Barney on vocals.

All the tracks are catchy guitar-wise. Catchy and unique. And that double bass drum kicking ass alongside the tremolo picked axe-work. These guys have been awesome throughout the years. Let's hope they will work on new material, if they're still thinking about it! They sure are unique as stressed they're also a healthy contribution to the death metal community. They know how to write some killer licks with a minimal amount of lead guitar work. They stick mostly with rhythm work but it's so darn amazing. I enjoyed every minute of this release. They really know how to make substantial death metal that's not humdrum.

The guitars and vocals are the highlight, but I thought the drum-work was pretty awesome as well. I only have a beef with the production, that's all. But maybe they wanted it to have sort of a raw sound. Especially for the time of the recording (2008). I'm sure that's what her intention was. Since they know especially what they're looking for to release to the public. I would've liked it if they totally took out all of the lead guitar (as little as there was) since it'd carry the brutality and anger in the music. Benediction thrives on rhythms, chunky and heavy tremolo picked. But they still did a great job here.

This album is definitely worth buying (now also with a new vynil limited edition). I bought it because I liked what I heard on Spotify. I'm not as familiar with their older work with Barney as I am with their modern lineup. But let's hope that they decide to play more of their Birmingham based death metal to the millennials. They definitely need to hear this one if they haven't already. From start to finish this one slays in the riff department. It's really heavy and catchy. I wouldn't expect them to play any other way. And the vocals/drums compliment the music. Get this album because it'll do the world of death metal well for more support. (
Death8699)

(Nuclear Blast/Back on Black - 2008/2023)
Score: 75

https://www.facebook.com/Benedictionband/ 

Major Parkinson - Valesa – Chapter I: Velvet Prison

#PER CHI AMA: Pop Rock
Non è stato per nulla semplice recensire questo monolitico lavoro dei norvegesi Major Parkinson, non tanto per la lunghezza dell'opera a dire il vero, ma per i suoi contenuti. La band era portavoce di un certo progressive rock, almeno nelle vecchie release; in questo 'Valesa – Chapter I: Velvet Prison ' mi sembra che le sonorità si siano ulteriormente ammorbidite, mettendo in scena una proposta che puzza piuttosto di pop (in taluni frangenti rock) assai commerciale. Ecco, un qualcosa che avrei voluto recensire, a dirvi in tutta franchezza, viste anche le 17 song che i nostri hanno buttato in questo lavoro, dico 17!! Che palle. E se le prime tracce sono un buon modo per avvicinarsi alla band e scoprirne le peculiarità, ad esempio un uso importante dei synth e di ambientazioni stile colonna sonora da commedia romantica ("Behind the Next Door", che peraltro mi sembra in una versione live, come tanti altri brani in questo disco, vedi la "springsteeniana" "Sadlands"), piuttosto che di un uso spropositato del pianoforte (la strumentale "Ride in the Whirlwind") che arriva a farmi sbadigliare, potrei citarvi un altro bel po' di pezzi per cui non posso dirmi un grande sostenitore della band scandinava. "Live Forever" sembra trascinarmi agli anni '80 con quel suo sound che chiama in causa ancora il Boss, che rimane tuttavia altra cosa. Come cigliegina sulla torta, i nostri ci piazzano poi una bella vocina di una dolce fanciulla e il gioco è fatto. O forse no, almeno non per il sottoscritto, che preferisce passare avanti e magari lasciarsi persuadere dal criptico gospel di "Jonah", forse la song che ha toccato maggiormente le mie corde. Altri pezzi da segnalare? La noiosissima (almeno nella prima metà) "Irina Margareta", che fortunatamente si ripiglierà nella seconda parte. La sintetica e stralunata, almeno per i canoni di questo disco, "The House". Forse la punkeggiante "MOMA", ma anche questa alla fine non mi convince granchè. Non so poi se "The Room" volutamente faccia il verso a "Time After Time" di Cindy Lauper, cosi come pure a Madonna, ai Queen (nel synth iniziale di "Fantasia Me Now!") o altri mille artisti degli anni '80, ma per me è ormai già troppo da digerire. I Major Parkinson rimangono sicuramente ottimi musicisti con una vera e propria orchestra di violini, violoncelli, arpe, tenori, soprani, trombe al seguito, che tuttavia poco, anzi per niente, si sposano con i miei gusti musicali. Mi spiace, ma per me è un no grande quanto una casa, almeno sulle pagine del Pozzo dei Dannati. (Francesco Scarci)

Negurā Bunget - ’N Crugu Bradului

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Melodico
Black metal dalla Romania. “Esplorando le tradizioni folkloristiche si possono scoprire tesori nascosti”, si legge all’interno della traccia multimediale (realizzata, con la consueta perizia, da Twan Sibon) inclusa nel cd. Una dichiarazione di principio senz’altro condivisibile. Peccato che i Negurā Bunget non l’abbiano messa in pratica nella stesura delle canzoni. I quattro lunghi brani che compongono l’album presentano un’alternanza di parti aggressive e passaggi più calmi, il tutto però all’insegna del black metal, con quel che ne consegue. Sono le aperture melodiche a dare un tocco di godibilità al lavoro dei Negurā Bunget. Sappiamo tuttavia come la band è riuscita a coltivarle, arricchendo la propria proposta di ingredienti folk, e rendendo tanto più apprezzabile il proprio percorso evolutivo, interrotto prematuramente nel 2017 con la morte di Negru. Se volete potete riscoprire questo disco, riproposto peraltro in vinile nel 2021 in due colori sempre dalla nostrana Code666.

Hyrgal - Sessions Funeraires anno MMXXIII

#PER CHI AMA: Black/Death
Dopo aver recensito più o meno positivamente tutti i full lenght degli Hyrgal, ecco che fra le mani mi capita anche il loro nuovo EP, 'Sessions Funeraires anno MMXXIII'. Registrato (credo) volutamente con un approccio casalingo, l'album consta di cinque nuove tracce più la cover dei Marduk, "Dark Endless". Come ovvio che sia, il quartetto transalpino continua a muoversi nel sotterraneo mondo estremo già dall'iniziale "Deuil Éclair". Come da protocollo, i nostri ci trascinano nel loro personale inferno fatto di sonorità black metal nude e crude, come più volte sottolineato dal sottoscritto nelle precedenti recensioni. Difficile quindi trovare grandi spunti innovativi nelle song qui contenute, se non un tentativo di coniugare in taluni frangenti il black al death (soprattutto a livello di un robustissimo rifferama), o di affidare ad interessanti porzioni melodiche lo svolgimento di un brano comunque complesso e controverso come può essere "Phalanges Assassines". Sghemba al punto giusto "Épique Spleen", spaventosa peraltro nel suo roboante incedere, che la rende, nella sua magniloquente potenza, anche sontuosamente claustrofobica. "Gorge Blanche/Surin Noir" entra assai lenta e inquietante, quello che stupisce è poi la porzione ritmata su cui poggia un brillante assolo (si, avete letto bene, un assolo, che peraltro tornerà anche nel finale) e i vocalizzi dannati dell'ex Svart Crown, Clément Flandrois (aka C.F), sia in forma urlata che più pulita. Ecco, se all'inizio parlavo di pochi spunti innovati nel sound degli Hyrgal, mi devo rimangiare le parole, visto quest'ultimo brano e l'esperimento ambient/noise della successiva "炎が秒を貪り食う場所 (Honō Ga Byō o Musabori Kuu Basho)", sottolineano una ritrovata vena di creatività dei nostri. Certo, se poi riproponi una cover dei Marduk, ecco forse una volontà di cambiamento non la leggo affatto e sulla scelta di includere questo brano, ci sarebbe forse un po' da discutere. Comunque, un discreto ritorno sulle scene, sebbene l'ultimo album fosse datato 2022 e quindi ritengo non fosse strettamente necessario dare un segno di vita. Eppure, qualcosa di interessante e potenzialmente rivoluzionario, lo si può anche ritrovare in questo 'Sessions Funeraires anno MMXXIII'. A voi l'arduo compito di recepirne il messaggio subliminale. (Francesco Scarci)