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giovedì 20 aprile 2023

Astimi - TrinaCapronuM

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Brutal Death
Dopo due demo ('Opus I' e 'Opus II') di black metal piuttosto vario, atmosferico, suggestivo e caratterizzato anche da linee melodiche dell’ormai tipico "Mediterranean Scene Sound", gli Astimi arrivano al debut album con una rinnovata line-up (Agghiastru alla voce, alla chitarra e alla programmazione delle parti di batteria, 3 alla chitarra e al synth, Fantasma al basso) ed un differente stile musicale. Gli Astimi del 2001 propongono del brutal death di classica matrice americana in cui vengono ben amalgamate tra loro parti sparatissime ed altre più cadenzate ma mai troppo lente. È quindi un classico disco del genere in questione che comunque sa farsi apprezzare per la rabbia e la foga con cui è stato concepito e che efficacemente trasmette, anche grazie a dei testi che, con parole dure e sprezzanti, attaccano l’ipocrisia e la falsità del cristianesimo. La produzione è sino ad ora la migliore delle Inch Productions: le chitarre suonano abbastanza spesse ma la batteria poteva rendere maggiormente con dei suoni migliori; la voce, per cadenza e timbro, ricorda un po’ quella di Glen Benton. L’artwork (come per ogni produzione Inch Prod.) è assai curato, ad effetto e stravagante… Cristu Crastu!!!

Mogwli - Gueule De Boa

#PER CHI AMA: Jazz/Rock
Jazz, elettro jazz, acid jazz, classic jazz, improvvisazione, c'è proprio di tutto nel nuovo album del trio francese Mogwli, un exploit di colori e musica per un disco strumentale, sofisticato e dinamico, pieno di virtuosismi e congetture ritmiche singolari, alla maniera intricata dei Battles. Supportati da batteria, fiati e tastiere (le chitarre non sono ammesse in questo gioco di suoni), i Mogwli si sbizzarriscono nel ripercorrere e deformare teorie e strade di tanti generi e stili musicali diversi tra loro. Il sound è moderno, carico, con quel tocco cool alla The Smile, ed anche se qui, il jazz la fa sempre da padrone, sebbene possiamo parlare tranquillamente di trame ed intermezzi che guardano al progressive rock più eclettico ed istrionico, senza però perdere quel sound alternativo, che per tutto il disco ti rimanda, a volte nel mondo elettronico, sintetico e cosmico delle produzioni della Ultimae Records, a volte tra le follie compositive degli Art Zoyd, in altre occasioni si crede di aver a che fare con un presunto nipote di Edgar Varese, schizofrenico, volgarmente innamorato delle bizzarrie dei sopracitati Battles, con il gusto compositivo che distingueva i Medeski, Martin e Wood negli anni '90/2000. Quindi, momenti frenetici s'intrecciano a forme più contratte e sperimentali, oppure melodiche e armoniche, a volte il lato percussivo prende il sopravvento, per poi lasciar spazio ad un classicismo che è lontanissimo dal sound precedente, che improvvisamente cambia direzione verso una techno elettronica imitata perfettamente dai tre, senza campionatori o aggeggi simili. Insomma, stiamo cercando il bandolo della matassa, ma non lo troveremo, e i cambi di tempo spettacolari di "Lèviathan" non ci aiuteranno proprio ad identificare questa creatura sonora. In realtà il disco ha un sound veramente originale ed è ben costruito e ben prodotto, non ha una singola direzione sicura, tutto può accadere, nota dopo nota, canzone dopo canzone, un continuo esternare teorie sonore e ritmiche, messe in atto da tre superbi musicisti (basti guardare il video live - Mowgli, Murkiness. Festival JAZZ360 2019 - che trovate in rete per capire di che pasta sono fatti). Potremmo cercare di definirlo etichettandolo fusion/jazz/rock, ma ancora ci sarebbe da obiettare, perchè, in effetti, 'Gueule De Boa', letteralmente testa di serpente, che nasconde un po' anche il significato di postumo di una sbornia, ha l'onore di essere una vera e propria jungla sonora, che farà molto piacere agli amanti dell'avanguardia e del jazz meno ortodosso. Brani come "Dario", "Bicouic Orbidède" e "Sauge d'une Nuit d'ètè", dettano legge, ma tutto il disco risulta imprevedibile e godibilissimo, da ascoltare e riascoltare in continuazione, per coglierne l'enorme lavoro compositivo ed esecutivo che si nasconde dietro le geniali composizioni di questo trio transalpino. Ascolto doveroso per tutti gli amanti del prog e dell'avantgarde jazz contemporaneo. (Bob Stoner)

(Budapest Music Center Records - 2023)
Voto: 83

https://soundcloud.com/mowgli-official

giovedì 13 aprile 2023

Kvist - For Kunsten Maa Vi Evig Vike

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black
Vorrei, con questa recensione, rendere omaggio ad un gruppo norvegese ormai sciolto (anche se Metal Archives darebbe la band ancora attiva nonostante non rilasci nulla dal 1996/ndr), che però con questo album di black potente e fiero si era distinto tra gli altri esponenti della scena per una buona tecnica e per una buona costruzione delle atmosfere, tristi ma evocative, vicine a sonorità che resero celebri i Satyricon di 'Nemesis Divina'. Certo, i Kvist avevano dalla loro una regisrazione più modesta ma sempre di buon livello, però erano riusciti comunque a convogliare in un'unica direzione il black primordiale senza tanti fronzoli, al black più ricercato e sinfonico. Da sottolineare l’ottimo intreccio fra armonie di tastiere e di chitarre. Se 'For Kunsten Maa Vi Evig Vike' non fosse in vostro possessso, beh datevi da fare e trovatelo.

(Avantgarde Music/Peaceville Records - 1996/2020)
Voto: 72

https://peaceville.bandcamp.com/album/for-kunsten-maa-vi-evig-vike

Dying Fetus - Purification Through Violence

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Grind
L'album ha qualche anno ma poco importa perchè i Dying Fetus suonano death-grind, un genere che se ne infischia dei trend imperanti. Chi conosce il genere sa quali siano gli ingredienti: tempi di batteria veloci, accelerazioni improvvise, voce gutturale alternata ad una più acuta, testi che sono un concentrato di odio e violenza, a volte parossistici e quindi divertenti come in "Skull Fucked" e "Raped on the Altar", a volte impegnati come "Nothig Left to Pray for". Personalmente penso che le convinzioni politiche siano roba da punk-hardcore e non c'entrino niente con il metal. Comunque quello che conta maggiormente sono le parti suonate: i pezzi sono buoni, anche se la produzione è un po' debole per quanto riguarda il suono di chitarra, la durata breve (28 min) contribuisce a non stancare chi ascolta. È presente anche una cover dei maestri Napalm Death, "Scum" , qui richiamata "Skum (Fuck the Weak)". Non consiglio l'album ai puristi dell'heavy, mentre lo faccio a chiunque voglia mettere nello stereo un cd estremo ma allo stesso tempo divertente.

(Pulverizer Records/Relapse Records - 1996/2021)
Score: 65

https://dyingfetus.bandcamp.com/album/purification-through-violence

martedì 11 aprile 2023

Niden Div.187 - Impergium

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Old School
Già con il mcd d’esordio 'Towards Judgement' nel ’96, questo gruppo svedese si era distinto per le qualità malsana e grezza del suono. Nel ’97 la band sforna il suo primo ed unico full-lenght , dopo di che se ne perdono le tracce. Prima di entrare nel vivo della recensione vorrei soffermarmi un attimo sul booklet, perché è rappresentativa del concept trattato all’interno dell’album e cioè la guerra con le sue atrocità ed ingiustizie. Il suono proposto è sporco, con una voce fetida e allucinata in stile black. Le chitarre costruiscono trame semplici e ossessive con tempi tirati all’inverosimile. Direi che se non fosse per la registrazione volutamente underground o per altre caratteristiche oltranziste della band, il loro sound potrebbe essere identificato come black svedese ma le visioni oscure, atroci, deliranti della musica sono qualcosa di unico e irripetibile. Se ancora fosse in circolazione questo album, lo consiglierei a chi cerca atmosfere allucinate e totalmente estreme. 27 minuti d’inferno.

(Necropolis Records/Self - 1997/2021)
Voto: 68

https://nidendiv187.bandcamp.com/album/impergium

Räum - Cursed by the Crown

#PER CHI AMA: Post Black
Una grandinata di riff caustici come la morte irrompono in questo debut album dei belgi Räum, intitolato ‘Cursed by the Crown’. “Andromeda” è la furibonda traccia che esplode nei nostri cervelli con quel riffing scarno e angosciante, mentre la voce ringhiante di Olivier Jacqmin, lascia trasparire tutto il proprio odio. Si tratta certamente di un furente post-black dai rari tratti atmosferici (giusto un paio di break acustici interrompono infatti la furia cieca del quartetto originario di Liegi) che potrebbe evocare nelle partiture più ragionate, un certo black norvegese di metà anni ’90. Ci provano infatti solo per pochi secondi nella title track, secondo atto di questo disco, a offrire un sound più compassato, ma dopo pochi attimi si riparte con un suono glaciale, tiratissimo (dove peraltro non mi convince affatto l’acustica della batteria), decisamente asciutto e questo screaming che alla lunga diventa a dir poco fastidioso. Fortunatamente il mattatoio messo in atto dai nostri s'interrompe a metà traccia, lasciando il posto a sonorità più affabili, quasi sognanti e con la comparsa contestuale di vocals pulite e oscure che comunque abbassano quella tensione quasi insopportabile che si era creata nei primi 11 minuti di ascolto. Con un fare vicino a certe sonorità death doom, la band sembra ripartire da un black più ragionato che per lo meno non persiste in frustate continue. Addirittura, un assolo dal piglio scandinavo chiude un pezzo comunque movimentato e più interessante di quello in apertura. Il sound tipicamente old school riprende però nella terza “Fallen Empire” e lo fa macinando riff serrati a mo’ di contraerea nei cieli di Baghdad con un rifferama tagliente, qualche episodico frangente melodico e poco più, il che non arriva a scardinare la mia emozionalità in fatto di sonorità estreme. Un peccato, perchè qualche idea discreta ci sarebbe pure, ma la sensazione che avverto, anche alla fine della lunghissima (12 minuti), spettrale e meno ammorbante “Beyond the Black Shades of the Sun“, è che quello che ho fra le mani, sia un prodotto austero, forse ancor troppo ancorato ai dettami della tradizione black. C’è ancora un po’ da lavorare per scrollarsi di dosso quell’impronta old fashion che rendono i Räum, ancora una band tra tante. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions – 2022)
Voto: 64

https://ladlo.bandcamp.com/album/cursed-by-the-crown

Trup - Nie

#PER CHI AMA: Black/Death/Noise
Prosegue l’opera della Godz ov War Productions nello scovare talenti sempre più feroci e incazzati. Oggi è il turno dei polacchi Trup e del loro corrosivo ‘Nie’. Il lavoro del trio di Varsavia si palesa quasi come un intransigente concentrato di black old school anche se nelle cinque schegge impazzite incluse in quest’album, si riescono a rintracciare anche elementi caratterizzanti la proposta dei nostri. Si parte con la furia sonora di “29”, song lanciata alla velocità della luce che trova in qualche elemento hardcore la chiave di volta per dare una lettura più integrata di quanto proposto da questi pazzi scatenati. Detto che nelle note della successiva “30” ci sento una mistura di Darkthrone e Napalm Death, potrete immaginare la ferocia profusa da questi ragazzacci in 120 secondi di puro delirio musicale. Di ben altra pasta “31”, malmostosa e dissonante, quasi una versione più distorta dei Deathspell Omega (ma non credo sia possibile) che per ben tre minuti ci allieta comunque con sonorità estremamente melodiche prima di condurci in un calderone di furia disumana, che si paleserà anche attraverso un cantato strillato, manco si trattasse di ultrasuoni per i cani. Fortunatamente alternato a questo bordello, c’è spazio anche per parti più sludgy, giusto per farci rifiatare un pochino prima delle montagne russe finali che avranno modo di regalarci anche un assolo a dir poco psicotico (chi ha detto Aevangelist?). La title track si affida ad un orrorifico sludge black per catturare la nostra attenzione, ma si rivelerà meno incisiva delle precedenti. L’ultima, “33”, si perde in tre minuti di noise black, per poi abbracciare un mefitico sound in bilico tra ambient, sludge, drone, black e paranoia ai massimi livelli che decretano la notevole personalità di questi loschi figure nel proporre un qualcosa di assolutamente interessante ma di difficilissima digestione. Io vi consiglio caldamente di dargli un ascolto, con la premessa che qui se non avete la scorza sufficientemente dura, di male ve ne farete parecchio. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/nie

mercoledì 5 aprile 2023

HolyArrow - My Honor is my Loyalty

#PER CHI AMA: Black/Thrash
Un tributo per l’esercito cinese della Seconda Guerra Mondiale (e speriamo ci si fermi qui), le forze di terra in “My Honor is my Loyalty” e per l’aeronautica in “March to the Sky”. Ecco il nuovo EP dei cinesi HolyArrow che funge da apripista per il quarto album in uscita per la one-man-band di Xiamen, guidata da Shi Kequan. Il mastermind (che abbiamo peraltro trovato anche in altre realtà quali Demogorgon e Rupture) ci offre un black non particolarmente innovativo che evoca battaglie militari fin dalla marcette che introducono entrambe le tracce del dischetto. Suggestive sicuramente, la trovata è per lo meno originale (anche quando è inserita nella matrice sonora del secondo dei due brani), ma la proposta musicale si perde poi in chitarre zanzarose, un black thrash che ha ben poco da dire e soprattutto da chiedere. Ci prova il factotum cinese con tutta una serie di cambi di tempo su cui s'innestano le grim vocals del frontman, ma in tutta onestà, fatto salvo per qualche trovata folklorica da attribuirsi all’introduzione di alcune linee melodiche che richiamano la tradizione cinese, trovo ben poco di interessante durante l’ascolto di questo EP. Non mi ero particolarmente emozionato ai tempi della mia recensione di ‘Fight Back for the Fatherland’, non mi sono emozionato oggi. Pazienza, evidentemente gli HolyArrow continuano a non essere nelle mie corde. (Francesco Scarci)

(Pest Productions – 2023)
Voto: 60