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domenica 10 luglio 2022

Serpent Spawn - Crypt of Torment

#PER CHI AMA: Black/Death, Possessed
La Iron Bonehead Records prosegue la sua politica finalizzata alla distruzione totale. A dar man forte all'etichetta teutonica ci pensa proprio una band proveniente dalla Germania e con un debut piuttosto ferale ed incazzato. Ecco come si presenta in due parole 'Crypt of Torment', atto primo dicevo, di questi Serpent Spawn, trio che vede in seno membri (ed ex) di Blood e Dawn. Quattro tracce isteriche, caustiche e velenose, che vedono i nostri partire dalla title track, un brano di quasi tre minuti, all'insegna di un assalto all'arma bianca tra accelerazioni al fulmicotone interrotte da brevi rallentamenti, con la voce del frontman Martin Witchskinner, a muoversi tra growl profondi e grida disumane. Le scorribande sonore continuano con il monolitico sound di "Conquering the Trinity", che ammicca qua e là ai Morbid Angel e ai Possessed, complice una ritmica granitica che non trova sosta nel suo acuminato avanzare. Il suono ci porta indietro nel tempo di oltre 30 anni, affiancandosi a quello classico di fine anni '80 e primi '90. Lo dimostrano le ultime due tracce di questo EP, "Carnage Divine" e "Skinned and Gutted", gli ultimi due marcescenti esempi di questo sinistro concentrato di death/black. (Francesco Scarci)

venerdì 8 luglio 2022

Stellar Death - Sentient (Chapter 1)

#PER CHI AMA: Melo Death Strumentale
Death metal e album strumentale, due cose che non vanno proprio a braccetto. Nonostante questo, gli statunitensi Stellar Death se ne fregano altamente delle convenzioni, e propongono questo EP intitolato 'Sentient (Chapter 1)', un lavoro che include tre brani che, partendo proprio dalla ritmica death dell'opener "Emergence", si srotola attraverso dinamiche soniche che ammiccano a generi estranei al contesto estremo. La traccia iniziale, a fronte di un attacco teso ma melodico, progredisce attraverso un sound più cinematico, che vede nella mancanza di un vocalist, la sua più grande pecca. Dopo la furia iniziale, la proposta si fa più tiepida, grazie ad un break atmosferico (quasi post rock) e ad una coda che mi ha evocato i Throes of Dawn. La seconda "I Am", attacca con un giro di chitarra assai melodico, accompagnato da una percussività quasi tribale che lascerà spazio, da li a pochi secondi, ad una più frenetica porzione di batteria, edulcorata comunque da buone linee melodiche e ancora da momenti di grande atmosfera alternati a parti più roboanti. "Capacity to Suffer" ha un attacco più post-metal oriented ma che non è chiarissimo dove voglia andare a parare. Soprattutto quando, ad un certo punto, la ritmica sembra evocare gli Opeth. Cosi si chiude il primo di una serie di lavori che culminerà in una raccolta di brani basati sull'esplorazione della consapevolezza nel nostro universo. (Francesco Scarci)

martedì 5 luglio 2022

Likheim - Alt Skal Svinne Hen…

#PER CHI AMA: Black, Gorgoroth
Dalla Norvegia con furore. Potremmo riassumere cosi la prima fatica della one man band scandinava guidata da Gretn (in compagnia di un paio di amici - provenienti da Eradication e Carpathian Forest - come guest star). Quattro pezzi completano questo "classicissimo" esempio di black old school intitolato 'Alt Skal Svinne Hen…', un EP che se fosse stato concepito negli anni '90, si sarebbe messo sul carro dei vincitori delle band black norvegesi (Gorgoroth in testa), ma che oggi francamente, lo vede semplicemente fuori tempo massimo. I pezzi tra l'altro non sono proprio malaccio: la title track che apre peraltro il disco, è una bella scorribanda black con tanto di chitarre super acuminate e grim vocals. La seconda "Smerte" è un po' più oscura e criptica, con dei rallentamenti al limite del doom che si sovrappongono alle più classiche sfuriate estreme. "Takens Kall" apre con un malinconico arpeggio e da qui riparte con una ritmica killer su cui si vanno ad affacciare dei cori dal piglio vichingo (che già erano emersi timidamente nel brano d'apertura). La traccia prova ad offrire delle variazioni al tema con un cantato più caustico, addirittura un accenno di assolo ed un finale atmosferico ancora in versione acustica. La conclusiva "Stormen" è un altro esempio di black metal vecchio stampo, che trova in un break atmosferico, in una voce epica (non troppo brillante a dire il vero), in un assolo finalmente convinto, ed in un finale ispirato, i suoi spunti migliori. Ecco, il dischetto finisce qui. C'è sicuramente ancora da lavorare e levigare un sound che a oggi, ha poco di innovativo da offrire, ma che qualche idea interessante sembra pure mostrarla. (Francesco Scarci)

(Underground Kvlt Records - 2022)
Voto: 64 
 

Grombira - Lunar Dunes

#PER CHI AMA: Psych/Kraut Rock
Se una volta la Germania era identificata come la patria di wurster, crauti, birra e thrash metal, ora mi verrebbe da dire che la scena abbia virato drasticamente verso sonorità progressive, psichedelico-sperimentali. Non ultimi questi Grombira che tornano con un nuovo album, 'Lunar Dunes', ed un concentrato assai interessante di ipnotiche sonorità mediorientali che mi riconducono immediatamente ad un altro lavoro recensito su queste stesse pagine, ossia 'In the Caves' dei russi Cosmic Letdown che fece sobbalzare il sottoscritto e soci, per quei suoi contenuti fuori dall'ordinario, cosi mistici e avvolgenti. Si presentano in modo altrettanto simile i quattro musicisti di Würzburg che con l'opening track "Saraswati Supercluster" e i suoi oltre 15 minuti, ci catapultano nel loro mondo fatto d'improvvisazione, la classica jam session dove dar voce a tutte le idee che pullulano le menti dei nostri, da sonorità orientaleggianti appunto, allo space rock, passando attraverso psichedelia, kraut rock, jazz e chi più ne ha più ne metta, il tutto ovviamente proposto in chiave quasi interamente strumentale, fatto salvo per alcuni cori che impreziosiscono la lunghissima ed avvolgente traccia, che ha ancora modo di mettere in luce nel finale una splendida linea di basso e una spettacolare porzione percussiva. Con "Civilization One" le cose non cambiano poi di molto, soprattutto a livello di durata, con altri 13 stravanganti minuti ad attenderci. L'inizio della song mette in luce una componente elettronica in background (quasi una voce robotica generata però da uno degli strani strumenti suonati dalla band) che va a collidere con la classica e immancabile parte mediorientale. La traccia ha però modo di evolvere in modo imprevedibile, con dei sample femminili, registrati peraltro a Essaouira (Marocco) dal polistrumentista sheyk rAleph, una delle menti della band, durante le sessioni di registrazione. Comunque, il pezzo è evocativo, per quella sua miscela di rock e musica etnica. L'inizio di "Dune Tune" mi ha ricordato un pezzo dei Bowland, una band iraniana che si mise in mostra qualche anno fa a X Factor: partendo da suoni della tradizione locale ma poi lavorando in modo raffinato sul proprio sound, quello che mi rimane in testa è un che evocante usi e costumi mediterranei (Grecia in modo particolare). Gradevole, ma prende le distanze da quello space rock che avevo apprezzato nelle prime due tracce, sfociando qui in un world fusion che si è completamente perso per strada la componente rock. Lo stesso dicasi per la successiva "Mad Mullahs", in cui confluiscono suoni, colori e profumi del nord Africa con la strumentazione classica che si unisce ad una serie infinita di strumenti etnici in una danza tribale che si completerà con la conclusiva danzereccia e vorticosa "Moonface Kumneitodis". Bravi sicuramente, ma indicati per un pubblico decisamente dai gusti raffinati e ricercati. (Francesco Scarci)

(Tonzonen Records - 2022)
Voto: 75

https://grombira.bandcamp.com/

lunedì 4 luglio 2022

Dissection - Rebirth of Dissection

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Melodic Black
Il canto del cigno, ecco cosa ha rappresentato questo DVD, dopo la morte inaspettata mercoledì 16 agosto 2006 nella sua casa di Hässelby, del frontman dei Dissection, Jon Nödtveidt. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, soprattutto dopo l’uscita di prigione dello stesso Jon e il rilascio di 'Reinkaos'. Una delle band più importanti della storia black, finisce il proprio percorso nel peggiore dei modi, col rilascio di questo 'Rebirth of Dissection', live show girato all'Arenan di Stockholm a fine ottobre 2004 per celebrare la rinascita della band dopo gli anni di reclusione in galera per la nota vicenda omicida di Jon. Quindici le tracce riprese dal vivo, quasi interamente facenti parte dei primi due capolavori della band svedese, 'The Somberlain' e 'Storm of the Light’s Bane': un’ora e mezza di grandi classici, da "Night’s Blood" a "Where Dead Angels Lie" passando attraverso "Frozen", "Soulreaper", "Unhallowed" e l’ultima e unica, non brillantissima "Maha Kali". La prova del quartetto scandinavo è brutale, la perizia esecutiva è tale da non avvertirsi la differenza tra la performance live e il brano originale sul Cd. Peccato che la regia si soffermi quasi esclusivamente su Jon, totalmente cambiato nel look, molto simile ad Edward Norton nel film 'American History X', rasato col pizzo e parecchio palestrato. Un’ora e mezza di musica da brividi, col pubblico che incita e canta con la band sui cavalli di battaglia; ottime le riprese e il sonoro, che può essere gustato sia in versione Stereo 2.0 che in Dolby Surround 5.1. A chiudere il DVD ci pensano poi il video, un po’ sottotono a dire il vero, di "Starless Aeon" estratto dell’ultimo lavoro ed un’intervista di 25 minuti con Jon, in cui ci racconta fiero e imperturbabile le tappe della sua vita e le sue convinzioni, con una luce di follia visibile nei suoi occhi. Una galleria fotografica in bianco e nero e a colori, accompagnata dalle note di "No Dreams Breed in Breathless Sleep", chiude questo triste, ma magnifico DVD, ultimo testimonianza di vita dei fantastici Dissection. (Francesco Scarci)

(Black Horizon Music - 2006)
Voto: 78

https://www.facebook.com/Dissection.Official

Trolldom - I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
The devotion to the roots of a genre or its golden era is something we can definitively find in almost every single subgenre of the metal scene, and the black metal scene is not stranger to this phenomenon. Although I consider essential for a genre to evolve and find new niches to enrich its core sound, I have always had a soft room for the bands and projects that bring back to the classic sound of the mighty '90s, where black metal was certainly something special. From time to time I have the chance of checking out new projects that successfully create albums, which are a true and tasteful portrait of that time. But it’s less common to find a project, whose debut consists of not a single album, but two opuses released at the same time. This is something outstanding and particularly if the quality is top-notch as it has happened this time. The Swedish one-man project Trolldom has assaulted the scene with two magnificent albums entitled 'Av Gudars Ätt…' and the present one, 'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)'.

As it is a herculean task to review two albums, today I will focus on the second album 'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)', which is a tremendous album of pure '90s atmospheric black metal. Starting from the production, you will immediately feel yourself immersed in the raw, yet atmospheric essence that forged the sound of legendary projects of that era. Contrary to some lo-fi production, the sound here is obviously raw, but well balanced and enough clean to appreciate the different instruments. There is a tendence to place in the front the vocals and drums, but the guitars can be also appreciated, and the symphonic/atmospheric arrangements are also audible, creating the hypnotic atmosphere that we love in this genre. The vocals are excellent, with these trademark shrieks which sound powerful. The tone is obviously high, though it has some screams which are particularly powerful, as it happens in the track "Draparen av Livets Veke". Pace wise, the album is fast as hell, the drums are a continuous exercise of blast-beats, that are crushing, but still have some excellent tempo-changes that make the drumming performance something to appreciate. From the ferocious album opener "Under Vinternattens Dystra Fullmane" to the last and epic track "Till Ruinens Svarta Rike", the listener will realise how relentless the pace is through the entire album. In any case, you will never feel that the album is boring as the drumming has some changes and technical touches that make it memorable. Furthermore, the great riffs and the excellent atmospheric arrangements, which are really captivating will definitively catch you. "Ondskans Svarta Brodeskap" is maybe the slowest track, because it slowly introduces you into a truly dark and dense atmosphere until the composition reaches a point where it explodes full of fury. As mentioned, the hectic pace doesn't mention that the album is a monorhythmic beast, the aforementioned track and the equally excellent "Inom Nattens Eviga Rit" show that the compositions have also good tempo-changes. The well-done contrast between the fastest sections and the mid-tempo or even slow parts, manages to enrich the compositions. The atmospheric arrangements are indeed a highlight of this album, with an excellent use of the keys, which appropriately complement the rest of the instruments. The ambient synthesizers, the simple yet effective pianos and the slightly symphonic keys are tastefully placed in each song, maintaining the recognizable style, but never sounding boring and exactly the same. The worth of using the same formula, but never sounding predictable is something that deserves all our praise.

'I Nattens Sken (Genom Hemligheternas Dunkel)’ is definitely an awesome debut that every fan of atmospheric black, and in general who loves black metal, should listen. The eight pieces of this debut are equally excellent and a fine example of the immense talent of the musician behind Trolldom. (Alain González Artola)

sabato 2 luglio 2022

Alice Cooper - Paranormal

#PER CHI AMA: Hard Rock
"I was a billion dollar baby in a diamond dress" cita "Fallen in Love". Già. Benvenute vecchie care paranoie ("I love floating off the ground / so welcome to my … private public breakdown", dice in "Private Public Breakdown"; "They feed my paranoiac personality / Persanoiac peronality", ecco "Paranoiac Personality"), benvenuti giù all'inferno ("That slick black limo full of ladies had the devil at the wheel" esclama "Dynamite Road"). Benvenuti nel vecchio caro mondo di Mr A. ("The sound of A will keep you down / with that cruel, peculiar sound / it will shoot into your brain / and remain" urla "The Sound of A"). Tanto peston-(sh)rock ("Dead Flies") nella prima parte, costruita a cazzuolate di riffoni chitarristici ("Paranoiac Personality"), la quasi-psych-punk "Fireball", la Zzz-topica "Dynamite Road", talmente zz che siete costretti ad aggiungere una Z (e, facendo sessanta, a convocare Billy Gibbons per il solo di chitarra). Puro rock-a-tainment nel prosieguo, con tanto di ottoni ("Holy Water"), hard-boogies ("Rats") e una rocchettosa carrambata con la vecchia Alice Cooper band relegata, pensate, sul bonus cd ("Genuine American Girl" e "You and All Your Friends") assieme ad una inutile manciata di live recenti. Alla autoreferenziale e già citata "The Sound of A", collocabile tra i Pink floyd di "Sorrow" e i Duran Duran di "Save a Prayer", spetta il compito di chiudere un album, il ventisettesimo, sorprendentemente ben scritto e insospettabilmente divertente. (Alberto Calorosi)

(Ear Music - 2017)
Voto: 74

https://www.facebook.com/AliceCooper

martedì 28 giugno 2022

Epitaphe - II

#PER CHI AMA: Death/Doom
Li avevo recensiti nel 2019 in occasione del loro primo atto. Tornano oggi i francesi Epitaphe con il secondo capitolo della loro discografia, intitolato semplicemente 'II', ed altri cinque pezzi che coniugano quel death doom corrosivo degli esordi con divagazioni funeral e aperture decisamente più melodiche. Si parte dall'introspettiva e strumentale intro "Sycomore" e si capisce che già qualcosa è cambiato in seno al quartetto di Claix. E infatti quando irrompono le ritmiche dissonanti della seconda "Celestial" e quell'intrigante ricerca sonora, ecco che capisco di avere fra le mani un piccolo gioiellino. Si perchè i 19 minuti del brano si muovono tra partiture death, altre decisamente più brutali e ampi frangenti acustici, il tutto corredato peraltro da voci sia in formato growl che pulito (forse la novità più ecclatante di questa seconda release). Poi la song, in tutta la sua infinita durata, vive di sussulti death devastanti (citavo i Morbid Angel nella precedente recensione e non posso che confermare) di nuovo interrotti da rallentamenti più claustrofobici, escalation black e nuove bordate death, prima del più tranquillo finale arpeggiato. "Melancholia" e altri 19 minuti davanti, introdotti da una furibonda ritmica techno death che trovo davvero spiazzante. L'avevo appreso già da 'I' che i nostri non sono davvero quello che sembrano, lo confermo in questo nuovo lavoro, che si palesa nuovamente ostico da esser digerito ma si arricchisce per lo meno di arrangiamenti death progressive e break acustici che in più di un'occasione mi hanno evocato gli Opeth dei primi album. Colpiscono le eteree clean vocals, i momenti più ambient, le derive post rock e per questo non possono che esserci grandi applausi. Ora, poi dopo tutto questo ben di dio, essere preso a cinghiate da altre raffiche death, si potrebbe rivelare esperienza sempre più destabilizzante e per questo stimolante. "Insignificant" apre con un arpeggio di opethiana memoria, con tanto di crescendo incluso che per oltre tre minuti (dei quasi 19 complessivi), ci prepareranno all'incombente sassaiola death che mi aspetto da lì a poco. In realtà, i giri del motore rimangono per un po' a basso regime, ma le emozioni non mancano, non temete. La band ha infatti modo di esibire un bridge melodico, un intercalare doomish, per poi lentamente spingere sull'acceleratore con una natura percussiva alquanto originale che prenderà il sopravvento nella seconda parte del brano e che troverà ancora modo di proporre qualche rallentamente decisamente più bilanciato prima di un finale davvero significativo. Altro pezzo strumentale a chiusura del disco che mostra le progressioni musicali dei quattro francesi e tutte le potenzialità che la band potrà sviluppare nelle prossime uscite. Se potessi migliorare qualcosa, smusserei del tutto gli isterismi estremi del sound dei nostri per una ricerca più progressiva del suono perfetto. Per ora bene cosi, ma ho aspettative parecchio elevate per il futuro degli Epitaphe. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2022)
Voto: 76

https://epitaphe.bandcamp.com/album/ii