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domenica 1 marzo 2020

Donarhall - Helvegr

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Donarhall è una one-man-band teutonica capitanata da tale Gnav, musicista che abbiamo già avuto modo di conoscere nei Sinister Downfall e che al contempo, porta avanti una nutrita serie di progetti paralleli (Crypt Witch, Death Carrier, Hexengrab, Necrochaos e Nihilisticon, giusto per citarne qualcuno). 'Helvegr' è il quinto album per l'artista originario della Bassa Sassonia, un concentrato di black strumentale assai tirato che si dipana dall'intro d'apertura, "Byrdh", fino alla conclusiva "Liflat", attraverso un percorso interamente affidato alla sola musica, per un esperimento parzialmente riuscito. Detto che non sono un fan delle release prive di un vocalist in ambito post-rock, immaginerete quanto possa esserlo ancor meno in territori prettamente estremi. Tuttavia, il mastermind tedesco prova a giochicchiare con un po' tutti gli strumenti a propria disposizione proprio per supplire all'assenza della voce. Ci riesce, con tutti i limiti del caso, sia chiaro. "Vinda" è una violentissima traccia nei cui solchi si ritrovano comunque rallentamenti acustici che fanno da contraltare alle ruvide scorribande in territori post-black. "Hyrr" è la terza song che apre con un'altra parte arpeggiata, accompagnata successivamente da una ritmica mid-tempo che costituirà la matrice della song. Non mancano le melodie affidate al tremolo picking, cosi come una certa ricorrenza nell'utilizzo della chitarra acustica che contribuisce ad acuire quel feeling decisamente malinconico che aleggia in tutto il lavoro. La sensazione è di ascoltare un che di Burzum, il tutto rivisto ovviamente in chiave più moderna, peccato solo che manchi una voce a guaire sulle note roboanti e pesanti di "Heimr" o "Vagr". Stranamente all'inizio di "Sunna" sembra esserci un etereo coro in sottofondo, offuscato successivamente dalla pesantenza del riffing portante, un peccatuccio veniale che mi sarei risparmiato proprio per dare una parvenza di voce alla song. Comunque, il lavoro si lascia piacevolmente ascoltare, pur non facendo gridare al miracolo, muovendosi tra riffoni tirati e altre parti decisamente più atmosferiche che rendono 'Helvegr' un gradevole passatempo di ascolto di musica strumentale. Se solo ci fosse stata una voce però, chissà che voto avrei dato al buon vecchio Gnav... (Francesco Scarci)

(Symbol of Domination Prod. - 2019)
Voto: 68

Officium Triste - The Death of Gaia

FOR FANS OF: Death/Doom, early Paradise Lost
The death-doom scene was rather prolific during the second half of the '90s and it has maintained a healthy level of quality during the first years of the current century. One of the most respected bands, founded in the '90s, is the Dutch project Officium Triste. Prior to the inception of Officium Triste, the original members played in a pure death metal band called Reincremated. However, it didn´t last too much as the project disappeared and the same members founded a new project, which was more influenced by the sound of early Paradise Lost, just to mention an obvious influence of the project, which evolves from standardized death metal to something darker and slower. Even though Officium Triste has had a long career, their discography is not particularly extensive, as the band has released six albums only during almost three decades of their existence. From the first line–up, almost half of the band still continues in the band, which it's a great example of their compromise with this project.

As already mentioned, the band hasn´t been particularly prolific with its releases, especially from the 2000s to onwards. Anyway, the quality has always been present and though the wait is usually long, as it has happened since ‘Mors Viri’, issued in 2013, the release of a new album is always a matter of excitement for the fans. Finally, and after six years of silence, Officium Triste released in 2019 their new opus ‘The Death of Gaia’. The band´s core sound is still present and, fortunately, with a bunch of quite inspired tunes. Officium Triste plays a classic death-doom full of sorrow and mid/slow paced compositions, where the melancholic feeling is present in every note. From the first track, "The End is Nigh", we can feel this sense of misery in every melody. The guitars sound powerful with slow paced riffs, always full of sad melodies, which are a pleasure for my ears. Pim’s vocals sound as strong and dramatic as always and the keyboards are present in many moments, but without being overused. They added an extra point of atmosphere to the compositions, like the fog wraps the mountains in an autumnal day. The pace is, as expected, quite slow but never sounding overwhelmingly monotonous. This is possible thanks to the excellent guitar work and the solid and well composed rhythmic base. Apart from the mentioned guitars and keys, the band tries to enrich its compositions with the use of classic instruments like the cello or violin in the opening track, or in songs like "The Guilt". This one is a marvellous piece of the best and most emotional death-doom you can imagine. Even though the tracks may have a similar structure due to the nature of the genre, each composition has always a distinctive melody, which is reasonably easy to keep in mind. The album maintains a very high level but I personally enjoy its second half with a particular brilliant song, the already mentioned "The Guilt", where the singer Mariska van der Krul shows us her great voice. The following "Just Smoke and Mirrors" and "Like a Flower in the Desert" complete a trilogy of impressive tracks, the true highlight of this excellent album. The first one has an awesome keyboard introduction and some outstanding guitars, making this song a little hypnotic, while the later has a more slightly vivid pace with some vicious riffs and a totally addictive melody.

At the end, Officium Triste is, thankfully, another fine example of how a veteran band can still deliver quality stuff after many years. ‘The Death of Gaia’ could be considered one of their finest releases, clearly indicating how good this work is. No doubts about it, this is a must for every fan of death-doom. (Alain González Artola)

sabato 29 febbraio 2020

Void of Silence - Criteria ov 666

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Apocalyptic Doom
Ricordo di aver atteso con grande trepidazione il nuovo lavoro dei Void Of Silence, band capitolina che nel 2001 si era già resa protagonista di un debutto esaltante, quel 'Toward the Dusk' che per alcuni è passato inosservato ma che rappresenta tutt'ora un esempio sporadico ed eccellente di come la musica estrema possa ancora rinnovarsi attraverso sonorità di matrice metal. Dopo il cambio di etichetta, da Nocturnal Music a Code666, il secondo album dei nostri, 'Criteria ov 666', rappresentò un lavoro che proseguiva nella direzione stilistica intrapresa dall'esordio e ne accentuava in modo palese la componente sperimentale, abbracciando a tratti la corrente del folk-apocalittico. La struttura portante su cui si appoggia questo disco, resta ancorata ad un doom-metal dalle ritmiche estremamente pesanti e dilatate mentre le contaminazioni di ambient industriale, costituiscono una base sempre presente, che rende unica e sublime la formula proposta dal trio romano. Il pesantissimo muro di suono creato dalle chitarre di Ivan Zara viene accompagnato dalle tastiere evocative di Riccardo Conforti, il quale si cimenta anche nell'uso di inserti disturbanti che sfiorano spesso, come nell'intro, il rumorismo di certa power-electronics. L'effettistica usata, pur non avendo un ruolo predominante, contribuisce però, a rendere terribilmente claustrofobica e angosciosa l'atmosfera dei brani e ricrea l'ideale tappeto sonoro per la voce "malata" di Malfeitor Fabban (Aborym). I rantoli sofferenti di Fabban e le sue urla cariche d'odio, affondano nella carne e la lacerano come un coltello affilato: una prestazione vocale estrema e terrificante che ricorda, in alcuni frangenti, i Katatonia di 'Dance of December Souls'. 'Criteria ov 666' rende attoniti davanti a tanta negatività, è capace di annientare, lasciando spazio unicamente al dolore e a sensazioni di morte... un'opera certamente agghiacciante, ma questa è la musica dei Void Of Silence, una delle realtà più credibili ed inquietanti che il nostro suolo può ancora vantare in ambito estremo. (Roberto Alba)

Theatres des Vampires - Suicide Vampire

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic, Tristania
La seria caparbietà che ha sempre contraddistinto i Theatres des Vampires, accompagnata dalla ricerca di una crescita costante, face compiere alla formazione italiana un altro passo avanti nella direzione artistica che fu intrapresa all'epoca di 'Bloody Lunatic Asylum'. Ad un primo ascolto 'Suicide Vampire' rivelò immediatamente gli intenti perseguiti dai nostri vampiri, che decisero con questo lavoro di non discostarsi di molto dal suono del precedente album cercando invece di focalizzarsi sul miglioramento degli elementi che hanno reso la loro musica così particolare ed inconfondibile agli occhi del pubblico. Il gothic metal suonato dai Theatres des Vampires rimane in questo album quindi caratterizzato da strutture poco dissimili dalle passate composizioni, ma viene arricchito e valorizzato da partiture sinfoniche maggiormente articolate e cori polifonici più complessi ed austeri, che in questa occasione sono stati arrangiati e condotti dai membri del coro dell'Accademia di Santa Cecilia (Roma). L'album non ricerca nell'innovazione la propria "carta vincente" ma sembra voler giocare tutto sulla melodia orecchiabile e la varietà dei brani, passando da momenti pomposi, come "La Danse Macabre du Vampire" o "Tenebra Dentro", ad altri dalla vena più malinconica, come la titletrack, dove spiccano le linee di violino di Elvin Dimithri (primo violinista dell’orchestra Filarmonica di Tirana). Le tastiere di Necros rivestono ancora un ruolo di primaria importanza nella musica dei Theatres des Vampires, mentre viene relegato in secondo piano il lavoro delle chitarre, delle quali ho avvertito un po' la mancanza; forse una diversa scelta dei suoni sarebbe riuscita a dare maggior risalto alle sei corde e a rendere ancor più magniloquente e d'effetto il risultato finale dell'opera. Nel complesso 'Suicide Vampire' è un album comunque piacevole e riuscito, che mi sento di consigliare a chi apprezza la sontuosità gotica di gruppi come Tristania e The Sins of thy Beloved. (Roberto Alba)

Thyrane - Hypnotic

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Thrash
Devo dire di essere rimasto un po' deluso dal 'Hypnotic', terzo album del 2003 dei Thyrane, tuttavia trovo giusto dar loro spazio con questa recensione, dal momento che fin dal primo demo 'Black Harmony', ho seguito con grande interesse l'evoluzione di questi blackster finlandesi. Ricordo che rimasi entusiasta quando anni fa acquistai il loro debutto 'Symphonies of Infernality' (uscito per Woodcut Records nel 1999) e credo che ancora oggi quell'album non abbia perso nulla del suo impatto e della sua potenza, ancor più se paragonato alle uscite particolarmente scadenti che hanno successivamente invaso il mercato del metal estremo. Al tempo non furono certo in molti a riconoscere le qualità del quartetto finlandese, con il risultato che i Thyrane sono rimasti un nome minore ed il rammarico sicuramente c'è, se penso che quanto proposto proprio in 'Symphonies of Infernality', era una formula di symphonic black metal dannatamente valida ed estremamente più convincente di qualsiasi produzione dei Dimmu Borgir. Con il secondo lavoro 'The Spirit of Rebellion' è ancora un sound violento ed incredibilmente efficace a caratterizzare la musica del gruppo, sebbene i brani risultino in questo lavoro orientati maggiormente verso il death metal. È però con 'Hypnotic' che i Thyrane compiono il loro più significativo cambio di rotta, semplificando pesantemente le proprie composizioni e alleggerendone la struttura in maniera forse troppo spinta, tanto da ottenere una collezione di brani innocui e un po' privi di mordente. La voce di Blastmor rimane feroce e le chitarre si concentrano su lenti riff di stampo thrash metal che trovo buoni, ma è l'effetto complessivo che non convince appieno e la sensazione che si ottiene, è quella di ascoltare delle canzoncine semplici che coinvolgono poco. Con 'Hypnotic' anche i Thyrane si fanno sedurre dalle tentazioni elettroniche e questo lo si avverte immediatamente dall'uso dei synth, che forse costituisce il punto di maggior interesse nell'album, per la presenza discreta di gradevoli loop ed orchestrazioni che si ricollegano a quanto fatto anche nei primi due lavori. Grazie a questo taglio moderno, alcuni brani come "Dance in the Air" e "Phantasmal Paranoia" risultano piuttosto indovinati ma il giudizio di 'Hypnotic' rimane quello di un album riuscito a metà, dove la comprensibile e lodevole voglia del cambiamento non è bastata a confezionare un prodotto all'altezza del nome della band. (Roberto Alba)

(Spikefarm Records - 2003)
Voto: 61

https://www.facebook.com/thyraneofficial/

Kawir - Adastreia

#FOR FANS OF: Epic Black
The Greek scene is undoubtedly one of the most prolific one, not only in quantity but especially in the quality. The national scene goes way further from the most famous bands like Rotting Christ or Septic Flesh, just to mention the most obvious ones, where you can find excellent bands, both new and old ones. If we focus on between the veterans who deserve more attention, the Athens based Kawir will be one of those for sure. This project was founded back in 1993 by Therthonax with the support of Stefan Necroabyssious and Eskarth the Dark One, who recorded their first track. Nevertheless, this project´s true leader has been always Therthonax, he is the only original member who has remained from the inception of the band to these days. As expected, Kawir’s line-up has suffered of many changes during its existence. The current line-up consists of five members and it has been quite stable during the last five years. Anyway, these numerous changes haven´t been a definitive impediment for this project to release seven albums, some splits and its newest opus, entitled ‘Adastreia’, or in its Greek spelling, ‘Αδράστεια’.

Kawir plays a quite epic and barbaric form of pagan black metal. The band´s career is full of excellent albums and ‘Adastreia’ is another fine example of powerful black metal, rich in melody and battling atmosphere. The new album contains six songs, being one of them a very nice folk song with a clear ritual tone, where the female vocals of Lindy Fay Hella play a major role. It is a very nice song, which can be considered a moment of calm during a ferocious battle. Apart from this track, the rest of the album is the expected carnage, with five ferocious songs of pure pagan black metal, not devoid of a great amount of excellent melodies and majesty. This epic touch can be immediately felt with the opening melody of the first track "Tydeus". An epic choir accompanied by acoustic guitars are immediately followed by aggressive black screaming vocals and some great riffs, whose melodies are tastefully composed and place through the whole song. The intensity goes higher with the next track, entitled "Atalanti", which has some faster sections of pure black metal. Anyway, the pace of the songs is never monotonous, as they varies it in a very natural way, from the typical pagan metal mid-tempo to blast beasts. The guitars play a very important role with inspired riffs which fit both the most straightforward sections, where the black aggressiveness reigns, and the pagan parts, where they have a more barbaric tone with a mid-tempo pace looking to work properly. Furthermore, the band enriches its sound adding some excellent folk touches during those more pagan black sections, using instruments like the flute or the bagpipes, which increase the sense of being immersed in the ancient Greek history. These additions are not everywhere as they are tastefully placed here and there like a bonus, which makes the album more interesting. The excellently composed and executed mixture of rawness, strength, melody and grandeur makes this album a pleasant listening and its length, around forty minutes, increases the need of listening to it again and again. The album closer, entitled "Medea", is not only the longest song, but also the perfect track summarizing all the aforementioned attributes, that make this album a great album. The song flows between the speedy sections, full of fury, to the most melodic ones, always leaving a room to atmospheric and folk sections, for a great ending!

In conclusion, ‘Adastreia’ is not a work released by a tired band, if anything it's the opposite by a band that still breaths passion in this music. This album is an impressive example of how pagan black can still sound fresh, inspired and grandiose. A must for every metal fan. (Alain González Artola)


(Iron Bonehead Productions - 2019)
Score: 90

https://ironboneheadproductions.bandcamp.com/album/kawir-adrasteia

The Pit Tips

Francesco Scarci

Clouds - Departe
Holy Fawn - The Black Moon
Rosk - Remnants

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Shadowsofthesun

Postvorta - Porrima
Envy - The Fallen Crimson
Ulver - Shadows of the Sun

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Alain González Artola

Midnight Bethrohed - To Follow Your Spirit Into The Night...
God Dethroned - Illuminati
Mavorim - Axis Mundi

mercoledì 26 febbraio 2020

Graham Bonnet Band - The Book

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Hard Rock
Un melodic griffato Frontiers ("Welcome to My Home", "Strangest Day", la consueta sfilza di cognomi napoletani nei crediti), ma non soltanto. In apertura, per esempio, una spiazzante fucilata power - l'avreste detto? - i cui pallettoni finiscono conficcati nel prosieguo, per esempio in "Dead Man Walking", dove emerge invero un certo retrogusto Rainbow. I Rainbow, già. Quelli di "Rider", sparata giusto "Straight between the eyes" (sì, sì, cantava Turner, lo so), quelli di 'The Book' trascinati nuovamente 'Down to Earth' dall'eccellente, nervosissimo, riffettismo del giovane Conrado Pesinato, una specie di John Petrucci delle caverne. I Rainbow di 'Down to Earth', l'album più sovraesposto ("Since You've Been Gone", "Lost in Hollywood", "All Night Long", "Eyes of the World"... ma dov'è finito quel riff laser di tastiera che arrembava il pre-finale?) e al contempo sottoesposto (non avreste risentito almeno anche "Love's no Friend"?) dell'intero disco due, quello delle reincisioni: sedici insignificanti riproposizioni fotocopia sovente affaticate (il "Wanna make you miiiiine!" di "All Night Long", ma risentitevi anche il Bruce Dickinson asmatico di "Earth's Child" sul disco uno). Due grahambonnettosissime ore in tutto a coprire un'intera carriera quasi cinquantennale. Eccetto, ovviamente, gli imbarazzanti Marbles. Ve li ricordate? No? Domandatevi il perché. (Alberto Calorosi)

(Frontiers Records - 2016)
Voto: 60

https://www.facebook.com/grahambonnetmusic/