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domenica 2 marzo 2014

Auric - S/t

#PER CHI AMA: Black/Sludge, Altar of Plagues, Mastodon, Iota, Unearthly Trance
La band proveniente da Fayetteville in Arkansas, sprigiona forza da tutti i pori con una pesantezza psichedelica di matrice sludge degna di tale denominazione e solo come pochi riescono ad ottenere. L'artwork del cd, opera di Sebastian Thomas (anche basso e voci nella band) e Bailey Wise, segue la scia artistica rispettabilissima dei capolavori grafici firmati Baroness, anche se musicalmente il quartetto in questione risulta molto più heavy e rivolto a sonorità più estreme tra Iota o Ramesses ed il tutto è filtrato dalla lente progressive doom dei luminari Unearthly Trance. Il disco parte subito con una certa urgenza stilistica ed irruenza postcore metallizzata, poi via via diviene sempre più ombroso, oscurato da una coltre di progressiva nebbia dalle forti tinte avanguardistiche della scuola post black metal guidata da band come gli Altar of Plagues o Deafheaven. Dal terzo brano, "Abrasion", l'album diventa sempre più godibile e interessante, aumentandone notevolmente l'approccio progressivo e fantasioso delle sue costruzioni. La struttura dei pezzi offre molta varietà ed una escursione sonora in continua evoluzione che facilita l'ascolto e lo fa elevare di gradimento soprattutto quando si accentuano le parti più vicine alla scuola Mastodon e i richiami southern/sludge alla Down. Effettivamente "Abrasion" è un'ottima vetrina che mette in mostra tutte le qualità stilistiche della band. Il crossover dei generi già citati e i richiami alle band sopra elencati pervade in tutto il lavoro in maniera positiva e cosa che lo spinge in maniera più decisa verso l'originalità è l'uso di una voce aspra e malata che carica molto sul versante black metal di stampo moderno. Quello che infine risulta più evidente è la volontà degli Auric di traghettare (o sdoganare) il genere sludge verso aperture di altra natura, fino a tentare come nella lunghissima track conclusiva "In Memory", un approccio coraggioso di scuola post-rock senza compromettere il loro stile, mischiato alle cadenze doom space di Zoroaster o Intronaut, ottenendo un buon risultato di suadente psichedelia estrema dalle suggestioni emotive molto forti. Il carico di richiami all'interno di questo lavoro è enorme, ben distribuito e giustamente in equilibrio tra quello che si dice trarre ispirazione e il saper rielaborarne il senso, motivandolo con nuovi innesti e variazioni sul tema. Questo album è un biglietto da visita che merita un inchino! (Bob Stoner)

Lamúria Abissal - Cânticos de um Além Abismo

#PER CHI AMA: Depressive Black, Shining
Il depressive black metal è un genere particolarmente espressivo, che si affida alla profondità della sue note per passare il suo messaggio. Si può dire che è difficile essere veramente espressivi quando si fa musica, e che molti gruppi falliscono nel loro tentativo di toccarci emotivamente. Posso dire certamente che non è questo che fanno i Lamúria Abissal. Con i loro testi ben scritti e la loro proposta, ci conducono ad una trance tenebrosa, e la loro demo di debutto, mostra come il black depressive deve essere fatto. Io descriverei la loro musica come un black molto pesante, in cui vi è molta interazione tra i riff di chitarra ed i suoni di tastiera, che creano alla fine un coinvolgente feeling profondo. Pur essendo nuovi in un genere già di per sé relativamente nuovo, i Lamúria Abissal suonano come un gruppo “old school” di depressive black, mostrando influenze da gruppi seminali come Shining o Silencer. Ciò che richiama l’attenzione sono poi i testi. Non sono verseggiati come accade normalmente, ma cantati in modo continuo e slegati, come farebbe un vero animo depresso che declama le sue angosce. Pur suonando naturali, le liriche si riveleranno assai poetiche, rammentando il romanticismo del XIX secolo. 'Cânticos de um Além Abismo' è una grandiosa demo che mostra il talento da vendere di questi musicisti, corredati da testi e strumenti meravigliosi. Da seguire. (Raphael de Souza Camisão)

(Depressive Illusions Records - 2012)
Voto: 80

http://www.facebook.com/lamuriadsbm

sabato 1 marzo 2014

Everlasting - March Of Time

#PER CHI AMA: Funeral Doom, Mournful Congregation, Thergothon
Ancora Solitude Productions, ancora Russia, ancora debutto, esordio, chiamatelo come vi pare, ma di questo si tratta: gli Everlasting sono tre ragazzotti provenienti da Rostov sul Don, cresciuti a pane e funeral doom e territori limitrofi, con un buon gusto per la scelta delle melodie e un pizzico di apertura mentale che tanto fa bene al genere in questione. D’accordo, magari alcuni storceranno il naso di fronte all’etichetta funeral, preferendo un più “mite” doom-e-basta, ma l’incedere e la durata dei quattro pezzi che compongono questo disco mi autorizzano a parlare in tali termini senza troppi scrupoli. Cosa rende valido quest’album? Nessun miracolo, nessuna trovata rivoluzionaria o cambio di paradigma, ma tanta dedizione alla musica e un’attenta analisi della scena musicale sguazzante tra doom, gothic, funeral, con spruzzi black, ricerca di melodie di più ampio respiro e meno soffocanti, zozzeria della voce in growl ad hoc e momenti di cantato pulito o addirittura parlato. Non segnalo nessun pezzo in particolare, perché tutti meritano un ascolto con la giusta impostazione mentale, ma senza ritrovarsi per forza con l’umore a terra in una uggiosa giornata di febbraio, sotto l’acqua battente sui vetri delle finestre di casa. I ragazzi sulla loro pagina Bandcamp citano le loro fonti d’ispirazione, in particolare Mournful Congregation e Thergothon, il che ci semplifica di poco il lavoro di “caccia” perché i riferimenti in effetti sono piuttosto chiari, e questo non è un male in quanto da buone fonti partono i lavori migliori. Quindi plauso alla Solitude Productions per l’ulteriore scoperta e, che vi devo dire, lunga vita al funeral doom… il che sembra un controsenso, ma non stavolta! Promossi. (Filippo Zanotti)

(Solitude Productions - 2013)
Voto: 70

http://everlasting1.bandcamp.com/album/march-of-time

Volcano Heat - Vive le Rock!

#PER CHI AMA: Garage Rock/Punk
Se si prende del garage rock, lo si unisce a del grunge e lo si cosparge di brit rock, ne esce un altro mirabolante power trio made in Italy. Vero, le influenze sono tante e si scorgono tutte, soprattutto per chi ha orecchie ben allenate, ma cribbio, se lo fai con stile allora tanto di cappello. Il cd che parte da solo e ti spara "Dead Leaves" è pericoloso, soprattutto se hai il volume alto perchè prima avevi in ascolto qualche porcheria registrata male. Qua si viaggia sul velluto, ottimi suoni e tanta birra musicale. I Volcano Heat hanno fatto del rock ammiccante la loro ragione di vita e il prodotto che ci presentano si fa ascoltare con facilità. Non richiede concentrazione e attitudine particolare, niente break trascendentali o excursus super tecnici. Puro rock proprio come la già menzionata "Dead Leaves", che apre il cd con energia, bei suoni e riff che chiedono di alzare le corna al cielo. Arrangiamenti al limite del pop e voce molto espressiva creano poi quel giusto mix che fa apprezzare i Volcano Heat anche ai rockers meno alternativi. "Secrets" è un'altra traccia ben fatta, che viaggia liscia come l'olio e grazie al main riffing, si lascia canticchiare senza grosse pretese. Ritmo cadenzato e break a metà del brano (effettivamente questo è il loro pezzo più prolisso, ben quattro minuti...), niente fuori posto, pure il finale in fade-out che solo i grandi si possono permettere. Trova spazio anche una cover dei Beatles ("Come Together") che personalmente non avrei inserito nel cd. Per carità, ben fatta e molto carica per un concerto, ma va bene così. Il basso spinge a manetta e trascina il pezzo per tutta la durata. Ottima la scelta di dare una taglio diverso ad una canzone che è conosciuta in ogni angolo del mondo. In generale buon cd, ottimamente registrato e curato nei minimi dettagli, ha tutte le carte in regola per soddisfare il popolo di rockettari che vuole qualcosa in più oltre alla ormai tristi playlist di Virgin Radio. (Michele Montanari)

(GoDown Records - 2011)
Voto: 70

www.thevolcanoheat.com

The Wounded Kings - Consolamentum

#FOR FANS OF: Psychedelia Doom, Black Sabbath, Electric Wizards, Cathedral
Like a crushing monolith edging across the landscape, the weight of this fourth effort from fast-rising English doomsters Wounded Kings is utterly oppressive and searing. Slow, dragged-out melodies with thunderous rhythm sections plodding along at a snail-like pace while lyrically dynamic efforts exposing the horror of the occult and the mysterious, this release really stands up with the heavyweights in the genre with Sabbath and Cathedral marking the biggest originators of this chosen style as both seem to provide the band’s blueprint for the majority of this effort. The Doom staples of extended, drawn-out passages riddled with endless repetition of riffs played at a sluggish, heavy-handed pace with fuzz-laden guitar tones, varying moods reflected throughout the dynamic variations and enough choking atmospheres to handle an elephant are all pretty much present here and ably demonstrated by the epic 13-minute opener "Gnosis" which is reflective off all these attributes and sets the tone for the album as a whole. The biggest difference between this and other bands of this ilk are the sonorous female vocals of Sharie Neyland, who imparts as much droning atmosphere as anybody in the game and lifts this above the mire with her dry, wispy tone making for even more oppressive atmospheres on "Lost Bride," the title track or "The Silence" where the feedback-laden vibes, ambient keyboards and droning pace of the rest of the music match the effective vocals extraordinarily well and make for an even better experience through the cohesive package presented. With the exception of the two brief interludes "Elige Magistratum" and "Space Conqueror," this is all a pretty much cut-and-dried album without much in the way of differences, surprises or variation, though, so it’s well-played for what it is but sticks to the formula pretty exclusively so it does drop a bit due to this as it really leaves the album with only five proper tracks and that seems a little light even with the extended running time, but as an example of the genre’s style and performance those areas provide enough to keep this one solidly afloat and enjoyable. (Don Anelli)

(Candlelight Records - 2014)
Score: 80

https://www.facebook.com/thewoundedkings

The Pit Tips

Claudio Catena

Hamferd - Evst
Colossus of Destiny - In Lesser Brightness
Death - The Sound of Perseverance
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Don Anelli

Sodom - In War and Pieces
Grave - Burial Ground
Flotsam and Jetsam - No Place for Disgrace

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Bob Stoner

Death Mechanism - Twenty First Century
Chrome Division - Infernal Rock Eternal
Fferyllt - Dance of Druids
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Raphael de Souza Camisão

 
Anaal Nathrakh - Vanitas
Peste Noire - Ballade Cuntre lo Anemi Franco

Teeth of Lions Rule the Divine - Rampton
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Francesco Scarci

The Mire - Volume II
Murmur - Murmur
When Icarus Falls - Circles
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mercoledì 26 febbraio 2014

Picea Conica - Freesia

#PER CHI AMA: Noise/Sludge, Karma to burn, Eight Bells, Helmet
Cd autoprodotto dal titolo 'Freesia' per i Picea Conica, combo di Forlì che ha una storia tutta particolare, anzi la band è tutta particolare. Due musicisti e un mentore, artefice del songwriting, un'amicizia di lunga data e un album che sa di scommessa vinta. Una chitarra e una batteria, niente altro, otto brani con influenze noise, sludge, post metal e tanta buona volontà. Entrando nei dettagli tecnici vediamo che le idee e la qualità ci sono ma una non sempre un'ottima registrazione rende omaggio alle fatiche del duo. Il sound è omogeneo ed ipnotico ma risente tantissimo della mancanza di un basso che compenserebbe il suono in pesantezza e una voce ottimizzerebbe certi riff di buona fattura. Anticipando il rispetto che proviamo nei confronti della scelta stilistica della band, rimarchiamo che l'idea di suonare in due è carina ma sterile, soprattutto perché lo stile dei due musicisti non punta mai al virtuosismo scenico ma mirano ostinatamente all'insieme, quindi se ne deduce che l'azione di evolversi in una vera e propria band non sia da scartare e potrebbe dare anche ottimi risultati. Pensate ai Karma to Burn senza un basso (cosa improponibile!) e con il suono delle chitarre dei Deftones e la batteria dal suono secco dei primi Korn o degli Helmet e avrete una minima idea del suoni di 'Freesia'. Come detto prima, questo lavoro risulta fatto bene ma buono per metà. Lo vorremmo sentire completato da un basso e una voce e il consiglio è di pensarci veramente, visto che la voglia c'è e il materiale su cui agire è tanto e ben costruito... Quindi, perché non osare di più? E' proprio il caso di dire che tentar non nuoce... (Bob Stoner)

(Self - 2013)
Voto: 65

Woodwall - Woodempire

#PER CHI AMA: Stoner, Post Metal, Orange Goblin, Isis 
Una rivelazione, semplice quanto improvvisa e fulminante. Ecco cosa mi è accaduto quando ho avuto tra le mani questo album marchiato Red Sound Records, che tra l'altro sta pubblicando una serie fortunata di ottime band. I Woodwall sono un quartetto lunigiano relativamente giovane di formazione (2009), ma che sfodera un sound e una composizione che porta subito alla mente gruppi di grosso calibro come Isis e Orange Goblin. Ma le somiglianze si fermano qui perché i Woodwall hanno lavorato molto per creare una proposta molto personale che prende si spunto dallo stoner psichedelico (i synth svolgono un ruolo molto importante in questo 'Woodempire'), ma va oltre fino a toccare il post rock/metal e tornare poi allo sludge. Dopo questa classificazione necessaria per gli amanti delle etichette, possiamo goderci a pieno le sei tracce ed entrare con passo leggero nel magico bosco dei Woodwall. La prima traccia affonda le sue radici tra riff grossi e carichi di bassi all'inverosimile con una sezione ritmica che non lascia respiro. Blues sporco di fuliggine annerisce le nostre mani e cerchiamo una via di fuga che ci riporti alla luce del sole, ma il bosco è troppo fitto e le note dei synth ci chiamano con voce suadente. Abbiamo appena varcato la soglia e i lunghi rami degli alberi ci hanno già avvinghiato, non ci resta che continuare il nostro cammino. "Kind Stuste" è un classico pezzi stoner che prende spunto dai storici Kyuss e Sleep, ma la band riesce bene nell'impresa e punta tutto sul suono. Le tastiere sono quasi sommesse e forse avrebbero potuto osare di più e dare più personalità al pezzo. Dopo questa breve divagazione, riprendiamo il nostro viaggio e grazie a "Walden" possiamo bere la linfa vitale e raggiungere la conoscenza. L'introduzione è maestosa, con sonorità prog direttamente dagli anni settanta che omaggiano i Goblin di Simonetti e ci trascinano in un vortice mistico che fa venire voglia di perdersi e divenire noi stessi parte del magico bosco dei Woodwall. Sono sincero, era da molto tempo che non mi emozionavo così tanto e ho sentito solo la mancanza della versione vinile di questa traccia che potrebbe regalare ancora maggiori emozioni sonore. Riff di basso e batteria potenti, assoli ricchi di delay e pad quasi ambient si uniscono perfettamente per dar voce ad ottimi arrangiamenti e cambi di direzione che non fanno altro che arricchire un brano già speciale di suo. Dopo questi undici minuti ti ritrovi a boccheggiare ed a soffrire subito di una crisi di astinenza che deve essere placata quanto prima. Per fortuna arriva "Holocene/Cambrian" la cui struttura si basa sulla batteria e basso che all'unisono creano una ritmica onirica accompagnata da una voce ricca di effetti e fascino. Synth e chitarra rincarano la dose e chiudono un album che rasenta la perfezione. È presto per dire che è il miglior lavoro dell'anno, ma gli altri gruppi sono avvisati. Il bosco rischia di incantarvi e difficilmente troverete il sentiero che vi riporterà indietro. (Michele Montanari)

(Red Sound Records - 2013)
Voto: 90