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mercoledì 20 dicembre 2023

Incantation - Blasphemy

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death Metal
Gli Incantation sono una delle death metal band più violente d’America, e questo è un album cupo e opprimente, un’autentica discesa agli Inferi. Il suono è pesantissimo, da togliere il respiro, e la distorsione feroce; la voce del cantante pare quella d’un arcidiavolo. Le canzoni tuttavia, peccano d’una certa omogeneità, sicché dopo un po’ si è assaliti dalla noia. Incuranti dei trend, gli Incantation ripropongono la ricetta sonora del cd 'The Infernal Storm': parti veloci alternate a lugubri passaggi doom. I testi, come al solito, consistono in un attacco ai dogmi religiosi. Bersaglio preferenziale degli strali della band continua a essere il cristianesimo: “Rotting with your Christ” è un titolo che non abbisogna di note esplicative. Diabolici.

(Candlelight Records/Hells Headbangers Records - 2002/2021)
Voto: 70

https://incantation-us.bandcamp.com/album/blasphemy

domenica 4 giugno 2023

Kaamos - S/t

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death Metal
Una splendida, rigenerante e devastante ventata di passato. Mi ci voleva proprio una bella badilata sui denti di fottuto death metal svedese. Sì, sì, ho detto proprio death metal svedese… Dark Tranquillity, In Flames… ma neanche a parlarne!!! Death metal di quello vero e tosto, inaugurato nella seconda metà degli anni '80 dai leggendari Grotesque, Nihilist, Morbid e poi portato a compimento dalla prima grande (ed unica!) ondata svedese: Entombed, Grave, Dismember, Unleashed, primi Tiamat, Inverted. I Kaamos potevano essere considerati i degni epigoni di questa gloriosa scena: formati da ex membri di A Mind Confused, realizzarono un paio di demo, un paio di split album, un EP e due album, prima dello scioglimento nel 2009, tutti lavori che a questo punto mi dovrò procurare, vista l’intensa e riuscita prova del debut cd. Death rovente e tagliente ad un tempo, forse più veloce delle sopra citate band ma dotato di simile pesantezza e impatto; tornano alla mente quegli adorati tempi di batteria, gli stramaledetti assoli alla Entombed e soprattutto quei giri che solo gli svedesi riuscivano a fare. Accordatura bassa e pesante, vero e proprio trademark, unita ad una produzione più chiara e moderna che non per questo altera il sound dei nostri. A voler fare i pignoli manca la cupezza di dischi tipo 'Into the Grave' o 'Left Hand Path', ma è forse eccessivo pretendere le sensazioni di claustrofobia che opprimono adorabilmente chiunque ascolti detti capolavori. Il disco è molto compatto, non ci sono cadute di tensione in tutti i suoi 34 minuti, nemmeno in un paio di intermezzi (di cui uno in stile vichingo che anziché risultare pacchiano rivela grande pathos ed efficacia nell’introdurre “Doom of Man”, un gran bel pezzo che ricorda molto i gloriosi Grave). In qualche punto ho ricordato anche gruppi tipo Obscenity, ma tutti questi riferimenti non vi traggano in inganno: i Kaamos rileggono la lezione alla grande, non copiano ma si nutrono alle sorgenti della Morte, offrendoci qualcosa che da troppi anni latitava, soffocato da trend gotico-melodici ma anche dalla cieca e assurda venerazione per il black norvegese.

(Candlelight/Desiccated Productions - 2002/2022)
Voto: 70

https://www.metal-archives.com/bands/Kaamos/3409

domenica 24 luglio 2022

Emperor - IX Equilibrium

#FOR FANS OF: Symph Black
What a kick ass release! So much intensity and variety. I valued this album greatly. The music is what's the most captivating! I enjoyed the whole thing. I don't know why this got some poor ratings because it's so catchy and noteworthy. These guys know how to tear it up musically. I realize the symphonic black metal genre it falls under and me disliking synthesizers doesn't make me like this album any less than it is. I think the keys went well alongside the guitars. The guitars are where the intensity lies. And the variation in the vocals make the album even more likable. It totally kicks ass the whole way through.

Songs are in variation with tempos, but most of them has that sort of variety in themselves. These guys never seem to disappoint. I like the guitars on pretty much all of the songs. I think the songwriting is way good. That's what makes the music most likable to me. The vocals are good as well. Everything seems to fit in just right. I like the atmosphere here, too. It makes the music sound more eerie and dark. But always the guitars, they kick ass the most. A long sought after release that I didn't take notice of until somewhat recently. The release was from long ago but still deserves praise.

I like the production quality and mixing. It seems as though everything was woven together rightly. It's everything to like in a black metal album. These guys have been kicking ass for years, I hope that they have a new album on it's way since they're still active! I'd love to hear some good new material. The only thing that is in a sour note is the lead guitar. I couldn't really stomach it I thought the main rhythms were fantastic though. If they cut out the lead I would've rated this higher. But since this is an older album, the guitars should've been just rhythm. They kind of make the sound to the rhythms more muddled.

I liked this album the whole way through. I enjoyed the bulk of the compositions. I think I'm right in saying that the leads put a damper on the music. If it were solely the rhythms, the music would sound more intense and killer. The tempo changes were there making it more diverse and well thought after. I really think this is an underrated album. But I can't change that. My opinion is to check out this album on digital first then make your choice as if you would want a physical copy of the LP. Get to hearing it! (Death8699)

(Candlelight Records - 1999)
Score: 80

https://www.facebook.com/emperorofficial

domenica 17 luglio 2022

Source of Tide - Blueprints

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Avantgarde Death, Arcturus
 Strani e sorprendenti questi Source of Tide. Non sapevo in che filone Metal collocarli, poiché tra riff tipicamente death metal, melodie catchy e suoni campionati ed “elettronizzati” con sapienza, ci si trovava in un torrente sonoro talvolta bizzarro grazie a delle tastiere a tratti sinfoniche e a volte classiche, mai banali ma usate in modo bilanciato e sapiente, estroso, e grazie anche a delle vocals malate, strane, ora gutturali, ora urlate ed effettate al limite. Alto e vorticoso il livello tecnico, tra riff e ritmiche di chitarra fulminei e tastiere, come accennato, molto ben studiate. Al primo ascolto vi potrebbero sembrare un po’ ostici da assimilare ma, entrati nell’ottica dei nostri, assicuro nessun problema ed ascolti ripetuti. In alcuni passi di bizzarria, li assocerei agli Arcturus di 'La Masquerade Infernale' ed anche ai Solefald di 'The Linear Scaffold'. Tutti ottimi musicisti peraltro, che avrete già sentito in gruppi quali Zyklon (Cosmocrator al basso assieme ai due Emperor Samoth e Trym) e Peccatum (Lord PZ assieme all’altro "imperatore" Ihsahn): tutto questo a marchio di garanzia. Da riascoltare la track numero nove, "Ruins of Beauty". Consiglio questa release agli amanti del death metal fuori dai soliti ed obsoleti canoni.

(Candlelight - 2002)
Voto: 75

https://candlelightrecordsuk.bandcamp.com/album/blueprints

martedì 31 agosto 2021

Manes - How the World Came to and End

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Avantgarde Music/Jazz
Dopo l’ascolto di quest’album, giunsi alla conclusione che in Norvegia ci doveva essere qualcosa di strano nell’aria, perché i gruppi norvegesi si sono rivelati, giorno dopo giorno, sempre più ispirati e in grado di reinventarsi musicalmente disco dopo disco. I Manes non sono mai stati esenti da tutto ciò: iniziata la loro carriera nel 1993 come blacksters super incalliti, hanno saputo evolvere il proprio sound in modo magistrale ed estremamente eclettico dapprima con 'Vilosophe' nel 2003. È seguito poi lo sperimentale 'View', presagio di cosa ci avrebbe riservato il futuro, arrivando con 'How the World Came to and End' a stravolgere totalmente la loro musica, con questo straordinario disco, che ho fra le mani. Questo lavoro sfugge infatti totalmente alla definizione di musica metal, perciò chi non dovesse avere una mentalità notevolmente aperta, si mantenga a distanza di sicurezza. Chi invece come il sottoscritto, ha saputo apprezzare l’evoluzione stilistica del sestetto scandinavo, potrà tranquillamente avvicinarsi a questa delirante produzione. Non saprei proprio da dove iniziare, tanto si presenta spiazzante all’orecchio dell’ascoltatore questo full length. Si parte con “Deeproted” che ci mostra subito la direzione cibernetica abbracciata qui dalla band: la voce di Asgeir è sempre ben riconoscibile su delle basi techno-jungle, che contraddistinguono il sound dei nostri. Con la successiva “Come to Pass” (e l’ottavo pezzo “The Cure-All”), assistiamo all’incredibile: l’uso di vocals rappate e suoni hip hop, stile Pleymo, inserito in un contesto oscuro e ipnotico, che termina in una fuga elettronica alla Prodigy. Con la terza traccia si celebrano atmosfere degne dei migliori Archive, mentre con “A Cancer in our Midst” vi è una ripresa dei suoni tanto cari ai Depeche Mode, con la sola differenza che le vocals sono filtrate, simil industriali. L’album di questi pazzi scatenati, viaggia lungo i binari del paradossale, attraversando lande desolate dal sapore vagamente jazzato, città futuristiche dai suoni spaziali e paesaggi notturni fatti di ritmi elettro-trip hop. I Manes hanno sempre avuto una marcia in più, versatili e dall’enorme inventiva: tutti i dieci brani riescono a catapultarci all’interno di un vortice di forme e colori, dal quale ne usciamo profondamente turbati e intontiti. Seguendo le orme dei compatrioti Arcturus e Solefald, ma ancor di più dei pionieri Ulver, i Manes hanno plasmato la loro mutante fisionomia, destabilizzando, con il loro sound, l'ormai “vecchia” concezione di musica metal. (Francesco Scarci)

(Candlelight Records - 2007)
Voto: 80

https://manes.no/

domenica 11 luglio 2021

Crowbar - Lifesblood For The Downtrodden

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Sludge/Doom
Sembra ormai evidente che da anni le ultime tendenze musicali riguardino la riscoperta, la rivalutazione e reinterpretazione di quel doom ossessivo tanto caro a Black Sabbath, Trouble, Melvins e via dicendo. È solo una constatazione introduttiva per presentare questo lavoro dei Crowbar, band che di certo non scopriamo ora. I nostri infatti, percorrono questa strada da oltre trent'anni, in maniera del tutto personale e soprattutto con ottimi risultati e riscontri di critica. Se poi ci fosse qualcuno che non conosce questi ragazzoni di New Orleans, ecco che, come sempre, sono qui per darvi ulteriori delucidazioni. La band si è formata a cavallo tra gli anni ’80-’90, debuttando nel ’92 con 'Obedience Through Suffering' e arrivando ai giorni nostri attraverso undici buoni e controversi album. Freschi di contratto con la Candlelight Records, i quattro omoni americani nel 2005 rilasciavano, a distanza di quattro anni dal precedente 'Sonic Excess in its Purest Form', questo 'Lifesblood for the Downtrodden', prodotto da Warren Riker (Down) e Rex Brown (Pantera, Down), lavoro che riprendeva al meglio le peculiarità della band. La musica, un doom-sludge metal, riprende tutte le caratteristiche degli album precedenti, le fonde e le porta all’estremo, nell’intento di frastornare l’ascoltatore. L’incedere è, come sempre, inesorabile e asfissiante; in questo i Crowbar sono dei veri maestri. Hanno infatti la capacità innata di ammaliarci con momenti melliflui, per poi torturarci con riffoni belli pesanti e diretti sui nostri musi. La prestazione vocale di Kirk Windstein è come sempre angosciante, carica di emozioni cupe e malate in linea col sound oscuro e maledetto della band. Gli 11 brani che compongono questa fatica, ci consegnano un’immagine matura e consapevole dei propri mezzi dei Crowbar, formato 2005, capace di stupirci e stordirci ancora una volta. Una citazione a parte merita la conclusiva “Lifesblood”, che lungo i suoi sette minuti, riesce a conferire quel pathos struggente che sarebbe sicuramente mancato all’intero lavoro. (Francesco Scarci)

(Candlelight Records - 2005)
Voto: 74

https://www.facebook.com/crowbarmusic

martedì 29 giugno 2021

Belëf - Infection Purification

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Death, Behemoth
Spesso accade che dalla sola copertina di un disco sia possibile risalire al genere musicale, quanto mai scontato, e talvolta sia possibile saggiare anche la qualità di una band. È il caso di questi francesi Belëf, e al loro esordio, rimasto poi tale, su lunga distanza, dopo sette anni spesi di gavetta e un mcd all’attivo ('Deathwind Legion'), sfruttando un’ottima chance concessagli dalla Candlelight Records. Il quartetto transalpino, capitanato da Adramelech (chitarre) e Mordred (voce), propina 56 minuti di estenuante black metal di ben poco valore. Già dall’iniziale “Brutal Destruction” (che dura ben 12 minuti!!) si capisce che non abbiamo a che fare con dei geni della musica. I quattro ragazzi s’impegnano alla ricerca di un proprio sound, per uscire dal marasma raw black metal. Cercano (raramente) di abbinare alla furia tipica del genere anche qualche soluzione vicina ai primi lavori degli Emperor. Se proprio volete farvi un’idea un po’ più chiara di quello che suonano i nostri, potreste immaginare un ibrido tra i Behemoth (quelli death), i primi Marduk, gli Zyklon e le dissonanti armonie dei Ved Buens Ende di 'Written in Waters', il tutto condito da forti inflenze death/thrash tipiche dello stile americano. Vocals gracchianti, batteria stile mitragliatrice, chitarre marce e piatte, che rappresentano i punti di forza di 'Infection Purification'. Negli ultimi due minuti di “Immortal Abomination” si cela una traccia nascosta (come se ce ne fosse stato bisogno), una scheggia breve ed impazzita di inaudita violenza. Per me, un album semplicemente da dimenticare. (Francesco Scarci)

(Candlelight Records - 2005)
Voto: 45

https://www.metal-archives.com/bands/Bel%C3%ABf/13777

martedì 4 maggio 2021

Emperor - Anthems to the Welkin At Dusk

BACK IN TIME:
http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Symph Black
Good intro to the album with a clean, but dark track. It segues into the brilliant and blisteringly hyper-fast next 7 tracks. It is diverse, however, but all over the place in tempos. The one thing they could've taken off are some of the synthesizer contributions. Though this is their genre so of course of the music needs some variations. They're quite prevalent in diversity, insane riffing galore. And the vocals alongside the riffs make it even more brutal. This was their concept though back then just immersion in the black metal community. I like a lot of what they've come up with here so no complaints in that respect!

I would have to say that the earlier recordings gave more raw essence to the sounds of the music. It's like Dimmu Borgrir's 'Stormblast' which is wholly raw or early Darkthrone. Some people dig that kind of sound, I think it worked with Kriegsmaschine's 'Altered State of Divinity'. But rarely (to me) where there actual album that sound doggone awesome raw. I think once Emperor got more established, their recording quality got better and more polished. As this holds true with any black metal bands (with exceptions, of course). I did enjoy the guitar riffs on this LP, it was quite original and brutal riffing just mind-blowing.

Production quality as I stated was raw and the atmosphere was evil as hell. I don't think that they wanted anything other than that. Except for the intro of course. They really have had it in store to the listener. Just raw symphonic black metal all the way through. It was quite entertaining hearing this one. That is, to then follow-up to 'IX Equilibrium'. But this is a great predecessor just the riffs and sound quality are a step-up on that one than this one. But as I say, they're just establishing their sound and experimenting with riffs and overall music. They really got a hold of evil and stayed with it till the end of the album.

I went ahead and bought this album, but it's only for people who value extreme music especially black metal. I used to be apposed to a lot of black metal because it's depressing but it actually gives me a boost hearing something like this. I like the energy and extreme sounds that they dish out. I would have to say this is one of Emperor's better albums though still active maybe they'll surprise us in 2021 and come out with something new. I'm sure the sound quality will be much better than the old but the intensity willl probably still be there. I'm also sure that more bands were influenced by this one than select few others. Hear this one! (Death8699)

(Candlelight Records - 1997)
Score: 84

https://www.facebook.com/emperorofficial

domenica 30 agosto 2020

Kryoburn - Enigmatic Existence

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Cyber Death, Fear Factory, Meshuggah
Curioso il fatto che, durante un’esibizione live, i Kryoburn abbiano cosi tanto impressionato Eddy Garcia dei Pissing Razors, che si sia reso disponibile per la produzione di questo album d'esordio intitolato 'Enigmatic Existence', presso i propri Krank Studios di El Paso. Ma veniamo alla musica proposta da questo quartetto originario del New Mexico, che ricorda non poco, il sound dei Fear Factory periodo 'Demanufacture'/'Obsolete' combinato con quello dei Meshuggah. L’album si apre con l’esplosiva “Transience”, che mette subito in chiaro quali siano le influenze principali della band: voce molto simile a quella di Burton C. Bell, chitarre ruvide e schiacciasassi, ottime le clean vocals. Segue “Singularity”, forse il miglior pezzo dell’album, dove una tastiera cupa impreziosisce il lavoro violento delle chitarre, riuscendo a creare un’atmosfera pregna di angoscia e malinconica. Ottimo l’apporto alla batteria di Chris Huber, cosi come pure quello al basso di Derick Richards, abili nel creare le pesanti ritmiche che permeano questo lavoro. La release è un concentrato di adrenalina pura, che vi farà implodere le casse dello stereo; per carità, nulla di originale all’orizzonte, però la band si conferma valida nel saper coinvolgere l’ascoltatore con la sua carica esplosiva. Con i Kryoburn l’headbanging è garantito: i ritmi tribali, che ricordano vagamente i Sepultura, cosi come le ritmiche sincopate alla Pantera, ci garantiscono 50 minuti di pura energia. (Francesco Scarci)

(Continental Entertainment/Candlelight Records - 2005)
Voto: 68

https://www.metal-archives.com/albums/Kryoburn

sabato 29 agosto 2020

Dissection - The Past is Alive (The Early Mischief)

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Death
Credo che la Hammerheart/Karmageddon Media abbia riproposto 'The Past is Alive' ormai quattro volte, l'ultima nel 2018 per ricordarci di questa raccolta del primo leggendario 7” EP dei famigerati Satanized (la band dalle cui ceneri sono poi sorti i Dissection), con versioni demo e promo dei classici pezzi della band svedese capitana da Jon Nodtveidt. Mi sembra proprio che attorno ai quattro ragazzi di Goteborg si sia costruita una coltre di mistero che trovo ingiustificata. Però i Dissection sono stati ottimi interpreti di un filone, che probabilmente deve la sua nascita proprio a loro stessi, di essere stati gli autori di due fantastici album a metà anni ‘90, 'The Somberlain' e 'Storm of the Light’s Bane', ma da quei due episodi, di anni ed eventi, in ambito musicale e non, ne sono passati parecchi. Da allora, un mcd di materiale già edito, un live, una raccolta e un ultimo mediocre album, 'Reinkaos', prima dello split definitivo legato alla morte di Jon nel 2006. Nell'edizione del 2005 dello stesso lavoro (cosa che non accade ad esempio nell'ultima release del 2018), la band aggiungeva due brani, “Where Dead Angels Lie” e “Elizabeth Bathori” per rendere più appetitosa questa release. Ma francamente quello che potete ascoltare qui è un sound più crudo e primordiale rispetto a quanto poi i Dissection hanno prodotto, col loro sound a metà strada tra death e black fatto di quei fraseggi chitarristici pregni di malinconia, rabbia e malvagità, ma anche pieni di una melodia che mai prima aveva trovato posto all’interno di un genere così estremo. Ci sono comunque dei segni prodromi di quanto avrebbero generato in seguito nelle linee di chitarra di "Frozen" o "Mistress of the Bleeding Sorrow", ma altri episodi cosi grezzi rimangono agli atti solo per i fan più accaniti. Gli altri si vadano ad ascoltare il monumentale 'Storm of the Light’s Bane' per meglio capire il corso della storia. (Francesco Scarci)

(Karmageddon Media/Candlelight Records - 2005/Hammerheart - 2018)
Voto: 60

https://hammerheart.bandcamp.com/album/the-past-is-alive-the-early-mischief

domenica 19 luglio 2020

She Said Destroy - Time Like Vines

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Death
Ad aprile 2006 uscivano come un fulmine a ciel sereno questi She Said Destroy. Senza uno straccio di biografia, nemmeno il titolo di una canzone nel promo a mia disposizione, oltre alla difficoltà a recuperare informazioni via internet, capii che la formazione era al debutto assoluto (fatto salvo un paio di demo), e proveniva da Oslo. La proposta della band all'insegna invece di un techno death brutale sporcato da influenze vicine ai Meshuggah, ma non solo: suoni ripetitivi, riff disarmonici, (qualche) intermezzo acustico, ritmiche sincopate, cambi di tempo, breaks melodici (pochi), stop’n go e sfuriate grind. Possono bastare? Eh si, devo ammetterlo ragazzi, se da un primo ascolto, quest’album mi sembrava il solito lavoro scopiazzato qua e là, dopo svariati (ma svariati) ascolti, ho potuto apprezzare la capacità del quartetto scandinavo, guidato da Ugmod e Snorre, nel saper trasmettere delle emozioni malsane e alquanto incazzate. Non eravamo di fronte a chissà quale miracolo in ambito musicale, non c’era nulla di nuovo nei solchi di 'Time Like Vines', però, la proposta del combo norvegese risultava comunque accattivante, nonostante la difficile opera di digestione, dovuta proprio ad una proposta di non così facile presa. Il death dei She Said Destroy si poneva come un attacco frontale, un attentato ai nostri emisferi cerebrali, fatto di ritmiche violente, talvolta viaggianti su mid tempos, ma sempre belle massicce e rabbiose; le growling vocals si alternano qui allo screaming tipico del black. Altri influssi di scuola old-black, thrash, noise, convergono poi all’interno di questo disco, che in definitiva, risultava essere di difficile assimilazione. Con un’ulteriore sgrezzata, i She Said Destroy potevano dire anche la loro, riproponendosi in futuro con il brillante 'This City Speaks in Tongues', prima di scomparire dalle per lungo tempo. (Francesco Scarci)

domenica 28 giugno 2020

Comity - ...As Everything is a Tragedy

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Post Hardcore, Dillinger Escape Plan
Li abbiamo recensiti in occasione del loro ultimo lavoro, 'A Long, Eternal Fall', li ripeschiamo oggi con il vecchio '…As Everything is a Tragedy', quando ho potuto apprezzarli per la prima volta nella loro ossessiva e asfissiante veste musicale. I parigini Comity sono essere un interessante ibrido tra The Dillinger Escare Plan, Neurosis e Meshuggah, i primi per la loro follia di fondo, i secondi per la loro genialità, i terzi per la capacità di costruire ritmiche monolitiche ammorbanti, atmosfere rarefatte e oppressive. La struttura dei brani di questo lavoro si rivela infatti veramente delirante a causa della sua elevata complessità: i nostri sono dei maestri nel portarci al limite del baratro con dei momenti di frustrante ultra doom, per poi scaraventarci giù dalla rupe con la violenza profusa dalle schizoidi ritmiche. La musica dei Comity non è del tutto ortodossa e difficilmente potrà piacere ad un vasto pubblico, tuttavia chi ama questo genere di sonorità non potrà fare a meno di dare un ascolto alla spirale emozionale messa in atto da questi pazzi scalmanati autori di un’astratta musica brutale. Non posso segnalarvi un brano piuttosto di un altro perché il disco fra le mani consta di 99 schegge impazzite (suddivise in quattro suite), frapposte a momenti di inusuale calma e melodia che preludono al caos primordiale. Qui c’è da farsi male! (Francesco Scarci)

giovedì 23 gennaio 2020

Mithras - Behind The Shadows Lie Madness

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Atmospheric Brutal Death, Akercoke, Morbid Angel
Nel 2007, dopo quattro anni di silenzio in cui avevo temuto il peggio pensando che la band si fosse sciolta, sono tornati sulle scene gli inglesi Mithras e il loro brutal death chiaramente influenzato da Morbid Angel e Nile, ma personalizzato da inusuali clean vocals e stralunate soluzioni chitarristiche. La base di partenza dell'allora duo di Rugby è sempre il brutal death “made in USA” ma arricchito, come di consueto - e questo rappresenta la loro forza - da eclettici e complessi arrangiamenti ed evocative parti atmosferico-spaziali, che da sempre mi fanno apprezzare la band. Le dodici tracce di 'Behind the Shadows Lie Madness' vi fanno sussultare dalla sedia, per la violenza e l’intensità profusa dagli strumenti di questi due impavidi musicisti. Mastodontici suoni di chitarra massacreranno di certo i vostri timpani, mentre velocità disumane, dettate dalle furiose ritmiche e dai veloci blast-beat, segneranno il tempo per un frenetico headbanging. Growling vocals, magnifici e tecnici assoli, ammalianti inserti tastieristici, completeranno un lavoro maturo e complesso, per cui valse la pena attendere così tanto tempo. La divinità solare è ha colpito ancora col proprio atmosferico brutal extreme metal. (Francesco Scarci)

domenica 22 gennaio 2017

Spektr - Near Death Experience

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black, Blut Aus Nord, Bathory, Khold
Gli Spektr sono un duo di origine, manco farlo apposta francese, che con 'Near Death Experience' taglia il traguardo del secondo lavoro. Era il 2006 e i nostri proponevano un mix di black metal primordiale e atmosfere maledettamente rarefatte. Nove brani più un video di 12 minuti costituiscono questo sulfureo lavoro, partorito da menti assai malate, che fece sicuramente la gioia degli amanti del black più primitivo unito a quelle malsane ambientazioni da film dell’orrore. Non so se realmente quest’album mi sia mai piaciuto, tuttavia devo ammettere che mi risultò estremamente affascinante per quel suo mood tenebroso, oscuro e insano. Le chitarre, sempre molto grezze, possono ricordare i primi riff messi su disco da Quorthon nei Bathory o dal buon Conte Grisnack nei suoi Burzum, così come pure i vagiti del vocalist, non fanno altro che richiamare tempi ormai andati. Molteplici e di lunga durata sono poi i momenti più d'atmosfera, in cui i nostri si dilettano nel creare situazioni angoscianti, fin apocalittiche. Difficile sottolineare gli apici espressivi di un lavoro, che pecca forse di una eccessiva ripetitività, un album che va comunque gustato dall’inizio alla fine in una stanza senza luci e finestre. Se volete impazzire, questo disco farà al caso vostro. (Francesco Scarci)

mercoledì 20 luglio 2016

Blood Red Throne - Union of Flesh and Machine

#PER CHI AMA: Death Metal, Cannibal Corpse
I Blood Red Throne da sempre rappresentano sinonimo di qualità tecnica messa a servizio della brutalità. Il nuovo 'Union of Flesh and Machine', ormai ottavo album per i veterani della scena death norvegese, non si discosta più di tanto dai precedenti capitoli e prosegue imperterrito nella propria mission di proporre atterrente death/thrash metal. Undici brani trita budella che non rinunceranno però a conquistarvi con un bella dose di groove che affiorerà già dalle note di "Revocation of Humankind", song bella dritta, con riffoni ultra distorti, i consueti cambi di tempo, ma che nel suo finale, ha anche modo di partorire (udite udite) delle parti melodiche. Melodia che viene subito spazzata via dalla tempesta sonica di “Proselyte Virus”, traccia in cui a mettersi in mostra, accanto ai biechi latrati di Bolt (efficace sia in fase growl che nei più rari urletti scream), c'è soprattutto la prova imperiosa del batterista Freddy. "Patriotic Hatred", la song che ha fatto da apripista all'album è famosa, oltre che per il suo incipit in parlato, anche per il lyric video che compare su youtube (dategli un occhio), ove la traccia è stata utilizzata come soundtrack per il videogame 'Hatred'. La song poi, come d'altro canto le successive (di cui vorrei citarvi la killer "Martyrized", la mia preferita), si muovono su di un rifferama che non viaggia quasi mai ad altissime velocità (fatto salvo per le crivellate del drummer in alcuni episodi sporadici), con il quintetto di Kristiansand che continua ad offrire asfissiante death metal fatto di articolati cambi tempo, ferali vocals, acuminati e granitici riff di chitarra, qualche spruzzata di groove (nella title track ad esempio), qualche isterica galoppata ("Legacy of Greed"), qualche assolo qua e là (nella già citata "Martyrized" e in "Exposed Mutation") fino a proporre la cover dei Judas Priest, "Leather Rebel", riletta ovviamente in chiave estrema, ma che comunque lascia trasparire quelle che erano le caratteristiche originali del brano contenuto in 'Painkiller'. 'Union of Flesh and Machine' alla fine è l'ennesimo album che non deluderà di certo i fan del combo norvegese, ma che sicuramente non aprirà a nuovi iniziati, se la band non farà leva su una proposta più fresca e meno ripetitiva. (Francesco Scarci)

(Spinefarm/Candlelight - 2016)
Voto: 70

https://www.facebook.com/pages/Blood-Red-Throne-Official

venerdì 25 dicembre 2015

Witchsorrow - No Light, Only Fire

#PER CHI AMA: Doom Metal
'No Light, Only Fire' è l'ultimo lavoro dei doomster britannici Witchsorrow, in circolazione dal 2005 e con all'attivo già tre full-length, un EP e una demo risalente al 2008. Nel loro decimo anniversario, pubblicano quest'album che si apre con "There is No Light Only Fire“, song dalle sonorità oscure ma con un vocalist dalla voce pulita: non v'è infatti traccia di growl, anzi sembrerebbe quasi una canzone adatta a una sorta di karaoke metal (se mai qualcuno volesse ispirazione, consiglio quest'album). La stessa atmosfera all'insegna del puro doom, prosegue in “Made of the Void” e in “Negative Utopia”, con la differenza che in quest'ultima song la disperazione traspira minuto dopo minuto fino a portare all'esasperazione dei sensi. Dalla metà in poi del brano qualcosa cambia: ci si ridesta, la chitarra e la batteria vengono liberate per un breve lasso di tempo e un barlume di luce si intravede nell'oscurità più fitta. Restando sempre su questa riva, troviamo “The Martyr”: l'inizio è grave, scandente ogni secondo con il drumming che si agglomera alle chitarre a lutto (sarebbe un'ottima marcia funebre alternativa). Qui la rabbia traspare nei diversi cambi di tonalità vocale, che diventa addirittura roca. Poco dopo metà brano, il ritmo cambia e vira, avvicinandosi a un punk-rock: grida, ritmica cadenzata e assoli di chitarra rendono il tutto perfetto per l'headbanging (grazie anche al tono vocale del cantante Necroskull). Come in ogni lavoro che si rispetti, c'è sempre un giro di boa (o un piccolo cambio in corsa, se vogliamo definirlo in tal modo) ed è scandito da “To the Gallows”, le cui sonorità sono decisamente metal puro, con la voce sempre assestate ad un livello acuto, e fiumi di dirompente potenza, energia e rabbia che fuoriescono dalle casse dello stereo. “Disaster Reality” comincia in punta di piedi, una nota ogni due secondi fuoriesce dalla chitarra, per poi essere supportata brevemente dal binomio batteria-basso. Il risultato che ne esce è come un'onda: prima piccola, poi enorme, piccola e poi una sorta di tsunami, con uno spettro di pura angoscia che aleggia per tutto il brano. “Four Candles” è totalmente strumentale e acustica, un piccolo intermezzo curioso. Il disco si chiude con un piccolo salto nel passato: “De Mysteriis Doom Sabbathas”, già apparsa nell'omonimo EP uscito nel 2013 su cassetta in edizione limitata (ne sono uscite solo 150 copie). Strumentale per i primi 4 minuti, segue la falsariga di “The Martyr”, offrendo un assolo meraviglioso verso l'ottavo minuto che dà carica e potenza e coincide con la parte migliore del pezzo. La chiusura poi riprende il mood dell'apertura e le sonorità oscure tornano alla ribalta per collegarsi al primo brano. Buon lavoro questo 'No Light, Only Fire', ma mi sento di dare un unico consiglio: provare ad usare il growl nel prossimo lavoro, se non come voce principale almeno nei cori. (Samantha Pigozzo)

(Candlelight Records - 2015)
Voto: 75

https://www.facebook.com/witchsorrowdoom/

venerdì 24 aprile 2015

Bio-Cancer - Tormenting the Innocent

#FOR FANS OF: Black/Thrash, Dark Angels, Sadus
What's this? Bio-Cancer? A biohazard symbol in the logo? Artwork by Ed Repka depicting a chained up mutated humanoid? We know what we're all thinking - and in some ways, you're right to think pessimistically. However, if you begin to write these Greek speedsters off as another pseudo-crossover failure like Fueled By Fire or Thrash or Die(*shudder*!), then you are missing out on some incredibly tight and entertaining genuine thrash metal, written for the 21st century audience. 'Entertaining' really is the key word here. Bio-Cancer seem to fill every nook and cranny of their sound with subtle compositional devices which make a huge difference to the overall effect. A bass lick here, a drum fill there - it all adds up to a unique and memorable experience (the 0:53 mark in opening track "Obligated To Incest", Lefteris' primal grunt, is a prime example). Speaking of vocalist Lefteris; he puts on one hell of a performance here. Completely balls-to-the-wall insane shrieks and a vitriolic lyrical delivery are the norm for this madman. His supporting cast are also en point throughout "Tormenting The Innocent". Original riffage, tuneful solos, a range of dynamics, and most importantly, a variation in pace. This is best exemplified in the middle section of "F(r)iends or Fiends" where the rhythm section truly prove that they can hold their audience's interest without the need for a simplistic verse-chorus-verse-chorus structure. Think Mastery, but with a seriously impressive vocalist at the helm. The production quality is stellar: the guitars and bass work together as one well-oiled machine, Tomek's blast-beats are always highlighted superbly and the gang-shouts become an integral part of the compositions due to the gravitas given to them. In fact, if there's any fault with this album at all, it's that Lefteris' English pronunciation is far from accurate, but that just adds to the mad hilarity of this release! Who gives a shit about lyrics anyway? "Tormenting The Innocent" flows with surprising fluidity; each track leading to the next with an almost narrative through-line - climaxing on the one-two deathlike punch of"Haters Gonna...Suffer!" and "Life Is Tough (So Am I)". The songs all have something that will make you want to come back and hear it again and again. Be it the mesmerizing melodic middle-eight of "Boxed Out" or the relentless chanting of "Think!", you'll find yourself becoming enthralled by a detail you missed on previous listens. It's clear that these Greeks have placed themselves on a plinth of thrash metal godliness. Along with the Finns in Lost Society and the more established Brits in Evile, let us hope their toxicity develops and infects us all! (Larry Best)

(Candlelight Records - 2015)
Score: 90

domenica 9 novembre 2014

Vampillia - Some Nightmares Take You Aurora Rainbow Darkness

#PER CHI AMA: Math/Experimental/Ambient
Ritornano i folli giapponesi Vampillia, già recensiti in occasione del precedente lavoro, dal fido Bob e valutati con un 110 cum laude. Abbandonati gli estremismi sonori di quella release, i nostri diminuiscono anche drasticamente il numero di song contenute nell'album ma le novità non si limitano solo a questo. 'Some Nightmare Take You...' infatti propone una nuova veste per la band del Sol Levante. La title track, posta in apertura del disco è infatti una canzone di oltre sette minuti che si muove ondeggiando su un tenue tappeto di chitarre classiche, violini e un finale drone/noise/wave. I nostri non si smentiscono, anche se non è il folle grind mischiato a musica classica a saturare le mie orecchie. Con “Fedor” ritornano a farsi sentire gli strumenti elettrici e quindi mi attendo verosimilmente il delirio. L'inizio infatti è affidato a una batteria schizofrenica, chorus celestiali e fraseggi ambient prima della definitiva esplosione del tipico sound dei Vampillia: schegge impazzite di grind/math su cui si innestano pianoforte, strumenti ad arco, chitarre classiche e frammenti di urla farneticanti, che sottolineano ancora una volta la genialità del combo giapponese, uno che quando c'è da sperimentare non si tira certo indietro. Il sound fiabesco riprende con la terza “The Volcano Song”, in cui ancora sono eteree voci di donzelle unite a violini a dare una parvenza di normalità ad un sound che spinge per liberarsi da quelle catene che lo tengono costretto alla normalità. Qualche riffone infatti ben più pesante cerca di erompere nella quiete ultraterrena che quegli angeli provano a mantenere con i loro soavi vocalizzi, ma questa volta la follia rimane del tutto controllata fatto salvo per un bellissimo assolo conclusivo accompagnato però da mefistofeliche vocals e da un drumming tribale e ossessivo. È forse il suono di una spinetta quello che apre “Silences” song che nei suoi primi 30 secondi mette in scena tutta la teatralità musicale dei Vampillia: musica classica e grind, un binomio perfetto per un risultato fuori dal comune. Il disco prosegue con una serie di pezzi che non superano i due minuti di durata in cui emerge forte l'anima dei nostri. In “Dream” la musica di questi pazzi sembra richiamare le colonne sonore cinematografiche degli anni '50, mentre “Hope” potrebbe rievocare gli anni '60. A chiudere il disco ci pensano le delicate atmosfere di “Kizuna”, l'ennesimo pezzo che stravolge completamente il concetto musicale dei Vampillia, che in nove brani sono stati in grado di dire tutto e il suo contrario. Genialità e follia allo stato puro. (Francesco Scarci)

(Candlelight Records - 2014)
Voto: 80

https://www.facebook.com/pages/Vampillia-official

domenica 21 settembre 2014

Shores of Null - Quiescence

#FOR FANS OF: Dark/Gothic Black Metal, Katatonia, Moonspell
This is quite an impressive effort for a debut offering which has a lot more going on than really expected. The riff-work throughout here is perhaps the biggest influence on this which is quite a bit more varied and dynamic here which is quite impressive. This manages to include the kind of varied riff-work that doesn’t seem to mesh well initially upon first impression, as this has the light, romantic strains reminiscent of Gothic Metal up against the darker strains found in Black Metal, yet plays them in the tempo of Doom and somehow makes this seem quite organic and original. The main impression is that Gothic Metal here for there’s a more conscious effort to place that type of rhythm up-front and center in the tracks by being frequently utilized as the main style throughout, either by used to set-up the other sections or by coming into focus after those other sections do the set-up for the track, and through either method remains the more common variety throughout here. This does give the album a warm, lush atmosphere here with the swirling guitars featured throughout here providing plenty of gorgeous arrangements and dynamic variations throughout which is quite easier to get into than the harsher strains of their other influences. This makes for quite an impressive showing that gives them a bit of an edge against the other bands of this type, but it also gives this one quite a disorienting and scattershot appeal that really belies their infancy in the genre. Not really knowing which direction to turn and throwing all their influences together does make for quite a zigzagging album that continually whips around into numerous feels that never makes for a coherent whole but this can be something that’s fixed in the future. After getting by instrumental intro ‘0x0000,’ which is a droning heavy dirge with sprawling atmosphere and heavy clanking throughout, proper first song ‘Kings of Null’ offers a fine sampler of what’s within as there’s plenty of romantic Gothic tones, complex progressive riffing and darker Black Metal energies used sporadically in the sprawling section for an overall enjoyable track. ‘Souls of the Abyss’ continues that with a lot more lighter moments against the darker Black Metal sections but maintains enough of a good pace to allow this plenty of enjoyable moments. The darker ‘Night Will Come’ features more of those traditional Black Metal riffs amid the Gothic-styled arrangements for a quite dynamic and enjoyable effort, which is continued along nicely in ‘Ruins Alive’ which also features more of the darker elements in play despite a lot of warm, lush Gothic arrangements. ‘Quiescent’ goes back into the Gothic realm with plenty of lush arrangements, a lessening impact of the darker influences and a slow pace to allow it all to shine through quite nicely, but is just a bit too slow for its own good. Flowing along quite wonderfully, ‘The Heap of Meaning’ manages to mix together those elements quite well with breathtaking cleans against the most raging Black metal present on the album and generates an easy highlight. Quite disappointingly, ‘Time Is a Waste Land’ starts off fine with the blasting drumming and tight riff-work of Black Metal taking shape throughout before turning into a series of quiet, plodding droning that takes up the final half and really knocks this one down a lot as it really demonstrates the aimless direction of its varied influences the best here. The overall bland ‘Pain Masquerade’ is pure Gothic Metal throughout and really doesn’t do much of anything here to really wow with what it does. The massive sprawling ‘Eudaemonia’ keeps things going in the slow, swirling pace that just keeps repeating it’s riff-work throughout which does tend to make for a troubling finale but does have enough other areas about it to not only make up for this but certainly allows this to be a band to watch in the genre. (Don Anelli)

(Candlelight Records - 2014)
Score: 80

https://www.facebook.com/shoresofnull

sabato 19 luglio 2014

Falloch - This Island, Our Funeral

#PER CHI AMA: Post Rock/Shoegaze, Alcest
Li stavo aspettando al varco da tre anni, li ho anche dati per dispersi ad un certo punto, ma finalmente gli scozzesi Falloch hanno dato seguito al meraviglioso 'Where Distant Spirits Remain' del 2011, con un lavoro nuovo di zecca, che fin dal suo epilogo sembra voler dare una certa continuità al debut album, concentrandosi su sonorità che miscelano amabilmente post rock e shoegaze, il tutto intinto di un tenue folk. Il risultato, come potrete intuire, non è affatto male, anche se devo ammettere che il quartetto di Glasgow ha perso un po' di quella magia e di quel misticismo e folklore che avvolgevano il precedente Lp. Non fraintendetemi però, l'album è godibile in ogni suo momento, dalla lunga opening track, notturna e malinconica alla successiva traccia, in cui le ritmiche sembrano pestare non poco, ma dove a convincermi non troppo è invece la performance vocale, un po' sottotono rispetto al passato, in quanto sembra aver perso parte del suo calore primigenio. La musica riesce a ritagliarsi i suoi consueti spazi acustici e le sue classiche ambientazioni autunnali, affrescando ancora l'etere di quelle immagini tipiche delle verdi colline scozzesi. Una voce femminile fa capolino nella terza song, più che un reale brano, un passaggio verso la lunga quarta traccia. Tiepida, dalle spiccate atmosfere post- nelle sue nervose chitarre, il brano vede affiancarsi alle clean vocals anche delle urla che rappresentano un retaggio della precedente release. L'influenza dei francesi Alcest tiene banco, ma in 'This Island, Our Funeral' è completamente scomparsa quella componente black che ogni tanto divampava in alcuni pezzi di 'Where Distant Spirits Remain'. Non che sia un difetto, ma il feroce turbinio estremo rendeva l'album più dinamico e imprevedibile. Un altro interludio e poi i 10 minuti della traccia numero 6 (non me ne vogliate ma i titoli delle canzoni non ci sono), che per certi versi mi ha ricordato gli ultimi Lingua, quelli prima dello scioglimento, ma anche qualcosa dei A Perfect Circle, segno che la band in questi ultimi tre anni ha subito comunque una certa mutazione/evoluzione musicale, a discapito di quella componente black folk di cui dicevo poc'anzi, dando invece maggior peso a un approccio all'insegna dello shoegaze/alternative rock. Non so dirvi se questo sia bene o male, io li preferivo nella loro veste primordiale, ma 'This Island, Our Funeral' è l'esatta fotografia di quello che i Falloch sono oggi, una validissima band che ha le carte in regola per sfondare e ottenere il successo che merita con un piacevole mix di suoni che strizzano l'occhiolino ai trend più in voga del momento. Ah dimenticavo: la mia song preferita dell'album? L'ultima, quella di cui non vi ho parlato volutamente. 12 minuti da pelle d'oca, per cui vi incito all'ascolto... (Francesco Scarci)

(Candlelight Records - 2014) 
Voto: 80