#PER CHI AMA: Techno Death, Avantgarde, Ephel Duath, Cynic, Atheist |
Sono quasi convinto che nelle Marche ci sia qualche fungo particolare che i ragazzi si mangiano o fumano: dopo la follia cerebrale degli Infernal Poetry, la freschezza alternativa degli Edenshade, ecco giungere tra le mie mani la delirante proposta di questi Duality, nati nel 2003 grazie a Manuel Volpe e Giuseppe Cardamone. Lo so che vi starete chiedendo perché ho etichettato i nostri come deliranti, un attimo, vi tengo un po’ sulle spine. Beh, sapete com’è, quando si preme il tasto play e si viene investiti da una furia death è cosa normale a cui siamo tutti abituati, ma se dopo 30 secondi, il nostro quartetto inizia a fare un po’ quel diavolo che gli pare, uscire completamente dai binari, improvvisare con digressioni jazz schizoidi, prontamente interrotte da inequivocabile furia hardcore, non si può che rimanere attoniti di fronte ad una simile proposta. Poi, con il secondo pezzo, la title track, (in realtà un intermezzo di un minuto), il delirio aumenta: eh si perché la song sembra venir fuori dal flamencato “Elements” degli Atheist, solo che il caldo intreccio violino-chitarra spagnola ci riconduce a sonorità più vicine alla musica classica. Confusi vero, non vi aspettavate una simile proposta? Beh io lo sono ancor di più, soprattutto quando con “Intuition of Disorder” ho la pretesa di intuire, che i nostri vogliano assaltare la diligenza con la loro furia death metal, mi sbagliavo; di nuovo sprazzi di insania mentale prendono il sopravvento e cosi quello che attacca le mie orecchie come un mefitico parassita, è un sound che intreccia influenze derivanti dai Cynic, con quelle nostrane degli Ephel Duath. “Natural Seizure Syndrome” parte ancora una volta furibonda, con le chitarre del duo Diego/Giuseppe costantemente arroganti ed imprevedibili, per non parlare del basso slappato di Tiziano Paolini che sembra volerci condurre in territori funky; non temete però, perché poi le urla filtrate di Giuseppe, qui assai vicino al vocalist degli Infernal Poetry, ci tengono solo per qualche secondo con i piedi per terra, prima che i nostri ripartano per farneticanti e psichedeliche esplorazioni in suoni assai avanguardistici. Da paura! Da paura anche la conclusiva e arrembante “Hybrid Regression” che dichiara palesemente che nuovi fenomeni stanno crescendo sul suolo italico. E ora voglio il full lenght!! (Francesco Scarci)
(Self)
Voto: 85
Voto: 85