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martedì 17 agosto 2021

The Nerve - Audiodacity

#PER CHI AMA: Groove Metal, Rage Against the Machine
Era il novembre 2013 quando usciva questo funambolico disco da parte degli australiani The Nerve. Ed io che ero convinto che la label australiana fosse focalizzata quasi esclusivamente sul post rock/metal, vengo smentito dalle bordate di questo 'Audiodacity'. Per la serie ristampe da oltreoceano (Indiano questa volta), ecco il poderoso sound di questi musicisti (membri di Mammal, COG e Pre-Shrunk) che ci scaricano addosso badilate di melma infuocata. L'iniziale "14 Again" sembra un pezzo pescato dalla discografia dei Pantera, la successiva "Witness" fa l'occhiolino invece ai Rage Against the Machine, con quel rifferama sincopato ed un cantato quasi rappato, con una porzione solistica davvero avvincente ed un finale che pesca addirittura dai Faith No More. C'è un po' di tutto degli anni '90 in questo disco, facendomi sobbalzare e poi cadere dalla sedia. Il cantato rappato torna anche in "Poser (First World Problems)", altra hit di poco più di due minuti e mezzo che spingono a quel classico pogo isterico di massa. Ancora bei riffoni per "Be Myself" che evocano un che dei Pantera, con la linea di chiterra un po' più edulcorata ed una voce qui molto vicina al buon Mike Patton. I pezzi vanno ascoltati tutti d'un fiato, per questo mi lascio tramortire dall'hard rock robusto di "Excuse Me" senza farmi troppe domande, un pezzo che prende però le distanze dai pezzi ascoltati sin qui. Non male per groove e potenza ma forse ho maggiormente apprezzato i precedenti brani, sebbene assai più derivativi. Un plauso va sempre alla sezione solistica, sia chiaro. Si torna a volare con "There May Come a Time" ed un sound sempre ricco di melodia, rabbia ed energia che spinge all'headbanging furioso, enfatizzato ancor di più da esplosioni alla chitarra solistica. Ancora un rifferama di scuola texana per "The Insight" ed un cantato qui che potrebbe anche emulare un che di Phil Anselmo. In chiusura, l'indiavolata "Respect", che mette sotto i riflettori l'eccellente performance vocale del sempre bravo Ezekiel Oxe e del mago della chitarra Glenn Proudfoot. Bravi e convincenti. (Francesco Scarci)

(Bird's Robe Records - 2013/2021)
Voto: 75

https://birdsrobe.bandcamp.com/album/audiodacity

super FLORENCE jam - S/t

#PER CHI AMA: Garage Rock
Continuano le uscite relativa al decimo anniversario della Bird's Robe Records, questa volta con il quartetto dei super FLORENCE jam (mi raccomando scritto rigorosamente in questo modo, non mi sono sbagliato). L'EP di quest'oggi rappresenta il loro debutto del 2009 e l'etichetta australiana ci ripropone il rock'n roll dei nostri per darci un assaggio di questi campioni (almeno in patria) di Sydney. La loro proposta? Lo dicevo una riga poco più su, un garage rock di settantiana memoria che sembra coniugare i Led Zeppelin (soprattutto con un vocalist che strizza l'occhiolino o forse meglio dire le corde vocali, con Robert Plant) con un che dei Beatles, mantenendo intatto quello spirito libertino di fine anni '60. Lo dimostrano le chitarre e i chorus dell'iniziale "Ghetto Project Fabulous", cosi come i fumi psichedelici della lenta e doorsiana "The Circle" per quello che un vero tuffo nel passato musicale più lisergico della nostra storia. Certo, siamo ovviamente lontani dalle divinità di quegli anni, però meglio non lamentarsi e divertirsi ripescando vecchie sonorità in grado di coniugare garage, punk, rock, psych e perchè no, anche stoner, con una verve allegra e rallegrante, come quella offerta da "Marcy" o dalla melodia orecchiabile di "Ten Years" e ancora dal roboante sound di "No Time", dove il frontman (in versione Ozzy qui) urla quasi fino a far esplodere l'intera collezione di bicchieri di cristallo che ho in casa. In chiusura, spazio alla malinconica "No Man's Land", una specie di ballata semiacustica, e dai tratti pink floydiani a livello solistico, che chiude un disco forse più indicato per gli amanti di simili sonorità, curiosi di conoscere una realtà che forse si erano lasciati scappare in passato. (Francesco Scarci)

Sordide - Les Idées Blanches

#PER CHI AMA: Black/Punk
Quello dei francesi Sordide è un bell'esempio di black dalle sfumature punkeggianti. 'Les Idées Blanches' è il quarto album per la band transalpina che nelle sue fila conta membri di Ataraxie, Mòr e Malemort. Sette malvagi brani che probabilmente non aggiungeranno molto di nuovo al panorama estremo se non la visione sghemba di questo trio originario di Rouen. Quindi, se siete amanti di sonorità scuola Deathspell Omega o Blut Aus Nord, il tavolo è apparecchiato per una nuova storia di suoni distorti, voci catramose, ritmiche trasversali e un caos primigenio che vi terranno incollati allo stereo per poco meno di quaranta minuti di musica ostica e ostile. Parlavo di punk inizialmente e infatti lo potrete cogliere nelle linee di chitarra dell'iniziale "Je N'ai Nul Pays" o nella ritmica incalzante di "Ruines Futures". Questi suoni si mischiano poi con elementi disarmonici che caratterizzano alla fine la proposta del terzetto normanno, abile non solo nelle linee musicali più veloci, ma anche in quelle più atmosferiche. Le influenze punkeggianti rieccheggiano nella parte iniziale di "L'atrabilaire" sebbene il pezzo affondi poi le sue radici nel black old school di scuola norvegese, che vede in esponenti quali Carpathian Forest, Taake e Darkthrone, i maggiori punti di riferimento per i nostri. Quello che sorprende poi è che in un brano come "Ne Savoir Que Rester", i nostri rallentino vertiginosamente le loro ritmiche spietate per immergersi in un sound decisamente più fangoso, oserei dire quasi sludge. Ecco il punto di stacco dal black norvegese, la capacità di modulare la ferocia della propria proposta in pezzi dal piglio più compassato, come ritroveremo anche nella melmosa ed ipnotica title track o nella conclusiva "Vers Jamais" che coniuga un po' tutte le caratteristiche della band in un'unica e lunga song di quasi nove minuti che arrivano addirittura a strizzare l'occhiolino a sonorità prog avanguardistiche. 'Les Idées Blanches' alla fine è un gradito ritorno, certo non sarà facile da apprezzare sin da subito ma i fan di queste sonorità lo adoreranno, ne sono certo. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2021)
Voto: 70

https://ladlo.bandcamp.com/album/les-id-es-blanches

giovedì 12 agosto 2021

Crystalic - Watch Us Deteriorate

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Melo Techno Death
L'inizio di 'Watch Us Deteriorate' vale da solo l'acquisto di questo lavoro: coinvolgente, melodico, trascinante, potente. Devo ammettere di essermi innamorato immediatamente del debut della band finlandese, in giro ormai dal 1998, ma che soltanto dopo una decade è stata in grado di rilasciare la propria interessante prima release. Poco meno di quaranta minuti di musica death metal melodica, influenzata nelle ritmiche dagli Arch Enemy ma rievocante anche il sound e il feeling di act quali Death, Control Denied e Nevermore. Nonostante un'insipida copertina, che penalizza enormemente l'impatto visivo, il disco si rivela invece estremamente valido e vivace. La traccia in apertura, "Blackened Image", è a dir poco entusiasmante, con quelle sue aperture melodiche ma potenti, le growling vocals (ottime peraltro) di Jarno ben bilanciate rispetto a tutti gli altri strumenti. Le successive “Severe Punishment” e “Defiance of Supremacy”, mettono in mostra l'elevato potenziale di fuoco del quintetto nordico: potenti riffs, ottima perizia tecnica (eccezionale il lavoro al basso di Arto, in grado di evocare i virtuosismi di Steve di Giorgio) e raffinato gusto per le melodie (bravissimi i due axemen). Sia ben chiaro, non stiamo parlando di un album molliccio, ma di un lavoro capace di dosare egregiamente potenza, tecnica e melodia. I Crystalic avevano tutte le carte in regola per raccogliere lo scettro lasciato da Chuck Schuldiner e compagni: musica aggressiva ma in grado di andare dritta al cuore. Peccato solo si siano persi per stradadopo il secondo splendido 'Persistence' del 2010. Da allora solo silenzio, fino all'ultimo single del 2020, che lascia ben sperare per il futuro. (Francesco Scarci)

(Manitou Records - 2007)
Voto: 75

https://www.facebook.com/CrystalicBandOfficial

venerdì 6 agosto 2021

Megadeth - Rust In Peace

BACK IN TIME:
http://www.secret-face.com/
#PER CHI AMA: Thrash/Speed
Probably my favorite Megadeth release to date. It's just melodic as all hell! That's what drove me to like this album! Dave sounds great, too! Especially on "Holy Wars..." and "Hanger 18." Megadeth has been such a huge influence in the metal community since they came about after Megadeth's great Dave Mustaine was fired from Metallica. They've been more consistent than that legendary band staying within the thrash/heavy metal roots. They never sold out, they always came back to write more great music but on 'Rust In Peace', the riffs were top notch, ABSOLUTELY!

Both Dave and Marty rip on the lead department! And the riffs are God-like. "Holy Wars..." probably my favorite song from the entire album. It's just so original and fresh. The intro to "Hanger 18" is killer too. But the whole album displays areas of amazing creativity by Dave mostly. I can't believe that Dave considers himself as a "failure" because of getting fired from Metallica. He's way better than he gives himself credit for especially for albums such as this and 'Peace Sells...But Who's Buying?' Amongst the countless other classics that Megadeth has contributed to the metal community!

The production was decent though it could've been a little better. But still, the album is ingenious! They deserve all the press that they get for this one and many others. Megedeth always came up with fresh riffs and on this one you'll hear what I'm talking about. These guys rip it up Nick and Dave Ellefson sounded great as well. Nick's passing at 51 was just way too young! And Dave now is out of the band permanently. What a waste. But his time with Megadeth was grand. New material is going to be out now too, but to reflect on this, Megadeth was at their primordial best and most creative. Other bands have duplicated riffs from them.

I had the cassette of this that's how old it is! But it's still a countless classic! They stayed great in the 80's and 90's but I kind of took a break from them in the later 90's and more recent albums. I kind of lost interest and wanted to focus only on the classics. Definitely a band that will never be able to duplicate. Only emulate. A lot of bands cover Megadeth songs and for a good reason: they AWESOME! I'm sure newbies to the metal scene need to get introduced to this album and other Megadeth albums that I mentioned. They're priceless! 'Rust In Peace' will go down as my favorite release of theirs ever! (Death8699)


(Capitol Records - 1990)
Score: 90

https://www.facebook.com/Megadeth

domenica 1 agosto 2021

Landskap - Landskap II

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Psych/Prog Rock
Sedimentato lo stoner tettonico della prima prova, rocciosa ma poco velleitaria, il secondo album dei Landskap, intraprende una ventosissima direzione eminentemente nordic-prog (a partire dalla copertina e, a conti fatti, dal nome stesso della band), attenta però al sunny-psych finesessanta tipo Doors (il finale "Sun of no North") e Iron Butterly (la portentosa "Leave it All Behind") con qualche inattesa sortita NWOBM (il Maiden-riff che apre la già citata "Leave it All Behind" e la turbolenza à-la-Fade-to-black che la chiude). Soltanto se immaginaste voi stessi alla guida del pulmino dei Motorpsycho dispersi nella tundra norvegese mentre canticchiate "Riders on the Storm" alla ricerca di un cazzo di albero per pisciarci contro, allora vi figurerete l'immanenza della performance vocale di Jake Harding e, per estensione, dei trentasei minuti complessivi di questo straordinario album. Dovesse capitarvi di sentirvi preda di una accesso deipnofobico tornate a casa, accendete il camino, procuratevi un plaid e mettete su questo disco, ma solo dopo esservi assicurati di aver terminato la legna e il single barrel. (Alberto Calorosi)

(Black Widow Records - 2014)
Voto: 75

https://landskap.bandcamp.com/album/ii

sabato 31 luglio 2021

Amorphis - Under the Red Cloud

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Prog Death
Nel corso di dodici corposissimi album, il suono degli Amorphis si è evoluto dal primordiale death metal melodico finnico degli esordi ad un ben più raffinato death metal melodico finnico, ma con qualche timido germoglio metal-prog stile Dream Theater sotto la doccia (la title track di questo 'Under the Red Cloud'), qualche sparuto pollone Leprechaun-metal stile Blind Guardian in gita al lago di Lochness ("The Skull", "Tree of Ages"), qualche renitente barbatella soap-metal stile private line in un pomeriggio di shopping ("Dark Path"). Ragguardevoli le doti tecniche del cantante Tomi Joutsen, capace di passare da un quasi-Patton a un pre-LaBrie fino ad un grizzly incazzato collocato in fondo a un pozzo con la stessa disinvoltura di un cambio di tempo in un pezzo prog-metal ("Enemy at the Gates"). Ascoltate questo disco mentre vi recate a Helsinki in kayak per partecipare a un addio al celibato a cui non siete stati invitati. (Alberto Calorosi)

(Nuclear Blast - 2015)
Voto: 70

http://www.amorphis.net/

venerdì 30 luglio 2021

MaB - Decay

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Alternative Rock
L'ultracorposa invasione di palco da parte delle MaB al grido di "Su cunnu e Maomettu" e la cybermutazione di "Voglio vederti danzare" da tormentone-sta-finendo-il-concerto-di-Battiato in megatonica bordata hardcore da sangue nei padiglioni sarebbe stato, per chi c'era, il miglior imprinting nei confronti di questo schizofrenico album d'esordio, in cui però le quattro esangui fanciulle sarde giocherellano coi noise-clichet anninovanta inzuppando Hole, L7, muri di suono in un sulfureo magma alcalin-goth a base di Siouxie ("Astrophel"), Tarja ("Last Tango in London"), Amy Lee ("Black") e forse Alice Cooper. Immanenti i suoni, eteree le composizioni. Intriga e al contempo intenerisce lo sguaiato operettismo di Psycho Jeremy. "Adrenalina" è una cover dell'omonimo pezzo di Giuni Russo e Rettore. Trovatemi un qualunque metallaro, borchioso e no, che ne fosse informato. (Alberto Calorosi)

(Casket Music - 2007)
Voto: 60

https://www.facebook.com/mabofficial/

giovedì 29 luglio 2021

Sólstafir - Svartir Sandar

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Experimental Metal
Un intrigante spleen introduce la prevedibile, poderosa galoppata a pelo nudo su strati di ossidiana incandescente e, in chiusura, un sofferente, epico landscape-wave da vesciche sui talloni: i panorami emozionali e la riuscita attitudine (ma solo quella) progressive di "Ljós í Stormi" aprono programmaticamente (come già accadde con "I Myself the Visionary Head" su 'Masterpiece of Bitterness' e, in precedenza, "Goddess of the Ages", stavolta in chiusura di 'Köld') questo tumultuoso joküll sonoro. Con l'eccezione della splendida ballata post-rock "Fjara", con tanto di ardito ritornello "abba-esque", il resto di 'Andvari', il primo di due dischi qui contenuti, espande o contrae gli elementi di "Ljós í Stormi" con la galoppante "Þín Orð" e la sofferente "Kukl". Spetta invece alle contrapposte epiche "Melrakkablús" e "Djákninn" ("Svartir Sandar" permettendo) il valoroso compito di traghettare, non senza qualche tollerabile lungaggine, il secondo disco 'Gola' nella direzione di un melodismo forse meno sussultorio ma senz'altro più ondulatorio. In altre parole, verso quel capolavoro indiscutibile e preterintenzionale che tre anni più tardi prenderà il nome di 'Ótta'. (Alberto Calorosi)