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lunedì 6 luglio 2020

My Darkest Hate - Combat Area

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death Old School, Massacre, Six Feet Under
“Che barba che noia, che noia che barba...” Così finivano sempre le sit-com di Raimondo Vianello e Sandra Mondaini; allo stesso modo vorrei iniziare la recensione di quest’ennesimo gruppo tedesco dedito ad un sound trito e ritrito. Recuperiamo infatti i My Darkest Hate, nati a metà anni ’90 per emulare le gesta di Celtic Frost e Massacre, con il loro quarto Lp, Combat Area', sparato fra capo e collo. Il disco, il quarto della discografia, rilasciato in cinque anni, ricalca fedelmente le gesta dei loro idoli, soprattutto i mitici Massacre. I dieci brani che compongono questa fatica della formazione originaria di Ludwigsburg, riprendono tutti i clichè di un genere, che fu davvero grande negli anni ’90, quando le formazioni della Florida mietevano vittime nel mondo. Il sound proposto da questi teutonici è il classico death metal “made in USA” fatto di ritmiche pesantissime accompagnate da gorgoglii animaleschi e da latrati vari, velocità non molto sostenute, qualche assolo qua e là e il gioco è fatto, così come pure la mia recensione che non esiterà un attimo a stroncare l’ennesimo lavoro della clone band di turno. Ripetitivi. (Francesco Scarci)

(Massacre Records - 2006)
Voto: 48

https://www.facebook.com/mydarkesthate?group_id=0

Fragments of Unbecoming - Sterling Black Icon

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Swedish Death, Dark Tranquillity, At the Gates
Mi sono sempre domandato che bisogno avesse la Metal Blade di assoldare questa band nella propria scuderia? I Fragments of Unbecoming rappresentavo infatti l’ennesima mediocre band tedesca di death metal melodico che s’ispira da sempre ai fondatori del genere: i Dark Tranquillity. Il sound che scaturisce dai solchi di questo 'Sterling Black Icon' (terzo capitolo della trilogia della band) suona anacronistico già nel 2006 con quei suoi continui richiami a 'Skydancer' e 'The Gallery', i primi due album di Michael Stanne e soci, risalenti a metà anni '90. Quindi, con un paio di lustri di ritardo, ecco arrivare il lavoro del quintetto teutonico, che ispirandosi fortemente anche ai primi dischi degli Edge of Sanity (quelli più brutali per intenderci, il che non fa altro che avvalorare la mia tesi) si candidò ad essere l'album ciofeca dell'anno. Sorvolando sul penoso suono della batteria, ovattato e molto simile in alcuni frangenti ad uno scatolone vuoto, la formazione tedesca propina un death metal canonico e scontato: brani aggressivi con sfuriate in pieno stile At the Gates, melodie che ricalcano totalmente quelle dei Dark Tranquillity, accelerazioni con improvvisi cambi di tempo e una buona la prova del cantante (unica nota positiva). Potrebbe anche sembrarvi un lavoro interessante ma alla fine è la noia a trionfare, grazie anche a quella sensazione di “già sentito” migliaia di volte, che tanto procura un forte senso di nausea. Per quanto mi riguarda i Fragments of Unbecoming non meritano molte chance a meno che non siate così nostalgici del passato, ma a quel punto è sempre meglio andarsi ad ascoltare gli originali. (Francesco Scarci)

mercoledì 1 luglio 2020

Psycroptic - Symbols of Failure

BACK IN TIME:

#PER CHI AMA: Techno Death, Cryptopsy, Neuraxis
Li avevamo già incontrati diversi anni fa in occaione della recensione di 'Ob(Servant)', ripeschiamo dalla discografia di questa band della Tasmania gli Psycroptic e il loro 'Symbols of Failure', e un techno brutal death sulla scia di act ben più illustri quali Cephalic Carnage o Nile, solo per citarne alcuni. Questo è il terzo disco della band di Hobarth, e come per i precedenti (ma anche per i successivi quattro) la proposta dei diavoli è una sonora mazzata negli stinchi di noi poveri umani. Velocità prossime a quelle della luce, cambi di tempo repentini, schizoidi e talvolta fin troppo articolati, blast beat a tutto spiano, grida malate contrapposte a gorgheggi da orco cattivo, contraddistinguono infatti un lavoro certo non cosi facile da digerire. Scarsa digeribilità certamente dovuta all’eccessivo incaponirsi da parte della band nel mostrare il loro lato più tecnico, con dei giri al limite dell’umano che alla fine rasentano la noia. Il disco rischia cosi di sembrare troppo freddo e poco incisivo, un esercizio di pura tecnica strumentale (mostruosa comunque la prova di ogni singolo musicista) fine a se stessa. A differenza delle band sopraccitate mancano infatti, quegli spunti d’insana follia che possono rendere il lavoro meno monolitico. Eccellente la produzione con un sound pulito e potente a corredare 40 minuti di musica spasmodica, efferata, brutale e convulsa, che nuocerà di certo le vostre orecchie e per cui vi invito a fare molta attenzione. (Francesco Scarci)

(Neurotic Records - 2006)
Voto: 64

http://www.psycroptic.com/

Mulla - EP 2020

#PER CHI AMA: Black Old School, Burzum
Devo ammettere che mi solleticava l'idea di recensire una band irachena, cosi come deve essere stata solleticata pure l'etichetta russa Narcoleptica Productions tanto da metterla sotto la popria ala protettrice e produrne un lavoro che era uscito digitale solo a fine aprile. Due pezzi di puro raw black contenuti in questo 'هل تحتاج إلى', il primo della durata di sette minuti e mezzo, il secondo, una maratona di oltre 19. Interessante quindi trovarsi di fronte a questi Mulla, di cui non è stato possibile raccogliere praticamente nessuna informazione in rete, complice un'origine culturale/religiosa verosimilmente un po' troppo pericolosa da propagandare. Eppure, nonostante ciò, l'ensemble mediorientale in questo 2020, oltre al cui presente EP, ha già rilasciato il full length d'esordio e un nuovo singolo. Tornando alla musica e più in dettaglio alla prima "الطريق إلى السعادة", quella dei Mulla è una ripresa del canonico sound burzumiano fatto di riff zanzarosi ripetuti in loop fino alla noia, su cui va ad installarsi il tipico screaming ferale del black metal. "خلال الشفق"non è da meno, soprattutto perchè sono 19 minuti di chitarre sul cui sfondo sembrano materializzarsi delle tastiere a creare una specie di brezza atmosferica, mentre gli urlacci del frontman dovrebbero trattare tematiche legate all'Islam, il che rende ancor più particolare e rischiosa questa release. La produzione non certo cristallina va ad enfatizzare all'ennesima potenza lo status underground per questi Mulla, che fondamentalmente non hanno nulla di nuovo da raccontare in termini musicali ad una scena satura già di per sè di simili sonorità, ma che forse potrebbe avere invece risvolti più interessanti a livello lirico. Per ora, accontentiamoci di queste primordiali forme musicali, in un futuro chissà cosa ci riserveranno. (Francesco Scarci)

(Narcoleptica Productions/Scorched Earth Records/Kryrart Records/Cianeto Discos - 2020)
Voto: 60

https://narcolepticaprod.bandcamp.com/album/ep

martedì 30 giugno 2020

Lyzanxia - Unsu

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Thrash/Death, Soilwork
Mettiamo a ferro e fuoco il mondo, da sempre questo è il motto della storica band francese dei Lyzanxia, che dopo il feroce 'Mindcrimes' del 2002, che ottenne riscontri di critica positivi in tutto il pianeta, tornò a far male con questo lavoro dal titolo insolito ed enigmatico, 'Unsu'. Era il 2006 e avvalendosi sempre del bravissimo Fredrik Nordstrom alla consolle (In Flames, The Haunted) presso i Fredman Studios, i francesini tornavano a minacciare il genere umano con le loro dodici energiche tracce. Le songs qui incluse hanno infatti un unico comune denominatore: dei fantastici (anche se talvolta un po’ ripetitivi e statici) riffs di chitarra, che da soli valgono l’acquisto di 'Unsu', ad opera di David e Franck Potvin, i fratelli che oltre a dividersi la scena chitarristica, rappresentano anche gli eccellenti vocalist della band, l’uno in formato clean/scream, l’altro in growl. Questo quarto album spacca veramente i culi, unendo a quello swedish death che contraddistingue la band transalpina fin dagli esordi, un groove thrash in grado di bilanciare potenza e melodia. Ritmiche furibonde, stillati tastieristici, assoli taglienti e bellissime vocals caratterizzano uno dei lavori più sorprendenti della discografia della band di Angers, creando, a detta della band, un mondo ossessivo in cui bellezza e terrore convivono, uniti da un’incomparabile tecnica e da un approccio sì brutale, ma melodico. E la testimonianza di ciò, è la bellissima quinta traccia “Strenght Core”, summa di tutto ciò che erano i Lyzanxia a quel tempo: una band capace di stupirci per la loro aggressività ma anche per la bravura nel trasmetterci forti emozioni a suggellare l’enorme capacità tecnico-compositiva del quartetto francese. In 'Unsu' non ho sentito nulla fuori posto, è un album curato nei minimi dettagli, che non può prendere di più, in termini valutativi, semplicemente perché non inventa nulla di nuovo, ma che di sicuro potrà conquistarvi per il sempice fatto che è davvero piacevole da ascoltare (stupenda anche l’etnica title track), ideale per un pogo infuocato, ed eccellente da tenere in auto al massimo volume. 'Unsu', la colonna sonora ideale per mettere a ferro e fuoco il mondo. Notevoli, peccato solo che se ne siano perse le tracce dal 2010. (Francesco Scarci)

(Listenable Records - 2006)
Voto: 80

http://www.lyzanxia.com/

lunedì 29 giugno 2020

Kruelty - Immortal Nightmare

#PER CHI AMA: Death Metal Old School, Grave, Dismember
Nostalgia per il death metal anni '90, quello di Entombed, Dismember, Unleashed e Grave? Niente paura perchè a distanza di quasi 30 anni, si aggirano nel mondo ancora degli emulatori di quel sound. Stiamo parlando dei Kruelty, band originaria di Tokyo, formatasi nel 2017, con un album all'attivo, 'A Dying Truth' e una serie di EP all'attivo, tra cui quest'ultimo 'Immortal Nightmare', uscito in cassetta un paio di mesi dopo il full length. Tre pezzi a disposizione, di cui uno, è la cover "Into the Grave" dei Grave stessi e gli altri due sono vecchi brani ri-registrati. Si parte infatti con l'angusto sound di "Narcolepsy" che dichiara apertamente l'amore dei giapponesi verso la proposta oscura ed asfissiante delle band svedesi citate, sciorinando i classici chitarroni ultra profondi e corposi, mai sparati a velocità disumane, il tutto corredato dalle growling vocals del frontman, e poco altro. Mi aspettavo almeno un apporto solistico convincente ma niente da fare, neppure quella sorprendente vena melodica che contraddistingueva i big four all'epoca. La seconda "Desire" sembra fare addirittura peggio, cosi piatta e scontata, con addirittura un break centrale all'insegna del... nulla. L'ultima è appunto la cover di quel mitico album uscito nel 1991 che nessun amante del death metal scandinavo potrà mai dimenticare, soprattutto per quel suo giro di chitarra che sembra preso in prestito dai Black Sabbath e poi sparato in orbita alla velocità della luce con quella tipiche venature punk hardcore che ne hanno contraddistinto gli esordi di tutte quelle band svedese. I nostri giapponesi fanno il loro compitino e nulla di più, sfruttando peraltro Brendan Coughlin (Mourned) per il famigerato e splendido assolo conclusivo del brano. Detto che mi aspettavo qualcosina in più, ora mi vado ad ascoltare anche l'album d'esordio per valutare al meglio i giapponesi Kruelty. (Francesco Scarci)

domenica 28 giugno 2020

Tourettes Syndrome - Sicksense

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Crossover/Nu Metal, Korn
Dalla terra dei canguri arrivano da sempre mirabolanti creature in grado di sconquassare il mondo musicale con misture imprevedibili di musica. Per quanto concerne i Tourettes Syndrome, stiamo parlando più in specifico di hardcore, nu-metal e altri elementi (groove death in primis) a creare un sound apoplettico e bizzarro. Il quartetto di Sydney all'epoca del loro secondo disco, 'Sicksense' che è seguito cinque anni dopo il debutto omonimo del 2001, ci attacca con undici sciabordanti tracce (sono inoltre incluse tre bonus video tracks), in cui su una ruvida ritmica hardcore si staglia l’incredibile voce di tale Michele Madden (oltre che brava anche molto bella). Ho scritto incredibile, perché non avevo intuito, neppure lontanamente, che i profondi grugniti growl fossero i suoi, tanto meno le “grungeriane” clean vocals. L'album è un concentrato di chitarre possenti e aggressive in pieno stile Korn, su cui s’inseriscono elementi elettro-noise, punk e industriali; ciò che continua a stupire per l’intera durata dell’album è comunque l’eclettismo vocale di Michele, vera figura carismatica della band australiana, capace di passare in modo disinvolto dal growling a voci isteriche, da suadenti clean vocals al cantato grunge. Rabbia, frustrazione e depressione, sono contenuti in questo secondo capitolo di questa compagine originaria di Sydney. Anche se non totalmente originalissimi, i nostri sono carichi di energia e hanno creato un ottimo disco che potrà interessare chi non è troppo vincolato a generi o sottogeneri, al metallaro dalle visioni allargate a 360°. Sebbene io non rientri in questa classe, a me i Tourettes Syndrome sono piaciuti, peccato solo che dopo il successivo album del 2007 se ne siano completamente perse le tracce. (Francesco Scarci)

Comity - ...As Everything is a Tragedy

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Post Hardcore, Dillinger Escape Plan
Li abbiamo recensiti in occasione del loro ultimo lavoro, 'A Long, Eternal Fall', li ripeschiamo oggi con il vecchio '…As Everything is a Tragedy', quando ho potuto apprezzarli per la prima volta nella loro ossessiva e asfissiante veste musicale. I parigini Comity sono essere un interessante ibrido tra The Dillinger Escare Plan, Neurosis e Meshuggah, i primi per la loro follia di fondo, i secondi per la loro genialità, i terzi per la capacità di costruire ritmiche monolitiche ammorbanti, atmosfere rarefatte e oppressive. La struttura dei brani di questo lavoro si rivela infatti veramente delirante a causa della sua elevata complessità: i nostri sono dei maestri nel portarci al limite del baratro con dei momenti di frustrante ultra doom, per poi scaraventarci giù dalla rupe con la violenza profusa dalle schizoidi ritmiche. La musica dei Comity non è del tutto ortodossa e difficilmente potrà piacere ad un vasto pubblico, tuttavia chi ama questo genere di sonorità non potrà fare a meno di dare un ascolto alla spirale emozionale messa in atto da questi pazzi scalmanati autori di un’astratta musica brutale. Non posso segnalarvi un brano piuttosto di un altro perché il disco fra le mani consta di 99 schegge impazzite (suddivise in quattro suite), frapposte a momenti di inusuale calma e melodia che preludono al caos primordiale. Qui c’è da farsi male! (Francesco Scarci)