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domenica 14 giugno 2020

Chat Pile - Remove Your Skin Please

#PER CHI AMA: Noise/Sludge, The Jesus Lizard
I Chat Pile è una band originaria di Oklahoma City che lo scorso anno se n'è uscita con due EP, di cui questo 'Remove Your Skin Please' è il secondo rilasciato sul finire dell'anno. Quattro pezzi all'insegna di un noise sludge con qualche venatura psych e grunge. Ascoltando l'opener "Dallas Beltway" penserei ad una versione più violenta dei The Doors, con la voce del frontman a blaterare come se fosse un novello Jim Morrison e la musica in sottofondo a mostrare un certo disagio interirore nel suo disarmante incedere, cosi sporco ed infimo, dotato però di una forte carica grooveggiante che alla fine me la fa adorare, ricordandomi un che dei The Jesus Lizard. L'inizio di "Mask" è ancor più coinvolgente, con quella sua vena post-punk che esce preponderante e le vocals sempre lamentose, a tratti parlate, comunque intrise di una elevata dose alcolica che le portano a sbraitare il loro disappunto con un fare grunge (mi sono venuti in mente anche i primissimi Nirvana) ma sul finire sfociano addirittura in un growling death metal. "Davis" è il terzo brano e sapete che potrebbe stare su un disco degli Ulcerate per quella sua ferocia sbilenca che non lo fa etichettare come death metal puramente per i vocalizzi puliti e urlati del cantante che ad un certo punto sembra addirittura dire "fottetevi". La canzone è comunque singolare tra parti psych noise e devastanti deragliamenti a livello ritmico che la spingono alle soglie del death metal. Peculiari e intriganti. La conclusiva "Garbage Man" è l'ultimo delirante episodio di un mini album che non è facilmente collocabile in un contenitore preciso. Qui infatti ci potrete sentire un mix tra hardcore, punk e sludge, il tutto cantato da un vocalist ormai alcolizzato. Sarebbe interessante ora saggiarli su un terreno più scivoloso, quello del full length, vediamo se sapranno accontentarci. (Francesco Scarci)

Firienholt - Beside the Roaring Sea

#PER CHI AMA: Black Epic, Summoning
Della serie "piccoli Summoning crescono", ecco che dalla contea del West Yorkshire arrivano questi Firienholt per un EP di due pezzi che ci racconta un po' di più di questa misteriosa band britannica al suo secondo lavoro. L'opener di 'Beside the Roaring Sea' è affidata alla lunga "The Haven Grey" e alle storie sugli elfi e a quell'universo immaginario creato da J.R.R. Tolkien ne 'Il Signore degli Anelli'. Il sound offerto dalla band di Leeds è all'insegna di un black epico ed atmosferico con tocchi di dungeon synth che ne garantiscono una magica riuscita. Buone le linee di chitarra, i break corali (uno in particolare all'ottavo minuto) che ci colloca immaginariamente al crocevia tra i due fiumi Celebrant e Anduin nella foresta di Lórien mentre si consuma un qualche rituale elfico. Buoni i vocalizzi del frontman inglese, abile sia con un growl molto intelligibile ma anche con insperate cleaning vocals. La seconda traccia è invece all'insegna del dungeon synth più puro, solo tastiere a narrare storie fantastiche di strane e magiche creature soprannaturali, un tempo parte preponderante delle credenze popolari dei popoli germanici. Dopo due EP, direi che ora è arrivato il momento di svelarsi al pubblico con qualcosa di più sostanzioso, che ve ne pare? (Francesco Scarci)

giovedì 11 giugno 2020

Brzask - S/t

#PER CHI AMA: Death/Black
Dall'area dei Sudeti, la catena montuosa che separa Germania, Polonia e Repubblica Ceca, arriva questa new sensation polacca, i Brzask, fautori di un death black che essi stessi definisco Sudetian Black Metal. Ecco, giusto per essere subito tranchant, mi viene da dire che quello proposto dal combo polacco (di cui non mi è dato di sapere nome e numero dei membri) in questo loro demo, è un death black come ce ne sono mille altri in giro. Quello che può sorprendere è semmai la presenza di break atmosferico in "Brzask I (White Ravine)", che va ad interrompere il mid-tempo fin qui proposto e al tempo stesso funge da miccia a un finale incendiario davvero convincente. Devo ammettere che poi in sottofondo sembrano palesarsi suoni derivanti dal folklore est europeo che a questo punto avrei enfatizzato maggiormente per dare un pizzico di personalità in più al sound dei nostri che anche nella seconda traccia, "Brzask II (Wind Incantation)" si confermano ascoltabili pur non incantando con nulla di innovativo. Se dovessi pensare ad un qualche paragone penserei ad un mix ancora abbastanza acerbo, sia chiaro, tra Nokturnal Mortum e Graveland. Insomma di strada ce n'è ancora parecchio da fare, ma le premesse potrebbero essere anche più che discrete, vista la presenza anche nell'ultima "Brzask III (Crimson Dawn Ritual)", di un incipit dotato di una vena misticheggiante, in un brano comunque dalle buone linee melodiche che ben si adattano alla rugosa voce del frontman polacco. Un interessante tocco atmosferico nella sua seconda metà, decisamente più ispirata, ne completano il quadro. Alla fine 'Brzask' è un biglietto da visita che rischia di non passare del tutto inosservato, cosi forse più di un paio di ascolti, mi verrebbe da dire, se li merita anche, non fosse altro per saperne di più di queste folkloriche leggende sudete. (Francesco Scarci)

martedì 9 giugno 2020

Diablerets - II: Scarborough

#PER CHI AMA: Drone/Ambient
Non sono proprio un grande fan dei Diablerets e credo l'abbia inteso anche il mio interlocutore che mi ha inviato la loro ultima fatica, dicendomi "dagli un ascolto ma non è proprio necessario che tu lo recensisca". Credo che tema un altro giudizio caustico da parte del sottoscritto dopo aver bistrattato il 7" del 2015 e non aver certo avuto parole al miele per il loro atto I del 2014. Il duo elvetico torna con le stralunate atmosfere di 'II: Scarborough' e le conusuete demoniache presenze si palesano già dall'opener "Scarborough", ossia una località turistica della contea del North Yorkshire sulla costa est inglese che deve aver particolarmente ispirato il duo svizzero (visto che qui hanno anche registrato l'album). La proposta è nuovamente all'insegna del drone più minimalista e durante il suo ascolto solo gli incubi più reconditi potranno affiorare dalle vostre distorte menti. Se non sapessi che il disco è uscito nel 2019, avrei immaginato che fosse stato concepito nel periodo di lockdown e che tutti i pensieri più insani fossero stati partoriti dalle menti alterate di Liönhell e AsC13 durante la loro reclusione forzata. I quasi 13 minuti di "Ravenscar" (altra località inglese) sono quanto di più proibitivo io sia stato in grado di affrontare in vita con il morboso dronico incedere dei nostri che viene invaso da uno spaventoso rituale con tanto di voci raccapriccianti in sottofondo, sebbene ci sia una parvenza di musicalità in background rilasciata da un malefico organo. Poi solo suoni del mare forse registrati proprio sul litorale britannico a chiudere il pezzo. "Devil's Dyke" fortunatamente dura un po' meno sebbene il risultato non cambi poi molto, fatto salvo per l'apocalittica presenza al microfono di R.M. degli Urna. Sono comunque suoni solo per menti stabili, io che stabile non lo sono, ho rischiato di finire pazzo e schiacciato dalla delirante componente sonica di questi artisti strampalati. "Coffinswell" e "Leatherhead" sono gli ultimi due oscuri episodi di questa dannata e mortifera release, il cui target francamente, si mantiene relegato ad un ristrettissimo numero di fan, che ancora una volta, non include il sottoscritto. Malvagi. (Francesco Scarci)

domenica 7 giugno 2020

Neumatic Parlo - All Purpose Slicer

#PER CHI AMA: Indie Rock, Radiohead
Il debutto su Unique Records dei tedeschi Neumatic Parlo, avviene sotto forma di EP. Un assaggio breve, composto da quattro brani dal tono ispirato e una verve indie di curata matrice anglosassone. La piccola compilation è figlia delle intuizioni elettroniche in ambito rock dei Radiohead, quelli della seconda fase di carriera, e di suggestioni più recenti della scena indie attuale, pescate nella musica alternativa internazionale, tra Block Party e Fontaines D.C.. Questi giovani nipotini dei Gang of Four (epoca 'Shrink Wrapped') provenienti da Düsseldorf, ripercorrono le vie ritmiche della new wave in chiave moderna, spingendo sui suoni sintetici di batteria e un sound etereo, cristallino. "Science Fiction Movie" è una canzone che spiazza per la splendida vena pop, con un cantato ed un'atmosfera che mi ricordano molto il genio di Matt Johnson con i suoi The The in una veste rimodernata e attualizzata, rivolta al pubblico giovanile del nostro tempo. Molto bella la tensione che si plasma su tutte le tracce a livello vocale, sicuramente degna e colma dell'ottimo insegnamento della scuola espressiva di Thom Yorke, mentre musicalmente, avrei spinto per un approccio più rock e meno elettronico come anima portante del lavoro. Comunque, al netto del mio personale parere, calcolando la volontà di emergere che pulsa in una giovane band e valutando quel tocco fruibile nelle tracce come un ulteriore trampolino di lancio voluto e ricercato, a mio avviso questo disco d'esordio, ascoltato in profondità, si rivela un buon lavoro, che lascia presagire ottimi prosegui per il futuro. Da segnalare, oltre alla notevole prestazione vocale, una sorta di sensazione che in lontananza ci sia un certo amore per le chitarre noise, una tensione costante e un'attitudine post punk che preme continuamente dietro l'angolo, lasciandomi immaginare eventuali sviluppi compositivi in ambito psichedelico/emozionale per un futuro di alto livello. In "Morning Metamophosis" si mescolano le due anime della band: una estremamente emotiva, che si palesa con una parte iniziale splendida, assai vicina alle atmosfere dei già citati Radiohead. La seconda, con quella sua evoluzione ritmica pulsante, diretta e sobria, mette in risalto il lato più punk della band teutonica, anche se qui l'ingresso di batteria e un arrangiamento non proprio all'altezza delle composizioni precedenti, mostrano il lato ancora acervo del combo teutonico. Nel complesso però, 'All Purpose Slicer' è un debutto ben confezionato che ci consegna una nuova band da tenere sotto osservazione per il prossimo futuro. (Bob Stoner)

Behemoth – A Forest EP

#PER CHI AMA: Black/Death
Che in seno ai Behemoth ci siano dei cambiamenti è chiaro da tempo: il black che si è poi evoluto in death metal è ancora in fase sperimentale, visto che la band di Nergal e compagni ha pensato bene di trovare il tempo per esprimere le proprie malefiche emozioni attraverso questo EP. 'A Forest' ovviamente tributa i The Cure e la loro immortale canzone datata ben 40 anni fa, e riproposta anche da altri act quali Carpathian Forest, Clan of Xymox e qualcun altro. L'ensemble polacco la promuove in una duplice versione, in studio e dal vivo, entrambe con il buon Niklas Kvarfoth (Shining) alla voce. Si parte con l'oscura e violenta versione in studio, in cui è il basso magnetico di Orion a fare da driver cosi come nell'originale, mentre i vocalizzi di Nergal si sovrappongono a quelli di Niklas in un dualismo vocale tra screaming e voci sofferenti, davvero incomparabile. Le chitarre fungono certo da ottimo arrangiamento non lesinando peraltro in robustezza da vendere. Il risultato alla fine è assai interessante, anche riproposta in sede live durante il Merry Christless a Varsavia e chiaramente molto apprezzata dal pubblico. Devo dire che riascoltandola, ho sentito un che dei primi My Dying Bride nel fuzz delle chitarre, per una versione dal vivo che spacca inevitabilmente i culi e che prova ad emanare un feeling affine a quello dell'originale. "Shadows Ov Ea Cast Upon Golgotha" è invece una song proveniente dai B-sides dell'ultimo 'I Loved You At Your Darkest'. Dotata di un forte piglio punk, in stile Motorhead, e di un drumming tribale mostruoso, la song mette in mostra un break centrale abbastanza interessante per quella sua linea melodica di chitarra, puro rock'n roll. A chiudere le danze ecco "Evoe", un black death fresco e corposo che ha modo di incorporare anche alcuni elementi heavy doom in una cavalcata senza confini, quelli che ormai i Behemoth hanno abbattuto da tempo per scoprire nuovi mondi ad essi affini. (Francesco Scarci)

(Metal Blade Records - 2020)
Voto: 74

https://www.facebook.com/behemoth

venerdì 5 giugno 2020

Insidual - Pure Hate

#PER CHI AMA: Djent/Deathcore
Il deathcore in US è diventato quasi un fenomeno sociale, ovunque le band suonano questo genere o suoi affini (metalcore, screamo, nu, etc). L'ultima band in cui mi sono imbattuto è rappresentata da questi Insidual, originari di Spokane nello stato di Washington, cosa alquanto inusuale visto che da quelle parti è invece il post (Cascadian) black a governare. Comunque 'Pure Hate' è un EP di tre pezzi che include anche il singolo uscito nel 2019, l'apripista "Shock Therapy". E il sound che si sente sin dalle prime battute è un deathcore fortemente ritmato, venato di influenze djent nella poliritmia delle sue chitarre e sporcato pure da una componente nu metal che per certi versi mi ha evocato un che degli Slipknot. La proposta è pertanto abbastanza corposa, con le solite chitarre decisamente ribassate, una voce growl che sembra quasi rappare, e il resto degli strumenti che donano ulteriore compattezza ai nostri. "Evisceration" continua su questa scia, con un sound disturbante, fatto di una sovrapposizione vocale psicotica, un riffing sincopato, un drumming rutilante, un'effettistica in background costantemente presente ed una serie di cambi di tempo e ritmo che sembra quasi di ascoltare tre canzoni differenti in una manciata di minuti, in cui compare anche il featuring di Sam Stickel. Molto interessante la conclusiva title track, vista la sua forte aura spettrale, e quei vocalizzi isterici che ben si amalgamano con una musica qui più ispirata che altrove, dotata sia di ottime atmosfere che di altrettante accelerazioni e frenate improvvise. Niente di nuovo sotto il sole alla fine con questa breve release degli statunitensi Insidual ancora legati ad alcuni stilemi del genere, ma vogliosi di imparare ed emergere. Sentiremo in futuro che cosa i nostri hanno imparato da questa prima esperienza. (Francesco Scarci)

giovedì 4 giugno 2020

Atheist - Unquestionable Presence

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Techno Death
Atheist, Pestilence e Cynic sono stati uniti da un insolito triste destino: aver concepito degli album talmente fenomenali da essere stati compresi solamente da pochi individui. 'Unquestionable Presence' rappresenta il secondo lavoro della band statunitense, vero incrocio di sonorità death, progressive, techno e jazz. È un qualcosa che va ben oltre la normale concezione di death metal: è musica emozionante, suonata da musicisti tecnicamente mostruosi, in grado di emanare un feeling pazzesco anche in sede live. Il disco, che dura solo 32 minuti, è un fiume d’emozioni inarrestabile, caratterizzato da cambi di tempo repentini, aperture melodiche, frangenti spagnoleggianti, assoli da urlo, stacchi spaventosi di basso, atmosfere incredibili e quanto altro. L'assurda opener "Mother Man", la psicotica title track, l'iperbolica "Enthralled In Essence" o la superlativa "The Formative Years" rappresentano solo alcuni dei gioielli qui contenuti in grado di rendere questa release un must have per tutti gli amanti del death contaminato. Inarrivabili! (Francesco Scarci)

(Relapse Records - 1991)
Voto: 95

https://www.facebook.com/AtheistBand/

Stellar Master Elite - Hologram Temple: Ominous

#PER CHI AMA: Black Death
EP nuovo di zecca per i tedeschi Stellar Master Elite che con questo 'Hologram Temple: Ominous' raggiungono il traguardo della quinta release (4 full length e appunto questo EP). Il quartetto di Treviri ci offre un trittico di canzoni che si mantengono nei paraggi di un death black sbilenco, contaminato da doom e suoni cibernetici. La conferma ci arriva infatti dall'opener "A New Galactic Empire", una song basata su un downtempo minimalista ed ipnotico, un black a rallentatore che sembra ripercorrere le orme primordiali del buon vecchio Conte Grishnackh (Burzum per gli amici) con echi dronici posti in sottofondo a rendere l'atmosfera decisamente più claustrofobica. Con "Mask" i giri del motore sembrano aumentare vorticosamente, con le vocals peraltro che passano dallo screaming aspro della opening track ad un growl più oscuro di questa seconda traccia. La song rimane tuttavia in bilico tra un death avanguardistico ed un black ipertirato, guidato stranamente dalle frustrate alla batteria e da una spettrale tastiera in background. La terza "Exposing the Lurking Threat of Layer X" è un brano strumentale (fatto salvo delle spoken words in chiusura) dall'approccio electro-cibernetico che riesce a donare un pizzico di interesse ad un'uscita che rischierebbe di passare ai più totalmente inosservata. (Francesco Scarci)