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sabato 28 settembre 2019

Warmrain - Back Above the Clouds

#PER CHI AMA: Prog Rock, Anathema, Pink Floyd
Non proprio una passeggiata dover affrontare tutto d'un fiato un doppio album di prog rock. Per quanto le atmosfere soffuse e le malinconiche melodie siano gradevoli da ascoltare, 'Back Above the Clouds' è pur sempre uno scoglio di oltre un'ora e mezza di musica che rappresenta il debut album degli inglesi Warmrain. E se penso a Gran Bretagna e a rock progressivo, l'equazione 2+2 mi riporta immediatamente ai precursori del genere, i padri putativi del prog, i Pink Floyd e di riflesso ai figliocci Anathema e Porcupine Tree. Volete una conferma? È presto data dall'opener "Fading Star" che in oltre otto minuti, ci fa saggiare immediatamente le notevoli qualità del quartetto originario dell'Hampshire/Oxfordshire nell'affrontare la loro personale (ma non troppo) visione del genere. Melodie toccanti, ottime vocals e momenti eterei che si ritroveranno un po' ovunque lungo il doppio cd (penso all'arpeggiato della seconda "Absent Friends" o a "I Should be Seeing Stars by Now" e "Live the Dream" nel disco due). E cosi 'Back Above the Clouds' si rivela un delicato flusso emotivo in cui immergersi e lasciarsi avvolgere dal calore delle chitarre, dalla cremosità della voce di Leon J Russell e dai solismi raffinati di Matt Lerwill, responsabile peraltro anche del sitar, dell'ukulele e del mandolino, che nel corso dell'ascolto faranno capolino. I pezzi sono sicuramente interessanti, anche se devo ammettere che avrei omesso quelli che si perdono un po' troppo su giri di chitarra acustica e voce (ad esempio "Running Out of Time" o la più noiosetta "Metamorphosis"), riducendo per questo la durata del disco ad un tempo più umanamente accettabile. I richiami ai Pink Floyd sono udibili un po' ovunque e per questo, ciò che concerne l'aspetto "originalità" del disco, viene un po' a mancare a causa di soluzioni musicali che rischiano di risuonare come già sentite. Un esempio è dato dalla strumentale "Lone in Silent Harmony" o l'oscuro incipit di "New Dawn", ma troverete anche voi facile riscontrare delle similitudini con i mostri sacri Gilmour & Waters. Poco male, ce ne fossero di artisti di questo calibro, il mondo musicale sarebbe molto migliore di quello che è oggi. E cosi la mia lamentela vuole essere solo uno stimolo in più per i quattro ragazzi albionici di far meglio il prossimo giro, di osare e andar fuori dal seminato, cercando di ricercare una propria personalità e prendere le distanze dai maestri di sempre. A chiudere la recensione vi segnalerei quelli che sono stati i miei pezzi preferiti: oltre alle opener dei due dischi, "Fading Star" e "A Hundred Miles High", citerei anche "Flying Dreams" e l'introspettiva ed molto Anathema-oriented, "Luminous Star (More than a Memory)" o la spettacolare conclusiene affidata ad "Equilibrium", probabilmente la mia song preferita. Alla fine, 'Back Above the Clouds' non è un album che passa certo inosservato, considerata anche la presenza della cover degli Eurythmics "Here Comes the Rain Again". Tuttavia, la raccomandazione per il futuro è di snellire la proposta per evitare di ricadere nel clichè del già sentito lungo il disco. (Francesco Scarci)

(Rain Recordings - 2019)
Voto: 75

https://www.facebook.com/warmrainofficial/

The Project Hate MCMXCIX - Armageddon March Eternal (Symphonies of Slit Wrists)

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Cyber Death, ...And Oceans
I Project Hate MCMXCIX sono un gruppo davvero strano per il sottoscritto: premesso che possiedo tutti i loro lavori, e quello recensito oggi rappresenta il loro quarto cd (se escludiamo il live 'Killing Helsinki'), non ho ancora ben capito se mi piacciano oppure no, mi spiego meglio. Trovo che la band abbia in taluni frangenti idee meravigliose e che riesca anche brillantemente a metterle in atto, in altre parti scadono ahimé, in trame già sentite migliaia di volte rendendoli pertanto del tutto anonimi. Il genere proposto sicuramente non è tra i più semplici da interpretare, perchè capace di spaziare da un death feroce a momenti di insospettata atmosfera, con la voce dell’angelica Jo Enckell a rendere il tutto più soave e indecifrabile. La band per chi non lo sapesse, abbraccia tra le sue fila, Jörgen Sandström, già conosciuto per le mortifere vocals sui primi tre album dei Grave e poi bassista di Entombed e anche membro dei Vicious Art; vi è poi il polistrumentista Lord K. Philipson e Petter S. Freed alla seconda chitarra, oltre alla già citata Jo alla voce femminile. Come già accaduto in passato, accanto al crudo cover-artwork o a titoli non proprio ortodossi (quasi da brutal-gore band), si celano invece gradite sorprese nei solchi partoriti da questo stralunato gruppo. Cercherò di chiarire meglio che razza di sound ci propongono i Project Hate: fondamentalmente su riffs e basi tipicamente death metal, si gioca il duello tra la voce eterea di Jo e i latrati di Jörgen, su cui si vanno poi ad inserire una serie di influenze provenienti da un po’ tutti gli ambiti metal. Suoni spaziali cibernetici, sulla scia dei Fear Factory, e breaks elettronici che si amalgamano alla perfezione con atmosfere doom disarmonico/avantguardistiche (simili ai The Provenance), ma non è tutto, in quanto frammenti di black sinfonico alla Dimmu Borgir o echi alla Arcturus, sono captabili in questo eterogeneo e originale lavoro, un vero caleidoscopio di forme, suoni e colori. Vi aggiungo un’altra cosa: la produzione, pulita e potente, è ad opera di Dan Swano nei suoi Square One Studios; il che garantisce una eccezionale resa sonora per i 65 minuti di suoni avvolgenti e bizzarri, la perfetta colonna sonora dell’Armageddon. Ora tutto mi è più chiaro: i The Project Hate MCMXCIX mi piacciono, eccome... (Francesco Scarci)

(Threeman Recordings - 2006)
Voto: 84

https://www.facebook.com/theprojecthate/

The Arcane Order - The Machinery of Oblivion

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Melo Death, Raunchy, In Flames
I The Arcane Order nacquero nel 2005 come valvola di sfogo del chitarrista Flemming C. Lund degli Invocator, qui coadiuvato da Kasper Thomsen (voce dei Raunchy), Boris Tandrup (bassista dei Submission e degli Slugs) e da Morten Løwe Sørensen (batterista dei già citati Submission, Slugs e degli Strangler). La band danese rilascia un anno dopo questo piacevole debutto, 'The Machinery of Oblivion', punto d’incontro tra il metal passato e futuro di quei tempi. Il quartetto scandinavo è bravo infatti nel miscelare sonorità tipicamente death (le ritmiche sono belle toste e incazzate) con le influenze alternative di cui risentiva in quel periodo, complici le derive degli In Flames, lo swedish death (un certo groove di fondo sembra infatti ammorbidire un lavoro che altrimenti risulterebbe troppo monolitico). La Metal Blade ci vede lontano e confeziona un buon cd, da ascoltare tutto d’un fiato, e scatenarsi in mosh frenetici, pogare come assatanati e sbattere come invasati contro le pareti. Se avete amato le uscite di Soilwork, In Flames e Darkane, dovete assolutamente dare un ascolto anche a questo interessante disco. Badate bene, gli ingredienti del cd sono sempre i soliti del genere, però qui ben amalgamati tra loro: chitarre belle potenti disegnano gradevoli linee melodiche, che si inseguono lungo le dieci tracce; la voce di Kasper (già ottimo nei Rauncy) è sinonimo di qualità e anche qui sfoga tutta la sua rabbia repressa; fantastica poi la componente solistica. Comunque sia, il livello tecnico-qualitativo della band è assai elevato; il rischio semmai, in dischi come questi, è che alla fine sia la noia a prevalere per una certa somiglianza di fondo tra i vari brani. A me gli Arcane Order non dispiacciono affatto e ancora oggi a distanza di anni, mi piace potergli dare un ascolto. (Francesco Scarci)

(Metal Blade - 2006)
Voto: 70

https://www.facebook.com/thearcaneorder

venerdì 27 settembre 2019

Rotting Christ/Varathron - Duality of the Unholy Existence

#PER CHI AMA: Hellenic Black Metal
Per tutti i nostalgici del black ellenico e dei vecchi split anni '90, cosa di meglio se non gustarsi un 7", che mette insieme per la prima volta Rotting Christ e Varathron, due delle realtà black metal più rilevanti nate in Grecia? Ci ha pensato la Hells Headbangers Records, label americana che ha confezionato ben 999 copie in vinile (di cui 222 in vinile dorato) di questo 'Duality of the Unholy Existence'. Dieci minuti che faranno sicuramente la gioia dei fan (incluso il sottoscritto), non tanto per saggiare lo stato di forma delle due compagini (quello lo conosciamo già viste le ultime brillanti release per entrambe le band), piuttosto per avere in mano un lavoro che presto diverrà vero oggetto di culto. Le band dicevo, le conosciamo bene: i Rotting Christ ci offrono “Spiritus Sancti”, una song in classico stile Sakis & Co., con la consueta ritmica martellante, su cui si innesta il distinguibilissimo cantato del suo frontman. "Shaytan" è invece un pezzo più ragionato ed elegante, un black atmosferico dotato di ottime melodie di chitarra, venate del tipico suono mediterraneo, vero trademark della band di Ioannina. Insomma niente di nuovo all'orizzonte, se non la gioia di vedere due mostri sacri per la prima volta insieme. Hail to Hellenic sound. (Francesco Scarci)

Gurd - Bang!

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Thrash Metal, Machine Head
I Gurd sono una band svizzera, la cui fondazione risale addirittura al 1994 e che in questi 25 anni si sono resi promotori dell'uscita di 11 album più altro materiale, tra split, live ed EP. Nati dalle ceneri dei leggendari Poltergeist, il combo ha spostato il tiro da un power thrash a sonorità più moderne ottenendo un discreto successo internazionale. L'ottavo Lp fu questo 'Bang!', 50 minuti di divertente headbanging frenetico dove il chorus della title track ancora mi accompagna mentalmente con il suo “Bang, Bang!” neanche fosse Dalida nel 1967 con la song omonima e ben più famosa almeno nel nostro paese. Allo stesso modo della title track, le altre songs si rivelano piacevoli per le loro linee melodiche e i cori ruffiani così facili da memorizzare. Per il resto, la fatica dei Gurd racchiude un thrash metal che combina pesanti riff alla Pantera con il groove tipico di band quali Prong o Machine Head, senza disdegnare neppure puntatine in territori Fear Factory. Il quartetto svizzero non è certo l’ultimo arrivato e si sente: assai preparati con i loro strumenti, i Gurd mostrano anche delle valide idee (talvolta un po’ troppo scontate o già sentite, vero limite di questo lavoro), con una gran voglia di divertirsi e farci divertire, sfoderando alla fine anche una discreta prova. Il sound è potente ed efficace sebbene in certi frangenti si sfiori l’asfissia ritmica, come accade in “Black Money”, in cui l’incedere è ipnotico e pachidermico. Ottima le prova dei tre vocalist, bravi ad alternare voci pulite con altre altrettanto sporche od effettate. L’ascolto alla fine è consigliato, per lo meno per sentire la cover dei Black Sabbath ”Children of the Grave”. Bang! You’re dead! (Francesco Scarci)

(Dockyard 1 Records - 2006)
Voto: 66

https://www.facebook.com/gurdmusic

Damnation Army - Tyrant

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Black, primi Katatonia, Dissection
In attesa di ascoltare il nuovo (e a quanto dicono positivo) album della one-man band svedese dei Damnation Army, andiamo a ripescare il terzo album del buon Thomas Nyholm, intitolato 'Tyrant'. Il sound che esce dai solchi del cd è un black/death giocato su mid-tempo assolutamente non esaltanti. Non ho idea di cosa volesse ottenere il buon Thomas, però ho come la sensazione che l’esito finale volesse assomigliare ad un improbabile mix tra i Katatonia di 'Brave Murder Day' e i Dissection dei tempi migliori, con un tocco progressivo degli Opeth (quelli più primordiali però). Se così fosse, il risultato che ne verrebbe fuori avrebbe dello straordinario, in realtà 'Tyrant' comprende sette tracce anonime, noiose, senza alcun guizzo interessante. 40 minuti di giri di chitarra senza infamia e senza lode, poche (quasi nulle) le intuizioni positive di Thomas, scarse le emozioni trasmesse in quanto quello che manca a 'Tyrant' è la verve: mancano le linee di chitarra melodiche, quelle che ci sono non sono neppure toste ed incazzate, bensì sono piatte e ciò penalizza enormemente un disco in cui, con un pizzico di sudore in più versato, si sarebbe potuto anche salvare. Invece da non scartare qui c’è ben poco, se non la discreta voce di Thomas, troppo poco per consigliarne l’acquisto. Rimandati al nuovo a quanto pare guizzante album. (Francesco Scarci)

(Mascot Records - 2006)
Voto: 52

https://www.facebook.com/damnationarmyofficial/

Merrimack - ...Of Entropy and Life Denial

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black, Marduk, Satyricon
Il 06.06.06 si levò dagli inferi un’aria pestilenziale grazie ai leggendari Merrimack, combo francese che pensò bene di far uscire in quella data l'infernale '...Of Entropy and Life Denial', blasfemo disco di un rozzo e ferale black metal. La band transalpina non si preoccupa di inventare nulla di nuovo, ma solo di reinterpretare gli insegnamenti del passato di band storiche quali Satyricon e Marduk. Qui c’è solo black metal incontaminato al 100%: undici songs contraddistinte da chitarre tirate, da un'insolita buona produzione per il genere proposto, alcuni breaks che ci consentono di tirare il fiato tra una sfuriata e l’altra, voci demoniache (vero punto di forza di questo lavoro) e null’altro, tutti elementi che sicuramente faranno la gioia di chi ama questo tipo di musica. Glaciali riff di chitarra disegnano la struttura portante di questo lavoro dell'act francese, accompagnati da tracce di elementi doom e altre visioni apocalittiche. Le voci spaziano da momenti growl ad altri frangenti più caustici ed altri (rari) più puliti. Questo capitolo dei Merrimack è strano, in esso vi si respira un’aria torbida, satura di polveri di zolfo che potrà piacere anche ai più reietti al genere. A me non dispiace affatto, provate a dargli pure un ascolto, magari potrà colpirvi per quell'insano feeling malvagio trasmesso. (Francesco Scarci)

(Moribound Records - 2006)
Voto: 64

https://www.facebook.com/merrimackofficial

Huszar - Providencia (remaster)

#FOR FANS OF: Atmospheric Black Metal
Huszar is a one-man band created in Argentina in 2015 by Marcos Agüero, who has been pretty active in the scene since that year. In fact, he has created another three projects, which are related to the atmospheric black metal genre with the exception of Desprecio. Going gack to Huszar, we can say that this has been the most active project, as it has already released tree albums, alongside with some singles and splits. The album I am reviewing today is its last offering but not strictly a new one. The original recording was released two years ago and now it has been remastered and re-released by Morrowless Music, a new label founded by the well-known leader of the Swedish atmospheric black metal project Lustre, Nachtzeit. Thanks to this, Huszar’s 'Providencia' has a renewed production and a truly beautiful new artwork, which surely will catch the attention of more fans, especially those in the European scene, as this release was originally more restricted to the South American scene only.

This remastered version of 'Providencia' is a quite fine example of what Huszar does. The project is a quite interesting mixture of atmospheric black metal, some progressive influences and a good dose of post-metal. This means that the album´s tracks flow in a very natural way from the quite straightforward aggression, heir from its black metal influences, to a more quiet and instrumental esque sections, which are strongly influenced by post black and blackgaze. The instrumental post metal influenced sections cannot only be found as a part of the sung tracks, but also as full instrumental compositions, like for example the third track "Providencia III: La Flora que Crece Alrededor de Nuestras Catedrales". The most aggressive and blackish song like "Providencia IV - De los Cometas en Llamas Hicimos Vuestro Culto" balances the album with a welcoming forthright strength. Marcos delivers a quite competent vocal performance, with the expected shrieks which sound powerful, alongside with a quite well composed guitars with a unmistakable black metal style. Drums sound well executed, with a healthy combination of blast-beats and a more diverse patterns. The most pure mixture between the already mentioned influences have a greater room in the second and fifth songs, thanks to their generous length, clocking both over 15 minutes of time. Though the post, progressive and ambient influx can be found in almost every track, these longer compositions make possible to mix sections of every style in a quite natural way, flowing the track between seas of calm and moments of stormy fury. Those tracks are very tastefully composed and one of the best aspects is that you can´t complain about their length, which is always a good aspect. The remastered production makes the album sound more clear and balanced, especially on the guitars, which help the compositions to shine as a more solid set. 
 
'Providencia' is definitively a very good piece of atmospheric black metal, enriched with interesting and varied influences, where the compositions have been matured to sound elaborated yet reasonable easy to listen. An album which lasts more than one hour can always be a demanding listen, but Huszar makes possible to enjoy it without complaining too much about its length. I recommend keeping an eye on this project on its future releases. (Alain González Artola)

(Self/Morrowless Music - 2017/2019)
Score: 82

https://huszarblvck.bandcamp.com/album/providencia-remaster