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mercoledì 13 novembre 2013

Dark Man Shadow - Victims Of Negligence

#PER CHI AMA: Black/Death
I tedeschi Dark Man Shadow sono una di quelle tante band che si ostina a rimanere “ferma”. Il titolo del loro terzo full-length, 'Victims Of Negligence', uscito sotto Schwarzdorn Production, ben descrive l’attitudine della band e la loro monotonia di fondo, dunque se non altro il titolo è azzeccato. La band è composta da 3 membri, “Sorroth” il laccatissimo e patriziesco quarant’enne cantante chitarrista e bassista, da “Samotha” alla voce femminile e tastiera e da “Matzer R” il batterista, unico membro della band a non avere una foto nel booklet, poveretto… A proposito di booklet, ci terrei ad aprire una breve nota su quanto i miei occhi sono stati costretti a vedere. La veste grafica è orrenda, all’interno del booklet i 2 membri principali della band danno largo spazio a diverse foto nemmeno fosse un catalogo di moda. Il logo della band potrebbe andare bene per una marca di vestiti Hip Pop, il font del titolo ricorda impropriamente sonorità come Napalm Death o Discharge il tutto piazzato alla bell’e meglio su una copertina totalmente disarmonica che ritrae un uomo dallo sguardo maniacale che urla in faccia ad una donna. Arriviamo al punto “musica”… in questo dischetto non c’è nulla di nuovo, sulla carta la band si propone come melodic death/black metal ma a dirla tutta c’è ben poco riconducibile ai generi presi in causa. 36 minuti di metal laccato dalle tinte goth neoclassiche, tastiera onnipresente, combo di voce maschile alla Primordial assolutamente poco incisiva con sprazzi di declamazioni in growling assolutamente imbarazzanti e Voce femminile alla Ataraxia; la V maiuscola in “voce” è per il fatto che l’unica cosa davvero buona di questo album sono i vocalizzi di Samotha che mostra di saper il fatto suo in materia, con vocalizzi malinconici ed argentini, peccato siano del tutto sprecate in questo pastone musicale senza senso. Blast-beat e doppia cassa senza pretese né spirito di ricerca per il batterista Matze R già alle pelli dei molto più interessanti Nocte Obducta. Questa band è all’attivo dal 2000 e se dopo quasi 14 anni di attività è arrivata a questo punto credo che dovrebbe farsi un esame di coscienza. Non trovo canzoni degne di nota in questo album, ho solo da citare la sesta canzone “Seven Seasons” che con le sue melodie mi ha ricordato quanto prodotto nel 1984 da Limahl per il mitico film 'The NeverEnding Story' e questo può farvi immaginare quanto le idee dei Dark Man Shadow siano “vecchie”, ovviamente senza offesa alla “Storia Infinita” capolavoro cinematografico senza tempo! Nel 1984 queste melodie andavano benissimo, oggi, vicini all’alba del 2014 sarebbe il caso di andare oltre cercando soluzioni più interessanti o se proprio gli anni '80 sono una fissa, meglio dedicarsi ad un progetto totalmente nostalgico a base di synth e loop ma vi prego, non metteteci il metal dentro, avvisati! Storia infinita a parte, per me questa storia è più che finita. (Alessio Skogen Algiz)


(Schwarzdorn Production - 2013)
Voto: 50

http://www.dark-man-shadow.de/

martedì 12 novembre 2013

Evilness – Unreachable Clarity

#PER CHI AMA: Thrash/Death/Metalcore
Apro questa mia recensione facendovi una domanda: vi è mai capitato di acquistare un disco a scatola chiusa? Arrivare a casa, scartare frettolosamente la confezione, estrarre il magico dischetto, inserirlo nel lettore e schiacciare play, sapendo a grandi linee quello che può aspettarvi ma senza alcuna sicurezza? Non avere letto neanche una recensione, ma essersi fidati di quel logo così fottutamente cattivo, essersi fatti ispirare dalla bella copertina. Partono le prime note e sono esattamente le note che avresti voluto sentire in quel momento: un sound dannatamente heavy, chitarroni compressi e potenti come uno schiacciasassi, linee di basso originali e coprotagoniste della “scena”, un drumming che definire perfetto pare poco...e a quel punto ti lasci andare e ti godi la “tua” musica, senti che calza a pennello come il tuo miglior paio di jeans che hai nell'armadio. Vi giuro che è esattamente la sensazione che ho avuto ascoltando questo lavoro, che ho ascoltato esclusivamente come release digitale, senza avere materialmente il cd tra le mani. Questi 4 ragazzi francesi danno vita ad un EP di 7 tracce più 3 bonus tracks strumentali (sono 3 pezzi del cd “regolare” senza la parte vocale), che da letteralmente la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di spessore assoluto. Uno spettacolo di disco. Troppo entusiasmo? No, non sono il tipo. Troppa enfasi? No, non fa per me. Allora? Tanta, tanta, tanta bella musica. Suonata bene, con una maestria che sembra appartenere solo ai gruppi “big” del genere, con un tiro pazzesco e che non smetterete di voler riascoltare; il thrash/death qui proposto rispetta per la maggior parte i canoni “standard”, ma niente pare come già sentito o scontato. Belle aperture melodiche si alternano a momenti di violenza sonora vera e propria, il growling è perfetto e rende i testi comprensibili all'ascolto, i pezzi si sviluppano su un minutaggio medio (4-5 minuti) il che giova all'economia del lavoro nella sua interezza. Compatto, quadrato, preciso, solido e chi più ne ha più ne metta, questo lavoro riesce a guadagnarsi complimenti a tutto spiano; se proprio devo muovere un appunto (ma nulla di più...), lo faccio riguardo alla poco comprensibile scelta, secondo me, di presentare non delle vere e proprie tracce strumentali ma bensì le stesse canzoni già presenti nella tracklist, modificate solo nel mixaggio e prive del cantato; cosa che alla fine fa apprezzare ancora di più la performance strumentale dei vari membri. Mi trovo in difficoltà nel dover segnalare delle tracce meritevoli di nota, in quanto l'asticella del livello qualitativo è spostata decisamente verso l'alto, ma le mie preferite in assoluto sono “Essence of Bitterness”, “Despised Decline” (TOP!!!),”Lies, Cries, Died”. Una prova maiuscola di un gruppo del quale, spero, sentiremo parlare presto; troppo bello questo materiale per rimanere sotterrato nei meandri del metal odierno. Personalmente, fino ad ora, uno dei Top Album del 2013, anche messo a confronto con lavori di nomi che hanno decine di album alle spalle. Chiudo la recensione con un'altra domanda: potranno diventare tra i grandi del Thrash/Death melodico? Secondo me, gli Evilness, lo sono già. Grandi. (Claudio Catena)

lunedì 11 novembre 2013

Woman is the Earth - This Place that Contains my Spirit

#PER CHI AMA: Cascadian Black Metal, Wolves in the Throne Room
Che classe i Woman is the Earth, non tanto per la loro ferale proposta, ma semplicemente per il gesto di aver incluso al cd che mi hanno inviato, un messaggio semplice e amichevole, in una busta elegante, chiusa con tanto di cera lacca. Sono rimasto impressionato, mi sono sentito in un qualche modo importante per questi ragazzi. Ed ora sono qui, a parlarvi di Jon, Andy e Jarrod, tre giovani del South Dakota, che mi violentano con il loro cascadian black marcescente che esordisce proprio con la sua lunga title track. Il suono decisamente low-fi si configura con stridule chitarre ronzanti accompagnate dal ridondante suono dei blast beat che per quattro minuti mi tramortiscono in un feroce pestaggio a sangue. Poi un barlume di speranza con un tiepido break centrale; pochi secondi prima che ricominci il veloce massacro sonoro, in cui lo screaming, affiancato da vocalizzi corali lontani, si staglia sul caotico fiume in piena che i nostri ci offrono come gentile antipasto. Non mancano certo momenti pseudo atmosferici, ma siamo un po' lontani dagli ultimi lavori dei mostri sacri; c'è ancora ampio spazio per affinare la tecnica. Un epilogo ambient mi da qualche secondo per rifiatare, prima di essere investito brutalmente dalla nuova colata lavica di “Bird Song”, black metal torrenziale da anomali epici contorni (mi sembra quasi di percepire un feeling vicino ai Bathory nel suo break centrale). Questo strano influsso, oltre a giocare a loro favore, prende le distanze dalle consuete influenze del genere, anche se devo ammettere che i più seminali Wolves in the Throne Room hanno avuto il loro peso nella crescita dei nostri. “Sage Moon” è permeata invece da un'aurea notturna, dalla forte vena malinconica; peccato solo che il terzetto statunitense abbia qualche difficoltà nel dominare l'irruenza dei propri strumenti e rischi talvolta di dissipare le proprie energie in fragorose cavalcate black con acuminati riff di chitarra e un ingovernabile caos sonoro creato da un drumming indiavolato. I 16 minuti di “Glow Beyond the Ridgeline” mostrano qualche miglioramento in chiave compositiva, ma gli ingredienti si confermano quelli delle tracce precedenti: malinconici riff lancinanti, caustiche vocals, suggestioni ambient, drumming al limite del noise che penalizza ahimè enormemente il risultato finale. Sono convinto che con una produzione più cristallina, strumenti come l'ocarina, la chitarra classica o la mitica Roland Juno-60 non ne uscirebbero cosi penalizzate e davvero rischieremo di sentirne delle belle. Le idee pertanto ci sono, basta incanalarle solo nel giusto modo. (Francesco Scarci)

(Self – 2012)
Voto: 65

http://womanistheearth.com/

domenica 10 novembre 2013

Haru No Kaze - Quiete e Tempeste

#PER CHI AMA: Punk Rock, Il Teatro degli Orrori
Ho avuto modo di ascoltare dal vivo gli Haru No Kaze durante un paio di festival estivi nel vicentino e devo dire che al primo ascolto mi hanno lasciato abbastanza indifferente. Vuoi per i suoni (soprattutto delle chitarre) troppo acidi per i miei gusti, vuoi per il non sempre felice rapporto musicista-service audio. I nostri Vento di Primavera (traduzione dal giapponese di Haru No Kaze) dichiarano apertamente le loro influenze che provengono dai CCCP ai Fluxus, da Il Teatro degli Orrori ai primi Marlene Kuntz, per sfociare in un punk rock duro e crudo senza tanti fronzoli che vuole arrivare dritto allo stomaco per incitare alla lotta. Il tentativo riesce per alcuni pezzi come "Non è la Voglia che mi Manca", che inizia lenta con riff di chitarra e basso in pure stile metal per poi correre a più non posso, mentre il vocalist ci travolge con un fiume di parole che hanno la stessa violenza della parte ritmica che spinge da dietro. Anche "Il Sonno dei Giusti" è di discreta fattura, riff convincenti che non cercano mai la melodia facile ed ovvia, che instaurano uno stato ansioso nel nostro cervello grazie anche alle strofe parlate in stile Teatro degli Orrori. Mi ha convinto meno "Senza Lotta", un pò troppo focalizzata sulla botta e meno sull'insieme dei vari passaggi strumentali che sono anche tecnicamente di buona fattura, ma a volte stridono tra loro. Dal mio punto di vista gli Haru No Kaze hanno le carte in regola per uscire con un prodotto ancora più accattivante, magari dedicando un pò di tempo a curare gli arrangiamenti e i suoni. Ovvio che gli anni '90 erano belli così e non è una brutta idea riproporli, però qualche rocker navigato potrebbe volere qualcosa di più personale, nulla toglie che gruppi menzionati sopra hanno segnato una generazione. Dai, avanti con il vento e che possa divenire una tempesta inarrestabile, ne abbiamo bisogno in questa insipida pianura padana. (Michele Montanari)

Minority Sound - The Explorer

#PER CHI AMA: Cyber Death, Fear Factory
Da Praga con furore; potrebbe essere questo il “titolo” della mia recensione. I motivi? Primo, perchè siamo alle prese con un quartetto di musicisti della Repubblica Ceca; secondo, questi quattro ragazzi sono piuttosto incazzati. Risultato: un disco spaccatimpani (alzando la manetta del volume non si rimane delusi), esempio di simbiosi tra elettro/industrial/techno e metal bello peso; non a caso loro stessi definiscono il progetto come elettrometal che, devo anticiparvelo per integrità morale e “professionale”, non ha mai riscontrato i miei favori. O per lo meno, in moltissimi casi, con le relative eccezioni. I Minority Sound incidono questo disco nel 2012 per la Metalgate Records, che provvede a confezionare il cd in un elegantissimo digipack; qualcosa dell'artwork mi ha richiamato alcuni lavori dei NIN di Trent Reznor, e qualcosa me li ha richiamati anche sotto un punto di vista musicale col passare delle tracce. Visto che siamo in argomento richiami: ce n'è uno, evidentissimo, che è quello con gli Amorphis versione 2.0 (da 'Tuonela' in poi per intenderci...) e per quanto mi riguarda, questo è un pregio. La musica qua prodotta, si snoda tra continui stop and go, intermezzi elettronici, ritmi a tratti discomusic, a tratti un tappeto di doppia cassa da far invidia ai migliori Fear Factory; chitarre “sintetiche”, voci pulite in alternanza con scream vocals contribuiscono a creare una sorta di “confusione ben organizzata” che però sembra non centrare in pieno il bersaglio. Nel complesso il disco resta sospeso, innocuo; sicuramente d'impatto (alzando il volume, la potenza c'è eccome...) perde qualche punto analizzando il songwriting vero e proprio. Non ci sono particolari momenti di esaltante bellezza, mi sento solo di citare la buona “Load of Destruction” potenziale singolo, per il resto tanto e tanto mestiere...ma inteso nel senso meno nobile del significato del termine; di gruppi che doppiano con riff stoppati i colpi di cassa, ce ne sono stati e ce ne sono ancora molti, forse troppi. Paventavo una ventata di qualità maggiore, non mi aspettavo grosse novità (non è il caso di aspettarsele in ambito metal oggi come oggi); il lavoro comunque ha delle frecce al suo arco: molto buoni i suoni, preparazione tecnica eccellente, “pesantezza” che pervade le composizioni e tira legnate belle forti, molto buone le voci “clean”. Disco che purtroppo rimane per appassionati veri del genere, ostico avvicinarvisi se non si ha dimestichezza col genere proposto. Parlando di 'The Explorer', mi sento di affermare che si tratta più di un'occasione persa che di qualcos'altro; devo però riconoscere che col passare degli ascolti il disco cresce, ma non finisce mai di impressionarmi in maniera positiva, evitando questo è certo, di scivolare nel baratro del fallimento più totale. Per questa volta, peccato. (Claudio Catena)

(Metalgate Records - 2012)
Voto: 65

http://www.minoritysound.com/

Deeds of Flesh - Portals to Canaan

#FOR FANS OF: Brutal Death Metal, Technical Death Metal
Having been somewhat inactive the past five years, California's brutal death metallers Deeds of Flesh roar back to action on their eighth full-length, 'Portals to Canaan', and it is every bit as vicious and pummeling as their past works. Filled with over-the-top technical riffing that seems impossible to create in such a short space being buffeted against the previous rhythm creating a suffocating atmosphere of non-stop unrelenting guitar work and over-the-top drumming that has long been associated with the band, the songs are packed with lots of energy and rarely falter from an up-tempo pace that really lets the guitars focus on executing fascinating riffs throughout. This is best viewed on "Rise of the Virvum Juggernauts", where the guitar patterns are just mind-blowingly complex and technical throughout yet due to the nature of the blasting drumming it becomes a brutal onslaught of riffs that overwhelm the listener. Elsewhere, tracks like "Entranced in Decades of Psychedelic Sleep", "Hollow Human Husks" and the title track the brutality is lessened slightly to make for a more overall technical presentation, where the different patterns and riff variations employed are more the favor of the track rather than the relentless drumming, which adds a different flavor to the album overall. Still, the overwhelming vibe taken from this is the more brutal moments, where tracks like "Amidst the Ruins" and "Xeno Virus" run rampant with simply pummeling rhythms dished out by guitarist Craig Peters who shows a fine sense of keeping both areas in check with each other and when to forsake the brutality in letting the more technically-precise riffs in focus. If one is to find fault with this one, it’s the monotony that comes in rather constant form when dealing with this brand of death metal, for it’s almost impossible to say that this kind of music will be noticeable and distinctive the deeper into the album it gets. There’s only so many ways you can write riffs in this style without coming up with the same structure and pattern numerous times over, and while the band does do a decent job of making the songs stand-out in some sense, the fact that they can blend together is something of a hurtle to get over. The one lone needless track is the brief instrumental collage of ambient noise mid-way through, which does break up the monotony of the songs but just serves odd as a mid-album breather rather than a final fade-out outro, but nonetheless these two qualms aren’t enough to stop this from being one of the better DM releases of the year. (Don Anelli)

(Unique Leader Records - 2013)
Voto: 85

http://deedsoffleshmetal.com/

sabato 9 novembre 2013

Synopsys - Timeless

#PER CHI AMA: Post Metal/Post Rock, Isis, Cult of Luna
Abbiamo avuto modo di conoscere i francesi Synopsys in occasione del loro primo demo cd di due pezzi; li ritroviamo oggi in una versione ben più matura con questo EP di quattro song, intitolato “Timeless”. Confronti col passato? Presto detto: songwriting decisamente migliorato, suono corposo in cui post rock e post metal si sposano alla perfezione in una catalizzante progressione di umori e atmosfere. “Red Stars” parte piano: solite luci soffuse, neanche fosse un intro di un qualche brano dei Pink Floyd, voci pulite e nel frattempo il sound va in un crescendo vorticoso fino all'esplosione delle chitarre e del belligerante growling del buon Vincent. Il risultato è davvero buono, decisamente una spanna in più rispetto al passato. “We Have Still the Sun” ha un ottimo inizio, mi vengono in mente alcuni pezzi sparsi dei Muse, non tanto per le vocals ma per quell'uso arpeggiato della chitarra e quel feeling maledetto che irradia. “Naive” è un lungo brano di quasi 11 minuti. L'oscurità regna sovrana nel suo incipit con tre minuti affidati al rullare di un tamburo, poi l'inquietudine si trasforma in pace con una musicalità fluente che sembra pescare dalle cose più tranquille degli Isis dell'ultimo lavoro. Il risultato che ne viene fuori, per quanto possa apparire derivativo, mi soddisfa abbondantemente. Nella seconda metà della song, prevale poi la componente elettrica: bella l'effettistica nelle pesanti linee malinconiche delle 6-corde, le vocals pulite trasmettono un pizzico di nostalgia, infine il clima si fa più rovente, i toni si accendono e si entra in una dimensione di desolazione molto più vicina alle ultime performance dei Cult of Luna. “Drops of Fire” chiude brillantemente un dischetto che ha il solo difetto di durare troppo poco per i miei standard (28 minuti): questo è post nella sua più pura configurazione con il sound dei maggiori esponenti della scena che confluiscono nella proposta dei nostri. Che altro dire se non confermare quanto scritto nella precedente recensione “ne sentiremo delle belle...”. Eccomi accontentato. Vibranti. (Francesco Scarci)

(Self - 2013)
Voto: 75

http://www.synopsys-project.com/

venerdì 8 novembre 2013

Keyarzus - .​.​.​the Day the Trees Began to Fly

#PER CHI AMA: Black/Folk, Agalloch, Summoning
Peccato, peccato che l'EP in questione duri cosi poco; nei suoi 13 minuti infatti si respirano le gioie e malinconie del suo ideatore, Marius. Trattasi ancora una volta di una one man band tedesca che ci propone un assaggio del proprio sound attraverso un intro dal sapore neofolk, a cui fa seguito la rasoiata della sua title track. E proprio qui vorrei soffermarmi, visto che la conclusiva “Remains” è di fatto un outro. E allora torniamo ai 7 minuti abbondanti di “...the Day the Trees Began to Fly”: un black metal bello tirato, arioso e atmosferico. La ritmica è serrata, le vocals seppur gracchianti (stile Attila Csihar) risultano intellegibili. Assai carino l'ormai immancabile break centrale: chitarre acustiche, atmosfera bucolica, voci epiche, suoni sinfonici e l'utilizzo di un flauto e altri inserti “naturalistici” a completare egregiamente il pezzo. Niente male affatto. A chiudere l'EP ci pensa il soffio del vento che accompagna una chitarra acustica e le ripetitive vocals di Marius che omaggiano la natura, quasi con un mantra sacro. In attesa di una nuova uscita discografica dei nostri, mi vado a ripescare il full lenght dello scorso anno, 'Changes: Our Reflections in the Sky', ho come la sensazione che verrò piacevolmente sorpreso dalle sonorità stile Agalloch di questi interessantissimi Keyarzus. (Francesco Scarci)

(Self - 2013)
Voto: 70

http://www.facebook.com/Keyarzus