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lunedì 18 marzo 2013

Kausalgia - Farewell (re-issue)

#PER CHI AMA: Melo Death, Throes of Dawn, Black Sun Aeon
Riprendo in mano il cd dei finlandesi Kausalgia, semplicemente perchè dall'estate scorsa a oggi, la band ha rilasciato il cd (tra l'altro in formato digipack) per l'etichetta cinese Pest Productions e visto che c'era, ha pensato bene di suddividere la title track in due song, di cui la conclusiva è ora "As the Curtain Falls". Lascerò pertanto immutata la recensione e quindi da Uusimaa ecco giungere tra le mie mani l’EP di debutto dell’atmosferico quintetto finnico, che ha da offrire cinque brillanti tracce di black death, spruzzato da venature darkeggianti. Si parte con “Reincarnated”, song che immediatamente richiama i conterranei Thy Serpent, quelli più melodici, occulti, oscuri e lenti, che possono etichettarsi come black, esclusivamente per le harsh vocals del suo frontman, Markus Heinonen, in quanto poi la musica dei nostri viaggia su binari alquanto tranquilli. “The Drug” però, ci desta dal torpore in cui eravamo sprofondati con la opening track, sprigionando tutta la sua energia attraverso una ritmica tirata, in cui in sottofondo si evidenziano intriganti (ma poco invadenti) tastiere, che indicano la strada da seguire alle chitarre, spesso assai ispirate, come a metà brano, dove si concedono il lusso di un’apertura acustica, seguita da un piacevole bridge. L’alone mistico e la vena malinconica che permea i testi dei nostri lapponi, si riscontra anche nelle gelide atmosfere di “Lupaus” per un esito finale a dir poco coinvolgente e pieno di spunti vincenti, per una band che, nata dalla ceneri degli Hypotermia, dimostra di avere talento e voglia di incantare gli amanti di sonorità invernali. Eccolo il fresco che arriva da nord: sta tutto nelle note di “Farewell”, un lavoro che gioca attorno a goduriosi mid-tempo che potranno indurre diversi paragoni, con i connazionali Black Sun Aeon o i Before the Dawn, ma che in realtà vanno a collocare i Kausalgia accanto alle suddette band, anzi a dischiuderne la strada verso una potenziale brillante carriera. La conclusiva e già menzionata "As the Curtain Falls" mette in mostra un roboante suono di basso (accompagnato da vivaci tastiere e chitarre) che sembra addirittura arrivare direttamente dall’immortale “Heaven and Hell” dei Black Sabbath. Meritevoli della vostra attenzione. (Francesco Scarci)

(Pest Productions)
Voto: 75

http://kausalgia.bandcamp.com/

domenica 17 marzo 2013

Evans - Blow Plays

#PER CHI AMA: Stoner, Kyuss
A volte mi stupisco di quanto sia difficile essere aggiornati e stare al passo dei tempi. Con questo non voglio dire che mi sento vecchio anche se lo sono pure di fatto, ma mettere su questo cd e scoprire con meraviglia (e un pò di rabbia) che gli Evans sono una realtà veronese a me fino ad ora sconosciuta, mi porta a cospargermi il capo di cenere.Vero che non si possono conoscere tutti i gruppi che brulicano nell'undergound, ma è così grave il fatto che devo porre subito rimedio parlandovi di "Blow Plays". Questo 7-tracks di puro stoner si presenta con un artwork molto semplice, forse pure troppo visti i livelli che si sono raggiunti negli ultimi anni, ma cerchiamo di badare alla sostanza e non all'apparenza. Da quel che ho raccolto dal web, questo album è stato preceduto da "Anime Bruciate" (pubblicato in un anno non ben definito) che probabilmente esprime al meglio il progetto Evans. "That's a Blow" è la prima traccia del cd e si rivela una cavalcata old style del genere, nel senso che i suoni sono quelli giusti, come pure i riff e il cantato. Tutto a base di Kyuss e poco altro, piacevoli i brevi solo di chitarra e basso a metà traccia, che permettono uno stop e la possibilità di ripartire a tutta birra. Tutto questo in quattro minuti che grazie anche al recording stile '90s trasporta l'ascoltatore in un ipotetico deserto assolato, situato nella bassa veronese! Passando alla quarta traccia "Well Done", siamo catapultati su una immaginaria muscle car dalla cilindrata improponibile, che corre sulla Route 66. Alla guida il vecchio messicano mezzo cieco e fatto di mescalina, ride mentre noi cerchiamo ti tenere il pranzo in fondo allo stomaco. Il tutto brucia in poco più di tre minuti sovrastati da accordi furiosi deturpati dal buon fuzz a pedale. Alla fine la sensazione è quella di una bella, ma veloce scopata fatta nel bagno di un drugstore di quart'ordine. Appagante ma vorresti di più. "Suicide of the Hero" sconvolge i piani di "Blow Play", mischiando un poco di doom che permette alla traccia di essere più varia e più lunga. Diversi cambi di ritmo danno dinamicità ed evitano l'affossamento, insieme alle parti strumentali che diversificano gli arrangiamenti. A questo punto spero che gli Evans siano un progetto ancora attivo e che produca ancora materiale, magari cercando di crearsi uno spazio nella grande scena stoner veneta e staccarsi dagli stereotipi del genere. (Michele Montanari)

Cryfemal – Malicioso Sonido Putrefacto

#PER CHI AMA: Black Old School, Avsky, Gorgoroth, Izegrim, Bathory
I Cryfemal arrivano da Madrid e sono in giro dal 1996, hanno all'attivo innumerevoli lavori tra full lenght, EP e split cd e quest'ultimo album esce per l'etichetta tedesca di nero metallo estremo Obscure Abhorrence Productions. Sono navigati i Cryfemal e si sente, sono violentissimi e si sente, sono depressivi e si sente, sono disturba(n)ti e si sente, sono una forma d'arte perversa e sotterranea da amare o odiare senza compromessi. Le immagini violente dell'artwork di copertina, necrofile e malate e il turbinio di emozioni depravate che scaturisce da questo lavoro, mostrano una band che ha fatto del lato oscuro umano una forma artistica ad elevata potenza. Cantano in castigliano e questo li rende ancora più interessanti, poiché nel genere musicale in cui si esprimono, il black old school rischierebbero l'anonimato se non fosse per un'anima veramente malata ai confini della follia e una voce carismatica, volgare e crudele che identifica la band in maniera eclatante a tirare le redini di un calesse lanciato verso gli inferi. Una teatralità spinta, una voce splendidamente putrida e una maniacale ricerca sonora atta a disturbare l'ascoltatore ad ogni passaggio, rappresentano i pregi dell'intera opera, in cui il suono è ben definito, compatto, violento e grezzo al punto giusto, ben ragionato e centrato nel suo essere scabroso. Una continua tortura per le orecchie e sia chiaro, una stupenda tortura per chi cerca musica veramente di confine, sotto tutti i punti di vista, maligna, sacrilega e buia, oscura come la notte più profonda, senza via d'uscita. I Cryfemal, hanno un fascino estremo, non sono una band da sottovalutare, hanno un tiro invidiabile e una performance musicale di tutto rispetto anche se a tratti la costruzione risulta poco fantasiosa; da contraltare troviamo momenti di vera genialità in cui la band riesce ad infondere costantemente una malvagia claustrofobia negativa che avvolge l'ascoltatore e lo rende partecipe e assetato di neri pensieri per tutta la durata del disco. In uno stato d'animo molto oscuro, questo potrebbe essere l'album perfetto per far uscire tutti i vostri lati più malati, un cd da ascoltare ad alto volume, a pugni chiusi e con odio colante!(Bob Stoner)

(Obscure Abhorrence Productions)
Voto: 80

http://www.myspace.com/cryfemal

Endezzma – Erotik Nekrosis

#PER CHI AMA: Black Avantgarde, Deathspell Omega
Gli Endezzma sono norvegesi e sono al loro primo full lenght uscito nel 2012 per l'Agonia Records dopo un e.p. del 2007 e dopo varie vicende sfortunate, tra cui la scomparsa del virtuoso chitarrista Trond Bråthen, meglio noto come Trondr Nefas, chitarra e voce negli Urgehal, che qui possiamo ammirare nel suo talento compositivo. Tornando all'album, è notevole la sua forza di fondere potenza d'urto e melodia, la fusione di generi diversi tra loro come il punk, la psichedelia, l'avanguardia e il rock'n roll, tutti sotto l'unica bandiera nera del black metal, aprendo un sacco di nuove vie ad una musica estrema che si sta dimostrando più viva che mai negli ultimi anni. L'ascolto di questo album è consigliato e dovuto a tutti quelli che amano le mille destinazioni e le sfaccettature del genere, create ad arte ed in grande stile. Qui potrete trovare l'unione del black psichedelico alla Oranssi Pazuzu con l'irruenza dei Venom, le melodie gotiche e vampiresche dei primi Cradle of Filth e la forza iconoclasta dei Darkthrone in un mix eccezionale che anche se uscito postumo di cinque anni, si trova in linea ad oggi con tutte le nuove evoluzioni avanguardistiche del genere, tra cui uno stile chitarristico bellissimo, diviso tra Deathspell Omega e Ephel Duath, con una ricerca sonora personalissima di tutto rispetto. Ancora vi troverete di fronte ad aperture sinfoniche progressive e psichedeliche e caldi assoli all'interno di un calderone magico, grezzo e violento ai confini con il punk. Un mix di musiche estreme tanto diverse tra loro ma comunicanti ed egregiamente legate da un vocalist monotono e malato (in stile Lemmy ma molto più oscuro), perfetto per questa musica, suoni caldi e ruvidi rubati al rock e suoni atipici che ricordano gli ultimi Forgotten Tomb così lontani anni luce dalle fredde e taglienti sonorità, stereotipate di questo genere. Un gusto creativo e qualitativo che trova il suo apice a nostro parere in "Hollow" con la presenza di una chitarra assassina dall'arpeggio omicida e assoli slide sullo sfondo dal sapore blues oriented!?! , uniti in un brano dove anche il lavoro di basso e batteria, trovano la massima espressione in un mare di psichedelia dall'umore nero come la stanza più buia. Sette brani spaziali tutti da godere fino all'ultima goccia! Niente da aggiungere, questa è genialità allo stato puro, un lavoro da mettere nell'olimpo del black d'avanguardia!(Bob Stoner)

(Agonia Records)
Voto: 95

https://www.facebook.com/endezzma

Soul Storm - No Way Out

#PER CHI AMA: Melodic Progressive Rock
Formatisi in quel di Vicenza, i Soul Storm possono essere indicati come progressive rock. Questa descrizione però è incompleta, in quanto, nel loro primo EP “No Way Out”, si possono sentire (come presentato anche sul loro sito ufficiale) anche note di hard rock, pop, pop rock e progressive metal. Nell’attesa che esca un nuovo lavoro previsto per quest'anno, mi accingo ad esplorare il colorato mondo di questo ensemble conterraneo. L’album si apre con “Wrong Way Pt1”, dove la voce chiara e vibrante sovrasta rullate energiche di batteria e tastiere portate al loro apice. Già da qui si possono intuire gli svariati generi musicali menzionati poco sopra, che alternano molte sfumature del rock (prima il progressive, poi il melodic e anche una vena AoR) rendendo l’ascolto sorprendente. “Son of Hycarus” ricorda immediatamente gli Europe: chitarre sguinzagliate, cantato al livello più alto e tanto, tanto campionatore. La batteria, sebbene in secondo piano, riesce a ritagliarsi il suo spazio; il risultato è un sound dinamico, ricco e classico al tempo stesso. Si arriva a metà album con “Last Dusk”, che sembra essere più melodica e pacata, ma dopo qualche secondo il ritmo si libera e diventa più deciso, avvicinandosi velocemente alla loro vena più progressive. La batteria viene enfatizzata e accompagnata dalla chitarra elettrica, facendo muovere la testa con movimenti ben delineati. “Vitruvian Man” segue la cadenza ascoltata nella traccia precedente, con velocità e sollecitudine; brano prettamente strumentale, in cui si possono sentire tutti i componenti della band dar libero sfogo ai propri strumenti, quasi come se si fossero riuniti per una semplice jam session di riscaldamento, anziché per la registrazione dell’album. “Her Taste” si indirizza verso l’hard rock, ma mostrando sempre un marcato tocco melodico. Con “Wrong Way Pt2” si arriva alla fine di questo primo lavoro: malinconica, con un tono di voce più grave (ma senza rinunciare a spingere la voce verso le tonalità più acute) e ritmo ridotto, fino a sfumare nelle note di tastiera. Ora non resta che aspettare l’uscita del secondo album e vedere quale sarà il risultato. Per ora discreto. (Samantha Pigozzo)

Self-Evident – We Built a Fortress on Short Notice

#PER CHI AMA: Post Punk, Math Rock, Emocore
Dunque, avete presente come è cominciata la storia di Javier Zanetti all’Inter? Moratti voleva comprare Sebastian Rambert, promettente centravanti argentino dell’Independiente e tornò a casa con il giocatore voluto più un altro “a corredo”, un terzino sconosciuto che si pensava fosse stato inserito nel pacchetto dagli scaltri procuratori. Poi Rambert non lasciò pressoché nessuna traccia, mentre la carriera di Zanetti in nerazzurro sta assumendo sempre più i contorni del mito. Questo parallelismo serve per spiegare l’avventura nel mio stereo di questo dischetto dei Self-Evident, trovato nel pacchetto con cui mi è stato recapitato il lavoro di un altro gruppo, compagno di etichetta, che era il mio reale obiettivo. Non augurando ai Buildings (di cui parlerò diffusamente in separata sede) di fare la fine di Rambert, mi trovo a constatare come i Self-Evident, giunti con questo al loro sesto lavoro (!), abbiano preso possesso del mio lettore cd come Zanetti della fascia destra del prato di San Siro. Quello del trio di Minneapolis è un rock molto peculiare, che coniuga bene l’impronta di stampo math e post-hardcore con una spiccata sensibilità e capacità di scrivere grandi canzoni. Quello che appare subito molto evidente è la loro straordinaria perizia tecnica, sempre però tenuta dovutamente a bada, sempre funzionale alla canzone. Dopo un inizio vigoroso, in cui si mette in mostra la compattezza della sezione ritmica e il modo di cantare “urlato ma controllato”, che ricorda un po’ i Fugazi o i Cursive, la musica dei tre si dipana in maniera più elaborata e meno fisica, ricordando in più di un’occasione i mai troppo lodati Firehose dell’immenso Mike Watt, con il basso a fare spesso la parte del leone, delineando riff e linee melodiche, mentre la chitarra fa da contrappunto e sostegno armonico, come si usa nel Jazz, e la batteria sostiene, rallenta e improvvisamente accelera, come fare rafting in Colorado. I tre sono bravissimi nel trattenere la tensione emotiva, controllandone le oscillazioni e i crescendo in pezzi che raramente superano i quattro minuti. In questo senso, canzoni come "Our Condition", "Half Bycicle", "Bartertown" sono autentici gioielli di costruzione ed equilibrio tra quiete e nervosismo. Menzione d’obbligo per i testi, densi e profondi, e il modo sofferto in cui vengono vissuti e cantati nell’arco di questi dieci pezzi per soli 37 minuti, un concentrato di tali e tanti spunti musicali e non, una macchina perfetta perché non sembra una macchina, ma una cosa viva e pulsante, che trova la sua massima espressione in una canzone capolavoro come "Cloudless". Tanto di cappello, e adesso mi metto alla caccia dell’intera discografia. (Mauro Catena)

lunedì 11 marzo 2013

Hybrid Circle - Before History

#PER CHI AMA: Prog Metalcore, Textures, Fear Factory
Che strazio. È molto semplice sintetizzare quest'ultima opera degli abruzzesi Hybrid Circle: un concept album ispirato ad un libro scritto da loro, con musica influenzata dal peggio dei Fear Factory e dei Meshuggah. Già dall'intro di ben 2:46 secondi in parlato, mi viene voglia di cambiare disco. Il growl monocorde (essendo anche un tantino più alto degli strumenti lo rende quasi insopportabile) affiancato a chitarre ultracompresse che girano intorno a dei banalissimi groove midtempo, regnano incontrastati sul disco, annichilendo la mia infinita pazienza da ascoltatore. Tutto ciò è incorniciato da un'ambiente sci-fi e fantascientifico riconducibile ai testi ed ai synth, che freddi e chirurgici come i ritmi, ogni tanto saltano fuori ravvivando le composizioni. La parti in cantato pulito sono molto gradevoli e mi riportano ai Textures, peccato solo che vengano usate in rare occasioni come in "Overture 209" dove vengono anche facilmente dimenticate dopo l’ossessivo ripetersi del riffing, l'unico attimo di rianimazione si ha nella parte centrale del disco con "Wisdom Popular" e "Onset", le sole tracce leggermente migliori delle altre. Un disco che non s'ha da fare, se non per tecnica ed esecuzione. (Kent)

(Build2Kill Records)
Voto: 55

http://www.hybridcircle.org/

Phazm - Antebellum Death’n Roll

# PER CHI AMA: Death’n’Roll, Allhelluja, Entombed
Come preannuncia già il titolo dell’album, ci troviamo di fronte ad una band di death’n’roll, nata dalla passione che accomuna Pierrick Valence e Patrick Martin (già membri degli Scarve) per questo genere di musica. A differenza di altri esempi di death’n’roll (i nostrani Allhelluja, gli Entombed o gli Xysma), qui la base di partenza ha un sound più oscuro e malvagio, pur mantenendo quel groovy di fondo che caratterizza questo stile: ascoltatevi “Hunger”, il miglior brano del disco, vera perla nera di brutalità mista a divertimento o “My Darkest Desire” o ancora la funerea “Damballah”. Il bello di questo disco è che i brani non sono per niente scontati: sono selvaggi, talvolta bizzarri come “Sabbath”, arrivano a sfiorare, ma senza mai raggiungere, i confini del rock’n’roll. Il risultato che ne deriva è ben diverso dalle band sopraccitate: mentre gli Allhelluja sfoderano una miscela esplosiva di death e stoner, o gli Xysma sono già immersi in atmosfere seventies, qui ci s’incammina in territori death-black-doom dove a dominare è la malvagità, ma poi stravaganti soluzioni (ad esempio l’uso dell’armonica), linee di chitarra non proprio ortodosse, seducenti atmosfere groovy ed altre decisamente più sporche, delineano suoni unici, che lentamente s’imprimono nelle nostre menti e non ci lasciano più un filo di tregua. Da sottolineare per ultimo gli ottimi assoli sguainati dai due axemen. Un bravo all'Osmose che colse nel segno, mettendo sotto contratto una band con un disco davvero sorprendente, la cui uscita è stata accompagnata anche da un bonus dvd. Simpatico inoltre l’artwork e il layout del cd, in stile fumettistico sexy e macabro. Davvero interessanti... (Francesco Scarci)

(Osmose Productions)
Voto: 75

http://www.myspace.com/thetruephazm