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martedì 2 dicembre 2014

Numenorean - Demo 2014

#PER CHI AMA: Post Black, Agalloch, Fen, Panopticon
Nelle suggestioni fantasy di Tolkien, i Númenóreani (e poi i loro discendenti) furono corrotti da Sauron durante la Caduta di Númenor, e seguirono il re Ar-Pharazôn nella guerra contro Valinor. I Numenorean traggono ispirazione dallo scrittore inglese per quanto concerne il loro monicker, rilasciando questo brillante demo di due pezzi. Il terzetto di Calgary, fin dalle suadenti note iniziali, lascia capire le proprie intenzioni, nonché le palesi influenze musicali. Il sound infatti svelato nell'opening track, "Let Me In", è un post black che fa delle catartiche atmosfere il proprio punto di forza. Otto minuti di suoni invernali, in cui potrete meditare, camminando in uno di quei boschi canadesi resi celebri recentemente in qualche film sugli orsi, visualizzando davanti ai vostri occhi solo il forte contrasto tra il bianco luccichio della neve e l'inteso blu del cielo, mentre il battito del vostro cuore insegue lentamente il riffing delicato dei nostri, che giocano con fraseggi acustici contrapposti a strappi elettrici, su cui campeggiano le mai troppo strazianti vocals di Aidan Crossley. Un po' Agalloch, nella versione più folk, un po' Fen nella componente più aggressiva, i Numenorean vi sapranno esaltare non poco per quel feeling che saranno in grado di emanare. Il tutto confermato anche dalla lunga e sofferta "Follow the Sun", in cui accanto alle influenze citate poco fa, ritroviamo anche un che dei Ne Oliviscaris nelle melodiche e dilatate linee di chitarra, cosi come pure echi degli ultimi Panopticon, per un pezzo che si rincorre e cresce esponenzialmente fino alle sue note conclusive che finiscono per mettere in pace col mondo per quel pathos che sgorga a fiotti dai solchi di questo inatteso demo cd. E se i nostri sono già sotto contratto con una piccola etichetta un perché ci deve pur essere, per cui valga la pena assolutamente di continuare a seguirli con grande attenzione. A questo aggiungete poi un ottimo packaging sia nella versione digipack che nella limited edition numerata a mano, e capirete la gioia di tenere in mano questo piccolo gioiellino di post black atmosferico. Epici! (Francesco Scarci)

(Filth Regime Records - 2014)
Voto: 75

Old Thunder – Slings & Arrows

#PER CHI AMA: Sludge/Doom, Neurosis, Jesu, Cult of Luna
Dopo i Panopticon, un'altra one man band dal Kentucky misteriosa e introspettiva. Si tratta degli Old Thunder, guidati dal tutto fare Dustin Grooms (già con Sulphur Grace), che ci offrono questo ottimo EP, uscito nel settembre 2014 autoprodotto, forte di un artwork splendido e ispirato, come del resto anche la musica, un sound druidico, evocativo ed intenso, figlio dello sludge quanto del metal alternativo, osannante i Neurosis. E allora lanciamoci in una full immersion nel suono profondo e riflessivo, sporcato di velata tristezza e carico di venature gotiche alquanto singolari che risentono della derivazione geografica dell'artista e della sua ispirazione per quanto concerne le lyrics che conferiscono al suono un calore inaspettato e assai ricercato. I testi ispirati ai maestri Poe ed Hemingway, donano una luce particolare al chiaro scuro delle composizioni che prediligono un mid-tempo apocalittico ma pieno di speranza, che lascia ottimi spazi anche ad escursioni inaspettate nel folk alternativo, come nella lunga "June 2,1910" o concede riflessioni psichedeliche come negli stacchi di "Sinking". Godibilissimo e fruibile, il platter avvolge l'ascoltatore in una continua, profonda mutazione del proprio stato d'animo; se per certi aspetti, la musica di D.G. affonda le sue composizioni in uno status di esagerata malinconica sensibilità, di contro, arriva a mostrare muscoli ben allenati, grazie a un suono mastodontico e granitico che non scade mai nel rude o nel volgare. Brani medio lunghi, tutti suonati e concepiti per creare forte intensità e impatto emotivo, una lunga poetica colonna sonora esoterica che sforna classe e qualità. Sludge e non solo quindi, dalle venature ipnotiche e cinematiche, accentuate dall'altalenarsi del canto in growl, pulito o recitato e da chitarre liquide che suscitano richiami del miglior stile Russian Circles, Cult of Luna, Jesu o simili. Una mezz'ora di eccitante American sludge gothic! (Bob Stoner)

(Self - 2014)
Voto: 75

The Pit Tips

Don Anelli

The Isdal Cadaver - Ruin EP
Vehemal - The Atom Inside
Terror Messiah - Reborn
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Francesco "Franz" Scarci

Ne Obliviscaris - Citadel
Ghost Brigade - IV - One With the Storm
Falloch - This Island, Our Funeral
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Larry Best

Exodus - Blood In, Blood Out
Winterfylleth - The Divination of Antiquity
Freedom Call - Beyond
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Kent

Absu - Absu
Ash Borer - Bloodlands
Agnostic Mountain Gospel Choir - Fighting and Onions
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Stefano Torregrossa

Sasquatch - IV
Shining - One One One
Pelican - Forever Becoming

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Yener Ozturk

Goatwhore - Constricting Rage of the Merciless
Black Sabbath - Vol. 4
Acid Bath - Paegan Terrorism Tactics
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Alessio Skogen Algiz

Sorgeldom - Innerlig Formorkelse
Hadanfard - Smutsiga Sinnen
Tulus - Biography Obscene
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Mauro Catena

Shellac - Dude Icredible
Pearl Jam - Vitalogy
Love Club - PEarls Dissolve in Vinegar
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Bob Stoner

Edda: Stavolta come mi Ammazzerai?
Monster Magnet: Milking the Stars: a Re-imagining of Last Patrol

Wrøng: Doomed from the Start
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Claudio Catena

Pink Floyd - The Endless River
Hyades - Abuse your Illusion
Faith no More - Motherfucker (single)

sabato 29 novembre 2014

Immorior - Herbstmär

#PER CHI AMA: Black Atmosferico, Agalloch
Dalle lande teutoniche di Neunkirchen, ecco sbucare gli Immorior e l'album che non ti aspetti, lo straordinario debut 'Herbstmär'. Per tutti gli amanti di sonorità autunnali, cosa c'è di meglio quindi che immergersi in un paesaggio denso di colori tenui e di quella pioggerellina fina ma battente che preannuncia l'arrivo della stagione fredda? La musica del duo germanico, formato da Nordmann e Sarghas, due che di primo pelo non sono di certo, vista la loro militanza in una miriade di band dell'underground, potrebbe essere pertanto trasfigurare l'autunno, cosi come i malinconici tocchi di piano di "Somnio Vivere" presagiscono. Il primo sussulto arriva con "Illusionist", song che manifesta l'amore della band per gli Agalloch: splendide e ariose linee di chitarra elettrica che s'impastano con chitarre acustiche su cui si stagliano le vocals arcigne e delicate di Sarghas. Soavi, eterei, mistici, ma anche rabbiosi; nella seconda metà del brano trova spazio una struggente parte onirica che sfoca immagini e colori, regalando lunghi minuti di serenità e riflessione prima di un fantastico assolo conclusivo. Era dai tempi di 'The Mantle' che non mi emozionavo cosi per l'ascolto di un brano di black melodico, semplicemente perfetto. L'asticella si alza e la posta in gioco aumenta, cosi come le mie aspettative. "...Und Zeit Stand Stil" segue, avanzando lentamente, tra delicate suggestioni musicali, sussurri puliti e altri più maligni, in una lunga suite che trova quell'attimo di trasalimento solo nella sua parte conclusiva. I pezzi sono tutti molto lunghi e talvolta la loro ridondanza rischia di stancare: "Sie..." supera gli undici minuti, e il suo approccio marziale appare un mix azzeccato tra il medieval sound dei Summoning e lo shoegaze degli Alcest. Peccato appunto che per quasi la sua intera durata, il brano si perda reiterando all'infinito il medesimo giro di chitarra; una maggiore dinamicità avrebbe infatti giovato maggiormente all'esito conclusivo. Sono comunque sottigliezze quelle che sto evidenziando, giusto per non esaltare una band già dal suo debutto. 'Herbstmär' infatti è un ottimo lavoro che si muove tra suoni bucolici e rari sfoghi post black, il tutto intriso da un feeling oscuro e nostalgico che si esplica palesemente nella strumentale "Rastlos" o ancor meglio nella successiva "Echo" che si muove tra nostalgiche chitarre spoglie (come gli alberi che perdono le foglie), harsh vocals e porzioni corali, il tutto egregiamente arrangiato. La title track e la più aggressiva "Erwachen", confermano le ottime qualità dei due tedeschi, capaci di alternare con estrema disinvoltura suoni celestiali e altri decisamente più graffianti, mantenendo comunque intatto lo spirito epic folk rock che li contraddistingue. Consigliatissimi. (Francesco Scarci)

(Narbentage Produktionen - 2014)
Voto: 80

https://www.facebook.com/Immorior

Permanent Midnight - Under the Blood Moon

#FOR FANS OF: Black Metal, Sathanas, Summoning, Caladan Brood
Releasing original music years after the band’s termination date is hardly ever a sign of a quality release, though thankfully this final release from the defunct Pennsylvania crew that comes a full seven years after they disbanded does buck the trend somewhat. While there are plenty of examples as to why the band is no longer around, namely the influx of celestial keyboards and utterly dragging paces, there’s times where it seems like the band did have some sense of direction as to where they were going. The raw production here does make for a really dirty, gritty atmosphere, the riffs at times do manage a rather energetic kick with the punchy inclusion of a primitive Death Metal-style lurch that’s insanely hypnotic and there’s times when the mixture of those celestial keyboards mix quite well with the charging Black Metal atmosphere. That still doesn’t make for all that impressive works, though, when brought up against the flaws in those rather dreary paces that run throughout this, which are all brought about by the sprawling keyboards which tend to cause this one to slow to a crawl that causes the whole song to come crashing down into a really bland and overall boring trend in these sections. As well, this does cause the music to really seem so scattershot and disorganized that it impacts the music more than it really should by throwing all sorts of material around without letting one stick out and this is what ultimately brings this down. Opener ‘Wolf’ may not be the prototypical intro with plodding tempos and a real lack of energy, but the dark, crushing riffs and heavy rhythms along ravenous riff-work do give this some solid points. ‘Fallen from Grace’ is a better attempt at this with a faster set of riffs, utterly dark, pounding drumming and only minor amounts of slower-tempo riffing that at the very least remains chaotic enough to make it enjoyable, and ‘Sex and Gore’ works as yet another short, frantic blaster with plenty of pounding drumming and frantic riffing throughout. With yet another sampled intro, ‘Carnivorous Lunar Activities’ makes up for that nicely with some rather heavy riffs and an impressive drumming array while the inclusion of symphonic-styled keyboards adds a nice balance to the raw chaos. ‘The Evil in the Forest’ is even more experimental with the classical piano compositions and ambient riffing alongside the traditional heavy riffing and pounding drumming and the results equal the album’s best track quite easily. ‘They Feed in the Night’ attempts this as well but doesn’t come off as good due to the heavier use of droning riff-work and dragging paces that hold this one down. The overall bland ‘Set in an Apocalyptic Sunrise’ is yet another of these droning keyboard-heavy dirges that really lacks a lot and tends to come off quite overlong for its own good with bland paces, bland riffs and bland keyboard notes. ‘Saved by Darkness’ does manage to come off quite well against the dreary track that precedes it and does get a little more energy here while the dragging final half does tend to really drag this out for a whimper of a finale. That tends to run rampant throughout this one and really lowers this one. (Don Anelli)

(Paragon Records - 2013)
Score: 60

https://www.facebook.com/onetruePermanentMidnight

mercoledì 26 novembre 2014

Gramlines - Coyote

#PER CHI AMA: Alternative Rock 
I Gramlines nascono a Padova nel 2012 e dopo un cambio di lineup, la formazione si stabilizza con gli attuali cinque componenti. 'Coyote' è il loro secondo EP, prodotto dall'instancabile GoDown Records che li ha accolti a braccia aperte anche per la loro gavetta fatta nei bassifondi dell'underground padovano. I componenti si sono fatti un mazzo tanto per prodursi,vendere ed esibirsi ottenendo buoni risultati, ma la carta vincente è stata quella di creare l'ambiente fertile per la loro ascesa. La band infatti è una delle fondatrici del progetto "Sotterranei", un collettivo musicale che organizza concerti e festival rendendo il Veneto un posto migliore, almeno a livello musicale. La band si definisce alternative stoner rock, personalmente toglierei la dicitura stoner, questo perché a livello di cd (non saprei nei live), i suoni e gli arrangiamenti suonano puramente rock con sfumature pop/punk/blues. L'EP contiene quattro brani e apre con "The Thrill of a Breakdown", pezzo molto ballabile, fresco e ammiccante, quindi adatto a far felici le giovani donzelle e non far annoiare anche i rocker più smaliziati. La qualità della band si nota subito, i suoni sono perfetti cosi come gli arrangiamenti, niente di esageratemene innovativo, ma curati a bilanciare al meglio il brano. Le chitarre sono incalzanti e piene di brio, si fanno accompagnare da una sezione ritmica altrettanto convincente e dinamica che rende il pezzo molto vario e considerando i quasi sei minuti di durata, il lavoro risulta ben fatto. In certi passaggi si sentono le influenze di band come Kings of Leon, Editors e affini, anche se i Gramlines hanno saputo dare un tocco personale con una vena di rabbia in più. Il vocalist se la cava abbastanza bene, giocando sulle melodie e grazie ad una timbrica fresca e leggermente sbruffona, caratterizza ancora di più il sound dell'ensemble patavino. I testi sono rigorosamente in inglese e va bene così. Infine l'utilizzo delle tastiere aggiunge colore alle composizioni e i suoni utilizzati, pianoforte ed organi, completano il tutto. Il gioco si fa serio con "The Bone" dove i ritmi sono più serrati, i suoni si ingrossano, e la band si diverte inserendo riff che scatenano l'inferno in terra per poi cambiare immediatamente direzione e veleggiare verso melodie pop. Personalmente è il brano che preferisco, aggressivo come la linea di basso che apre la traccia, un purosangue madido di sudore che fugge a più non posso. Poi il turbine diventa una tempesta con la batteria che martella e i riff di chitarra che chiudono il cerchio. Un ottimo EP, ben strutturato e che quando finisce ci lascia soddisfatti, ancora di più sapendo che grazie all'underground possiamo godere di ottime band. E speriamo per molto tempo ancora... (Michele Montanari)

(GoDown Records - 2014)
Voto: 75

martedì 25 novembre 2014

Dot Legacy – S/t

#PER CHI AMA: Stoner/Crossover, Mars Volta 
D’accordo, è vero, le etichette non mi piacciono, sono riduttive e tutto il resto, ma a volte sono tanto comode... già, perchè diventa davvero difficile riuscire a descrivere a parole quello che fanno i Dot Legacy, quando sarebbe molto piú semplice dargli un ascolto, peraltro consigliatissimo. Formatisi nel 2009, questi 4 francesini giungono oggi al loro esordio con questo cd verde confezionato in un elegante digipack che spiazza fin dall’immagine di copertina. Ci si immagina di essere immersi in atmosfere brumose e notturne e invece si viene catturati da un suono mutante che si muove sinuoso tra i generi, come una carpa sotto il pelo dell’acqua, rimandando ad ogni movimento riflessi dalle sfumature diverse. Per comodità, potremmo fare un parallelo con i Mars Volta: laddove la band degli ex At The Drive In partiva da una solida base post-hardcore per le loro digressioni prog-funk-free, i Dot Legacy fanno qualcosa di simile innestando su un impianto stoner massicce dosi di acid-funk e non solo. Basta prendere l’opening track "Kennedy", per rimanere spiazzati dai furiosi e repentini cambi di atmosfera tra ritmi spezzati e riffoni dal groove trascinante. Si continua con la funambolica e tortuosa "Think of a Name", o le linee melodiche peculiari di "Days of The Weak", che cresce ascolto dopo ascolto, ma le sorprese più grosse arrivano con lo spettacolare crossover di "Pyramid", dove si fondono parti rap alla Beastie Boys con esplosioni strumentali ultragroovy, o con il Santana ipercinetico di "Rumbera", che muta in un lento stoner inframezzato da sferzate di un argano acidissimo. I due brani piú lunghi, "Gorilla Train Station" e "Weirdos Of The Night" sono più tranquilli e lenti ma non per questo lineari o monotoni, il primo più classicamente stoner, il secondo guarda quasi all’hard-prog anni '70. In un certo senso i Dot Legacy tengono alta la bandiera della gloriosa tradizione crossover europea di band quali gli olandesi Urban Dance Squad o i connazionali FFF. I ragazzi sanno suonare, non c’è dubbio, e riescono sempre a infilare qualcosa di inaspettato in tutti i brani: tempi dispari, cori spiazzanti, tastiere sinuose e divagazioni jazz-rock. Non si fanno mancare nemmeno la delicata "3 am", posta in chiusura di un esordio interessantissimo ed ambizioso. Date le premesse ardite, non era facile riuscire a centrare l’obiettivo di confezionare un disco coerente, piacevole, spiazzante senza risultare pasticciato e sfilacciato, ma i Dot Legacy ci sono riusciti. Missione compiuta. (Mauro Catena)

(Setalight Records - 2014)
Voto: 75

The Isdal Cadaver - Ruin

#FOR FANS OF: Melodic Death Metal, Arch Enemy, Be’lakor, Vrademargk
This debut EP from Houston’s Melodic Death Metal newcomers, The Isdal Cadaver, shows a definite amount of potential in the genre though there’s still the ever-present amount of cliché work to be found in the scene. Mixing a sturdy mid-tempo attack with thumping drumming, dexterous fills and tight, clanging bass-lines with a fury of melody-driven lead-work that really fits in well with the melodic nature of the guitar-rhythms, this makes for a somewhat decent attack that has a lot going for them. Knowing when to pour on the speed for what amounts to mid-tempo arrangements at their fastest, this is enjoyable with a delightful crunch mixed with stylish leads flowing with melodic hymns that works quite well for the band. What happens when they drop the tempo, either into plodding rhythms or sprawling atmospheric sections filled with celestial-sounding arrangements doesn’t really suit the band either way as these are far away from their more enjoyable segments which gets this one far more energetic and enjoyable throughout when it’s pouring on the speed. The fact that this one also really eases up on the material with a sampled intro and a throwaway final track does hurt this by giving this so few enjoyable moments that it really struggles to build up enough to get going, and then it ends on a rather troubling note. It’s not enough to really hurt this but it does count. Forging the title track intro as clanking industrial noise and sampled narration gradually builds into marching drum-patterns, proper first song ‘Ozymandias’ gives this a fine sampler effect with mid-tempo paces, hearty use of deep death-growls and screeches amid a slew of familiar-sounding melodic guitar lines that race through several intriguing tempos but always stays somewhat energetic. The more-energetic ‘The Living Autopsy’ offers an overall faster pace with bigger drumming and speedier rhythms with rather frantic guitar melodies running through for a fine highlight, while ‘This Cursed Lineage’ carries the same energies into much lengthier and kinetic passages. ‘1692’ is a lot more of a melody-heavy offering that occasionally fuses aggression into its running time which is a lot lower compared to others on here for a somewhat plodding effort. ‘Bloodwatcher’ is back on track somewhat with a larger concentration on the aggressive riffing while the melodic fundamentals do come through quite nicely for an overall enjoyable effort. The final track, an acoustic version of ‘Ozymandias’ is pretty much forgettable and a throwaway bonus that doesn’t really do much as it drops the instrumentation from the previous version in favor of acoustic guitar strains and light tapping rhythms. Overall, it’s not enough to really harm this one but thankfully the good stuff here does make up for its’ few flaws. (Don Anelli)

(Self - 2014)
Score: 70