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giovedì 11 settembre 2014

Mindwarp – Mindwarp EP

#PER CHI AMA: Heavy Psych strumentale, Tool
Dopo quello, ottimo, dei Manthra Dei, l’italianissima Acid Cosmonaut Records dà alle stampe anche il debutto dei Mindwarp, confermandosi una delle realtà piú attente alle sonorità heavy psych della penisola e non solo, dato che le sue release stanno trovando ottimi riscontri anche fuori dei confini nazionali. I Mindwarp sono un trio (la formazione è quella classicissima chitarra-basso-batteria) di Brindisi, nato dalle ceneri dei Southern Cult, dedito ad un ispirato rock strumentale con fortissime componenti psych, che guarda sí ai classici del passato ma con i piedi sempre ben piantati in una contemporaneità che rende questo loro EP molto godibile e attuale. Pur penalizzate da una produzione non certo impeccabile, queste quattro tracce (per poco piú di venti minuti) si fanno apprezzare per compattezza, personalità e solidità di scrittura, doti queste molto difficili da trovare nella grande maggioranza delle uscite affini a questa per genere, anche in ambito internazionale. Come suggeriscono il nome della band e la disturbante illustrazione di copertina, i Mindwarp propongono una musica che asseconda e accompagna l’ascoltatore verso l’esplorazione di diversi livelli di coscienza. Quello che salta subito all'occhio è l’ottima tecnica dei tre musicisti – di cui vorrei sottolineare la prestazione “tentacolare” di Marco Mari dietro le pelli – sempre funzionale alla costruzione del brano e mai fine a se stessa. Un ottimo esempio di quanto detto sopra è "Haarko – Haari", che “sporca” di psichedelia "Floydiana" le progressioni geometriche dei Tool. E anche altrove i Mindwarp dimostrano di aver mandato a memoria le strutture che hanno fatto grande la band di 'Lateralus', tanto che in piú di un versante, sembra quasi ne propongano una versione strumentale (le stilettate chitarristiche di "Adrenochrome", la complessità di "Excuse Me, I Have to Go to Space Now", i tribalismi hard della conclusiva "Iramocran") ricordando in questo gli australiani Dumbsaint. L’unico versante sul quale, a mio avviso, c’è ancora da aggiustare il tiro, è la tendenza a lascianrsi andare quà e là a qualche atteggiamento da jam-band (ad esempio nella coda di "Adrenochrome", quando l’impressione è quella di trovarsi di fronte ad un’improvvisazione in studio non molto ispirata). Ma sono piccolezze, che nulla tolgono al valore di un lavoro dall'alto contenuto lisergico. Promossi in attesa di ascoltare un album intero. (Mauro Catena)

(Acid Cosmonaut Records, 2014)
Voto: 70

martedì 9 settembre 2014

Godsire - Progenitus

#PER CHI AMA: Melo Death, The Project Hate, primi Scar Symmetry 
Mi piacerebbe davvero sapere come Ettore Rigotti, mastermind dei Disarmonia Mundi, nonché produttore, sia venuto a contatto con questi Godsire, band melo death di Singapore, per la quale si è occupato del mastering di questo 'Progenitus'. Della serie il mondo è assai piccolo. Poco importa se le mie curiosità non possano venire soddisfatte, mi lancio all'ascolto di questo EP di 4 pezzi davvero avvincente ma dalla durata un pochino risicata, sedici minuti. Tanto basta infatti al trio formato da Ishaan Kumar (basso), Ty (chitarre e tastiere) e Clarence Chong (vocals), per convincermi della bontà del loro esplosivo sound che irrompe con la furia bestiale di "Panoptic Universe", in cui una bocca da fuoco sostituisce un drummer in carne ed ossa, mentre le chitarre incendiano l'aria che è un piacere. Come un bel panzer i nostri avanzano monolitici, tra un riffing serrato, growling vocals e tiepide melodie di sottofondo. Diciamo che è con la successiva "Cybernetic Wyvern" che mi esalto maggiormente della proposta di questi ragazzi. Vuoi per le tiratissime e gradasse chitarre, per un'effettistica di sottofondo affidata a flebili tastiere che guidano la linea melodica della canzone, o forse semplicemente per le vocals super aggressive di Clarence, ma il pezzo mi piace davvero molto. La carica energetica che emana, quella voglia di headbanging sfrenato che sonorità dell'ultima ora non ispirano più, mi mandano in visibilio. "The Crossed Out God" continua a pestare dannatamento, senza mai perdere però il senso della melodia, seppur qui la drum machine tocchi vette di robotica alienazione, con il pezzo che risente in un certo verso anche di influenze industrial, che già si erano comunque palesate nei pezzi precedenti. La song trova anche modo di interrompere per alcuni secondi il proprio ritmo incandescente, per poi riprendere con i bombardamenti finali che ci introducono a "Android Psycho Shocker", la traccia più folle e carica di groove del lotto, in cui maggiormente si sollevano le influenze elettroniche del trio asiatico, in definitiva la mia preferita. Non un momento di stanca, non un passaggio sbagliato, chiaro che con 16 minuti a disposizione, sia decisamente più facile non sbagliare. 'Progenitus' si conferma un ottimo antipasto a qualcosa di più succulento che non tarderà (lo auspico) ad arrivare. Bravi. (Francesco Scarci)

(Self - 2014)
Voto: 75

Humut Tabal - The Dark Emperor Ov The Shadow Realm

#PER CHI AMA: Black/Thrash, Absu, Unanimated, Emperor
Humut Tabal, nel Pantheon mesopotamico, era il nocchiero degli Inferi, dotato di testa d'aquila, quattro mani e piedi. Da qui traggono ispirazione i nostri blackster texani, per quanto riguarda il loro monicker. Gli Humut Tabal vengono da Dripping Springs e 'Dark Emperor ov the Shadow Realm' rappresenta il secondo infernale lavoro dopo il debut del 2009 e un paio di split cd in compagnia di Weoran e Plutonian Shore. La band riparte là dove aveva lasciato, ma con una maggior consapevolezza dei propri mezzi, con un sound che da un punto di vista chitarristico, sembrerebbe provenire dalle lande scandinave, mentre nella sua globalità suona "Made in US" al 100%. Otto le tracce a disposizione per godere dell'oscura ferocia offerta da Grimzaar (chitarra, synth e voce), AED (basso) e il devastante Njord alla batteria. Le danze si aprono con la lunga "Across the Boundless Land ov Death", song che mostra una certa maturità a livello di songwriting e che abbina la brutalità del black americano (un po' influenzato anche dal death metal) con le taglienti melodie del nord Europa. Roboante nel suo incipit la seconda "Through the Forest and Twisting Shadow", song che si muove tra ritmiche maestose a la Emperor e un taglio vocale che sa di Cradle of Filth, stagliandosi su velocità al fulmicotone che vengono spezzate da un mid-tempo centrale, in cui a porsi in maggiore evidenza è il potente suono del basso e delle vibranti chitarre conclusive. Si continua a pestare con "Furious Winged Helldaemons Soar" song che miscela il thrash metal statunitense anni '80 con il black a stelle e strisce, pesantezza e velocità allo stato puro. Con "Alone, in Purest Silence", i ritmi tornano umani ma si innalza una coltre di fumo spettrale che mi richiama gli Absu in salsa svedese, e ci prepara alla violenza disarmante di "The Misanthrope ov the Barren Waste Becomes", scheggia impazzita che si muove tra gli Unanimated più corrosivi e l'imponenza degli Emperor. Colpi di artiglieria pesante aprono "Wielder ov the Daemon Blade", vi avevo accennato alla potenza di fuoco del drummer no? La song in realtà potrebbe essere comparabile ad una semi ballad (passatemi il termine vi prego) in stile primi Cradle of Filth, che comunque trova modo di sfociare in un gothic black dalle tinte sinfoniche. Con l'ipnotica "In the Shade ov Lord Satan's Wings" (in assoluto la mia traccia preferita) e la conclusiva folkeggiante title track, il tumultuoso sound degli Humut Tabal riesce a condensare tutte le proprie influenze in modo assai convincente: Emperor, Dissection, Cradle of Filth, Absu, Immortal, Testament e Black Funeral, finiscono tutti per sgomitare nei solchi di queste due song, defininendo nuove Colonne d'Ercole al genere. Humut Tabal, la rinascita dagli inferi. (Francesco Scarci)

(Self - 2014)
Voto: 75

Twinesuns – The Leaving

#PER CHI AMA: Drone, Ambient, Sunn O))), Khanate, Wijlen Wij
Quando nel 1994 uscì 'Zero Tolerance for Silence' di Pat Metheny, questo destò molto clamore nel panorama musicale internazionale. Considerato una specie di stregoneria sonora, la sua indole sperimentale estrema non fu digerita da tutti, puritani e non, ma chi lo apprezzò lo fece veramente, gustando tutta la sua arte nel gettare le basi per i suoni della chitarra elettrica del futuro. Una musica controversa iper distorta fatta di una sola chitarra, disturbata e disturbante che portava le conoscenze tecniche del mitico Pat Metheny nei meandri allucinogeni di un altro chitarrista geniale, futurista, sperimentatore di distorsioni ai confini della realtà, il mitico Thurston Moore dei Sonic Youth. Dopo alcuni decenni le teorie e questo modo di intendere la musica, mescolato alle gesta eterne dei Black Sabbath, viene riesumato e sviscerato, rinominato e rivitalizzato con termini nuovi, come drone, ambient, doom, funeral, e finalmente portato alla luce e giustamente gratificato. Il duo svizzero composto da Thor Ohe e C., sfodera questo ottimo primo album licenziato via Hummus Records nel 2014 con annesso stupendo artwork, ricercato e curatissimo ideato dallo stesso Thor Ohe. Musica enorme, difficile, dall'animo antisociale, introspettivo e trasversale, oscura, meditativa, perversamente costruttiva, malata, fatta di sole chitarre atte a creare altissime muraglie e deserti infiniti di distorsione, rumori, feedback, suoni reali ed irreali al rallentatore, astratti e pesantissimi. Cinque brani mastodontici ideali per una fuga intrisa di misantropia, da gustare per la qualità di registrazione, non di facile accesso ai non iniziati al genere, aggressivi, funerei, e intrisi di doom. Inseguendo i pionieri Sunn O))) ed i Khanate, ripensando ai paesaggi depressi di Wijlen Wij e percorrendo la via mistica dell'avanguardia sperimentale, gustatevi questo signor album...e tremate, le streghe son tornate! (Bob Stoner)

(Hummus Records - 2014)
Voto: 75

lunedì 8 settembre 2014

Timestone - S/t

 #PER CHI AMA: Stoner Rock
Altra stoner band mittleuropea e precisamente un trio che si muove tra Linz e Berlino, giovani musicisti che si lanciano a capofitto nell'onirico mondo fatto di fuzz e basse frequenze con questo EP di tre brani. Tra le influenze dichiarate ci sono Pink Floyd e Neil Young, il che permette ai TIMESTONE di esplorare sonorità psichedeliche, distorsione meno sature a favore di una maggiore dinamica e profondità del suono. La chitarra infatti sfodera riffs al limite del post rock avendo così meno restrizioni dettate da un solo genere. E "All Wrong" conferma: il brano inizia con un arpeggio di chitarra ricco di delay e distorsione appena accennata. La batteria è molto minimalista, quasi synth pop, mentre il basso è un protagonista sommesso per grand parte del brano. Il vocalist interpreta bene il suo ruolo e sfruttando il suo timbro roco seppur non stagionato, enfatizza a dovere le atmosfere senza cadere nel ridicolo. Verso la fine il brano s'ingrossa, lasciandosi alle spalle i precedenti dieci minuti di calma apparente e lanciandosi in una breve cavalcata, quasi ad anticipare il lato ancora nascosto della band. "Shadow" è sicuramente il brano più riuscito, ben bilanciato e neanche troppo scontato a livello compositivo e di arrangiamento. Qui la chitarra si lancia in un bell'assolo che ricorda un tizio di nome David G., sia per suono che per struttura. Il basso è ben presente in tutta la registrazione, lineare e potente, mentre la batteria rimane forse troppo in disparte e il suono minimalista ruba profondità a tutto il lavoro fatto per gli altri strumenti. Spero che questo fatto si limiti alla registrazione dell'EP per motivi che posso solo immaginare, altrimenti è una scelta che può spiazzare. Nel complesso un EP che fa il suo dovere e presenta la band e le sue potenzialità. Aspettiamo il seguito. (Michele Montanari)

(Self - 2014)
Voto: 70

Engulfed in Blackness - Ceremonial Equinox

#FOR FANS OF: Brutal Death Metal, Cannibal Corpse, Suffocation
One of the biggest and most impressive debuts in quite a while, this is an impeccable slab of Brutal Death Metal that should get them off to a great start in their career. Filled with absolutely amazing guitar-work that gets incredibly tight and technical with its rhythms, this feature has the album’s best quality pegged right off the bat as this demonstrates the band’s penchant for old-school riffing that carries an incredibly brutal edge here. It’s incredibly technical and blistering the way it manages to utilize those kinds of riff-patterns in here as the various patterns and arrangements are placed in the most exciting rhythms possible for this type of brutality as the multitude of riffing performances provide this with a rather dynamic vibe as both the thrashing technicality and brutality here get mixed together with a boundless energy. As well, the fact that it switches these tempos with a series of sprawling, Doom-like tempos causes this to get an extra sense of old-school brutality as the sickening, sprawling paces not only gives this an unexpected sense of melody by slowing down the intensity of the rhythms against the blasting full-throttle thrashing paces but also gives this a special dynamic by offering a varied form of attack that works exceptionally well alongside the rest of the material. By doing this extra attack-pattern along the different up-tempo variations furthers the darkened tone of this one by laying a thick, heavy tone here that really allows the dark, oppressive atmospheres to really flow throughout this which really amps up that old-school feel incredibly well. Bolstered by unrelenting blasting drumming, loud, thumping bass-lines and deep, guttural growls throughout this one it has the kind of throbbing, heavy bottom-end that carries the darker melodies and rhythms along with this kind of thrashing technicality to leave an imposing, overall enjoyable experience. The songs are just as good once it gets past the ‘Intro’ which gets things started with hellish sounds and vocals. Proper first track ‘Tortured Mentality’ showcases the band at its best with raging riff-work along dynamic tempo changes and furious drumming which really shows off the rather impressive soundscape in here. The short, brutal thrasher ‘Illusions of Anguished Awakening’ brings immediate drumming and furious razor-wire technical riff-work into a short, condensed version of their sound as the blistering tempos carry on throughout. Both ‘Condemned to Existence’ and ‘Vomit the Impulse’ are all about pounding rhythms, full-throttle tempo changes with complex riff-work and intense drumming blasting along frantic razor-wire patterns throughout. ‘Spawn of the Sacrilege’ goes back to their traditional round of tight drumming, furious technicality and being able to feature slower paces throughout before thrashing in the final half. The blistering ‘Enthrallment’ and the title track offer up charging technicality, intense thrash paces and heavy, ominous riffs along the thunderous drumming along the dynamic tempos for rather well-done tracks. ‘Echoes in the Chasm’ sends it all back where it came from by featuring blistering tempos and tight, sprawling rhythms along the raging riff-work for another all-together furious track to end this on a high-note. While it can cause this to blend together somewhat as the material can sound the same throughout, this is so competently played and enjoyable that it can overcome this quite easily. (Don Anelli) 

(Pagan Pride Records - 2014)
Score: 90

giovedì 4 settembre 2014

Violet Tears – Outside Your Door

#PER CHI AMA: Dark Wave, Xmal Deutschland, Ghost Dance, Spear of Destimy
Ultima fatica per questo combo italico di stanza a Bari, un lavoro raffinato e ben confezionato, licenziato via Ark Records nel 2013. La band risulta interamente devota al verbo malinconico e sognante della new wave di carattere gotico dei migliori anni ottanta, e forte della sua lunga esperienza ci regala quarantacinque minuti divisi in nove capitoli, di velata tristezza figlia del suono magico di act quali Xmal Deutschland, Ghost Dance (quelli di 'Spin the Wheel') e tanto dell'onda oscura italica lasciata da gruppi storici come Madre del Vizio, Undergrond Life e gli immancabili rimandi ai Diaframma di 'Siberia'. Due brani del catalogo sono cantati in lingua madre e questo conferisce un buon quanto diverso approccio al sound della band (più vicino allo stile canoro dei Calle della Morte), mentre nel resto dei brani la musica si affida ad una voce femminile di notevole estensione, con cantato in inglese, che unisce venature liriche classiche a forme più eteree, come se la mai dimenticata Giuni Russo avesse potuto interpretare brani di Cocteau Twins e primi Dead Can Dance. I suoni si calano perfettamente nelle partiture esuli e cristalline dal mid tempo solenne e glaciale, riscaldato da chitarre e tastiere spesso in linea con il suono dei The Cure più sognanti di 'Disintegration'. L'intero lavoro è attraversato dalle atmosfere insane degli Xmal Deutschland anche se i nostri risultano avere un carattere più classico, pacato, distaccato ed ethereal darkwave. L'effetto vocale è maestoso, disturbante ed ammaliante contemporaneamente, dal tono drammatico ed epico come lo era Kirk Brandon nei mitici Theatre of Hate o ancor più negli Spear of Destiny. Una culla di malinconica bellezza accarezzata da suoni sintetici, ovattati, lontani anni luce dalle false imitazioni di alcune band più famose dei nostri tempi moderni. Un sound ipnotico sorretto da un'ottima performance vocale che sovrasta splendidamente l'impianto strumentale, che reagisce con un suono derivativo, senza mai cadere negli stereotipi del genere o meglio, è così perfettamente new wave che suona come se fosse stato registrato nella sua epoca d'oro. Magari sarà per nostalgici vestiti di nero, dai capelli cotonati e laccati con lo sguardo triste, ma questo album offre emozioni reali ed una intimità crepuscolare degna di nota. Se volete fare un passo indietro, circa metà anni ottanta, ascoltando qualcosa di intelligente e di qualità, non esitate, 'Outside Your Door' farà per voi! (Bob Stoner)

(Ark Records - 2013)
Voto: 75

Narrow House - Thanathonaut

#PER CHI AMA: Doom Avantgarde, Virgin Black
Poco più di un anno e mezzo fa, il buon Kent recensì il primo atto funeral doom degli ucraini Narrow House e ora mi ritrovo sulla scrivania il secondo capitolo di questi folgorati (non sulla via di Damasco) ragazzi di Kiev. Di quel genere non è rimasto quasi più nulla se non un senso di oscura malinconia che mi pervade l'animo dopo il suo ascolto. 'Thanathonaut' è un lavoro che ha colpito nel segno sin dalla sua intro, in cui è un apocalittico violoncello ad assurgere il ruolo di protagonista. Con "The First Day of the Rest of Your Life" mi rendo conto che della proposta originale del quartetto è rimasta solo l'atmosfera decadente, mentre il sound dei nostri strizza l'occhio ad avantgarde e doom classico, il tutto estremamente curato in ogni minimo dettaglio. Ottimi i suoni, altrettanto le vocals pulite che si muovono su un interessante quanto mai oscuro tappeto formato da chitarra e sax. Ma è ancora il violoncello ad attirare la mia attenzione nella track successiva, "Furious Thoughts of Tranquillity", andandosi ad incastonare come uno splendido gioiello nell'architettura forbita di chitarra/tastiera e sax. Le song sono brevi e quindi è anche più facile gustare di tutte le sfumature di cui sono striate. E soffermandomi più attentamente su "The Midwife to Sorrows", non si può non percepire il refrain inconfondibile di "Extreme Ways" di Moby, colonna sonora della trilogia 'The Bourne Identity'. Sonorità folkish-avantgarde si uniscono a divagazioni di matrice jazzistica in "The Last Retreat", mentre le atmosfere gotiche e dark sono contemplate in tutto lo scorrere del disco. Tutti i generi ben si amalgamano nei 40 minuti di 'Thanathonaut' grazie alla bravura di questi musicisti, agli ottimi arrangiamenti e all'azzeccatissimo utilizzo di due strumenti che tornerei a sottolineare: sax (meraviglioso peraltro nella sua veste solistica nella title track) e violoncello. Il nuovo approccio musicale dei Narrow House ci regala un lavoro che viaggia una marcia in più rispetto al vecchio 'A Key to Panngrieb'. "A Sad Scream of Silver" è un altro brano strumentale dalla forte aura malinconica, mentre "Crushing the Old Empire" soffre di un leggero retaggio funeral. "Doom Over Valiria" funge virtualmente da pianistico outro del disco, visto che l'ultima traccia non è altro che una cover completamente rivista (e cantata anche in lingua madre) di "Renaissance" degli australiani Virgin Black, band di riferimento per i nostri eroi di oggi. Narrow House, il nuovo vento che arriva dall'est. (Francesco Scarci) 

(BadMoodMan Music - 2014)
Voto: 80