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domenica 21 settembre 2014

DSW - Dust Storm Warning

#PER CHI AMA: Stoner, Kyuss
Ecco un'altra band stoner che ho potuto apprezzare con la fantastica 'Desert Sound compilation' del portale Perkele.it, fucina instancabile di band stoner/doom italiane. I nostri quattro eroi provengono dal profondo deserto pugliese (Lecce) e hanno iniziato l'avventura nel 2010. Dopo alcuni EP, hanno firmato per l'instancabile Acid Cosmonaut Record e da allora è iniziata la scalata al grande olimpo della scena stoner. Questo 'Dust Storm Warning' (ormai datato 2012) consta di undici tracce e si presenta in un bel digipack completo di libricino e relativi testi. Anche la grafica risulta curata e piacevola, con utilizzo di caratteri che richiamano memorie psichedeliche. Appena "Outrun" scandisce poi le prime note, subito si gode del timbro delle chitarre, proprio quello che ci piace tanto. Tante frequenze basse che fanno pompare i woofer come dovessero aspirare sangue dalle profonde vene della madre terra, il tutto ben supportato dal basso che nello stoner ha un ruolo determinante e fin troppo sottovalutato per dare la giusta botta sonora. Ritmo forsennato per oltre quattro minuti gentilmente offerto dal batterista che non si risparmia e concentra potenza e velocità per assolvere al suo dovere. Il vocalist sfoggia un timbro maturo e potente, alla John Garcia per intenderci ed in effetti l'influenza della Kyuss-school è palpabile in tutti i cinquantasei minuti del progetto. "666.1.333" parte con una risata che si tramuta in eccesso di tosse per poi dar sfogo ad un brano meno forsennato e più evocativo, quanto un canto indigeno gridato a squarciagola verso il cielo. Suoni sempre all'altezza della band, arrangiamenti e fraseggi impreziosiscono il tutto. Lo stacco a metà traccia rompe il precedente schema e lascia spazio all'assolo di chitarra che guida la traccia verso la fine. "Dune" viene introdotta da un riff psichedelico di basso che evoca una notte senza luna, profonda e accogliente allo stesso tempo, come unica salvezza dal torrido sole del deserto. Quasi otto minuti che mettono nero su bianco tutti i colpi a disposizione del revolver chiamato DSW. 'Dust Storm Warning' è un calderone rovente di bei suoni vintage sapientemente catturati a livello di registrazione e masterizzanti altrettanto bene. A chi chiede se i DSW fanno qualcosa di nuovo rispondo no, ma almeno fanno qualcosa di già sentito in maniera più che egregia. Album da avere anche in vinile IMHO. (Michele Montanari)

(Acid Cosmonaut Records - 2012)
Voto: 80

https://www.facebook.com/dswband

giovedì 11 settembre 2014

Mindwarp – Mindwarp EP

#PER CHI AMA: Heavy Psych strumentale, Tool
Dopo quello, ottimo, dei Manthra Dei, l’italianissima Acid Cosmonaut Records dà alle stampe anche il debutto dei Mindwarp, confermandosi una delle realtà piú attente alle sonorità heavy psych della penisola e non solo, dato che le sue release stanno trovando ottimi riscontri anche fuori dei confini nazionali. I Mindwarp sono un trio (la formazione è quella classicissima chitarra-basso-batteria) di Brindisi, nato dalle ceneri dei Southern Cult, dedito ad un ispirato rock strumentale con fortissime componenti psych, che guarda sí ai classici del passato ma con i piedi sempre ben piantati in una contemporaneità che rende questo loro EP molto godibile e attuale. Pur penalizzate da una produzione non certo impeccabile, queste quattro tracce (per poco piú di venti minuti) si fanno apprezzare per compattezza, personalità e solidità di scrittura, doti queste molto difficili da trovare nella grande maggioranza delle uscite affini a questa per genere, anche in ambito internazionale. Come suggeriscono il nome della band e la disturbante illustrazione di copertina, i Mindwarp propongono una musica che asseconda e accompagna l’ascoltatore verso l’esplorazione di diversi livelli di coscienza. Quello che salta subito all'occhio è l’ottima tecnica dei tre musicisti – di cui vorrei sottolineare la prestazione “tentacolare” di Marco Mari dietro le pelli – sempre funzionale alla costruzione del brano e mai fine a se stessa. Un ottimo esempio di quanto detto sopra è "Haarko – Haari", che “sporca” di psichedelia "Floydiana" le progressioni geometriche dei Tool. E anche altrove i Mindwarp dimostrano di aver mandato a memoria le strutture che hanno fatto grande la band di 'Lateralus', tanto che in piú di un versante, sembra quasi ne propongano una versione strumentale (le stilettate chitarristiche di "Adrenochrome", la complessità di "Excuse Me, I Have to Go to Space Now", i tribalismi hard della conclusiva "Iramocran") ricordando in questo gli australiani Dumbsaint. L’unico versante sul quale, a mio avviso, c’è ancora da aggiustare il tiro, è la tendenza a lascianrsi andare quà e là a qualche atteggiamento da jam-band (ad esempio nella coda di "Adrenochrome", quando l’impressione è quella di trovarsi di fronte ad un’improvvisazione in studio non molto ispirata). Ma sono piccolezze, che nulla tolgono al valore di un lavoro dall'alto contenuto lisergico. Promossi in attesa di ascoltare un album intero. (Mauro Catena)

(Acid Cosmonaut Records, 2014)
Voto: 70

mercoledì 30 luglio 2014

Manthra Dei – S/t

#PER CHI AMA: Hard Prog, Psych
'Ladies and Gentlemen, We are Floating in Space'. Cosí, nel ’97, gli Spitritualized intitolavano il loro indiscusso capolavoro e cosí, oggi, si potrebbe sottotitolare questo esordio del quartetto bresciano Manthra Dei, fuori per la ottima Acid Cosmonaut Records. Non tanto per le affinità stilistiche (invero pochine) con la band di Jason Pierce, quanto perchè la musica contenuta in questo album sembra essere in grado di staccarsi dal suolo e portare l’ascoltatore a fluttuare nelle profondità del cosmo. Di certo i Manthra Dei, di musica, devono averne ascoltata parecchia, in particolare tanto rock anni '70 ma non solo, del genere piú acido e meno terrigno, tale è la ricchezza di suoni, pulsazioni e suggestioni rilasciata dalla loro musica, come una spugna ben imbevuta. L’elemento caratterizzante del loro suono è senza dubbio l’organo hammond di Paolo Tognazzi, sia quando si erge protagonista con assoli acidi e pastosi, sia quando srotola tappeti preziosi per le digressioni dei suoi compari (Michele Crepaldi alla batteria, Paolo Vacchelli alle chitarre e Branislav Ruzicic al basso). Quello dei Manthra Dei è un rock fondamentalmente strumentale, che si colora qua e là di tinte hard, psych o prog, risvegliando un range di influenze e rimandi davvero sterminato, che va dal kraut dei Can ai Pink Floyd di mezzo, dagli Atomic Rooster agli Ozric Tentacles, dai Nice fino ai Deep Purple, dai Tool al prog italico (quello sul versante piú rock e meno jazzato). Ci sanno fare, i Manthra Dei, e l’iniziale "Stone Face" lo mette subito in chiaro, con una frase circolare (che ricorda un po’ quella di "The Wheel" dei Motorpsycho) ripresa piú volte nello sviluppo di un pezzo affascinante, dall’andamento ondivago. Immaginate i Tool catapultati nel 1972. "Xolotl" è invece un hard rock potente, dove il ruolo di guida viene conteso tra la chitarra e un organo acidissimo. "Legendary Lamb" è l’unico brano cantato, peraltro benissimo, dal batterista Michele Crepaldi, e sembra un inedito dei Deep Purple piú groovy, quelli dello sfortunato Tommy Bolin e David Coverdale. A spezzare il ritmo prima del gran finale ci pensa "Urjammer", inquietante suite per organo chiesastico. Gran finale che arriva poi con la monumentale "Blue Phantom", 17 minuti che iniziano con un germe melodico semplicissimo, quasi elementare, per poi irrobustirsi attorno a riff trascinanti, ritmiche complesse e soli di organo effettato, prima di virare verso atmosfere orientaleggianti punteggiate dal glockenspilel, per poi concludersi come una versione heavy dei Goblin di Claudio Simonetti. C’è ancora il tempo per un reprise acustico di "Stone Face", che aggiunge un altro lato ad una proposta già di per sé molto sfaccettata e di portata sicuramente internazionale. Bravissimi. (Mauro Catena)

(Acid Cosmonaut Records, 2013)
Voto: 75